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RELAZIONE STORICA
SULL’IMMAGINE
INVENZIONE SANTUARIO E PRODIGII
DI
MARIA SS. DE’ MIRACOLI D’ANDRIA

operetta del P. Antonino M.a di Jorio, agostiniano
Stabilimento Tipografico del Dante, Napoli, 1853

Parte II. — Capo II.
Prodigii seguiti per la virtù dell'Olio della Lampada
che arde ad onor di Maria nella S. Grotta di Andria.

La divina Sapienza, nelle sue operazioni esteriori, ha serbato sempre un ordine costante ed invariabile di progressione, incominciando dalle piccole cose e terminando alle cose grandi e perfette. Infatti, nella creazione universale creò prima gli elementi e poi le grandi masse; formò prima le piante su la terra e poscia sospese il Sole, la Luna e gli altri luminari nel firmamento; pose su la terra prima gli altri animali ed in ultimo l’uomo; nel grande edifizio della sua Chiesa finalmente, come riflette l’Apostolo S. Paolo, ha prescelto le cose piccole per farne risultare grandi opere, la stoltezza per confondere la sapienza da profani, e la debolezza per abbattere la forza ed il furore de’ suoi nemici.
Posto ciò, non faccia meraviglia, se Maria SS. Regina e Sede della Sapienza, ad istabilire uno de’ più celebri Santuarii eretti al suo Nome Augustissimo, avesse prescelta una Grotta misera ed abbandonata, ed ivi moltiplicandovi l’olio a segno del continuo e fulgido splendore del quale l’avrebbe illustrato di gloria inenarrabile i suoi copiosi miracoli, il primo miracolo che vi operò fosse a benefizio di un Cavallo, mercè la virtù dell’olio medesimo. Incœperunt miracula in Crypta, seu Ecclesia B. Mariæ Miraculorum Andriæ a sanitate brutorum — Cominciarono i prodigii nella Grotta o Chiesa della B. Vergine de’ Miracoli di Andria, dalla salute dei bruti — Così esordiva la S. M. di Papa Gregorio XIII. nel suo breve, col quale confermava un catalogo di questi prodigii, già precedentemente approvato da Monsignor de Flisco Vescovo di Andria, il quale unito col Corpo della Città medesima, l’aveva a Lui umiliato per ascoltarne l’oracolo. Ed invero, la portentosa guarigione del Cavallo baio del Signor Palombino che il Lettore potrà rammentare, fu il primo miracolo che appalesò la onnipossente virtù di Maria nella S. Grotta di Andria, e fu come un grido del Cielo che ridestò la fede in una moltitudine di sciagurati di ogni genere, e li fece correre alla Regina delle Misericordie pel desiderato conforto nei loro mali. La fama di questo avvenimento si diffuse con la rapidità medesima con la quale si estende il rumoreggiare del tuono, ed avvenne, che siccome al tuono d’ordinario siegue la pioggia; così dopo tale notizia successe un diluvio di beneficenze.

I. Gli Andriesi certamente, pe’ quali la Madre di Dio in modo speciale aveva manifestata questa sua Sacratissima Immagine, siccome stavansi più vicini al fonte della grazia, esser ne dovevano i primi a risentirne tutta l’energia della influenza divina. Ed invero, nello stesso giorno della mentovata invenzione, una tale Desiderata Canosa, Moglie di Nicola Piccione da Trani abitante in Andria, siccome udì l’avvenuto e l’effetto prodigioso dell’olio celeste, accorse prontamente alla S. Grotta insieme col suo Consorte, portando seco una Fanciulla di tre anni, la quale da due anni infermata gravemente all’orecchio, vi mandava spesso copioso sangue marcioso, e ne riceveva dolore, che spesso la riduceva agli estremi, senza che si fosse mai trovato rimedio alcuno per liberarla. Fatta che ebbe col Marito fervente preghiera alla Santa Vergine, pieno di fede intinse il dito nella lampada miracolosa, e con l’olio ne unse l’orecchio di sua Figliuola. Cosa mirabile! all’istante medesimo, ed alla presenza di gran popolo incominciò dall’orecchio stesso a scaturire vermini, ne caddero fino ad undeci, e la bambina restò sana.
