Dal “Flumen Aveldium” al “Gran Canale Ciappetta Camaggio”

Contenuto

Andria

Escursione nel Territorio

Ing. Riccardo Ruotolo


Le colline delle Murge e il Flumen Aveldium

Dal “Flumen Aveldium” al “Gran Canale Ciappetta Camaggio”


Che la lama di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo, formatasi nel letto dell’antico corso del “flumen Aveldium”, fosse ricca di acqua e soggetta ad esondare in città, proprio come fa un fiume quando il suo alveo viene parecchio ristretto per motivi di utilizzo improprio del suo terreno, ne abbiamo conferma da documenti presenti sia nell’Archivio Storico Comunale di Andria sia nell’Archivio di Stato di Bari. In quest’ultimo, in un documento datato all’inizio degli anni cinquanta dell’Ottocento si parla di inagibilità della “reale via Napoli – Bari” nei pressi del ponticello di Andria per i frequenti allagamenti di quella parte della città provocati dalle abbondanti piogge che facevano straripare il torrente. Si sta parlando del ponticello che esisteva fino agli anni Cinquanta dell’Ottocento dov’è l’attuale piazza Porta la Barra e che collegava la Real “strada Mediterranea” che proveniva da Napoli – Canosa con il tratto Andria – Bari.

In un altro documento sempre dell’Archivio di Stato di Bari (redatto tra il 1852 e il 1855) si dice che Andria aveva tre ponticelli per scavalcare l’antico fiume: uno sulla “Strada Reale delle Puglie” ovvero “Real strada Mediterranea” per Napoli e Bari, ubicato in quella che ora è piazza Porta la Barra e che serviva sia per raggiungere le campagne verso ed oltre Castel del Monte sia per accedere al convento e Chiesa di Santa Maria Vetere, alla Chiesa dell’Annunziata e alla Chiesa del Purgatorio; il secondo era ubicato in quella che ora è via Carmine e serviva soprattutto per raggiungere il Santuario della Madonna dell’Altomare come pure il convento dei Carmelitani con la relativa Chiesa della Madonna del Carmine; il terzo ponte era realizzato dove ora via Sant’Andrea incrocia via Marco Polo e serviva per raggiungere il Santuario della Madonna dei Miracoli.

Si riporta qui di seguito la trascrizione di questo documento dell’Archivio di Stato di Bari di cui si allega la prima facciata (Doc. 73)

Doc. 73 - Documento dell’Archivio di Stato di Bari che parla dell’inalveamento delle acque delle Murge.
Doc. 73 - Documento dell’Archivio di Stato di Bari che parla dell’inalveamento delle acque delle Murge.

Documento inizio anni Cinquanta dell’Ottocento (tra 1852 e 1855).

Corpo degli ingegneri
di acque e strade.
Direzione dei lavori pubblici di Terra i Bari.

OGGETTO: Lavori di bonificazione. Inalveamento delle acque delle Murge nello interno di Andria.

     Progetto
e dettaglio estimativo dei lavori
che occorrono per compiere l’opera
d’inalveazione delle acque delle
Murge che traversano l’abitato
di Andria.

Introduzione


“Le acque provenienti dalla estesa regione delle Murge, incontrando l’abitato di Andria, erano costrette a passare le luci di un angustissimo ponticello della Mediterranea, che lungo la terra stessa parimenti discorre di propria incontrando a non molta distanza la strada denominata del Carmine, restano nelle sottoposte campagne per una catena disposta a scaglioni, onde una ....vela quivi a disegno costrutta da rimota epoca venia limitata e sorretta; in fine da questi più bassi luoghi che intorno alla designata terra sempre rimangono, non altrimenti poteano essere smaltite, che per una porzione di larghezza solo sette palmi, quanta è precisamente l’ampiezza di un ponticello a traversa alla strada denominata delle Croci, la quale elevandosi a forma di diga di ben 10 e più palmi sul piano dei prossimi terreni, impedisce ogni altra uscita alle acque”.

In questa prima parte del documento si conferma l’esistenza di tre piccoli ponti in Andria per scavalcare il fiume; ci doveva essere un quarto ponte dove la strada per il Santuario della Madonna dei Miracoli incrocia il Lagnone Santa Croce, ma questo ponticello era fuori città e non interessava il fiume, ma un suo piccolo affluente.
Continua il documento:

“Il progetto composto nel 1852 che, dopo la superiore sanzione .. regola i lavori intesi ad inalveare le su menzionate acque, ed a rimuovere i disordini veramente notevoli sperimentati in quella con....ima e popola- ta terra, dal non essere mai stato ordinato il loro corso, si che in smodatissima(?) copia talvolta in quel punto concorrono ............ , non sapremmo per quali non dimostrate ragioni, unicamente alla struttura di un ponte sufficientemente ampio allo incontro della Mediterranea, e per tutta la estensione del largo del Purgatorio che al lato alla stessa rimane;”

È chiaro il riferimento al ponticello di piazza Porta la Barra che si vuole sia fatto più grande fino ad arrivare alla Chiesa del Purgatorio come si vede realizzato nella prima mappa catastale della città di Andria datata 1875 (Doc. 72). Nella mappa citata sono chiaramente visibili sia il ponte di piazza Porta la Barra (già piazza Ettore Carafa), ormai ingrandito per esigenze di cui si è parlato prima, sia il ponte di via del Carmine ma, ciò che è più significativo, è il disegno del fiume e/o torrente che attraversava la città, tutto ancora scoperto, nel tratto tra piazza Porta la Barra e via Carmine, ora via Eritrea.

Doc. 72 -   La più antica mappa catastale della città di Andria (1875), con in azzurro il fiume Aveldium.
Doc. 72 - La più antica mappa catastale della città di Andria (1875), con in azzurro il fiume Aveldium.

Se si guardano bene le particelle catastali 3165 e 3179 della mappa e si confrontano i luoghi come ora sono, si nota che nel 1875 esse non erano edificate mentre ora su quelle particelle esiste l’edificio scolastico Imbriani costruito nei primi tre anni del Novecento: la particolarità sta nel fatto che questo edificio scolastico, pur avendo oggi un lungo fronte su via Eritrea, abbastanza larga, non ha alcun accesso da questa via ma l’ingresso si trova dal lato opposto: questo perché la via Eritrea, dove scorreva il fiume, fu realizzata soltanto dopo il 1903 quando l’Amministrazione comunale, ottenuto un mirato finanziamento, coprì il canale per evitare odori sgradevoli e il proliferare di insetti. La costruzione dell’edificio scolastico a quell’epoca era già in fase di ultimazione per cui lungo il canale erano state realizzate solo finestre, mentre l’accesso all’edificio era previsto da via Manthonè.
Il documento continua:

“all’apertura di un canale tra questo ponte e la strada del Carmine; ed al sostituire alla gaveda(?) quivi esistente un ponticello a tre luci con interposti piedritti di ...... palmi 3 senza nulla ...porre pel passaggio delle acque a traverso alla strada delle Croci”. In quest’ultimo passo si citano gli altri due ponticelli.

