La Valle nella descrizione degli storici

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Andria

Escursione nella valle di S. Margherita in lamis
e la Grotta delle Rose

dell’Ing. Riccardo Ruotolo


- A -
La “Valle di Santa Margherita in lamis”
e l’ “Inventio” della Madonna dei Miracoli

La Valle nella descrizione degli storici

Continuando nella descrizione della Valle fatta dagli storici, il di Franco [ Libro I, cap. IV] così continua nella sua opera:

… Con grande sapienza la Divina Provvidenza volle far chiara questa si miracolosa manifestazione e farla predire quasi per profetico spirito per avanta: perochè già quindici anni avante che ciò si manifestasse, venendo a morte un Frate Angelo Lellis di Bitonto del Ordine di San Francesco della scarpa, persona di molta autorità tra quei Padri essendo stato più volte in Officii gravi della lor Religione e specialmente Cancelliero della Provincia di Puglia ed altrove, il quale passato da questa vita presente all’eterna (come si spera) tra gl’altri libri e spoglie ch’egli lascò in Bitonto al Convento loro d’entro un suo quinterno fu trovata da un R.do Padre Cristoforo Palmiero di Montepeloso Commissario Provinciale del medesimo Ordine della Provincia di Puglia,una cartolina antichissima scritta in lettere latine in questa forma: «Ibis Andriam et inde versus occident em ibis ad Ecclesiam antiquam dictam de Sancta Margarita in Lamis, ubi invevies duas portas una versus Austrum alteram versua Aquilonem. Ingredere portam versus Austrum et quere Sinistrorsum et in venies Magnum thesaurum». Qual cartolina il detto Cristoforo la diede ad uno dei Frati chiamato fra Donato de Magistris d’Andri nel loro Convento di San Francesco in Andria a ciò vedesse di trovare il thesoro, qual si persuadeva fusse materiale d’oro o d’argento o di altre gioie… Imperochè doppo l’haver mostrato detta Cartolina il Sopradetto Fra Donato al R. Don Prospero Ricca Canonico della Chiesa Maggiore di detta Città ed a molti altri Religiosi e secolari quali ciò hanno poi manifestato. Finalmente si risolse esso Fra Donato mandare un suo fratello Mastro Natale de Magistris alla detta Grotta per trovare quel thesoro che si credeva: il quale andandovi e vedendola così alpestre ed orrida quanto all’esteriore,… atteritosi si ni tornò in Andria. Ma di là poi a pochi giorni volendo egli di nuovo tentare di cavare, accompagnatosi con M. Riccardo Sgarri, ed un altro seculare, il cui nome di suo volere per qualche suo buon rispetto di tace, e con Fra Diasparo Guindola dell’Ordine di Sant’Agostino, tutti quattro d’Andria, vi sentirno la pena, perochè (come eglino di propria bocca poi atterriti del miracolo hanno detto) entrando tutti insieme e non vedendo huomo alcuno, ne furono molto ben battuti e maltrattati, il che non può altro giudicarsi salvo che sia stato oprato tutto dai Demonii forse come ministri della divina giustizia ….
Appare dunque tutto questo successo della suddetta Cartolina per informazione tolta nella Corte vescovile Andriese di ordine del R.mo Monsignor Luca Antonio Resta Vescovo di detta Città e diocesi Andriense «dechiarata per relatione dalli predetti R.R. SS. E PP. Don Prospero Ricca Canonico Fra Donato de Magistris e di Lastro Christoforo Palmieri di Montepeloso sotto il dì VII di luglio 1592 posti nel registro del processo di Miracoli Fol. 3 conservato nell’Archivio del Monasterio».”

Il racconto dell’Inventio che fa il di Franco fu poi ripreso da tutti gli storici dell’Ottocento e Novecento. Si riporta qui di seguito tale racconto perchè affascinante.

Vi era in Andria un huomo di buonissima vita ed esemplari costumi, chiamato Gianantonio di Tucchio d’andri di età di anni 70 in circa dell’arte di marangone (maestro d’ascia) di carri. Costui solea alle volte andare a visitare questa devota benchè alpestre grotta, ed essendo in casa sua in Andria, come poi egli ha raccontato ad altri suoi amici, dai quali noi per tradizione abbiamo inteso.
In più notti tra il sonno e la vigilia gli apparve una bellissima Donna vestita a bianco egli diceva ogni volta che gl’appariva che andasse ad accendere una lampada (il che non fu mai solito a quei tempi che venisse in memoria ad alcuno) a quella grotticella che stava a’ canto della grotta di Santa Margherita verso tramontana in honor suo. Questo huomo da bene dubitando di qualche diabolico inganno, di patir qualche disaggio come havea inteso per fama esser occorso a quei sopradetti che tentorno cavare il tesoro, dissimulava cotali apparizioni”.

All’inizio, quando secondo il di Franco nelle grotte della Valle si stabilirono alcune “persone spirituali a vita anacorese ed eremitica”, la Valle era “non men dilettevole che fruttifera”, poi, quando “per la malignità di perversi, da quei buoi e sancti huomini spogliata”, la Valle cambia totalmente aspetto e diventa covo “infelice di scellerati, di ladri ed assassini”. Una volta scoperta l’immagine della Madonna e iniziato il flusso di devoti da Andria e dalle città limitrofe dove era giunta voce di miracolose grazie ricevute (come la guarigione di Fabio Colonna avvenuta nei primi anni del Seicento e di cui si è detto innanzi), per “occulti ed imperscrutabili giudizi” la divina Provvidenza, volle che la Valle “divenisse tutta bella, fruttifera e gioconda”. Null’altro si dice della Valle, né della sua vegetazione, delle colture, né dell’uso del terreno.