II. Laura Pitocca egualmente, con una Figlia da un anno infermata col verme, e senza poter ritrovare alcun mezzo umano per sanarla, le si era ridotta un vero spettacolo di miseria e di dolore; poiché essendosele bucato il corpo in varie parti, ne emetteva di continuo umori guasti e puzzolenti. Corse la sventurata alla Medica pietosa nella sua Grotta, unse la Figlia col balsamo salutare dell’olio benedetto, ed al momento vide uscire dall’uno dei buchi della gamba destra una buona quantità di vermini, per cui la Fanciulla in breve divenne sana.
III. Andrea Sgarra parimente di Andria, tormentato da atroci dolori e da una gonfiagione in tutto il corpo che lo inabilitava al moto non solo, ma anche a prendere da sé qualche bevanda o ristoro; alla notizia delle grazie largheggiate dalla Vergine nella Grotta della Valle, vi si fece portare dai suoi, si raccomandò con lagrime alla Madre delle Misericordie, e si fece ungere con l’olio benedetto. I dolori scomparvero nel punto stesso, e ‘l gonfiamento si dissipò con tanta celerità, che nel dì seguente si trovò sano in guisa, da portarsi solo a rendere le grazie dovute alla sua insigne Liberatrice.
Non vi fu persona, che non avesse voluto essere a parte di quest’olio prodigioso. Anche coloro che eran sani vollero provvedersene, per tenere in esso un antidoto infallibile contro ogni infermità che avesse potuto sopraggiungergli. Abbenché questa virtù taumaturgica fosse stata poscia da Maria comunicata perennemente agli olii di sue lampadi, pure nei primi giorni dello scuoprimento mentovato, parve che si moltiplicasse con altissimo portento per soddisfare alla comune pietà, sottraendosene sempre, e rimanendovi sempre da togliervene di nuovo. Tutti coloro poscia che ne ebbero parte, lo tennero qual preziosa reliquia, e dovunque venne trasferito, serviva di manna divina per operarvi guarigioni strepitose ed allontanare per sempre i mali anche più ostinati ed incurabili. Veniamo ad addurne qualche esempio.
IV. Angiolella Pacilia di Ruo, da circa un anno, in conseguenza di una contrazione dei nervi del volto le si era mostruosamente contorta la bocca. Inoltre, dopo tre mesi, dallo stesso lato contratto le si sviluppò una piccola pieghetta, la quale, resistendo a tutti i rimedii dell’arte, dilatossi semprepiù finché ebbe occupato la metà del volto, compresovi l’occhio che sventuratamente perdé. A tanta desolazione si aggiunsero delle grosse pustole rinascenti sempre lungo la regione dorsale, che le davano dolori e molestie insoffribili. Dopo di aversi consumate le sue scarse sostanze in medici e medicine, era ridotta nello stato di aspettare ed invocare la morte a termine del suo patire. Tanta miseria, chi poteva convenevolmente soccorrere se non la sola Madre delle Misericordie? Difatto, parve che questa sventurata fosse ridotta in tale stato per una prova della bontà e del potere della divina Madre, siccome di quel cieco nato del Vangelo, si disse dal Salvatore, avere egli sortito una tale sventura, acciò si fosse in lui manifestata la gloria di Dio nel guarirlo.
Ed invero. Avvenne, che una sua amica per nome Domenica Coroncillo, alla notizia della prodigiosa invenzione della Madonna di Andria, e de’ miracoli che operava, si fosse in Andria portata a visitarla, e col ritornare in Ruo Patria di Lei, aveva seco riportata una piccola quantità dell’olio della lampada della Vergine, mercé la punta ivi intinta di un tovagliuolo. Siccome giunse in casa si ricordò delle sue pene e corse a confortarla con la fiducia nella bella Madre di Dio, che tanta grazia spargeva dalla Grotta di Andria. Non vi bisognavano tante esortazioni per tirare le lagrime della fiducia dal cuore della infelice; poiché l’estremità del suo caso era pur troppo energico per estrargliele calde ed abbondevoli. Fece pertanto, insieme col Marito, voto alla Vergine, di portarsi a renderle in Andria le debite grazie, ed intanto Domenica la toccava ne’ luoghi morbosi con la punta unta del suo tovagliuolo, il dolore fugavasi e le piaghe cicatrizzavansi, lasciando appena le loro orme a testimonii del sorprendente prodigio. Tutto venne legalmente provato, allorché nel dì seguente Angiolella col Marito si trasferirono in Andria a render grazie alla Madre di Dio nel suo novello Santuario, ove trovò il Vescovo col Clero in processione.