Laonde, richiamate il maggior concorso delle acque nella zona che rimane tra le due strade, non può la stessa non rimanerne inondata nella durata del loro afflusso per la ridotta angusta luce; ed inoltre, elevandosi il pelo delle acque nella zona medesima, verrebbe a scemare la cadente, e quindi la portata delle acque stesse nell’alveo superiore.

Vuolsi ancora aggiungere, come il signor Direttore del Dipartimento, nello esaminare il designato progetto osservava, tra le altre cose, esserne giustificata la caduta di palmi 13,50 stabilita sopracorrente al primo ponte, onde le acque del tronco superiore dell’alveo sono destinate a passare pel ponte medesimo; quindi notava potersi una parte di quella caduta distribuire pel designato tronco che la precede. La quale troppo ragionevole osservazione veniva ritenuta dal Consiglio di Acque e Strade; e però commetteasi all’Ingegnere Direttore dell’opera di averne riguardo nella esecuzione dei lavori.

Queste cose premesse, nel presente progetto i lavori e le opere tutte che occorrono per inalveare sono ordinati per modo, che i due ponti uno al largo del Purgatorio, l’altro allo incontro della strada del Carmine, avessero una luce sola, di corda ed altezza uguali in ciascuno di essi, senza alterazione di sorta non obbligata da nissuna ragione e senza intermedi piedritti, che sono un inutile anzi nocivo ingombro nella occorrenza delle piene, quando queste per avventura trasportassero materiali grossi o alberi disvelti, che nello interposto tronco di alveo fossero con regolari corsi richiamate le acque tutte provenienti dalle strade che sono al sinistro del medesimo; che un terzo ponte parimenti uguale ai due descritti, per l’ampiezza, e la elevazione della sua luce venisse stabilito pe la strada delle Croci; ed infine che la caduta sopracorrente al primo ponte del largo del Purgatorio sia ridotto a soli palmi 9, rimettendo alla esecuzione il definire se formare dei rimanenti palmi 4,50, altra caduta nel tronco superiore, o se invece aggiungere una tale altezza al pendio del tronco stesso.

Tutti cosifatti lavori, in un piano solo, e con uniforme metodo considerati, calcolati ai prezzi dell’approvato progetto, richieggono(?) nella loro integrità, siccome dal seguente dettaglio estimativo si raccoglie, la spesa *900; dalla quale dedotta la somma già autorizzata del designato progetto di *5.700, rimane ad essere approvata la cifra residuale di *3.300, da distribuire tra la Provincia, ed il Municipio, nella stabilita proporzione di due a tre.

Dettaglio estimativo
Paragrafo 1°
Ponte sulla strada delle Croci

  1. Il taglio di terra per dar luogo alla costruzione del ponte di lunghezza palmi 47, larghezza palmi 41, altezza palmi 21; ...per la formazione di una catena al di sotto della platea nel sottocorrente di lunghezza palmi 41, larghezza palmi 6, altezza palmi 5, fa canne cubiche 41.697.
    Che a *1,20 la canna, prezzo del progetto approvato, importa ............. *50.03.
  2. La fabbrica di pietra calcarea a faccia per la formazione della platea generale di larghezza palmi 41, lunghezza palmi 47, altezza palmi 3; più per la formazione della catena sottocorrente al di sotto di essa platea, di lunghezza palmi 41, larghezza palmi 6, altezza palmi 5, fa canne cubiche 7.011.
  3. La fabbrica simile per la formazione delle due spalle del ponte di lunghezza ciascuna palmi 47, altezza fino all’imposta palmi 5, grossezza palmi 6,50, fa canne cubiche 3.055.
  4. La fabbrica simile per la formazione della volta di corda palmi 25, seste(?) palmi 9, grossezza alla chiave palmi 22, ed all’imposta palmi 6,50, distanza delle fronti palmi 47, estradossata piana, e con intradosso ad un sol arco, fa canne cubiche 12.091.
  5. La fabbrica simile per la formazione dei parapetti di lunghezza unita palmi 76, altezza palmi 4,50, grossezza palmi 2, fa canne cubiche 0,684 ...

Il documento dell’Archivio si ferma a questo punto perché è mancante dell’ultima parte.


In un altro documento del 1855 (Doc. 74) dell’archivio storico del Comune di Andria,

Doc. 74 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria, anno 1855.
Doc. 74 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria, anno 1855.

’Intendenza di Terra di Bari invia un “Pressante” invito all’Ingegnere Direttore delle Opere Pubbliche Provinciali affinché si compiano i lavori dell’inalveamento della lama con sollecitudine, così esprimendosi:

Bari 22 dicembre 1855

Intendenza di Terra di Bari
2° Ufficio 2° Carico
N. del Protocollo 31354
N. della spedizione 20097.

OGGETTO: Inalveazione della lama delle Murge in Andria.

Signore
La inalveazione della lama che venendo dalle Murge si getta in Andria, minacciandola d’inondazione nei tempi piovosi, come ora, è una faccenda seria, trattandosi della sicurezza delle persone, e delle proprietà.
Ella col suo rapporto del 17 volgente Numero 1107 mi dice di aver disposto il compimento dell’opera. Ciò non basta conviene che l’Ingegnere incaricato se ne va di sopraluogo, per assicurarsi dell’effettivo Pressante cominciamento dei lavori, regolarli, e spingerli per modo da non rispondersi di alcun sinistro per causa di qualche piena che non potrebbe mancare come il tempo si mostra.

L’Intendente
(firma illeggibile)

Al Signore
Il Sig. Ingegnere Direttore
Delle Opere Pubbliche Provinciali
   Bari


Un altro documento dell’archivio storico del Comune di Andria da conferma degli allagamenti e relativi danni che subiva la città di Andria quando il torrente straripava a causa di prolungate piogge sulle colline murgiane (Doc. 75).

Doc. 75 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria del primo febbraio 1924.
Doc. 75 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria del primo febbraio 1924.

Il primo febbraio dell’anno 1924 il Sindaco così scriveva:

A S. E. il Ministro dei Lavori Pubblici
Roma

Andria, città di circa 70 mila abitanti, con un territorio di oltre 42 mila ettari di terreno a coltura, la seconda, per importanza dopo Bari per la sua speciale posizione topografica, giace nella parte più settentrionale delle Murge, ..., presenta alle spalle una serie di colline, da cui discendono in gran copia e vorticosamente le acque alluvionali, che allagavano in modo spaventoso la zona bassa della città, tra via Borghello e il 4° vicolo S. M. dei Miracoli, arrecando gravissimi danni alle costruzioni, alla incolumità e all’igiene degli abitanti. Diversi disastri si ebbero a lamentare e vanno ricordati quelli del mese di agosto 1850 (quello cui fa riferimento il documento dell’Archivio di Stato di Bari), del 30 agosto 1888 e 13 settem- bre 1903 (in seguito al quale Andria ebbe un finanziamento per coprire il canale su via Eritrea) quest’ultimo, in ispecie, fu oltremodo fatale, per avere svelti alberi, abbattuti muri, allagato di acqua melmosa parecchie vie, tuguri e pian terreni, travolti integralmente ponti in armatura e l’intero Corso R. M. Imbriani (ora via Eritrea), arrecando inoltre, tanti altri guasti, che non è il caso di elencare ...”.