È interessante e significativa la successione di connotati attribuiti alla Valle: fino a quando ci sono gli anacoreti, dediti alla preghiera ed alla contemplazione, la Valle è dilettevole e fruttifera; scacciati gli eremiti, essa diventa covo di scellerati, ladri e assassini; una volta scoperta l’immagine della Madonna, ritorna ad essere “tutta bella, fruttifera e gioconda”. Tutti gli storici che dopo il di Franco si sono succeduti nel tempo, quando hanno parlato del Santuario della Madonna dei Miracoli, hanno attinto dal di Franco e condiviso le sue considerazioni sulla Valle.

Così continua la traslitterazione del manoscritto del di Franco fatta da Padre Antonino.

Ma finalmente stando in letto una notte precedente al fatto sentì piccar la porta della casa propria, talmente che destatosi dal sonno andò ad aprir la porta: e vidde (non già più in sonno come prima ma vegliando con gli occhi suoi corporali) l’Istessa Donna col medesimo habbito come in sogno gl’era apparsa; ed illustrando l’aria con i suoi celesti raggi senza parlar ponto gli faceva cenno verso la strada ch’andava a detta lama o Valle.E fatto questo disparve la Donna dagl’occhi suoi.
Il bel mattino poi andò a trovare un suo compare quasi a lui simile d’arte, costumi e vita detto Anniballe Palombino d’Andria; e raccontandogli il fatto disposero di mettere in esecuzione il notturmo comandamento. Ma non essendo queste buone perssone si solleciti ad eseguire il volere divino, essa Regina del cielo con più chiare e mirabile apparizione volle eccitare detto Anniballe a si fruttifera opera…… in una delle notti verso il fine del mese di febbraio l’anno di nostra salute 1576 esso Annibal Palimbino sognandosi gli pareva di vedere che egli stava dentro la Grotta e Chiesa sudetta dove stava dipinta l’immagine della Gloriosa Vergine Maria col Redentor del Mondo nelle braccia.
E così stupiti tutti di si mirabile apparizione, partitosi subito esso Anniballo di casa andò a trovare al sopradetto Gian Antonio Tucchio suo compare; e manifestandogli la sua visione poiché hebbero molto ben minutamente fatto un spirituale e prudente discorso tra loro confrontando l’apparizioni fatte ad ambedoi, si risolsero eseguire quanto Dio e sua gloriosa Madre si havevano degnato revelargli. Talchè mettendo in oerdine una lampada con l’oglio e stuppino necessari per tal’effetto, alli X (10) del seguente mese di marzo del medesimo anno 1576 che fu festivitò di sabbato accopiandosi insieme, conducendo seco il figliuolo di anni sette in circa, chiamato giulio di torrito servitore di esso anniballo, andorno alla suddetta Valle ed entrando nella prima e maggior grotta dedicata alla sudetta Santa Martire Margherita trovando quasi del tutto otturato quel arco per il quale si entrava alla seconda e minor Grotta verso Tramontana per la gran copia di macchie, spine ed altri arbuscelli silvestri, ansi di pietre e tufi cascati a dirupo dalla summità della Grotta di modo che per ciò era impedito l’adito che non senza gran grandissima difficultà si entrava d’una grotta all’altra: sfrattinando (sfrantumando) dunque quella siepe obrosa (erbosa) e facendo facile l’adito finalmente entrorno nella desiata benchè oscura selvaggia ed orrida Grotta minore alquanto della prima e così trovando quella meravigliosa e sagra effigie della Beatissima Vergine e gloriosa Madre di Dio, ginocchiatesi tutti d’avante, salutando essa Regina del cielo co l’Angelica salutazione, ed il suo grazioso Bambino nelle materne Braccia con l’orazione domenica accesero la lampada che seo havean portato mettendola sovra quel piccolo altare che le stava avante e da ivi poi partitesi se ne tornarono in Andria con proposito di seguir l’impresa e continuare di allumar la Lampada per li seguenti Sabbati come da essa Nostra Signora per visione gli era stato ordinato”.

L'affresco della Madonna (incoronato).

L’immagine della Madonna è “dipinta alla greca” come affermano gli storici e gli studiosi, ed è avvolta in un mantello come nell’iconografia classica, mantello che viene chiamato “Maphorion”, che significa portato sulla spalla, su cui sono raffigurate delle stelle, simbolo della verginità. In grembo la Vergine tiene il Bambinello che stringe il libro sacro con la mano sinistra mentre con la mano destra sembra benedire chi lo guarda. Ai lati della testa della Madonna ci sono due scudi perlinati, senza alcuna iscrizione; anche intorno alla testa della Madonna ed a quella del Bambinello ci sono delle aureole perlinate.

La parte della grotta con l’immagine di Santa Margherita rappresenta l’antica Chiesa rupestre, mentre l’immagine della Madonna la cui Inventio avvenne il 10 marzo 1576 è la parte che trovasi a sinistra dell’immagine di S. Margherita. Nel disegno riportato a pag. 58, da me rielaborato su rilievo originale dell’ing. N. Milella, è segnata l’ipotesi dello stato dei luoghi al momento della scoperta della immagine della Madonna dei Miracoli.

Foto della Madonna nel suo speco, eseguita nell’anno 1930.
Foto della Madonna nel suo speco, eseguita nell’anno 1930.