V. Pasquarello di Nicola Gorice da Gravina, dopo sette anni di perfetta cecità, sicuro di ricevere la vista dalle mani di Maria, fece condursi in Andria dalla sua guida. Come sperò così avvenne; poiché fatta appena breve preghiera, si unse con l’olio delta lampada, i suoi occhi si aprirono mirabilmente alla luce, e conservò la vista fino ad età inoltrata, con ammirazione somma di tutti i suoi conoscenti.
VI. Antonio d’Argento di Bitonto, martoriato da dolori fierissimi articolari, dopo due mesi di sperimento inutile de’ rimedii umani, restò sano come per incanto col solo invocare l’aiuto della divina Madre, e con l’tingersi con l’olio della lampada che ad onor di Lei ardeva innanzi la Immagine di Lei in Andria.
VII. Fabrizio Basile di Galatola, essendo stato storpio nella destra gamba a cagione di paralisi, e licenziato perciò quale incurabile dall’Ospedale pubblico di Napoli, ritornando in sua Patria, in Barletta udì la narrazione delle maraviglie occorse in ogni giorno nel Santuario Andriese. Siccome per una sventura solita ad involgere la mente umana, d’ordinario allora ricorriamo al Cielo, quando ci vediamo interamente abbandonati dalla terra, quasichè fossero inconciliabili l’uso della preghiera, e quella dei mezzi umani; questo infermo, abbandonato dall’arte, si rivolse con fede a Maria, ed ottenne la grazia. Si trasferì immediatamente in Andria, supplicò la Madre di Dio nel suo Santuario, si unse il lato arido con l’olio della lampada ardente innanzi alla Sacra Immagine, la paralisi scomparve, e la vita comunicandosi nella sua gamba, tornò al possesso della salute primiera.
VIII. Rimarchevole assai è la grazia ricevuta da un tale Michele Greco di Manfredonia, il quale, mi litando con l’esercito Cristiano contro i Turchi, aveva ricevuto una freccia nell’occhio sinistro, e per sua sventura maggiore, rompendovi la punta, le restò nell’occhio, e per sei anni continui privo dell’occhio, macerato da atroci dolori, e consumato di danaro in Medici, e medicine, era caduto in un quasi disperato abbattimento. Il suo coraggio si rianimò alla narrazione dei prodigii di Maria nella S. Grotta di Andria, ed abbenchè dopo ferventi preghiere nulla ottenesse, pure senza diminuire in fede, visitò la Vergine potentissima nel detto Santuario, anticipò il suo voto di offrirle un occhio di argento, si unse con l’olio della lampada, e provvedutosi di altro olio per l’uso stesso in debito recipiente, se ne partì, sconsolato si, ma non già abbattuto di animo. La sua fede fu posta alla pruova, ma ottenne la corona dovuta; poichè giunto che fu alla Cappella delle Saline, essendosi curvato, per bevere in un fonte limpido e fresco ivi scorrente al ristoro de’ viaggiatori e degli abitanti, avverti nell’occhio infermo una sensazione tale, che gli parve essere l’occhio stesso uscito fuora dell’orbita. Credendosi lo sventurato che realmente fosse così, pieno di spavento ne avvertì il compagno, implorando il suo aiuto acciò con lui verificasse il sospetto. Questi sollecitamente sciolse la fascia con la quale l’occhio custodivasi coperto, e con maraviglia comune e gioia inesprimibile, fu trovato il pezzetto di ferro staccato dal suo sito, ed uscito fuora ossidato e bagnato di sangue, non chè l’occhio puro e bello, non altrimenti che fosse stato sempre esente da ogni ombra di male. Allora, invece di proseguire il cammino per Manfredonia, tornò novellamente in Andria col compagno a rendervi grazie all’ammirabile Liberatrice. Siccome quando giunse nella S. Grotta vi trovò il RR. Vescovo Andriese, e questi, udendo un miracolo così luminoso, volle che si fosse autenticato con atto pubblico, ed il Corpo della Città di Barletta, dove l'infermo era molto conosciuto, ne fece pure attestato solenne.
