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RELAZIONE STORICA
SULL’IMMAGINE
INVENZIONE SANTUARIO E PRODIGII
DI
MARIA SS. DE’ MIRACOLI D’ANDRIA

operetta del P. Antonino M.a di Jorio, agostiniano
Stabilimento Tipografico del Dante, Napoli, 1853

Parte II. — Capo VI.
Breve saggio delle grazie largite da Maria SS. ai dì nostri
nella sua Immagine di Andria.

La mano del Signore non è abbreviata dopo tanti prodigii operati a gloria del suo Nome, a conforto de’ suoi Servi, allo splendor di sua Chiesa, ed alla confusione de’ suoi nemici. Quindi, siccome fu, è, e sarà sempre eguale nella sua immutabile onnipotenza, perchè immutabile è per carattere essenziale di sua natura; così come in ogni età nulla rimise per magnificare la sua Madre SS., anche nelle presenti, e per le future generazioni nulla risparmia, ne sarà per economizzare prodigii ad esaltamento di Lei. Sembra è vero, che anche i Santuarii vadino soggetti alle vicende delle Spirito umano, tanti vedendosene, che un dì furono in grande opinione, ed oggi veggonsi derelitti ed abbandonati, a cagione della Fede intiepidita de’ popoli, che non seppe mantenervi sempre dischiuse le sorgenti delle grazie, stantechè la Fede è l’elemento, diciam così, che tiene attiva la destra di Dio, per, estendersi ai prodigii, e con essi sollevarvi i languenti.
Ma poichè tra i prodigii più belli da Dio operati a decoro della Santa Immagine di Maria in Andria, il più eccelso e rilevante fu quello di tenere in Essa animata ognora verso la Madre sua la Fede più viva, sì degli Andriesi che dei Popoli dintorno, tn questo Santuario non è mancato mai, e tutto dì rifulge sempre più brillante ed ammirabile lo splendore Taumaturgico. I tesori delle divine misericordie sono tutt’ora depositati nella Santa Grotta di Andria, ed ivi Maria disponendone, ne sparge abbondante copia alle affettuose richieste degli sventurati, ed al consuolo de’ Miseri. Fedeli al nostro proposto di non tracciarne che una semplice idea, riporteremo i pochi seguenti estratti da due note a noi pervenute, una dalla Città di Cerignola testificata dal Vicario Curato di quella Cattedrale D. Vincenzo Macchiarulo, e l’altra dalla Città di Andria autenticata dal Vescovo di essa D. Giovan-Giuseppe Longobardi.