Sulla parete destra dell’antica Chiesa di S. Margherita è dipinto San Nicola, ancora facilmente riconoscibile, ai cui lati sono dipinte scene significative della sua vita. Come si può osservare nella foto qui di seguito riprodotta, il Santo è vestito con i paramenti orientali caratteristici della chiesa ortodossa; ben visibili sono la stola bianca decorata con croci, il mantello lungo fino ai piedi, il capo scoperto e l’aureola perlinata.

Dipinto di San Nicola.   Dipinto di San Nicola, part.
Dipinto di San Nicola. Sulla destra sono raffigurate due scene: il padre che dorme mentre
il Santo lo visita nel sogno e le tre figlie che, grazie al dono del Santo, potettero sposarsi..

San Nicola era nato in Turchia da genitori greci, fu Vescovo di Myra e il suo culto è molto diffuso nell’Italia meridionale nelle cui Chiese è molto rappresentato, anche con gli avvenimenti più significativi della sua vita, avvolti nella leggenda, come quella delle tre fanciulle dipinte nella Grotta della Madonna dei Miracoli, in alto, sulla destra di San Nicola.

Accanto al Santo si vede in alto un uomo che dorme, mentre, sotto sono raffigurate tre fanciulle. La leggenda racconta che in una famiglia povera dell’Asia Minore un padre per poter sopravvivere pensò di far prostituire le sue tre figlie anche se ancora ragazzine. San Nicola di notte, mentre l’uomo dormiva fece cadere al suo fianco tre sacchetti pieni di oro, diventate poi “palle di oro”; al risveglio l’uomo fu sorpreso e contento, così le figlie potettero avere una dote e sposarsi. E’ per questo che San Nicola è anche il protettore dei bambini e porta loro dei doni.

Il dipinto di Santa Margherita è quasi illeggibile perché molto deteriorato. Il culto della vergine di Antiochia, molto presente nell’antica Grecia, si diffuse in Puglia soprattutto nel Medioevo.

Dipinto di Santa Margherita.   Particolare del vestito di Santa Margherita.
Dipinto di Santa Margherita. Particolare del vestito di Santa Margherita..

Vergine e martire, probabilmente vittima della persecuzione dell’Imperatore romano Diocleziano, si era dedicata completamente al Dio cristiano tanto che rifiutò di sposarsi e per questo fu decapitata all’età di soli 15 anni. Probabilmente il suo culto giunse nell’Italia meridionale perché portato dai monaci perseguitati nell’Asia Minore e fuggiti in Italia. Fu annoverata dalla Chiesa tra i 14 “Santi ausiliatori” (sono Santi molto invocati dai cristiani in occasione di gravi malattie, soprattutto le febbri malariche) ed è anche protettrice delle partorienti.

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Anche il Prevosto Pastore [17], primo grande storico andriese, che sul finire del Settecento ha raccontato la storia dell’”Inventio” della Vergine dei Miracoli nella sua opera manoscritta “Origine, erezione e stato della Colleggiata Parocchiale Chiesa di San Nicola” di Andria, ha attinto alle notizie del di Franco oltre ai documenti conservati nella Curia Vescovile.

Sebbene in quest’opera nulla si dice della Lama, se ne riporta qui di seguito un passo perché si tratta della prima traslitterazione del manoscritto del Prevosto Pastore, effettuata dall’insegnante Sabino di Tommaso che merita tutta la nostra stima e gratitudine per aver fatto conoscere in modo leggibile la prima storia che riguarda la città di Andria, e perché aggiunge valida documentazione alle notizie del di Franco.

Racconta il Pastore che S. Pio V aveva nominato “Vescovo di Andria nell’anno 1566 D. Luca de’ Fieschi, Conte di Lavagna nel Genovisato, Nipote forsi del defunto D. Gianfrancesco, nel di’ 30 Gennaro. In qual mese di quest’anno giunto egli fosse in Andria ci va’ ignoto….Nel corso de’ primi dieci anni di residenza in questa Chiesa non v’a’ cosa alcuna da notarsi: avvenne bensì nell’anno 1576, che due cittadini furon degnati di scoprire in una antica, e dirupata Grotta, sita al declivio, della Valle chiamata S. Margherita in Lamis, una Immagine della Vergine SS. Col Bambino Gesù in grembo, dipinta alla Greca in faccia del muro, la quale si appalesò loro con un prodiggio. Ciò venuto a notizia del Vescovo, volle egli accertarsene col suo accesso: e ritrovato vero quanto se li riferì, pensò di metterla in maggior veneraz.e, si che crebbe in modo, che si diffamò per tutto il Regno ed oltre, asegno che quel luogo in breve tempo divenne un’emporio di ricchezze per le oblazioni, ed offerte ch’ivi si portavano da fedeli, e cittadini ed esteri, e per lo sterminato numero de’ miracoli, ch’ivi si opravano per intercessione della gloriosiss.a Vergine: tal che dal Sommo Pontefice Gregorio XIII appellata venne col titolo di S. Maria de’ Miracoli d’Andria in una sua Bolla spedita a.d. 13 Genn.o 1580, e colla quale il pred.o Pontefice cofirmò la religion Cassinese in d.a Chiesa, chiamata ad abitarla, e coltivarla dal Duca Fabrizio, dal Vescovo D. Luca de’ Fiechi, e dall’Universita, coll’intervento de capi del Clero per darli il consenso: come espressam.e apparisce da un pubblico stromento per mano del Notaio D. Gianbattista Petusi sotto il dì 20 Aprile 1581. Munito di testimonj, e di tutti gl’altri intervenuti, fra quali si notano, D. Fabbio Quarti Arciprete della Cattedral Chiesa di Andria, e D. Gian Vincenzo Petusi Preposito della Colleggiata di San Nicola di Trimoggi, D. Agostino Fortunato, ed altri. Tutta la storia di tall’invenzione, il suo aumento, e lo stato in cui si pose la chiesa, e la Religione Cassinese in questa Badia rilevar si può da chi ne tien piacere in un libro intitolato. Storia di S. Maria de’ Miracoli di Andria, composto dal Sacerdote D. Giovanni Franchi da Catania, stampato in Napoli da Tarquinio Longo 1606”.