IX. Antonio di Mala da Bitonto, Sarto di professione, cercando un giorno le forbici sul banco, elevando un panno, ove una erane intrigata cadde con la punta in giù nell’occhio d’un suo Figliuolino di quattro anni, il quale sedeva accanto ai piedi suoi, e trovavisi ad alzare il capo a cagione del rumore. Come vi cadde vi penetrò, e poscia pel proprio peso ricadendo, a guisa d’un ferro che cava la lumaca dal guscio, effettuò che l’occhio venisse violentato ad uscir fuora della sua cavità, per cui rimase tutto sfacelato, e sarebbe stato anche miracolo, se il fanciullo reggendo allo spasimo, avesse perduto l’occhio senza perdere la vita. Più agevole è ad immaginarsi che a descriversi la desolazione dei miseri Genitori a tale spettacolo. Nell’eccesso del loro cordoglio invocarono insieme con fede la SS. Vergine de’ Miracoli di Andria, e poiché avevano presso di loro un poco d’olio della lampada solita ad ardere innanzi alla Sacra Immagine di Essa, vi unsero la ferita, e la fasciarono, finché qualche persona dell’arte salutare non giugnesse a dare il suo giudizio, o a mettere la sua opera. Ciò parve non essere stato argomento di poca fede; ma bensì prudenza Cristiana; poiché è volontà di Dio che si adoperino nelle circostanze i mezzi umani, piacendo alle volte a Sua Divina Maestà largire le sue grazie mediante le cause seconde, da Lui a tale effetto create, senza voler essere obbligato ad operare miracoli. Ma tanto avviene però allorché la nostra fede è debole, non già quando la nostra fede è quella perfetta in virtù della quale, come dice l’Apostolo S. Paolo, Iddio giunge per fino a trasferire i monti da un luogo all’altro.
Questa pare che fosse la Fede di quegli afflitti Coniugi, per cui vani furono i loro prudenti tentativi nell’attendere il Professore Sanitario; poiché la Mediatrice celeste precedè a tutti, e portò nel loro cuore la consolazione sospirata, accordando loro sollecitamente la grazia. Stanco dal dolore e dal pianto il tenero fanciullino era caduto in un sonno tranquillo, e si destava a vivere la sua vita primiera. Meravigliati i Genitori che il caro figlio vegliava senza lamenti e senza dolore, e presagendo che la Madre di Dio operando da ciò che era, cioè da Madre della misericordia, avesse esaudita la loro prece, palpitanti rimossero la fasciatura dall’occhio. Ed oh potenza della carità di Maria! Lo trovarono sano ed immacolato come se non vi fosse mai avvenuto alcun ché di sinistro, per cui convertendo in gaudio le lagrime, senza saziarsi di benedire l’amantissima Liberatrice, corsero ancora a renderle i debiti ringraziamenti nella Grotta della Valle, donde emetteva tante beneficenze.
X. Porzia di Virola dopo quindici anni di noiosissima e dolorosa idropisia, nell’invocazione della Vergine de’ Miracoli di Andria, e mercè l’unzione con l’olio della lampada di Lei, trovò quella salute desiderata, che per tanto tempo non potè rinvenire da tutti i mezzi umani posti in opera.
XI. Michele Rinaldo di Bonabitacolo, trovandosi con altri amici, parenti, e lavoratori ad ammansire otto giovenche selvagge, una di queste si inferocì contro di lui, con un movimento spaventevole lo balzò a terra, ed a via di calci gli ruppe un braccio e sette coste. L’infelice, dall’orlo del sepolcro in cui era, alzò la voce chiamando in suo soccorso la cara Madre de’ Miracoli di Andria. Al suono di questo Nome onnipossente, la Giovenca si arrestò, ed altrove dirigendosi, l’abbandonò addolorato e pesto. Trasferito dai suoi in casa, per l’acerbità del dolore che lo straziava sotto la mano cerusica che s’adoperava a ricomporre le ossa, si protestò, che essendo incerta la sua vita come era stata giudicata, Egli contentavasi morire nelle sue pene senza aumentarle, e che se non doveva trascurare un rimedio, egli altro non voleva che l’olio della lampada della Madonna d’Andria, la quale, avendolo fatto uscir vivo da sotto i piedi della Giovenca non appena ne aveva proferito il Nome, gli avrebbe ancora compita la grazia col risanarlo. La vera fede accompagnata dalle dovute circostanze non trascende mai nella temerità, quantunque strane sembrassero le umane pretensioni. Egli ottenne la compita guarigione mercè le semplici frizioni con l’olio benedetto, tanto che dopo quindici giorni potè andare in Andria a rendere grazie alla generosa sua Liberatrice.