La prima pietra dei lavori di copertura del Canale Ciappetta Camaggio lungo quella che poi sarà chiamata via Eritrea fu posta il 23 marzo 1902 come attesta una lapide commemorativa posta all’inizio di via Annunziata, alla sinistra del portoncino del numero civico 8 (Foto 76-77).

Foto 76 - Casa in Andria alla via Annunziata n. 8, avente la lapide.    Foto 77 - lapide commemorativa dei lavori di copertura del Ciappetta-Camaggio in via Eritrea
Foto 76-77 - Casa in Andria alla via Annunziata n. 8:
lapide commemorativa dei lavori di copertura del Ciappetta-Camaggio in via Eritrea.

Per la scarsa leggibilità della lapide, si riporta qui di seguito il suo testo:

AUSPICI
IL REGIO COMMISSARIO STRAORDINARIO
AVV. CAV. CARLO CALVI
IL CONCITTADINO DEPUTATO
AVV. ORAZIO SPAGNOLETTI
OGGI XXIII MARZO MCMII
IL POPOLO
SACRA LA PRIMA PIETRA DEL GRAN CANALE
DALLA PUBBLICA SALUTE LUNGAMENTE RECLAMATO
AI BENEMERITI DELLA SUA CIVILE PROSPERITA’
PLAUDENDO

Significativa è l’espressione “GRAN CANALE” con cui viene chiamato l’antico fiume-torrente Aveldium: è auspicabile che da ora in poi non venga più chiamato canalone ma “GRAN CANALE CIAPPETTA-CAMAGGIO”.

Le alluvioni dovute allo straripamento del torrente, sono continuate fino agli anni sessanta del Novecento, e tutt’ora le aree ad esso limitrofe sono riportate come aree alluvionali nella cartografia dell’Autorità di Bacino, quindi pericolose se andassero edificate. Tutto ciò dimostra la valenza torrentizia attuale della lama e, di conseguenza, la sua natura di vero e proprio fiume in epoca romana.

*

Come si evince dai documenti prima esaminati, la città di Andria era continuamente “minacciata d’inondazione nei tempi piovosi”....”Andria, città di circa 70 mila abitanti presenta alle spalle una serie di colline, da cui discendono in gran copia e vorticosamente le acque alluvionali, che allagavano in modo spaventoso la zona bassa della città, tra via Borghello e il 4° vicolo S. M. dei Miracoli”. Pertanto, le zone pianeggianti ora individuabili tra via Rosolino Pilo (ex via Borghello), rondò Martiri di Nassiria, via M. Murge, via Caneva, e quella individuabile tra via Sant’Andrea, via S. Maria dei Miracoli, via Camaggio, erano frequentemente allagate nell’Ottocento.

Considerando che nei secoli precedenti l’Ottocento tutto il territorio murgiano era ricoperto di boschi, il clima era completamente diverso e gli allagamenti dovevano essere continui tanto che, in queste due zone, l’acqua doveva ristagnare quasi perennemente e, soprattutto nella prima zona come innanzi individuata e che chiamiamo Ciappetta, anzi “abbasc a Ciappetta”, il fiume – torrente (poi diventato Gran Canale Ciappetta Camaggio) formava una vera e propria golena in cui l’acqua era presente quasi tutto l’anno.

A testimonianza della presenza continua dell’acqua in questa zona, è il toponimo “Sant’Angelo al lago” dato alla Chiesa che fino al 1881 esisteva dove oggi c’è la Chiesa di San Michele Arcangelo e San Giuseppe (che però noi andriesi con- tinuiamo a chiamare Sant’Angelo), proprio nelle vicinanze della zona Ciappetta.

Come riporta lo studioso di storia andriese Sabino Di Tommaso (47) nel suo sito “Andriarte” e in una sua specifica pubblicazione molto documentata, il toponimo “Sant’Angelo al lago” è presente sia nelle relazioni che i Vescovi periodicamente redigevano a seguito della visite pastorali che effettuavano in tutte le Chiese della Diocesi, denominate “visite ad limina(48), sia nelle pubblicazioni degli storici andriesi dell’Ottocento (49).

*

Se si percorre l’alveo del “Gran Canale Ciappetta Camaggio” per circa quattro chilometri sia lungo la sponda destra sia su quella sinistra, a partire dai pressi di via Jacopo Beccari e andando fino al Gurgo Ruotolo, si resta colpiti dalla pre senza di murature realizzate in più punti e trasversalmente all’alveo; la forma e la composizione dei conci di queste murature alte non più di un metro dal piano campagna non ha altri esempi in tutto l’agro di Andria.

La Foto 78 mostra la sommità di una di queste murature che sono realizzate con due facce fatte di pietra a massello e riempimento interno realizzato con pietrame sciolto e terreno.

Foto 78 - Sommità della muratura della prima briglia, subito a Nord di Andria.    Foto 79 - Prima briglia a Nord di Andria: facciata a valle.
Foto 78 - Sommità della muratura della prima briglia, subito a Nord di Andria.   //   Foto 79 - Prima briglia a Nord di Andria: facciata a valle.

La Foto 79 mostra la facciata esterna, eseguita con una tecnica tutta particolare perché fatta con blocchi di pietra lavorata, sagomati a pentagono ed alcuni ad esagono, sovrapposti senza uso di malta

A distanza di circa 300 metri si trova un’altra muratura trasversale (Foto 80) e la sua faccia verso valle presenta anch’essa conci di pietra pentagonali in sommità ed esagonali nella fascia intermedia: in Andria e nel suo agro murature in conci di pietra sagomati a forma pentagonale ed esagonale non si sono mai viste.

Foto 80 - Gran Canale Ciappetta-Camaggio: prima briglia a Nord di Andria.
Foto 80 - Gran Canale Ciappetta-Camaggio: prima briglia a Nord di Andria.

Stessa composizione e stessa forma di conci di pietra si trovano in un’altra briglia più avanti, verso Barletta (Foto 81), in questo caso le facce dei conci esagonali si presentano quasi perfette e combaciano tra loro così bene che risulta difficile infilare un cartoncino tra gli interstizi, eppure non c’è malta ma i conci di pietra sono semplicemente accostati tra loro.

Foto 81 - Gran Canale Ciappetta-Camaggio: seconda briglia a Nord di Andria.
Foto 81 - Gran Canale Ciappetta-Camaggio: seconda briglia a Nord di Andria.

Bellissima è la composizione dei conci di un’altra muratura trasversale che si incontra successivamente (Foto 82) e che evidenzia in modo inequivocabile l’abilità degli scalpellini che l’hanno eseguita

Foto 82 - Gran Canale Ciappetta-Camaggio: terza briglia a Nord di Andria.
Foto 82 - Gran Canale Ciappetta-Camaggio: terza briglia a Nord di Andria.