Come appare evidente, il Prevosto Pastore non si lascia suggestionare da leggende e fatti non provati circa il rinvenimento dell’immagine della Madonna dipinta in una grotta della Lama, né si avventura nel definire la Valle prima come indemoniata e poi come fertilissima. Il Pastore, per questa storia, si basa esclusivamente su documenti da lui stesso visionati, prima che gli stessi fossero distrutti nell’anno 1799, quando la città di Andria ha perduto la maggior parte del patrimonio storico documentale che custodiva nei suoi archivi, a causa dell’incendio dell’archivio della Cattedrale ad opera dei francesi nell’eccidio del 23 marzo 1799.

Invece i frati Agostiniani, a cui nell’Ottocento fu affidata la cura del Santuario, nel riproporre la storia del ritrovamento dell’immagine sacra, a proposito della Valle si rifanno quasi pedissequamente al racconto un po’ fantasioso del di Franco.

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Lo storico Riccardo D’Urso, canonico della Chiesa Cattedrale di Andria, nella sua “Storia della città di Andria” pubblicata in Napoli il 1842 dalla Tipografia Varana, racconta l’Invenzione dell’immagine della Madonna dei Miracoli e nel riferire del primo tentativo di scoprire il “Magnum Thesaurum”, giusto quanto il frate Conventuale di S. Francesco chiamato Angelo de Lellis di Bitonto aveva scritto in una sua cartella, finisce con chiamare “indemoniata” la Valle.

Nel capitolo III della sua Storia il D’Urso così scrive: “Come rilevasi dal processo di questa invenzione, alla morte di un Conventuale di S. Francesco chiamato Angelo de Lellis di Bitonto, si trovò un cartoccio gelosamente custodito in un cassettino, nel quale erano scritte le seguenti parole «Ibis Andriam, et inde versus occidentem ibis ad Ecclesiam antiquam, dictam de Sancta Margherita in Lamys, ubi inveniens duas portas, unam Austrum, alteram Aquilonem versus: ingredere portam versus Austrum, et quare sinistrorsum, et reperies Magnum Thesaurum». Questa cartella caduta nelle mani di quel Provinciale, che dimorava in Bitonto, chiamato il Padre Maestro Cristoforo Palmieri di Montepeloso, venne da lui segretamente conservata come polizza, e carta da Banco. Elassi pochi giorni, non sapendo a chi meglio affidare il segreto, chiama a se’ Frate Donato de Magistris, persona di tutta la sua fiducia, a lui gelosamente commette l’esecuzione del fatto; e lo istruisce sul modo da tenere, dietro lo scoprimento del tesoro. Ma tacendo qui tante altre circostanze, e tediose lungherie, dico solo col poeta: Auri sacra fames, quid non mortalia pectora cogis? e conchiudo che questa missione ebbe il suo effetto. Ma mentre questo frate con altri due stava praticando lo scavo in quella Grotta; di repente la fiaccola si spegne; ed essi si sentono da tutti i lati acremente percossi. Tra lo spavento e le battiture eglino si urtano, e riurtano a vicenda; finalmente barellando in quella congerie di materiali, potettero a stenti rintracciarne la bocca di uscita. Questo avvenimento si rese di pubblica ragione, e quella Valle rimase all’intutto derelitta, chiamandosi poi la Valle Indemoniata”.

