Avviso dell'Intendenza di Bari del 10 Dic 1855

Contenuto

“Processo amministrativo
della causa in petitorio sul patronato della Chiesa di Porta Santa
promossa dalla Università di Andria
contro la Venerabile Arciconfraternita de’ Bianchi”


4° quadreno
Avviso del Consiglio dell’Intendenza
di Bari
Sul Patronato della Chiesa di Porta Santa
a favore della Università di Andria
N° 13

Il Consiglio dell’Intendenza

Letta la deliberazione della Congrega del SS.mo Nome di Gesù degli otto Gennaro volgente anno, colla quale cerca dimostrare dalle notizie storiche del Sacerdote Riccardo D’Urso.

Dall’ordine Architettonico dell’edificio di gusto normanno:

Dai dipinti a fresco di stile del XII° Secolo:

Dal Testamento di Francesco Primo del Balzo Duca di Andria del 1420:

Dalle regole antiche riformate nel 1568:

Dal Testamento di Francesco Romantizzi del 1571 essere la Chiesa di Santa Maria di Porta Santa fondata fin dal 1265 sotto il dominio Svevo; e la Confraternita di Santa Maria dell’Annunziata si ebbe contemporanea origine.

Dalle regole della Congregazione della Morte in San Sebastiano del 1605.

Dai Stemmi della Congrega, uno messo in mezzo al frantone dell’Altare maggiore, e l’altro sul palliotto del medesimo altare.

Dalla lapide conservansi nella Chiesa di essersi restaurata nel 1803 dagli Amministratori del Pio Luogo

Dalle diverse deliberazioni e conclusioni Capitolari dal 1699 fino a 30 Novembre 1854, dalle quali sorge d’avere il Pio Luogo erogate diverse somme per l’acquisto di arredi sacri, e per restauri della Chiesa stessa.

Dal Sepolcro posto a piè dell’Altare maggiore, su di cui vi è la lapide collo Stemma della Congrega, e da altre conghietture, sostiene essere la Chiesa di proprietà esclusiva di esso Pio Luogo, e di essere immaginario il patronato del Comune:

Letta la deliberazione decurionale degli undici Febbraro istesso anno, con la quale il Municipio deduce essere la Chiesa di Santa Maria di Porta Santa costruita nel 1521, dietro dimanda fatta a Monsignore Lupicino Vescovo di Bisceglie, e Vicario Generale del cardinale D. Nicola Flisco, Vescovo di Andria, che autorizzò la costruzione della Basilica istallandone un beneficio col titolo di priorato, col dritto al Comune di presentazione del beneficiato, e coll’obbligo di dotare la Chiesa di un’annuale rendita:

Che colla istessa bolla fu nominato Priore Sansonetto Spoletino, da cui senza interruzione hanno seguiti altri diciotto fino all’attuale D. Vincenzo Latilla:

Che nel fusto dei piedistalli a fianco la porta della Chiesa ne sono gli emblemi Comunali: nell’interno poi vi sono anche altri due, sotto uno dei quali si legge la seguente iscrizione: Ius patronatus Universitatis Civitatis Andriæ A:D. 1573.

Che da pubblico atto rogato da D. Francesco Antonio Pitozzi il Decurionato nel 1642, a 21 Settembre mercé una deputazione dal suo seno eletta concedeva l’uso della Chiesa ai frati di S. Giovanni di Dio.

Che mercé diverse bolle dei Pontefici Paolo III° e Clemente XII° il beneficiato di questo patronato del Comune fu elevato a quinta dignità del Capitolo Cattedrale.

Che abolito il dazio sul vino mosto stabilito per assegnamento, giusta la bolla di fondazione, il municipio sostituì un fondo Urbano, ed un capitale censo per la dotazione del beneficio di giuspatronato Comunale:

Che in fine la Congrega avea il suo Oratorio in un luogo separato dalla Chiesa, come leggesi dalla Visita di monsignor Adinolfi ai ventidue Ottobre 1711, e che posteriormente le venne accordato l’uso nella Chiesa istessa.