Individuata la evidente funzione di briglie per tali murature, c’è da chiedersi:
- perché realizzare una muratura fatta con grossi conci di pietra calcarea, lavorati a forma di poligoni pentagonali ed esagonali, senza usare malte, per costruire le briglie dell’antico Aveldium, ora Gran Canale Ciappetta-Camaggio?
- quando queste murature sono state eseguite?
- quali maestranze hanno realizzato queste opere?

Si sa che le briglie si costruiscono trasversalmente agli alvei dei fiumi e dei torrenti per rallentare lo scorrere tempestoso delle acque durante i momenti di piena ed evitare così notevoli danni ai terreni e alle strutture circostanti. A differenza del Nord dell’Italia, in Puglia è raro incontrare corsi d’acqua muniti di briglie, soprattutto di briglie così belle e perfette come quelle delle foto 80-81-82.

La fattura delle suddette strutture ha notevoli somiglianze con le murature che si trovano in Grecia nel Peloponneso, databili al VI-IV secolo a.C. che gli studiosi definiscono come “murature di passaggio tra quelle più antiche chiamate ciclopiche e quelle romane realizzate a corsi paralleli e regolari con blocchi di pietra a forma di parallelepipedi rettangolari”.

Murature simili, ma con l’uso di massi molto grossi e irregolari, si trovano nelle antiche città del Perù a Cuzco e Machu Pichu, realizzate tra il XV e XVI sec. d.C., prima della conquista spagnola, i cui blocchi sono però lavorati in modo da far combaciare perfettamente le facce tra di loro; invece, le murature dell’antica Grecia sono fatte con blocchi più piccoli, quasi uguali tra loro e lavorati lisciando le facce del concio, come quelli del basamento del Tempio di Apollo a Delfi (Foto 83): queste murature greche sono meno perfette di quelle delle briglie dell’alveo del Gran Canale Ciappetta Camaggio.

Foto 83 - Basamento del Tempio di Apollo a Delfi.
Foto 83 - Basamento del Tempio di Apollo a Delfi.

Anche nell’Italia centrale si trovano opere fatte con murature i cui conci sono sagomati a poligoni, anche se irregolari. Ad esempio nell’Umbria, nel sito dell’antica città di Ameria (oggi chiamata Amelia), nel sito di Cesi abitato da popolazioni umbro-sabine, ed anche a Todi, a Spoleto, nelle mura ciclopiche del sito di Alba Fucens in provincia dell’Aquila ai piedi del Monte Velino, e si trovano murature poligonali anche nel Lazio ad Anagni, Arpino, Atina, Ferentino e Alatri in Provincia di Frosinone (Foto 84).

Foto 84 - Murature poligonali del primo millennio a.C. nel Lazio.
Foto 84 - Murature poligonali del primo millennio a.C. nel Lazio.

Un bellissimo esempio di muratura poligonale l’abbiamo in Puglia, a Taranto, in un tratto della grande “Muraglia” che circonda l’Arsenale e lo separa dal “Borgo antico” della città.

Dopo che nel 1866 un regio decreto riconobbe Taranto come base navale italiana, fu realizzata una grande muraglia per separare l’ampia zona del futuro Arsenale dalla città antica. Una parte di questo muraglione fu realizzato con la tecnica delle murature poligonali e comprende anche una serie di rampe di scale che permettono il collegamento tra l’Arsenale e il Borgo.

È, senza alcun dubbio, un bellissimo esempio di muratura poligonale (Foto 84 bis).

Foto 84bis - la più bella parte della Muraglia dell’Arsenale di Taranto, realizzata in muratura poligonale di tufo carparo.
Foto 84bis - la più bella parte della Muraglia dell’Arsenale di Taranto, realizzata in muratura poligonale di tufo carparo.

I conci della Muraglia, lunga oltre quattro chilometri, sono di tufo carparo molto duro, ricavato dallo scavo effettuato per realizzare il canale di collegamento tra il Mar Piccolo e lo Ionio, dove poi fu realizzato il “Ponte girevole”

Lo studioso che per primo pose una distinzione tra le murature ciclopiche e queste murature realizzate con conci poligonali fu Petit Radel che alla fine del Settecento, dopo aver fatto numerosi viaggi in Italia visitando ville romane e resti di città antiche quali Amerina, nella sua pubblicazione “Voyage....dans le principales villes des l’Italie” – Parigi 1815, propose di chiamare queste costruzioni “murature poligonali” e non “murature ciclopiche”, con la distinzione che le ciclopiche sono fatte con grossi massi irregolari mentre quelle poligonali sono fatte con massi più piccoli ma resi regolari con scalpelli nella forma che preferibilmente era esagonale, realizzate senza malta e con lavorazioni a mano molto precise in modo da far combaciare perfettamente i conci.

L’archeologia ha effettuato una classificazione delle murature poligonali suddividendole in quattro stili:
- il primo è proprio delle murature i cui conci sono costituiti da massi messi in opera come trovati in natura, senza lavorazioni o solo sommariamente sbozzati, con ampi interstizi riempiti da schegge: sono le murature a secco delle siepi delle nostre campagne;
- nel secondo stile i massi sono stati scelti con più cura, sono lavorati in modo grossolano ed hanno giunti più precisi, con interstizi più piccoli, a volte riempiti con schegge; è il caso della muratura poligonale del basamento del Tempio di Apollo a Delfi in Grecia;
- il terzo stile è proprio delle murature i cui conci sono lavorati con cura, hanno la forma di poligoni generalmente irregolari con le facce perfettamente com bacianti tra loro tanto da non aver alcun bisogno né di schegge né di malta, come le muratura poligonale delle foto 80-81-82 del nostro “Gran Canale”;
- il quarto tipo di muratura poligonale è quella romana, eseguita con conci accuratamente lavorati, ma di forma parallelepipeda rettangolare, disposti in file parallele con conci sfalsati.

Pertanto, le murature delle nostre briglie sono del terzo stile, quello in cui i conci sono più lavorati, quasi a diventare poligono regolare (esagono e pentagono), con facce perfettamente combacianti, anche quando queste sono curvilinee. Sono stati eseguiti diversi studi sulla resistenza sia delle murature poligonali del terzo stile, senza l’uso della malta, sia delle murature romane a filari orizzontali con conci a forma di parallelepipedi rettangolari con l’uso della malta: si è constatato e verificato che le prime sono molto più resistenti delle seconde sia alla spinta orizzontale delle acque, sia alle vibrazioni dei terremoti anche forti. La loro resistenza alle forze orizzontali è dovuta al fatto che, pur essendo murature realizzate senza malta, le facce dei conci sono così perfette, combacianti e numerose, tanto che l’attrito tra esse risulta molto resistente alla spinta dell’acqua.

L’aver realizzato le briglie del fiume–torrente Aveldium con murature poligonali del terzo stile dimostra da un lato che era necessario frenare il flusso abbon- dante ed impetuoso del corso d’acqua, dall’altro lato che c’era la conoscenza da parte di chi le ha eseguite sia della tecnica costruttiva sia della efficienza e sicurezza che tali murature davano. Pregevole è anche il lato estetico di tali manufatti.