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Il Padre Agostiniano Antonino M. di Jorio, nella sua “Relazione storica sull’Immagine – Invenzione, Santuario, e prodigi di Maria SS. De’ Miracoli d’Andria” pubblicata a Napoli il 1853 nello stabilimento tipografico del Dante, ritorna a parlare della Valle in termini simbolici, per rimarcare l’effetto rigenerante della fede cristiana sia ai tempi degli anacoreti sia dopo la scoperta dell’immagine della Madonna; parla anche della città di Andria in termini fantasiosi. Infatti, nel capitolo secondo della sua storia così si legge:
La ridente e popolosa Città di Andria, sotto ogni rapporto considerata, è una delle Città più cospicue e riguardevoli che adornano la dolce e fertile Puglia. La sua antichità vanta un’epoca molto precedente ai tempi del famoso Diomede primo Re di Etolia nella Grecia, e poscia re di Puglia….Oltre poi ai doni di natura de’ quali la destre di Dio fu larga a vantaggio di questa Città, venne distinta anche copiosamente co’ doni della grazia, e tra questi con l’essere illustrata con lo spendor della fede per mezzo del Principe degli Apostoli S. Pietro……La religione vi fu fiorente in quei tempi primieri. Ma nell’atto che sembrava offerire copiosissima messe, i turbini funesti delle persecuzioni insorte contro la nascente Chiesa, poco mancarono che non vi disseccassero perfino a’ più minuti germogli….Non mancarono pertanto gli agnelli eletti in questo gregge riprovato ed infetto. La parte maggiore degli Andriesi più assennati e generosi, … determinarono resistere alla seduzione ed a perseverare nella loro cristiana vocazione. All’uopo… abbandonarono l’aere contagioso della corrotta Città, … si ritirarono ad un miglio oltre fuori le mura dalla parte di ponente, ed ivi stabilirono il loro soggiorno in un sito ameno che dominava una Valle fertile e deliziosa. … Pertanto convennero sapientemente di scavare nel tufo in fondo alla Valle indicata una grotta capace di contenerli…. Nell’eseguimento del progetto vi lasciarono una mensa nel fondo rilevato nel tufo stesso per servire di altare….su quest’altare venne dipinta un’Immagine dell’illustre Vergine e Martire S. Margarita, che diede il nome alla grotta ed alla Valle, ed in pari tempo la grotta stessa venne aumentata con lo scavo d’una nuova Cappellina dal lato destro dell’altare, nella quale su di altare novello venne effigiata a fresco su l’intonaco del tufo stesso la sacra Immagine di Maria, della quale dobbiamo narrar le grandezze.
Dunque, la Grotta attuale di S. Maria de’ Miracoli di Andria, secondochè si ricava da incontrastabili monumenti, fu una delle antiche Chiese che accolsero i primi Fedeli discepoli degli Apostoli nelle loro secrete adunanze. … Ed invero, riconcentrandosi in essa, e richiamando alla memoria, che ivi i primi ferventi Cristiani trovarono innanzi a Dio il conforto in questi secoli spietati, i quali inondavano tutta la Chiesa col sangue più illustre de’ più diletti suoi figli; …che in questa grotta meritaronsi quella protezione divina con cui vennero preservati dal ferro distruggitore del pagano furibondo…
Intorno all’epoca nella quale venne nella mentovata grotta dipinta l’augusta immagine della Madre di Dio nulla può stabilirsi di certo. Nella storia di Andria non se ne trova menzione alcuna. Solo presso del Rev. Benedettino D. Giovanni de’ Franchi nella sua storia di questo Santuario si cenna per sua opinione che vi fosse stata effigiata ai tempi e per ordine di S. Riccardo primo Vescovo ed Apostolo degli Andriesi…..All’uopo volgendo l’anno 492 il Principe degli Apostoli S. Pietro, che già aveva co’ suoi sudori bagnata la Città di Andria, apparve al nostro giovane Sacerdote, ed ordinogli da parte di Dio, che in Andria nella Puglia si fosse trasferito, ed ivi avesse posto in opera tutto il suo zelo a fine di purgare quella vigna eletta dai mostruosi germogli della Idolatria, e vi avesse fatto rifiorire soltanto con la santità e la virtù, il culto della Croce e l’Evangelica perfezione. S. Riccardo non ritardò punto ad eseguire il comandamento celeste.
Tutto vi restò occulto finché una celeste rivelazione non ne scuoprì le grandezze…. Il Profeta di cui Iddio si servì per questo nobile vaticinio, fu il piissimo Francesco II del Balzo Duca di Andria….Cavalcando Egli un giorno dell’anno 1451, nella regione che fiancheggia la Valle, ….in aria da ispirato pronunziò le seguenti parole: Qui dentro vi è un ricchissimo tesoro: beato colui che troverassi al suo scuoprimento!

A questo punto Padre Antonio di Jorio riferisce un evento documentato.
Volgendo l’anno 1561, nella Città di Bitonto venne a morte un Religioso dell’Ordine de’ Minori Conventuali per nome P. Angelo de’ Lellis, Uomo, per quel che ne disse la fama, illustre per natali, per dottrina, e per qualità religiose. Nello spoglio uso a farsi ai Religiosi moribondi, tra gli altri oggetti di Lui che caddero in mano del Provinciale P.M. Cristoforo Palmieri da Montepiloso dimorante in quel Monastero, vi fu un cartellino antico gelosamente custodito, il quale conteneva scritto il linguaggio latino le seguenti parole: «Anderai in Andria, e quindi ti porterai verso Occidente all’antica Chiesa di S. Margherita nella Valle, ove troverai due porte, l’una sita verso l’Austro e l’altra verso l’Aquilone: entra nella parte australe, cerca alla tua sinistra e rinverrai un grandissimo tesoro.» ….In fine, impaziente di farne l’acquisto, con premura richiesta dall’importanza dell’affare, comunicò il gran segreto ad un Religioso suo suddito e confidente chiamato F. Donato de Magistris Cittadino Andriese, ed affidandogli il negozio della ricerca del tesoro mentovato, raccomandandogli col più vivo entusiasmo, e tenendolo per avvertito del modo onde condursi dopo che l’avesse scoperto….. ma però non valse a dargli energia per superar solo tutti gli ostacoli che vi rinvenne, col trovarne l’esteriore orrido, alpestre, e quasi inaccessibile. Per la qual cosa, tornossene di bel nuovo in Città a raccogliere amici collaboratori, e fra tre che ne prescelse, fi fu un Religioso Agostiniano detto P. Diaspero Guindola. … Superati gli ostacoli esteriori, penetrarono nel derelitto Santuario, e senza degnar d’uno sguardo quelle mura e né le sacre immagini che l’adornavano, né la Vergine che brillava sul rustico altare, ricercò il luogo delle sue speranze, e si diede con tutto calore a fare gli scavamenti richiesti. Ma che? Ad un tratto si vide con stupore assalita da un diluvio di sferzate a dritta ed a sinistra da una mano invisibile, e sconcertata in guisa dello spavento e dal dolore, che a sommo stento potè darsi alla fuga ed uscire in salvo. …Se ne diffuse la notizia con celerità, e il risultamento fu un gran timore impresso in tutti gli animi, tanto che la Valle si disse Valle indemoniata e se ne fuggiva la vista, non altrimenti che se il Demonio vi avesse fermato il suo soggiorno”.