DALLA CITTÀ DI CERIGNOLA

I. La Signora D. Angiola Rosa Cirillo moglie dell’Illustrissimo Signore D. Nicola Palieri nel 1843, essendo caduta inferma, se le gonfiò talmente una gamba, che sembrava un barile. Diversi Dottori furono consultati per porre riparo all’umore infetto, che imperversava di giorno in giorno. Furono adoperati i rimedii più efficaci, che l’arte potesse somministrare, ma tutto indarno; il male si opponeva ai farmachi più analoghi, ed i Medici cominciavano a disperare della salute. La pia Signora però ancorchè era uniformata alla volontà di Dio, pure volle ricorrere alla potentissima intercessione della nostra Madonna de’ Miracoli di Andria, e dopo di esserlesi caldamente raccomandata, si unse con l’olio della lampada che arde dinnanzi alla di lei immagine nella sua Chiesa, e con istupore dell’intera famiglia, immantinenti cominciò lo sgonfiore, ed in poco tempo acquistò la perfetta sanità.
II. La Signora D. Serafina Marchese nel 1848 si trovava assai più del solito ammalata con una malattia cronica, la quale le avea impegnato il petto in guisa, che difficilmente potea scampare la vita, come ordinariamente accade con questi malori. In tale posizione la povera Signora animata da viva fede, s’intese spinta a ricorrere alla protezione della potentissima Vergine sotto il titolo di Maria Santissima de’ Miracoli di Andria, ed essendosi unta con l’olio della lampada, nel medesimo istante cominciò a migliorare sino a rimettersi perfettamente.
III. Al Signor D. Raffaele Palieri venne non so per quale accidente nel 1842 un dolore spasmodico nell’orecchio, che lo tormentava oltre la credenza., e perché l’acutezza del male avrebbe potuto fargli perdere l’udito, o almeno il timore d’incorrere in questo malanno, lo faceva tremare, sofferente si portò in casa d’una di lui Zia, la quale guardandolo così malsano, ne domandava la cagione, che saputa, lo incoraggiava a ricorrere con viva fede a Maria Santissima de' Miracoli di Andria, promettendo dargli un poco d’olio della lampada di detta Vergine, che ella gelosamente conservava in un’ampolla; in fatti applicato l’olio sulla parte inferma, fu preso da profondissimo sonno il sofferente Palieri, che durò circa ore sette, svegliato, s’intese sano, come se mai avesse sofferto, e scorto il guanciale, si trovò inzuppato da molta quantità di umore, e da allora in poi non ha mai sofferti simili dolori.
IV. Nel 1842 un Fabricatore si trovava sommamente afflitto per una sciatica nel braccio senza speranza di miglioria dopo adoprati i rimedii opportuni, molto più s’affliggeva per vedersi incapace di procurarsi il necessario vitto, e ciò per lungo tempo; in tale stato di cose ricorse alla Miracolosa Madre di Dio sotto il titolo de’ Miracoli di Andria, e non fu indarno il confidare in lei, poiché appena unto con l’olio della lampada, subito guarì.
V. La moglie d’un Guernimentaro caduta inferma gravemente per modo, che dubitavasi di sua salute nel 1848, animata a ricorrere alla nostra Signora di Andria, si unse con l’olio della lampada, questo bastò a darle la sanità.
VI. Gio: Donato Scarano nel 1848 affetto era da qualche tempo da male di petto, e per giunta gli venne Anche la Puntura, per cui a causa degli umori concorsi, gli si aumentò il male; tornatigli infruttuosi i rimedii esibiti per curare il doppio male, ricorse all’olio della Madonna de’ Miracoli di Andria, il quale apprestato, migliorò, e riacquistò la salute.
VII. Un garzone di Minervino nel 1851 stando al servizio di D. Nicola Palieri di Cerignola, ebbe un calcio da un animale, che tramortito lo rimase a terra; molti uomini corsero per aiutarlo, ma non lo giovarono, perché il colpo era mortale. Ora come nella famiglia del prelodato Signore con particolare divozione si venera una Immagine della Madonna de’ Miracoli di Andria, e si conserva con pari venerazione l’olio della stessa Taumaturga, subito vi si applicò una piccola parte in unzione sulla ferita di quell’infelice, ed in quell’istante con sorpresa di tutti il giovine cominciò a respirare, ed indi a poco d’ora si ristabilì.