È questa la risposta più significativa data al primo quesito.

Poiché ad Andria ed anche nelle città vicine non esistono esempi di mura- ture simili, è risultato piuttosto difficile dare una risposta agli altri due quesiti: quando sono state costruite e da chi?

Un documento rintracciato presso l’Archivio Storico del Comune di Andria, tra quelli riguardanti le opere pubbliche, fornisce una prima soluzione ai due quesiti(Doc. 85).

Doc. 85 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria del 21 dicembre 1931.
Doc. 85 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria del 21 dicembre 1931.

Qui di seguito se ne riporta il testo.

Andria 21 dicembre 1931 Prot. 9031

OGGETTO: : Sistemazione del 2° tronco Canalone Ciappetta-Camaggio.

A S. E. IL PREFETTO
Bari

In esito alla nota 28 novembre u:s: n° 36943, comunicata alla Cooperativa “Giuseppe Mazzini” questa in data 7 corrente rispondeva:

Nel riscontrare la nota a margine della S.V. Ill/ma, la prego voler comunicare che le informazioni pervenute all’On. Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Puglia, non rispondono alla realtà dei fatti. .......... Inoltre non è possibile per il momento provvedere all’inizio della costruzione delle Briglie, perché il letto del canalone è completamente invaso dalle acque, sia dipendenti dalle piogge recenti, sia provenienti dallo scolo dei morchiai dei frantoi di qui che come V.S. Ill/ma sa, sono in pieno sviluppo di lavorazione...tener presente....Occorre infine tener presente che nonostante questa Cooperativa abbia provveduto al versamento delle somme richieste per la stipulazione del contratto non ancora è venuta in possesso dei disegni relativi alla esecuzione dei lavori di che trattasi, condizione questa indispensabile all’inizio degli stessi.

Romanamente

IL PODESTA’
(Avv. Pasquale Cafaro)

Questo documento attesta che le briglie del Gran Canale sono state eseguite dopo il 1931.

Un altro documento, sempre dell’Archivio Storico del Comune di Andria, a proposito della realizzazione delle briglie ci dice che l’Intendenza di Finanza di Bari impose delle tasse a tutti i proprietari che avevano appezzamenti di terreno nelle vicinanze del Gran Canale Ciappetta Camaggio, mettendo a ruolo molte cartelle esattoriali e provocando di conseguenza una ribellione generale dei proprietari.

Questo documento, datato 27 marzo 1937 (Doc. 86), testimonia la fine dei lavori di realizzazione delle briglie

Doc. 86 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria del 27 marzo 1937.
Doc. 86 - Documento dell’Archivio Storico del Comune di Andria del 27 marzo 1937.

Onorev. Intendenza di Finanze della Provincia di
B A R I

Il dì 23 c.m. fui notificato le Cartelle di pagamento a mè e la mia Signora, per le opere Idrauliche del Canalone Ciappetta-Camaggio, col N° di Ruolo 1511-2 per L. 2155, e N° 1498 per L. 117,05,-- Detta opera di Bonifica ebbe il suo valore nell’agro di Barletta ove era necessario, essendo pianeggiante gli alluvioni spandevano a danno delle produzioni agricole e perciò saggiamente fecero il canale arginato.----

Mentre nell’agro di Andria il canale è profondo declivio e non recava nessun danno, invece formarono le Briglie di pietra rustica per fermare le acque, da ciò si è avuto un male e non un bene, perché formano gli allagamenti specie di acque luride rifiuto del paese e forma la malaria.---- Inoltre faccio notare che la mia proprietà è messa su di un monte e distante oltre un Km. dal detto canale.----

Stante così le cose domando la cancellazione dal detto Ruolo i N° 1511-2 e 1498, perché è assurdo e incongruente.---- Pronto a fornirLe ogni altro schiarimento da devot° Fascista, Saluti Fascisti.

Andria 26 marzo 1937 (XV)

Zingaro Francesco fu Riccardo
e Zinfollino Raffaella

Si può concludere con certezza che il periodo in cui furono eseguite le briglie per sbarrare in vari punti il Gran Canale è compreso tra l’anno 1932 e l’anno 1936.

Nell’aerofoto dell’I.G.M. dell’anno 1975 (Foto 87) sono evidenziate con frecce tre briglie: è da notare che il loro andamento è leggermente curvilineo con la faccia convessa rivolta verso monte per garantire una maggiore stabilità alla spinta dell’acqua. Nell’anno 2010 un’altra immagine (Foto 88) ritrae le prime due bri- glie della foto 80-81-82 e si nota come la città si è sviluppata verso il Gran Canale Ciappetta Camaggio, avvicinandosi troppo ad un’area di tipo alluvionale.

Foto 87 - Aerofoto IGM dell’anno 1975: sono evidenziate con frecce le prime tre briglie a Nord di Andria.    Foto 88 - Aerofoto dell’anno 2010: è evidente lo sviluppo della città verso il Gran Canale, nei pressi delle prime due briglie a Nord di Andria.
Foto 87 - Aerofoto IGM dell’anno 1975: sono evidenziate con frecce le prime tre briglie a Nord di Andria.
Foto 88 - Aerofoto dell’anno 2010: è evidente lo sviluppo della città verso il Gran Canale, nei pressi delle prime due briglie a Nord di Andria.

Le briglie sono state riportate nella loro giusta posizione anche nei Fogli di mappa catastali dell’agro di Andria che riguardano il corso del fiume; ad esempio, nel Foglio n. 20 (Doc. 89) esse sono rappresentate con il simbolo catastale di una freccia (colorata in rosso nella foto) e interessano l’intero alveo dell’antico “flumen Aveldium” (colorato in giallo nella foto); con tratteggio invece è riportata la sede attuale arginata del “Gran Canale Ciappetta-Camaggio”

Doc. 89 - Folio di mappa n. 20 dell’agro di Andria con evidenziate le briglie e l’alveo del “flumen Aveldium”.
Doc. 89 - Folio di mappa n. 20 dell’agro di Andria con evidenziate le briglie e l’alveo del “flumen Aveldium”.

Nel già citato “Atlante del patrimonio ambientale, territoriale e paesaggistico” allegato al PPTR della Regione Puglia, e precisamente nella tavola grafica indicata con la sigla 3.2.4.1 dal titolo: “Il sistema insediativo dal Paleolitico al secolo VIII a. C.” (Foto 41), vi è la conferma che fin da quell’epoca nel nostro territorio c’era un fiume, riportato nella tavola suddetta con andamento perfettamente uguale a quello del “flumen Aveldium”, con le sue diverse diramazione ai piedi delle Murge, che si dirige verso il mare tra Barletta e Capo Colonna di Trani e che, prima di arrivare al mare, devia il suo corso verso Trani e poco prima di raggiungere la spiaggia devia nuovamente verso Barletta: l’andamento di questo fiume coincide esattamente con quello del “Gran Canale Ciappetta-Camaggio” e con quello della Tabula Peutingeriana (Doc. 90).