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Il Padre Cosma Lo Jodice, agostiniano, ha scritto una storia del Santuario denominata “S. M. de’ Miracoli di Andria – Cenno storico”, edita in Napoli nello Stabilimento Tipografico di Salvatore Marchese il 1888; anche in quest’opera sia la città di Andria sia la Valle sono ricordate in forma romanzata. L’autore incolpa i Saraceni, soldati di Federico II di Svevia, come soggetti persecutori dei cristiani anacoreti che abitavano nella fiorente Valle, la cui forzata dipartita fece piombare la Lama in un degrado pauroso, covo di scellerati ladroni che la resero indemoniata.

Andria città antica come le prische memorie e la opinione de’ presenti pare che vogliono….Due chilometri vicin di essa verso ponente è una valle da solerte lavoro posta tutta a coltura. Ivi, col più vago vedere, che occhio possa gustare, tra i ben disciplinati vigneti ed oliveti spesseggia il mandorlo, che col suo fiore dal dolce incarnato sorride alla primavera che s’avanza; ivi fiammeggia il fiore del melo-grano, biondeggiano tra il verde lustrante delle frondi le pere, le persiche, i susini; ivi i fichi saporosi e delicati ed altre maniere assai d’alberi fruttiferi”.

Il racconto di Padre Lo Jodice così continua:
Anticamente quella valle era chiamata «Lama di S. Margherita», nome venutole da una immagine della santa martire dipinta sulle mura della più vasta delle grotte che si profondano fra quelle coste. Ora è detta «della Madonna».
Federico 2° Hohenstaufen possedeva sull’agro andriese magnifico castello, che tiensi da lui edificato, dalla posizione detto «Del Monte», dove di frequente tornava a stare. I soldati saraceni, che seguivanlo, tanto vessarono gli Eremiti della Valle di S. Margherita, che li obbligarono abbandonare loro pacifiche celle. La sacra Grotta, poco o niente fu più oltre frequentata, gli spinai la cinsero, rotolanti massi di scommesse pietre ne preclusero l’adito, più non fu nota che qual nascondiglio di facinorosi, o scellerati ladroni, che lè convenivano per occultare loro nequizie. Tosto la Valle acquistò per pubblica fama rinomanza nefanda di indemoniata, quasichè ivi il demonio tenesse sua sede”.

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Mons. Emmanuele Merra, nella sua fondamentale e storica opera “MONOGRAFIE ANDRIESI” – Vol. II, Tipografia Mareggiani – Bologna 1906, a proposito dell’“Inventio” della Madonna dei Miracoli si rifà totalmente a quanto raccontato dal D’Urso, non aggiungendo nulla se non l’ipotesi che la Lama della Valle S. Margherita non è altro che l’antico “flumen Aveldium” della Tabula Peutingeriana, ipotesi peraltro non corretta perché, come attestato dalla carta idrogeologica della Regione Puglia – territorio della BAT, la Lama della Valle di S. Margherita era un affluente dell’antico “flumen Aveldium” [18]. Sulla stessa linea del Merra è il Canonico Michele Agresti: anch’egli nella sua opera storica “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi” – Tip. Rossignoli – Andria 1912, si rifà totalmente al Merra e al D’urso.

Padre Mariano Ferriello O.S.A. fa un riepilogo sia dei fatti simbolici sia della storia romanzata delle origini della città di Andria. Nella sua opera “IL VERO TESORO” - Arti Grafiche Dott. Amodio – Napoli 1937, così si esprime:
Che Andria vanti sacre Immagini antiche non c’è da dubitare, data la sua origine. E’ terra di un’epoca molto precedente ai tempi del famoso Diomede, primo Re di Etolia nella Grecia e poscia Re di Puglia (Di Iorio pag. 14). Terra ricordata anche da Plinio il vecchio fin dal primo secolo dell’Era Volgare. Però l’esistenza, come paese, non l’ebbe, se non dopo il mille (Zagaria: S. Riccardo pag. 120)”…….“Ma più dell’antichità di esistenza, Andria eminentemente si gloria dell’avita fede. Checchè si dica della tradizione o leggenda d’aver ospitato l’Apostolo san Pietro e di essere stata da questi direttamente istruita nella Religione di Gesù Cristo, certo si è di aver professato un immemorabile culto cattolico. …Ciò vien confermato non solo dalla tradizione ma molto più dai luoghi denominati cripte, ove siffatte attinenze si svolsero. In queste cripte o soccorpi, fin da tempi remotissimi gli Andriesi, come nelle catacombe i romani, si radunavano per la comune preghiera.
La Laura più celebre fu quella in contrada Cicaglia, a ponente della Città, detta di S. Margherita in Lama. L’oratorio di questa formavasi di due grotte, l’una più grande, l’altra più piccola. Nella prima erano scavati dei sedili a modo di coro e l’altare in fondo, su cui era dipinta Santa Margherita V. e M. coi miracoli operati; ai piedi della Santa stessa leggevasi: MEMENTO, DOMINE, FAMULI TUI JOANNIS, ET, UXORIS EIUS GEMMAE. Nella parte destra verso tramontana, per un arco, si accedeva alla seconda, illuminata dall’alto, verso ponente, da una buca sovrastante; a levante poi ergevasi un altarino sopra l quale, il tufo, elevandosi a curva per l’altezza di palmi venti e dieci di lunghezza, mostravasi affrescata una bellissima immagine della gran Madre di Dio…..Dolenti di non poter precisare l’epoca in cui fu affrescata, possiamo supporre, studiandone bene il tipo che sia un cimelio del secolo quinto.
Il poema mariano che si svolge lunghesso i secoli, in questa Valle di S. Margherita, s’inizia con una sentita e filiale venerazione alla splendida Icone di Maria SS. Che, con la maestà del volto, attrae i cuori dei ferventi eremiti…..Ancora i terrazzani di Cicaglia, nonché quelli dei contadi, tutti vi si recano per adempiere i doveri del cristiano, e per trovare innanzi a Dio il conforto di quei secoli di lotta….. Ivi seguendo gli esempi di Giovanni e della di lui moglie, ornarono le pareti del sacro speco di pregevoli affreschi, fra i quali, da chi vi entra, a destra, ancora si ammira l’effige di S. Nicola con i miracoli operati nella traslazione del sacro suo Corpo (anno 1087) da Mira nella metropoli delle Puglie”.