XII. Un Giovanetto Religioso per nome F. Francesco dell’Ordine Venerabile degli Eremiti di S. Francesco detti volgarmente Cappuccini, in conseguenza d’una grave malattia sofferta gli restò una sordità tale, che occorrevagli che si esprimesaero coi segni o gli presentassero scritto l’altrui idee per intenderle. Poichè egli era nello stato di Novizio, dopo che la Comunità ebbe con lui adoperati tutti i mezzi dettati dall’arte, ne venne licenziato come impotente a sopportare il peso dell’Osservanza ed inutile alla Comunità. Afflitto fin nell’animo per dovere abbandonare il sacro Abito abbracciato col trasporto di servire a Dio, pregò i Superiori a voler con lui adeperare un altro tentativo, ed era di condurlo nel Santuario di Andria, sicuro che vi avrebbe ricevuto l’udito dalla Vergine. Ben veduto com’egli era da tutti i Religiosi per le sue buone qualità, venne senza indugio spedito nel Monastero de’ PP. Cappuccini di Andria. Guardiano della Famiglia era il P. Tommaso dall’Oliveto, ed in ricevere il devoto Novizio, e nell’intenderne lo scopo della sua venuta, credè prudenza consultare i periti dell’arte salutare, per conoscere se l’impotenza delle forze della natura autorizzava a ricorrere alla SS. Vergine, non dovendosi cercar miracoli senza necessità. All’uopo, consultò un medico Andriese d’una riputazione pari al merito che raccoglieva, il quale, dopo l’esame dell’infermo pronunziò che il male s’era elevato al di sopra della medicina, e che non era della sua mano nè di qualunque altra umana guarirne l’infermo.
Il buon Novizio per nulla perdendosi di coraggio rinnovò novellamente la sua preghiera, d’essere cioè accompagnato innanzi all’Altare della B. Vergine dei Miracoli, e col fatto fu accompagnato dal medesimo Guardiano, e da un altro Padre dello stesso Monastero, di cui la storia non registra il nome. Ivi assistè con viva pietà la S. Messa che celebrò lo stesso suo Superiore, dopo si unse le orecchie con l’olio della lampada, si provvide dell’olio stesso per ripeterne lo stesso uso, e con le sue guide tornossene al Monastero. La sera ripetè l’unzione, e la mattina seguente con le stesse guide tornò di bel nuovo ai piedi dì Maria. Là, dopo fervente preghiera si unse la terza volta, ed in quel punto stesso Maria SS. dal Cielo pronunziò quell’effata col quale un giorno il Divin Figliuolo, stando su la terra mortale, apri ad un altro sordo le orecchie. Il suo udito si schiuse mirabilmente in guisa, che potè assistere da ministro al Santo Sacrificio, rispondere a tutte le domande, e discorrere come se non avesse sofferto male alcuno, nonché potè professare, vivere e morire da buon Religioso. Il dì seguente il lodato Superiore lo condusse seco la terza volta per celebrare nella S. Cappella della Grotta una Messa di rendimento di grazie, e col partirne lasciò un attestato autentico della grazia narrata.

Dai pochi esempii fin qui riferiti si vede chiaro, non esservi genere d’infermità sul quale quest’olio ammirabile non avesse spiegata la sua virtù possente, semprechè venne adoperato dalla Fede. Che se una sostanza la quale non ha altro rapporto con la Madre di Dio, che quello di consumarsi innanzi alla sua Immagine, comunque cara, può essere tanto efficace; chi potrà esprimere poi l’efficacia del dolcissimo Nome Maria, inerente in guisa con l’adorabile Personaggio che il porta, da indicarne, l’individuo, le doti e le magnificenze? Può assai bene immaginarsi dal Cristiano, possono vedersene le pruove nel Capitolo seguente.