DALLA CITTÀ DI ANDRIA

VIII. Nel 1839. II Sig. D. Riccardo Porro di D. Francesco, stando nella sua masseria detta il Quadrone, in occasione della trebbia del grano, e perciò grandi cavalli di grano eranvi d’attorno l’aja di pertinenza tutti del sullodato Sig. Porro; quando circa le ore 15 del mattino il Sig. D. Riccardo essendosi appressato ad una delle finestre della sua casina vide in qualche distanza molto fumo, ed avendo chiamato a se uno delle sue genti, gli diede ordine di andare ad osservare che cosa fosse quel fumo; e nel mentre questi andava, vedevasi crescere e dilatare rapidamente il fuoco, a causa del vento che forte soffiando ne alimentava le fiamme. Impaziente il Sig. Porro di più attendere, ordina di allestirsi il suo cavallo, di poi vi monta e corre in un attimo al luogo, dove tutta la gente della masseria eravi accorsa, perché il vento impetuoso dirigendo le fiamme delle ristoppie del campo accese per casualità, verso l’aja, minacciando una irreparabile rovina, e mentre che tutta la gente si occupava ad impedire che le fiamme si avanzassero più oltre, e usavano ogni mezzo come tagliare il terreno, ed impedire così la comunicazione, il fuoco per altro strinse la gente nel mezzo, e allora fu che tutti atterriti, fuggirono per non addivenire essi stessi alimento del fuoco. In tale stato di cose il Sig. Porro non sapendo a qual partito appigliarsi, e vedendo già imminente la rovina, si rivolge con ogni fiducia alla Consolatrice degli afflitti Maria Santissima dei Miracoli, e cacciata dal cappello una di quelle immagini, che poco innanzi l’aveva ricevuto da un frate dell’Ordine Eremitano di S. Agostino, al quale è affidata la cura di quel Santuario, con viva fede la menò nelle fiamme divoratrici. Ed oh portento! .. Oh potenza, e carità della nostra gran Madre Maria! .. Non appena quell’immagine toccò le fiamme, che subito si arrestarono, e senza produrre alcun danno il fuoco si estinse. Il Sig. D. Riccardo Porro ne volle fare un’attestato di proprio pugno, ed è il presente.
IX. Nell’anno 1840. Alessio lo Muscio di condizione colono, con una malattia era da molti mesi confinato nel letto, e ridotta la sua salute a mal partito, tanto che muoveva a compassione, e di più la famiglia languiva per la pura fame, perché l’infelice lo Muscio inabile era a potersi guadagnare il pane con le sue braccia, essendo queste l’unico capitale di quel misero. In tanta miseria però consolavalo la speranza di vedersi ristabilito in salute, e perciò riposava tutto confidente nella misericordia di Dio, che non abbandona chi confida in lui. Ma ecco che in una notte il povero infermo venne assalito con più veemenza dal male, tanto che lo credevano quasi agli estremi della vita, e gli vennero ordinati li Sacramenti. Alla povera moglie afflitta fuor di misura, chiamata Maria di Paola, e tutta confusa ed oppressa dal dolore, le venne in pensiero di rivolgersi alla potente Signora e Regina Maria Santissima dei Miracoli, unico rifugio nelle umane miserie, dopo Dio. Prese difatti per mano una piccola ragazza che teneva, andiamo, le disse, a ricorrere alla gran madre dei Miracoli, e nel tempo che l’infermo Marito riceveva il Sacro Viatico, esse giunsero nel Santuario, e prostrate a piedi della gran Regina Maria, tra un fiume di lagrime supplicarono caldamente alla Vergine, chiedendole la grazia, e nel partirsi dall’altare di Maria Santissima, dissero con fede grande alla Madonna, noi non abbiamo altro da offerirvi, che queste due corone di legno (che portavano tra le mani per dirsi il Rosario), le lasciarono di fatti, e partirono. Oh carità immensa della gran Madre di Dio, che compiacesi di consolare gli afflitti, e di accettare i vilissimi doni da chi non ha altro che offerirle! La di Paola adunque con la figlia credevano di trovare il marito, e ’l padre alquanto migliorato in salute, ma la Vergine volle chiaramente far loro conoscere la grazia da essa fatta col farcele ritrovare nell’entrare in casa, da moribondo qual era poco avanti, quasi sano, seduto sul letto, che pigliava il brodo, e in settimana fu perfettamente guarito.