Padre Ferriello sposa la leggenda che furono i Saraceni, che Federico II aveva portato con sé nella nostra Puglia quando fece costruire Castel del Monte, a scacciare gli eremiti dalla Valle di Santa Margherita, e così si esprime:
Però mentre il munifico Hohenstaufen edificava, il di lui seguito, da veri soldati saraceni, distruggeva. La masnada dalle unghie adunche non risparmiò i buoni terrazzani di Cicaglia, e molto meno i pacifici eremiti. Il pio luogo divenne ben presto un cumulo di macerie e un nido di facinoroso da metter orrore solo a ricordarlo”.

Riferendo poi della predizione del P. Angelo De Lellis di Bitonto: “entra nella porta australe, cerca alla tua sinistra e troverai un gran tesoro”, parla dei signori che si recarono alla grotta per rintracciare “il gran tesoro” che pensavano fosse oro e non trovandolo furono sferzati e percossi da mani invisibili “sì da ridurli malconci. Tremanti a verga a verga per la paura ed avviliti dal dolore, riuscirono dopo sì solenne lezione, appena appena a guadagnare la via di uscita. In memoria del giusto castigo inflitto agli avidi ricercatori dell’oro, fu denominato quel luogo: VALLE INDEMONIATA”.

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Il barese Mons. Luigi Michele de Palma, professore ordinario di storia della Chiesa antica e medievale nella Facoltà di Teologia presso la Pontificia Università Lateranense, nel suo saggio “Origini medievali di un santuario mariano. L’inventio di S. Maria dei Miracoli ad Andria[19] raccoglie in veste critica tutti i messaggi simbolici di cui abbiamo dato notizia leggendo le storie degli autori innanzi menzionati e, a proposito della Valle, così riassume le descrizioni fatte a partire dal 1606:
La narrazione della genesi del santuario riflette uno schema prefissato, secondo cui all’originaria innocenza (la florida Valle abitata dagli eremiti - anacoreti) subentra la perdizione (la Valle “indemoniata”, ricettacolo di peccatori e infestata da ladroni) per poi approdare alla redenzione (quando la Valle, per la luce accesa “d’Angelica mano” diventa Valle della grazia e dei miracoli e Valle rigenerata e popolata di devoti)”.

Afferma il de Palma: “Nel latino classico «lama» ha significato di «pozzanghera, stagno, palude», mentre nel latino medievale significa «terreno alluvionale in pendio o in bassura (Du Cange)»; nel dialetto pugliese lama sta ad indicare un avvallamento, un terreno sottoposto e in pendenza. Bisogna però, distinguere i piccoli declivi, i poderi in depressione, dalle più estese solcature longitudinali, antichi alvei torrentizi, che hanno o avevano sbocchi al mare. Scavate originariamente dalle acque piovane, le lame persero col tempo importanza idrografica per la corrosione del mantello argilloso che rivestiva calcari e tufi, ma divennero, in compenso, aree di attrazione agricola per la fecondità della roccia brulla calcarea.
È questa una definizione abbastanza puntuale, applicabile alla lama della nostra Valle che, perduto il mantello argilloso, ha messo in evidenza il manto calcareo che è stato attaccato e inciso profondamente dalle acque piovane sviluppando un carsismo diffuso.

Continua il de Palma “Le ragioni della scelta di adibire a santuario un ambiente rupestre vanno ricercate nel substrato culturale, in quel portato di sacralità che la grotta, intesa soprattutto nel senso naturale, ha acquisito fin dall’epoca arcaica”. Questo perché una cavità nascosta, magari illuminata solo dall’alto, “Evoca l’utero materno, il conflitto fra luce e tenebre, fra il bene e il male, fra la vita e la morte, fra ignoranza e conoscenza, fra Dio e satana. In essa si compiono riti iniziatici e per molte civiltà è il luogo di nascita di divinità”. Si potrebbero inserire in questo contesto anche le laure di Santa Croce e di Cristo Misericordia che sono anch’esse grotte scavate nella roccia calcarenitica plio-pleistocenica ricca di conchiglie bivalve fossili e vicinissime all’alveo dell’antico “flumen Aveldium”.