Dalle quali ragioni conchiude essere la Chiesa in discorso di giupatronato laicale del Municipio, e che la Confraternita non avea, come non ha alcun dritto sulla medesima.

Letti i documenti tutti sistenti nell’incartamento;

Il Consiglio lungi dal tenersi d’appresso alle conghietture istoricali del Sacerdote D’Urso, le quali stesse sono opinioni di colui che scrive; ma tenendosi fermo ai documenti, ed alla legge ha considerato; appare il giuspatronato “jus quod quis clericus, sive laicus habet in Ecclesia, quam ædificavit, vel dotavit, vel fundavit (nobis fuit 25 de ius patron„) vale a dire che può acquistarsi il dritto di patronato, quam ædificavit, dotavit, et fundavit. Questi requisiti prescritti da Sacri Canoni, e rispettati dalla Polizia del Regno non ammettono esitazione veruna, e quando ne concorrono ed emergono da documenti non possono essere distrutti dalle svariate conghietture del Pio Luogo, che non trovano altro fondamento se non che quello di uno stemma, e di una lapide, che spesso può rinvenirsi in un Tempio per effetto di abuso, o del caso.

La bolla di Monsignore Lupicino, Vescovo di Bisceglie, e Vicario Generale del Cardinale Flisco, Vescovo di Andria del dì otto Marzo 1521, sotto il Pontificato di Leone X toglie ogni dubbio sulla contesa del giuspatronato sulla Chiesa di santa Maria di porta Santa: a cotesto documento debbono aggiustar fede il Pio Luogo, ed il Municipio; imperciocché è autentico per essere avvalorato da diciotto atti di presentazioni di Priori depositati nell’Archivio Vescovile di Andria, e dallo stesso storico D’Urso a pag. 78.

Dalla detta bolla sorge chiaro, come la Municipalità Andriese presa da speciale devozione verso l’immagine gloriosissima rinvenuta sulle mura della stessa Città, domandava a Monsignore Lupicino di voler costruire nel medesimo luogo un Tempio, nel quale potesse collocarsi l’Immagine suddetta; “decretavit in eodem loco fundare Ecclesia, in qua includatur imago præsens, et illam costruere, quæ fundatio, et constructio … costituendo dotem p Rectore.„ E per la detta dimanda mentre si dava la facoltà di costruire la Basilica a quella Vergine S.ª rinvenuta sulle mura, che avea operato una infinità di miracoli: si concedeva ancora all’Università il “jus patronatus, et præsentare priorem ad illam basilicam.„ E sotto la condizione: “si ipsi Universitati videtur maxime, si prohiberetur præsentatum et non istitutum non admitti quod liceat ipsi Universitati deservire facere ipsæ basilicæ per Cappellanos mutabiles ad eorum libitum, ac si esset Oratorium privatum.„ E per la dotazione la Università cedeva la gabella “quæ in porta Civitatis exigitur, et solvitur per introducantes in ipsam Civitatem vinum mustum.„ Quale balzello stabilito per la dotazione della Chiesa, nei tempi posteriori venne tramutato in fondo Urbano, ed in un capitale Censo. Or dal documento suddetto che trovasi depositato nell’Archivio Vescovile di Andria, da cui ond’è stato rilasciato Copia autentica si ha che la Chiesa di Santa Maria di porta Santa fu fondata, costruita, e dotata dalla Municipalità di Andria, perlocché colla detta bolla le si dava il giuspatronato col dritto della presentazione del beneficiato; e se mai tal dritto le si volesse togliere, era in facoltà dell’Università istessa rendere Oratorio privato la Basilica in parola.

E cotesta bolla viene confortata da monumenti, cioè dagli stemmi Comunali messi ai piedistalli della porta d’ingresso della Basilica, e dagli altri nell’interno della medesima, ov’è detto jus patronatus Universitatis Civitatis Andriæ A:D: 1573.

In fine il possesso continuato e non mai interrotto per più secoli della nomina di diciannove Priori di detta Chiesa fino ai dì presenti offrono elementi tali da non porsi in dubbio che la Chiesa di Santa Maria di Porta Santa sia di giuspatronato del Comune di Andria.