X. Nel 1844. Il Sig. Cavaliere del Pontificale Ordine di S. Silvestro D. Onofrio Spagnoletti avendo sposato la signora D. Caterina Jannuzzi, entrambi signori degni d’ogni eccezione e lodi, per la loro non ordinaria carità, e timor di Dio: volle il Signore mettere a pruova la loro virtù col tribolare il Signor Spagnoletti col mezzo di una periostite o infiammazione del periostio interno la quale attacogli il cervello, di maniera che lo rese incapace di leggere, scrivere, e di qualunque altra operazione, soffrendo delle continue punture al cervello, che lo facevano scuotere nella persona, come a chi riceve una forte puntura di ago. Furono consultati i Medici più periti della Provincia, ma tutto riusciva a vuoto, poichè il male non la cedeva affatto a qualunque più indicato farmaco. Ed in ispecialtà una notte, delle precedenti alla solenne festa di Maria Santissima dei Miracoli, trovandosi il sullodato Signor D. Onofrio più del solito aggravato, e rendendosegli insoffribili gli spasimi, chiese alla Moglie una immagine di Maria de’ Miracoli e mettendosela con fede viva su la sua testa, dopo pochi istanti prese sonno. È pure da premettersi che molte preghiere si facevano dai RR. PP. Agostiniani, custodi del gran Santuario, per ottenere da Dio per mezzo della potente intercessione di Maria Santissima la sanità al religiosissimo signor Cavaliere. Essendosi adunque addormentato, l’infermo, come pure la signora D. Caterina, donna di pietà eguale, sognò questa un padre Agostiniano della Comunità della Madonna, e dicevale « D. Caterina, fate che vostro marito ringraziasse Maria Santissima, per la grazia già ottenuta»: e svanì quel sogno. Cosa veramente ammirabile! Svegliatosi dopo qualche tempo il marito, si trovò tutto sudato, (cosa che non si aveva potuto ottenere con li rimedi somministratigli dai valenti Professori) e nel tempo stesso di assai alleggeriti quei dolori spasmodici al capo, e dopo pochi giorni sparirono del tutto, senza mai più soffrirne, godendo tuttora perfettissima salute.
XI. Circa l’anno 1846 si ritiravano da campagna il colono Giuseppe lo Sito col suo piccolo figlio Riccardo, ed un tale Nicola Spione, ed essendo giunti presso al convento dei M. O. detto S. Maria Vetere, poco distante della Città, dove vi è una cisterna molto profonda, ed eravi allora circa dodici palmi di acqua, smontarono dai loro animali, per farli abbeverare, e fatto questo, cercarono nuovamente di cavalcare. Il piccolo Riccardo, allora non più che di sette anni, era salito sull’orlo della cisterna per potersi mettere più facilmente sull’animale, e mentre cercava di ciò fare, il giumento si voltò, e dando al ragazzo un urto lo precipitò nella detta cisterna. Correva allora la novena di Maria Santissima dei Miracoli, di cui egli Nicola è particolar divoto, tenendo sotto l’arco di sua casa la medesima Vergine dipinta, alle vicinanze di S. Francesco, avanti a quella vi fa ardere una lampada in ogni notte, e parecchi atti di pietà è solito esercitare nel giorno della di lei solennità. All’inaspettata disgrazia, tutto fuor di sè per lo spavento e pel timore di perdere il suo figlioletto, incominciò a querelarsi con la Vergine Santissima, mosso da fervore, e fra pianti e schiamazzi la invocava spesso in ajuto. Intanto la Vergine SS. senza punto offendersi di quelle parole, che nel dolore diceva il suo divoto Nicola, ma pronta sempre ad ajutare chi la invoca con fiducia, volle dimostrare col fatto la sua misericordia; poiché il ragazzo nel cadere nella cisterna la vide tutta illuminata, come egli stesso asserì, e più volte calò a fondo senza mai inghiottire una gocciola di acqua. Intanto il tempo passava, e Giuseppe non avendo mezzi come cavarlo di detta cisterna, il colono Spione menò giù il cato di legno, di cui si erano serviti per abbeverare gli animali, sostenuto da debole funicella, il ragazzo si attaccò ad esso, con una mano, e così sano, e salvo, con l’ajuto speciale di Maria Santissima dei Miracoli, lo trasse da una sicura morte, non senza un evidente miracolo.
XII. In marzo 1852. Il fanciullo Vincenzo Pastore di anni quattro patì una oftalmia troppo acre, ed abbenchè fosse stato assistito da parecchi Cerusici, pure a nulla giovarono i rimedi di chirurgia. Tanto che non si sapendo dai mentovati Dottori come escogitare altro mezzo dalla loro scienza, abbandonarono l’infelice fanciullo, assicurando ai genitori suoi, di non potersi guarire. La madre a tal avviso dei professori pianse, e non sapendo a chi altro ricorrere, corse immantinenti alla Madonna de’ Miracoli, ed in quel Santuario tutta contrita, lagrimante, e piena di fiducia si gittò genuflessa a piedi dell’altare della gran Vergine, cercando senza alcun ritegno assolutamente la grazia della guarigione del figlio. In quell’istante intese un forte strepito nella chiesa per cui svenne. Dopo che si riebbe, coll’istessa fiducia, e confidenza esce di chiesa, e si restituisce alla casa, non più mesta, e dolente, com’era prima, ma contenta di sè stessa, quasichè dietro quel deliquio, avesse avuta un presentimento della grazia ottenuta, dalla Vergine Santissima. In fatti entrata in casa, cerca del figlio, lo chiama, se l’accarezza, e se lo stringe al seno. Quel fanciullo, che da circa quattro mesi non avea potuto aprire gli occhi alla luce finalmente li schiude, li spalanca con gioja, riconobbe la madre, e gli astanti, e da quel momento riebbe perfettamente la vista.