Doc. 90 - Atlante del patrimonio ambientale, territoriale e paesaggistico: andamento del “Flumen Avedium.
Doc. 90 - Atlante del patrimonio ambientale, territoriale e paesaggistico
allegato al vigente PPTR della Regione Puglia. Tavola 3.2.4.1: andamento del “Flumen Avedium”.

Purtroppo oggi, proprio il tratto arginato del Gran Canale, versa in uno stato di abbandono per mancanza di manutenzione tanto che le lastre in pietra del fondo e degli argini si presentano sconnesse e coperte dalla vegetazione spontanea (Foto 91) che, soprattutto nella zona di Gurgo Ruotolo in prossimità del depuratore (Foto 92), ha letteralmente invaso l’intero Gran Canale (zone con le frecce) non permettendo all’acqua di scorrere facilmente.

Foto 91 - Gran Canale Ciappetta Camaggio, arginato a Nord della città di Andria, con le lastre di pietra massello in parte completamente divelte e fuori sede. Anno 2015.    Foto 92 - Gran Canale Ciappetta Camaggio, arginato a Nord della città di Andria, con il fondo completamente invaso dalla vegetazione spontanea nella zona del Gurgo Ruotolo.
Foto 91 - Gran Canale Ciappetta Camaggio, arginato a Nord della città di Andria, con le lastre di pietra massello in parte completamente divelte e fuori sede. Anno 2015.
Foto 92 - Gran Canale Ciappetta Camaggio, arginato a Nord della città di Andria, con il fondo completamente invaso dalla vegetazione spontanea nella zona del Gurgo Ruotolo.

Resta da dare una risposta al terzo quesito: chi ha costruito manufatti cosìperfetti?

La consultazione dei fascicoli riguardanti i lavori effettuati al Gran Canale Ciappetta – Camaggio mi ha dato modo di constatare che il Comune di Andria, per ottenere finanziamenti pubblici per poter effettuare manutenzioni straordinarie e/o realizzare nuovi manufatti finalizzati alla messa in sicurezza del territorio, ha sempre fatto leva presso il Ministero dei Lavori Pubblici, il Genio Civile e la Prefettura, ponendo al primo posto la necessità di dare lavoro ai numerosi disoccupati presenti in città.

In un documento del 23 marzo 1919 indirizzato al signor Prefetto, il Regio Commissario del Comune di Andria lo prega di sollecitare la ripresa dei lavori al Gran Canale Ciappetta-Camaggio: “non solo per poter utilmente ed immediatamente collocare gli operai disoccupati, specie i contadini, per lavori di sterro e di rinterro, ma anche per ragioni igieniche, giacché devesi ancora completare la copertura a volta del tratto di Canalone nella città entro il quale confluiscono tutti i condotti sotterranei dell’abitato”.

In un altro documento del 16 agosto 1919 il Regio Commissario sollecita l’ingegnere capo del Genio Civile di Bari affinché rediga il progetto del completamento dei lavori del Gran Canale, così riferendo: “La S.V. riconosce la gravità della disoccupazione di questo grosso centro di popolazione che va di giorno in giorno aumentandosi per la progressiva mobilizzazione delle classi militari...”. Ancora una volta la disoccupazione viene invocata per sollecitare sia l’assegnazione di fondi statali sia per la realizzazione al Gran Canale di lavori già finanziati.

Però le murature poligonali delle briglie di così pregevole fattura non potevano essere state eseguite dai braccianti disoccupati, che invece sicuramente erano stati impiegati per i movimenti di terra piuttosto rilevanti per poter garantire una leggera pendenza all’alveo dell’antico fiume nei tratti compresi tra briglia e briglia. Quindi, oltre ai contadini disoccupati, ci dovevano essere squadre di scalpellini che avrebbero dovuto realizzare le briglie e che dovevano essere anche capaci di individuare quali tipi di murature costruire per avere manufatti resistenti alle spinte dell’acqua.

Ma erano locali queste abili maestranze?

Sappiamo che Andria da sempre ha avuto abili artigiani scalpellini capaci anche di eseguire opere di pregio. Per restare nei primi decenni del Novecento basta ricordare il maestro d’arte Riccardo Francavilla cui si devono le realizzazioni di diverse tombe monumentali nel nostro Cimitero Comunale, del rosone e dei capitelli della Chiesa dell’Immacolata e dei fregi e bassorilievi del Palazzo Losito su Corso Cavour: sulla sua tomba è semplicemente scritto “visse d’arte”.

I fratelli Emanuele e Vincenzo Zicolella, marmisti-segantini abbastanza noti in città e operativi fino agli ultimi anni del secolo scorso, mi hanno confermato la presenza in Andria nella prima metà del Novecento di diversi artigiani scalpellini tra i quali i fratelli Nicola e Antonio Sterlicchio che hanno sempre lavorato usando esclusivamente la “propulsione a mano” e la cui opera era molto richiesta sia per la costruzione dei portali delle cappelle funerarie di famiglie benestanti sia per la realizzazione dei portali e delle “prese d’aria” dei palazzotti signorili di corso Cavour, via Ferrucci e via Gioacchino Poli.

Anche i signori Domenico e Nino, figli di Nicola Sterlicchio, continuarono l’attività di scalpellino del loro padre dopo la seconda guerra mondiale; altro scalpel- lino ricordato dai fratelli Zicolella era Domenico Lorusso che aveva il laboratorio in viale Togliatti.

La studiosa di tradizioni popolari Beatrice Andriano Cestari (50) nella sua opera “Le Maschere Apotropaiche in Andria” così si esprime: “È stata fantasiosa la creatività degli scalpellini andriesi nell’elaborare le piccole sculture apotropaiche, ... i disegni, giunti a noi attraverso il lavoro paziente di generazioni di scalpellini, ornano palazzi costruiti nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, periodo questo, in cui la città si allargava e, sviluppandosi l’economia locale, si esibiva anche con gli ornamenti dei palazzi il raggiunto benessere economico. Oggi questa tradizione si è dismessa per un diverso gusto estetico e per la scomparsa di scalpellini artisti, ma restano le loro pietre ricamate che trasmettono emozioni e fanno leggere un’altra pagina della storia di Andria, quella scritta dai proprietari delle case che in questi luoghi si riconoscevano e dai loro costruttori”.

Gli scalpellini andriesi di quell’epoca erano “maestri di disegno e veri e propri scultori”.

La stessa studiosa rimanda a tempi ben più lontani la perizia degli scalpellini o “maestri dell’arte muraria” andriesi. Ad esempio cita lo scultore scalpellino Jannoccaro che nel secolo XI fu uno dei “Magistri del Duomo di Andria” oppure “Alessandro Guadagno, autore del grade arco della Cattedrale di Andria su cui appare l’iscrizione: ALEXANDER GUADAGNO ANDRIENSIS HOC OPUS ARCUATUM MCCCLXV”. L’Andriano cita anche lo scultore Mastro Antonio da Andria – anno 1533 – che “scolpì i leoni del portale della Cattedrale di Altamura commissionati dal prelato Niccolò Sapio”.