Né può dar dritto al Pio Luogo la narrativa istorica del Sacerdote D. Riccardo D’Urso, facendo risalire l’epoca della fondazione della Chiesa ai tempi del dominio svevo, e nell’uso in che trovasi la Confraternita di celebrare i Divini Ufficii nella Chiesa istessa, dappoiché è risaputo che tanto nei tempi andati, che nei presenti sogliono introdursi nella Chiesa di giuspatronato Comunale la Confraternita per maggior culto, e frequenza delle Sacre funzioni. E questa conghiettura merita maggior credenza, imperciocché lo stesso scrittore asserisce che la Università avea da tempo “un beneficio di jus patronato laicale col dritto della Università nella nomina del Priore temporaneo della Cappella di san Riccardo, quinta dignità della Chiesa Cattedrale, essendo obbligato costui, come da tempo antico, a prendere il possesso sulla lodata Chiesa di Porta Santa. La qual cosa dimostra chiaro che il Priore, nominato dalla Università prendeva, come prende, possesso in quella Chiesa, di cui egli è priore. e che è di giuspatronato del Comune.

Lo stesso storico di seguito dice che gli Andriesi mirando con venerazione la porta della Città, da dove entrarono S. Pietro, e S. Riccardo, nel 1265 edificarono una Chiesa, ed affinché non vi fosse mancato nel tratto successivo un’assistenza, ed un culto, tutti i nobili si unirono istituendo la Confraternita di S.ª Maria dell’Annunziata, la quale poi fu dismessa sotto il Vescovo Matteo II°, che la interdisse, e che poscia come nuova fondazione venne l’autentico documento di Monsignor Antonio Lupicino, da cui sorge l’irrefragabile dritto del Comune, trascrivendo in seguito alla lettera quella istessa bolla dell’indicato Vescovo Lupicino, che la Congrega nelle sue deduzioni caratterizza come apocrifa.

Dalla detta narrazione si prova maggiormente l’assunto del Comune, imperciocché se gli Andriesi per divozione di S. Pietro, e S. Riccardo costruirono la Chiesa in discorso, e che di poi fu istituita una Confraternita per il maggior culto del Signore, è chiaro che la Chiesa fu costruita dall’Università, e la Pia Fratellanza ebbe l’uso per culto divino. E che poi si ebbe in appresso, dismessa la detta Confraternita, la citata basilica una novella, e legale fondazione colla bolla del prelodato Vescovo Lupicino.

Dunque anche a voler stare all’istoria per Riccardo D’Urso messa in stampa il 1842, la quale fa sorgere quistione sull’epoca in cui venne costruita la Chiesa, pure comunque il suo ragionamento non è poggiato su di alcun documento, anzi è distrutto da quella bolla di cui egli medesimo si fa scudo nell’istoria, non può mai dedursi esservi per il Pio Luogo il giuspatronato sulla Chiesa di Santa Maria de Porta Santa, avvegnacché per essa non vi sono i requisiti sostanziali prescritti dai Sacri Canoni, e dalla Polizia del Regno, cioè fondazione, edificazione, e dotazione: requisiti che vengonsi rilucere nell’interesse del Comune.

Né sono di ostacolo le diverse deliberazioni del P. L. del 1699 fino ai 30 Novembre 1854, colle quali dimostra gli acquisti degli arredi sacri, ed i ristauri praticati nella Chiesa, non che il Sepolcro con la lapide, su della quale è scolpito lo stemma della Confraternita, ed altre cose simili; perocché cotesti elementi non possono operare dritto, e né prescrizione in prò della Congrega, stante che il Priore della Basilica sempre nominato dal Comune da che ebbe origine la Chiesa è stato di continuo nel reale possesso, svolgimento dei dritti che rivengono dalla bolla sopra citata. Quindi bisogna dire che se il Pio Luogo acquistava arredi sacri, e restaurava la Chiesa, e se usava del Sepolcro sopra descritto era una condiscendenza del Priore pro tempore, la quale cosa costituisce un abuso, anzichè dritto, essendo ben noto il principio in canonica, ed in legge che i beneficiati non possono permutare, alterare, né distruggere i dritti del patrono, e dei posteriori godenti.