Qui fermiamoci, e contenti di aver gustato un argomento che per la sua vastità e floridezza potrebbe per tempo più esteso pascere lo spirito nostro, abbandoniamo tutto ciò che di grande avvenne ed ogni di più avviene nelle Città d’intorno, tra le quali è a distinguersi la Città di Barletta nella fede più viva e nella devozione più tenera verso Maria, convinti, come esser dobbiamo, chè se Dio è mirabile ne’ santi suoi, assai più profuso e generoso esser deve con la sua SS. Madre; affidiamo tutto noi sotto il gran patrocinio della medesima; poichè Ella che è possente come Madre di Dio, e anche verso di noi tenera ed affettuosa come Madre nostra. In tutte le nostre emergenze o spirituali o temporali rivolgiamo ad Essa i nostri supplici voti, non essendovi altro astro di salute più fulgido di lei, dato all’uomo che naviga nel mare della vita. Quindi in mezzo ai venti delle tentazioni, tra i vortici delle tribolazioni, in seno agli scogli delle angustie, tra i flutti dell’orgoglio, dell’ambizione, delle detrazioni, e delle gelosie, solleviamo ad Essa gli sguardi fiduciosi, poichè subito accorrerà ad arrecarci conforto. Se l’ira, l’avarizia, e la impurità agitano per sommergere la navicella della nostra anima; Maria con la sua destra ci sarà di sostegno. Se la grandezza di nostre colpe ci turba, se le lordure di nostra coscienza ci confondono, se gli orrori del divino giudizio ci spaventano, se il timore della eterna riprovazione ci opprimerà in guisa da farci disperare il perdono e la grazia; invochiamo Maria e tutto disgombrerassi per noi. Nei pericoli insomma, nelle angustie, nei dubbii ricorriamo al di Lei seno materno; il di Lei nome SS. non si allontani giammai nè dal cuor nostro nè dal nostro labbro, ed acciocchè sia Ella più sollecita nel compartirci le grazie sue, studiamoci diligentemente d’imitarla nelle virtù. Seguendo gli esempii di Lei non potremo errare per le vie della salute, e ricorrendo a Lei nelle nostre sventure non mancheremo di aiuti; appoggiati a Lei non potremo cadere, ed avendola a protettrice ed a maestra, senza timori e senza stancarci, correremo animosi i sentieri della gloria, perverremo al possesso della corona immortale, e sperimenteremo qual gran dono Dio ci compartì dandoci la sua Madre, a Madre, Avvocata, Protezione e difesa.

FINE DELLA SECONDA PARTE