Benché siano numerose le testimonianze di bravi scalpellini operativi ad Andria da antica data, tra la documentazione rintracciata in Archivio (abbastanza scarsa) non si sono trovati riferimenti specifici né ad artigiani della pietra né ad esperti nell’arte muraria capaci di realizzare “murature poligonali”. Ma alle volte il caso interviene a sostegno della ricerca.

Infatti, mentre ricercavo documenti, ho ricordato che avevo avuto modo di visionare nello studio dell’amico ingegnere Franco Recchia di Andria alcune fotografie relative a momenti della costruzione della “Diga di Assuan” in Egitto, immagini che ritraevano i muraglioni di sostegno dei terrapieni della diga, realizzati in “murature poligonali” del tutto simili, anzi uguali in tutto e per tutto, alle murature delle briglie del nostro Gran Canale.

L’ing. Antonio Recchia, figlio di Franco, non conosceva del tutto la storia della presenza di quelle foto documentali nello studio di suo padre, ma mi disse che sua madre, la signora Giorgia Bruno (51), la ricordava bene.

La disponibilità della famiglia di Franco Recchia e soprattutto la vivida memoria della signora Giorgia, ha consentito di spiegare questa notevole somiglianza.

La signora Giorgia, figlia di Vincenzo Bruno e Maria Andrisani è nata a Matera, ma dopo il matrimonio con Franco si trasferì in Andria. Uno zio dell’ingegnere, Nicola Petrarota, era uno scalpellino ed era una persona intraprendente, molto attiva nel suo lavoro, di grande capacità organizzativa, capace di tessere relazioni con tutti.

Agli inizi degli anni trenta in Egitto si dette corso alla sopraelevazione della preesistente diga realizzata dagli inglesi a Sud del paese, tra Luxor e Abu Simbel, nella località di Assuan; la sopraelevazione doveva portare l’altezza della diga da poco meno di 60 metri a circa 111 metri. Si trattava di un progetto “faraonico” per la cui realizzazione era necessario una grande quantità di manodopera, soprattutto di operai specializzati nella lavorazione della pietra.

Foto 93 - Lavori di sopraelevazione della grande diga di Assuan in Egitto: anno 1934.
Foto 93 - Lavori di sopraelevazione della grande diga di Assuan in Egitto: anno 1934.

Il Petrarota, avuta cognizione della possibilità di un lungo periodo di lavoro, dopo aver preso contatto con le autorità egiziane, organizzò una grande squadra di scalpellini composta da circa una cinquantina di operai e si recò in Egitto ad Assuan dove, sotto la guida di ingegneri inglesi, la squadra di scalpellini andriesi con a capo il Petrarota fu impiegata per realizzare (insieme ad altre squadre) grandi murature poligonali con massi di granito; ogni tre mesi il Petrarota con tutta la sua squadra rientrava in Italia e nel giro di qualche settimana, organizzata una nuova squadra, ritornava in Egitto. Questa operazione, che serviva anche per far riposare gli uomini, si ripeteva ogni anno fino all’inizio del 1939 quando, poiché si diffondevano notizie di imminente guerra, il Petrarota decise di rientrare definitivamente in Andria.

Una foto dell’anno 1934 riprende una vasta zona della diga in costruzione, con una moltitudine di uomini, gru e betoniere ma, soprattutto è possibile riconoscere la fattura delle murature che si stavano realizzando (Foto 93); da un particolare (Foto 94) si nota con chiarezza che si tratta di murature poligonali.

Foto 93bis - Lavori di sopraelevazione della grande diga di Assuan in Egitto: anno 1934.    Foto 94 - Particolare delle murature poligonali di contenimento della grande diga di Assuan: anno 1934.
Foto 93bis - Lavori di sopraelevazione della grande diga di Assuan in Egitto: anno 1934.
Foto 94 - Particolare delle murature poligonali di contenimento della grande diga di Assuan: anno 1934.

I blocchi sono tutti conci esagonali, di dimensioni poco più grandi di quelle delle briglie del nostro Gran Canale, in opera senza malta ma con le facce dell’esagono ben lavorate in modo da farli combaciare perfettamente l’un con l’altro.

Pur se sono manufatti realizzati a così notevole distanza tra loro, la somiglianza della fattura tra le due murature è sorprendente: le briglie del “Gran Canale Ciappetta-Camaggio” sono state realizzate negli anni trenta dagli stessi scalpellini andriesi che, di ritorno da Assuan, avendo assimilato le tecniche di costruzione di murature resistenti alle spinte dell’acqua ed ai terremoti, hanno realizzato, anche se in piccolo, le belle murature poligonali rintracciate e fotografate lungo il corso dell’antico alveo del “flumen Aveldium” (Foto 80-81-82).

L’aver verificato che le murature fotografate nell’alveo del Canale Ciappetta – Camaggio sono briglie, costituisce una notevole prova dell’importanza del corso d’acqua, che negli anni trenta era di tipo torrentizio, e certamente doveva essere un fiume di buona portata d’acqua all’epoca dell’Impero Romano.

L’aver accertato che quelle murature così perfette, certamente di pregio ed uniche nel territorio di Andria, sono state eseguite da scalpellini andriesi è motivo di orgoglio per le capacità che avevano le nostre maestranze.

Nel triennio 1927-1929 la Provincia di Bari promosse e realizzò un ampio progetto di ammodernamento della rete viaria provinciale costruendo nuove strade, completando quelle rimaste incompiute, come la cosiddetta “strada della rivoluzione” che ciollegava Bitonto-Terlizzi–Ruvo con Castel del Monte e, soprattutto, realizzando numerosi nuovi ponti per eliminare gli avvallamenti.

Due furono le principali opere che interessarono il nostro territorio: la realizzazione del “Ponte Federico II” (Foto 95 e 95 bis) (52) nel tratto che collega la S.S. n. 170 dir con il Castel del Monte e l’allargamento e la piantumazione di pini ai bordi della stessa strada.

Foto 95 - Il ponte “Federico II” in costruzione nell’anno 1928.    Foto 95bis - Il ponte Federico II completamente realizzato nell’anno 1929.
Foto 95 e 95bis - Il ponte “Federico II” in costruzione nell’anno 1928. // Il ponte Federico II completamente realizzato nell’anno 1929.

La costruzione del ponte Federico II fu realizzata dalla squadra di scalpellini andriesi che successivamente fu assunta dagli inglesi per l’esecuzione delle opere di ampliamento della “Diga di Assuan”.

Interessante è la notizia dell’epoca riportata nella pubblicazione del prof. Michele Viterbo “L’Amministrazione provinciale di Bari – dal settembre 1927 (A.V) all’aprile 1929 (A.VII)”, che chiama la bretella stradale che collega la S.S. 170 con Castel del Monte con il toponimo “Via Apulia” (Foto 95 ter). È auspicabile che l’Amministrazione comunale ripristini il toponimo con opportune targhe stradali.

Foto 95ter - La “Via Apulia” con il fondo in nuovo ponte Federico II.
Foto 95ter - La “Via Apulia” con in fondo il nuovo ponte Federico II.