Il Pio Luogo impegnato ad attaccare la veracità della bolla di Monsignore Lupicino, dalla quale sorge il dritto del Comune, eleva una mole insormontabile di eccezioni, alle quali non potrebbe rispondersi che con molta perdita di tempo, e però il Consiglio imprende ad esaminare le principali, e le più.

Dicesi apocrifa, o falsa la bolla di Monsignore Lupicino:

Primo: Per essersi dato il titolo di Eminentissimo al Cardinale de Flisco, mentre nel 1500 cotal titolo davasi ai Principi, a Consoli, a Duchi secolari.

Secondo: Per non rispondere la data die octava Martii nonæ indictionis ... sub Pontificatus SS. D. N. S. Leonis X, con quella segnata nella bolla 1512, o 1522 come si apparisce dall’attuale Priore Signor Latilla.

Terzo: Per essere in piè di una Copia della citata bolla sistente negli atti del priorato di S. Riccardo, pag. 26 a 37, un attestato del Notar Giuseppe Simone di Trani, da cui si rileva mancare la firma del cancelliere, o Notaro; e che in detto attestato mentre dicesi presentato l’originale nel 1541, si trova scritto sotto la data del 1590; in fine il Notaio Simone non è mai esistito, per quante ricerche siensi fatte presso la Camera Notarile.

Su delle quali eccezioni il Consiglio ha considerato:

Non esservi nella Istoria quanto gratuitamente si asserisce dal Pio Luogo relativamente al titolo di Eminentissimo, ma anche a ritenerlo per vero, è noto che il Cardinale de Flisco apparteneva ad una Nobilissima Famiglia dei Conti di Lavagna, e facilmente gli si dava il titolo pertinente alla famiglia di eminentissimo, come che si desse se non rivestito di quella carica, e dignità. ma in grazia della verità rileggendo le prose del Bembo che sono del 500, si trova che i Cardinali avevano il titolo d’illustrissimo, ed Eccellentissimo. Dalle lettere di Tolomeo, de’ Monsignore, e da altri autori contemporanei di Eminentissimo. Urbano VIII° a 10 Gennaro 1630 dispose che da quell’epoca in poi i Cardinali avessero per sempre il titolo di Eminentissimo, come che si compartisce a quella sola dignità.
Per fermo non essendovi alcuna disposizione sull’obbiettivo fino al 1630, era in libertà di chi scriveva attribuire ai Cardinali quel titolo che gli credeva più conveniente al maggior rispetto, e venerazione del Cardinale, a cui voleva parlare, o scrivere.
Epperò l’essersi in detta bolla dato il titolo di Eminentissimo al Cardinale de Flisco non forma l’idea di essere quella apocrifa, o nulla.

Non appare neppure attendibile l’equivoco della data della bolla. Il Pontefice Leone X ascese al Trono il 5 Marzo 1513, il dì 11 Aprile dello stesso anno 1513 fece il suo solenne ingresso in Roma; si morì nel 1° Dicembre 1521., vale a dire nove anni di Pontificato, nella quale epoca poté rilasciare la bolla in disamine; e dev’essere così, imperciocché nel 1521 cade la nona indizione. E per fermo le indizioni Romane cominciarono nel 313, aggiunti a questi altri 14 anni forma il primo periodo dell’anno 327, aggiungasi altri periodi 80, ossiane anni 1194 si ha l’indizione nona nel 1521. Ma Latilla attuale Priore sostiene che debbasi leggere 1522, e qui si risponde essere facilissimo nei scritti antichi leggersi con equivoco una data per un’altra; perocché le lettere dal tempo distrutte non sono leggibili con chiarezza. Altrimenti sarebbe lo stesso che distruggere la buona fede dovuta agl’atti tutti sistenti nello Archivio della Curia Vescovile di Andria, da cui è stata rilasciata Copia legale del documento. E poi si rende inconcepibile potersi falsare un documento che da secoli esisteva al dirsi di D’Urso, e da cui si fa memoria, e si trascrive nei diversi tempi, nei quali ha avuto luogo la nomina dei Priori pro tempore, comecché si fosse intravveduto dal Comune la quistione che sorger doveva nel 1854.