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Prima di lasciare il sito del Santuario desidero fare un’ulteriore approfondimento circa la frase del di Franco che narra: “dalla parte orientale verso la Città suddetta d’Andri vi si porge avanti agli occhi un ricchissimo Tempio fondato sopra quattro ampie mura di pietra viva lavorati nelle tre parti di fuori verso la Valle e dei lati a ponta di diamante con un spaciosissimo vestibulo avante le tre porte nella quale è fabbricata una gran cisterna copiosa di freschissim’acque per dar ristoro ai lassi pellegrini ed altri forastieri quali d’ogni tempo vengono in gran frequensa a visitar detta Chiesa

Padre Antonino ritiene che la cisterna che trovasi interrata subito a ridosso della Chiesa inferiore non è quella citata dal di Franco; è convinto, invece, che la cisterna addossata alla facciata esterna della Chiesa inferiore e sottoposta ad essa, altro non è che una Chiesa in grotta, ancor più antica di quella inferiore, scavata nella roccia e poi, successivamente all’Inventio della Madonna, ampliata e trasformata in cisterna. Inoltre, ritiene che la cisterna di cui parla il di Franco è quella che trovasi sull’altra sponda della Lama, quella di sinistra, subito dietro la “parete ninfeo” di cui si parlerà in seguito.

Secondo Padre Antonino questa più antica Chiesa è il “quarto livello delle fabbriche del Santuario” e cita la relazione preliminare che il Prof. Arch. Mauro Civita scrisse quando fu incaricato del restauro del pregevole controsoffitto della Basilica Superiore.

Così si esprime il Prof. Civita nella sua relazione, quando parla del giardino retrostante la Chiesa inferiore: “Al disotto di questo giardino (parla del giardino – orto che si trova subito dopo la facciata esterna della Cappella di San Giuseppe nella Chiesa inferiore) si sviluppa, ben visibile, un ambiente di notevoli dimensioni, interno ad una cavità naturale, rinforzato dalla costruzione di una volta a botte cinghiata e dotato di residui affreschi. Questo ambiente, - al quarto livello -, si svolge longitudinalmente lungo il percorso di una suggestiva gravina, interessandola per un segmento” (Doc. -12bis-).

Con riferimento al disegno redatto dall’architetto Vincenzo Zito (sezione longitudinale del Santuario e della Lama) e riportato a pag. 87 della citata pubblicazione “La Lama di Santa Margherita e il Santuario della Madonna dei Miracoli”, si completa lo stesso segnando i quattro livelli del complesso basilicale, come citati dalla relazione Civita.

Sezione longitudinale del complesso basilicale Madonna dei Miracoli<br />
	e della Lama di S. Margherita.
Doc. -12 bis- Sezione longitudinale del complesso basilicale Madonna dei Miracoli
e della Lama di S. Margherita (disegno dell’architetto Vincenzo Zito).

Personalmente non condivido questa ipotesi, che mi sembra molto azzardata, non fosse altro che il pavimento di questa cisterna (quella a ridosso della Chiesa inferiore e ad essa sottoposta) trovasi a quota inferiore (circa un metro e cinquanta centimetri) rispetto al fondo della Lama, che è ben individuato dal cunicolo costruito nel secolo scorso quando fu realizzato il muraglione di divisione, nel mezzo della Lama, tra la proprietà della Provincia e quella del Comune da sempre gestita dal Santuario; il cunicolo che giace al fondo della Lama serviva a far defluire a valle le acque meteoriche che nei periodi di piena invadevano la zona della Lama di proprietà della Provincia.

Come giustificare la presenza di una Chiesa rupestre con il pavimento ad di sotto della quota del fondo della Lama? Se così fosse, quest’ambiente sarebbe stato sempre pieno d’acqua; invece avrebbe senso la presenza non di una Chiesa ma di una cisterna che, avendo il fondo più basso di quello della Lama, sarebbe sempre provvista di acqua. Quelle che il Civita ed il Giovannetti chiamano “residui pittorici ancora presenti” possono essere effetto di alterazioni e degrado degli intonaci dovuti a Biodeteriogeni, affioramento di macchie, assorbimento differenziato dell’umidità, movimenti dell’acqua e cristallizzazioni varie.

Si riportano qui di seguito diverse immagine della suddetta cisterna.

la citerna e il cunicolo di collegamento tra i due tronconi in cui fu divisa la Lama.     Interno della grande cisterna.
Il pavimento della cisterna trovasi tre metri al di sotto del terreno presente all’imboccatura.
Sulla destra il cunicolo di collegamento tra i due tronconi in cui fu divisa la Lama. - Interno della cisterna

Pavimento della cisterna in basole di pietra calcarea.     Intonaco degradato delle pareti della cisterna.
Pavimento della cisterna in basole di pietra calcarea - Intonaco degradato delle pareti della cisterna


Note

[17] Il Prevosto Giovanni Pastore, canonico della Colleggiata di San Nicola (Colleggiata ha lo stesso significato di Capitolo; fu così chiamato l’insieme dei canonici di San Nicola per distinguersi dai canonici della Chiesa Cattedrale che costituivano il Capitolo Cattedrale), nacque il 21 gennaio 1715 è morì nel 1806 all’età di 91 anni mesi 2 e giorni 21, come scritto a margine del suo manoscritto che Sabino di Tommaso, con un pregevole lavoro di traslitterazione, ha pubblicato sul suo sito Andriarte.

[18] Nella mia pubblicazione “ Andria, escursione nel territorio” del settembre anno 2021 è riportata una vasta documentazione sul fiume Aveldium e suoi affluenti.

[19] Il saggio di Mons. Luigi Michele de Palma, docente di Sacra Teologia e Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense – Roma, è riportato nel volume “La Madonna d’Andria – Studi sul santuario di S. Maria dei Miracoli” AA.VV. edito da “Grafiche Guglielmi” – Andria 2008.