Per la sua realizzazione oltre agli scalpellini furono utilizzate anche maestranze in aiuto, costituite da contadini disoccupati, per effettuare sia i movimenti di terra sia per il trasporto dei massicci blocchi di pietra calcarea. Al termine dei lavori, tutte le autorità cittadine, compreso quelle del Genio Civile, vollero farsi fotografare insieme agli scalpellini ed a tutte le maestranze di supporto, davanti al portale d’ingresso al castello federiciano (Foto 96).Convinto che è necessario recuperare il patrimonio della memoria per riappropriarci del territorio, ho voluto raccontare quanto ho verificato leggendo libri di storia locale e visitando biblioteche ed archivi, quanto ho raccolto e fotografato percorrendo in lungo e in largo le nostre contrade, quanto mi sono arricchito immergendomi nelle scoperte, anche di soli frammenti, che riguardano la nostra storia.

Questo contributo alla conoscenza del territorio ha una finalità divulgativa, un invito ad effettuare passeggiate nella memoria per recuperare il nostro mondo antico e studiarlo a fondo su base documentale.

Spero vivamente che possa essere riuscito a suscitare in qualcuno la voglia di recuperare quanto ancora è possibile del nostro patrimonio culturale, per preservarlo e tramandarlo, scongiurando così il rischio della distruzione della memoria.

Foto 96 - La “Via Apulia” con il fondo in nuovo ponte Federico II.
Foto 96 - Foto ricordo degli scalpellini, della manovalanza e delle autorità,
al termine dei lavori di realizzazione del ponte Federico II a Castel del Monte.


NOTE    _
(47) Sabino Di Tommaso
Lo studioso di storia locale Sabino Di Tommaso ha pubblicato un lavoro di minuziosa ricerca intitolato “Dalla medievale chiesetta e ospizio di S. Angelo al lago all’attuale parrocchia di S. Michele Arcangelo e S. Giuseppe della città di Andria”. Un succinto excursus di documenti, annotazioni storiche, tradizioni e visita dell’edificio sacro, giunto alla seconda edizione – anno 2019.
(48) Visite ad limina
Periodicamente (ogni 5 anni) i Vescovi effettuano accurate visite pastorali in tutte le Chiese della loro Diocesi e redigono una dettagliata relazione che viene mandata in Vaticano; in questo modo il Vescovo viene a conoscenza dei reali problemi della Chiesa e annota ogni cosa, dalla composizione architettonica dell’edificio sacro, al corredo dei beni che possiede, alle difficoltà che deve affrontare, alle esigenze di cui ha bisogno.
Si riportano alcuni significativi riferimenti desunti dall’opera di Sabino Di Tommaso in cui il toponimo S. Angelo al lago è riportato nelle “lettere ad limina” dei Vescovi: Mons. Ascanio Cassiano, vescovo di Andria (1642 – 1657), nella “visita ad limina” del 7 novembre 1644 riporta “S.ti Angeli de Lacu in propria Ecc.a extra Civitatem..”; Mons. Andrea Ariani, Vescovo di Andria (1697 – 1706), nella visita pastorale del 13 settembre 1697 così scrive “Ill.mus Dominus visitavit Capellam S. Angeli dicti del Lago”.
(49) Storici andriesi dell’Ottocento
Nelle opere pubblicate dagli storici andriesi dell’Ottocento frequenti sono le descrizioni delle Chiese presenti nella città. Il ricercatore di storia andriese Sabino Di Tommaso riporta nella sua specifica pubblicazione di cui alla nota (XX) i seguenti riferimenti: il Borsella (1770 – 1856) è il primo storico che descrive la chiesetta e così si esprime “Due chiese sacre al culto di S. Michele sono erette in Andria. S. Angelo chiamato al lago, e la seconda che è una cappella di città. La prima è assai più capace, messa fuori l’abitato suburbano”; il D’Urso nella sua Storia della città di Andria” scrive nel libro II – cap. VIDi fatto quella chiesa detta di S. Michele al lago, prima suburbana..”.
In questa Chiesa aveva sede anche una Confraternita che si denominava “Confraternita di S. Angelo al lago”.
(50) Beatrice Andriano Cestari
Beatrice Andriano Cestari è nata a Giovinazzo ma ha vissuto in Andria per lungo tempo occupandosi, con ricerche e studi, della devozione popolare. Ha ricevuto riconoscimenti e vari premi tra cui il “Premio Antigone 1999/2000” per l’impegno femminile nella realtà pugliese. Socio Ordinario della Società di Storia Patria per la Puglia, ha pubblicato le seguenti opere: “Madonne vestite” – Tip. Mezzina, Molfetta 1995; “Le Edicole sacre di Andria” – Sveva editrice, Andria 1996; “Santi sotto campana e devozione” insieme a Liliana De Venuto – Schena Editore, Fasano 1996; “Anno 2000 i Bambinelli pugliesi” – Editrice Rotas, Barletta 1999; “Gli ex voto di Giovinazzo”– Nuovocentro Stampa, Molfetta 2000; “Le opere di un Maestro di cartapesta leccese, Giuseppe Manzo nelle chiese di Giovinazzo”- Nuovocentro Stampa, Molfetta 2000; “Le Maschere apotropaiche di Andria – Angeli e Demoni sulla città” – Regione Puglia, 2002; “Le travi dipinte della chiesa di San Francesco di Andria” – Editrice Rotas, Barletta 2004; “I canti della tradizione di Giovinazzo da un manoscritto di Beniamino Andriani” – Edito da Arciconfraternita Maria SS. Del Carmine di Giovinazzo, 2008; “Gli affreschi del Chiostro francescano dell’ex Convento di Santa Maria Vetere in Andria”- Editrice Rotas, Barletta 2016.
(51) Giorgia Bruno
La signora Giorgia Bruno (la cui madre si chiamava Maria Andrisani originaria di Matera) ha anche fornito un’altra notizia riguardante gli scalpellini di Andria. Quando la Bruno, sposata con l’ingegnere Franco Recchia, si trasferì in Andria, apprese che nel dialetto locale gli abitanti si chiamavano Andrisani, per cui chiese a sua madre come mai il suo cognome era Andrisani. La risposta che ebbe fu questa: in epoca medievale, quando non esistevano ancora I cognomi, la gente veniva chiamata o con nomi riguardanti il loro lavoro, o con nomi che coglievano una particolarità del loro corpo oppure con nomi dei territori da cui provenivano. Venivano chiamati Andrisani gli abitanti di Andria che erano migrati in Basilicata e in particolar modo a Matera, ed erano soprattutto famiglie di scalpellini e cavamonti impiegati nelle cave di tufo. I capitelli della Cattedrale di Matera, molto belli e diversi uno dall’altro, si dice che sono stati scolpiti da scalpellini Andrisani.
(52) Ponte Federico II
Un’ultima testimonianza sull’argomento scalpellini andriesi è quella relativa alla realizzazione del “Ponte Federico II” a Castel del Monte (Foto n. 95), costruito anch’esso negli anni trenta. Nella foto si notano i grossi massi di pietra perfettamente squadrati a mano sul posto da una squadra di nove scalpellini al lavoro.