La mancanza della firma del Cancelliere, o Notaro non sono pur anco motivi per ritenersi per apocrifo, o falso il Documento, dappoicché dalla Copia di un atto autentico non può giudicarsi dall’originale. Ma poi si potrebbe obbligare il Comune a rispondere di fatti avvenuti in tempi remotissimi, in cui il procedimento era tutto libero, e variava secondo il modo di pensare di colui che governava la Diocesi, quello che è di certezza si è che una sequela di atti per la presentazione di diciannove Priori dal Comune eletti, e depisitati nella Curia Vescovile di Andria toglie ogni dubbio sulla legalità della bolla, e preclude ogni mezzo alle eccezioni, ed al preteso dritto del Pio Luogo.

Di seguito il Pio Luogo senz’alcun fondamento sostiene non essere i Leoni stemma Comunale di Andria, i quali Leoni sono scolpiti su di apposite lapidi messe fuori, e dentro del Tempio di S. Maria di Portasanta, onde poi si conchiude non indicare il patronato sulla Chiesa. L’iscrizione in piè di una di esse, e di cui si è sopra parlato: jus patronatus Universitatis Civitatis Andriæ A:D: 1573, dà la competente risposta.

Ma il giuspatronato del Comune può intendersi sull’Altare della Madonna della Neve, dice il Pio Luogo, come viene avvalorato dallo storico D’Urso.

Ed appunto lo storico D’Urso sostiene essere stata la Chiesa eretta, e costruita dagli Andriesi, nella quale posteriormente vi si istallò una Confraternita pel culto, che venne dismessa da Matteo II°, e che poscia come una nuova fondazione venne l’autentico documento di Monsignore Lupicino. Dunque anche a voler ritenere l’erroneo concetto dello Storico la fondazione, la costruzione, e la dotazione stà per il Municipio.

Né gli atti di Santa Visita di Monsignore Cosenza, né la voluta voce pubblica sono sufficienti a recare un dritto in prò del Pio Luogo dappoicché i detti degni prelati a cotesta asserta voce pubblica facilmente poteano formarsi un erroneo concetto sulla proprietà, e spettanza del Tempio su riferito. Ma i detti Vescovi, ed il pubblico hanno mai impugnato la legalità della bolla? Hanno mai opposto al Priore di prendere possesso nella Chiesa di santa Maria di Porta Santa? E non è il pubblico che eleva ora la sua voce, per mezzo del Decurionato che lo rappresenta?

Da ultimo il giudicato della Curia Vescovile di Andria del dieci Aprile 1854 non è di ostacolo al Comune, perlocché quello fu attuato tra la detta Corporazione, ed il Priore, il quale non potea compromettere il dritto del patrono, il quale considerato come Ente Morale, non potea essere pregiudicato nei suoi dritti dal beneficiato, per la nota massima, res inter alios acta tertio neque nocet, neque pro dicest.

Per le quali cose il Consiglio è di avviso potersi ritenere come indebito il concetto di appartenere al Comune il patronato sulla Chiesa di Porta Santa, rimanendo al Reale Ministero il disporre che la Congrega del SS.° Nome di Gesù, desista dall’inutile piato, potendo ancora ufficiare il Reale Ministero degli affari Ecclesiastici, onde il Comune sia mantenuto nel proprio dritto, anche con l’autorità della Curia Vescovile Andriese.

Bari li 10 Dicembre 1855.

Francesco Torchi
Peruzzi
Riccardi

[dal manoscritto originale “Processo Canonico ed Amministrativo sul diritto di Patronato di Porta Santa”, vol. I, ff. 81r-88v]