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SANTA CROCE IN ANDRIA

NOTIZIE STORICHE E IPOTESI DI RESTAURO

Edizione curata dai "Centri culturali Jannuzzi", Tip. D. Guglielmi, Andria, 1981
di F. Nicolamarino - A. Lambo - A. Giorgio

trascrizione in ebook

PREFAZIONE

di Mons. Giuseppe Lanave (1912-1996)

Questa pubblicazione mi apre il cuore alla gioia ed alla speranza; mi dà occasione di dire con schiettezza ai miei fratelli di Andria alcune verità.

Della gioia e della speranza ne do le ragioni. Delle verità faccio cenni, i più ampi possibili. Le ho già dette in passato, qua e là, in gruppi di amici. Ora le dico in pubblico, ufficialmente: le scrivo.

Forse alcuni reagiranno male. Tutti, penso, (se siamo sinceri al punto di accettare quel tanto di duro che è proprio della verità) dobbiamo avere il coraggio di pensarci. Ma quello che è più importante, tutti dobbiamo agire di conseguenza.

* * *

Arrivai ad Andria undici anni fa. Ero venuto altre volte, da seminarista e poi da prete.

All'inizio, fra molte altre cose, mi impressionarono le cripte, i volti delle Madonne dipinti dagli eremiti. Scesi giù a venerare la Madonna dei Miracoli, visitai le grotte che si aprono intorno alla Basilica, risalii in quei dintorni e mi fermai nel silenzio umido e polveroso di Gesù Misericordia, sostai a lungo all' interno e intorno alla cripta di S. Croce. Qui fui colpito dal senso di abbandono, dalle immondizie maleodoranti. Andai all'Altomare, contemplai la Madonna che pitture successive avevano sfigurato, rimossi per poco i confessionali che nascondevano le pitture antiche nei fornici laterali per ammirare i volti degli eremiti effigiati sulla pietra. Passai a vedere le alte, ampie grotte, piene di silenzio e di mistero, sotto il largo del Seminario e fin sotto le sue mura, dietro le botteghe ed i depositi che sia affacciano sulla via di S. Vito. Ridestai nell'animo tempi ormai passati. Dal viso delle Madonne, da quegli occhi profondi, dalla maestà delle figure, dall'insieme degli ambienti tentai di capire lo spirito di quegli uomini, del mondo da cui provenivano e che influenzavano con la loro vita.

Mi fermai a lungo a S. Croce.

Quanta tristezza!

L'umido invadeva tutto. Le pitture si gonfiavano, si sbriciolavano, scomparivano. Fuori, attorno, gli ortaggi erano coltivati fin sotto le mura della cripta. Qualcuno vi tosava i cavalli, lasciando pelame nauseante che il vento spargeva dappertutto. Il costone di tufo della collinetta vicina, ove sorge Gesù Misericordia, nella parte alta, era invaso da casette di pessimo gusto, aggrappate le une alle altre, costruite disordinatamente.

In questa pubblicazione si parla a chiare note del non interessamento, anzi della sorda ostilità della Amministrazione Comunale ( 1892/ 96) ad ogni progetto di restauro della cripta. Lo spettacolo che mi si presentava ne era la comprova.

* * *

Feci del mio meglio per salvare quel monumento. Comprai il terreno sulla destra e sulla sinistra. Riuscii ad allontanare dal posto i tosatori di cavalli. Non riuscii a comprare il terreno dietro la cripta. Non avevo altri soldi.

La Sovrintendenza ai Monumenti (arch. Chiurazzi, prof. D'Elia) promise di aiutarmi. Pose come condizione che il Comune avesse provveduto a convogliare fuori, aldilà della strada, le acque piovane e che avesse reso impermeabili i tetti con le tecniche che in questa pubblicazione sono indicate. Ci fu un tentativo (più personale da parte di un impiegato, che della Amministrazione) di cintare la zona intorno alla cripta. Poi tutto si fermò. L'abbandono riprese il sopravvento. L'umido continuò a dominare incontrastato e a disfare. Il monumento non disse più nulla alla insensibilità dei responsabili, all'analfabetismo dei molti che non leggono nei monumenti la grandezza di ieri e il messaggio che essi inviano ai posteri. Anzi qualcuno pur di fare soldi vendette il terreno a pochi passi dalla cripta e concorse responsabilmente a far costruire una orribile palazzina di cemento e mattoni.

* * *

Andria è stata grande nel passato. Ha avuto periodi memorabili: il gotico: Cattedrale, S. Francesco, S. Agostino, Annunziata, S. Domenico, S. M. Vetere; il cinquecento: i tre archi più belli della Cattedrale, il palazzo ducale, la Madonna dei Miracoli, la facciata di Porta Santa ... ; il barocco: il demolito monastero delle Benedettine, i rifacimenti delle vecchie chiese gotiche, gli altari, gli organi, gli armadi a intarsio nelle sacrestie, il portico e la facciata del Seminario, la villa dei Vescovi alla Guardiola, la facciata del Vescovado e del vicino palazzo che fu sede del secondo seminario (1729) . La scalinata del Carmine doveva essere uno splendore. Pensare che le balaustrate che si affacciavano dal largo del Seminario e quelle che scendevano lateralmente con le scale erano formate di colonnine sagomate, intervallate da pilastrini scolpiti. Tutto è andato distrutto dal vandalismo dei ragazzi e dei giovani del posto e dal non interessamento delle autorità tutorie.

Andria possedeva un ricco patrimonio di arte che è stato sperperato o incamerato da famiglie che lo hanno sottratto alla comunità o venduto per pochi soldi ad avari profittatori. Andria così è diventata povera. Si sono arricchiti privati, si sono arricchite città del nord.

* * *

Scoprendo Andria un po' alla volta, scoprendo le grandezze di ieri e le mediocrità di oggi, le ricchezze che il passato accumulò e i vuoti che l'avarizia e l'analfabetismo in arte ha aperto, ho imparato ad amare il passato di una città che conta uomini della levatura di un Francesco II del Balzo e annovera vescovi che hanno in mons. Cosenza l'espressione più alta del mecenatismo, del buon gusto, della munificenza nell'impiego di mezzi per fare grandiose la città e le chiese.

Questo mi ha spinto ad amare anche gli Andriesi, ma di un amore diverso. Per quelli del passato nutro un amore fatto di ammirazione. Per quelli di oggi il mio amore è contrastato. Sono orgoglioso degli Andriesi, che hanno risorse preziose di tradizioni familiari, di esuberanza fisica, di amore al lavoro ed al risparmio. Amo di un amore sofferente gli andriesi che hanno distrutto, venduto, resa sempre più brutta la città, dominati da un individualismo di corta veduta o da una invincibile avarizia o passione del guadagno ad ogni costo.

Io mi domando: Chi ha demolito il palazzo Jannuzzi con la maestà delle sue colonne, il palazzo dei fratelli Montenegro con le sue caratteristiche scale e pianerottoli, e il palazzo di Filippo D'Urso dirimpetto alla cattedrale? E poi perché sono stati demoliti? Chi ha autorizzato la demolizione? E per far che cosa?

Chi in passato entrando in piazza Catuma guardava verso la Cattedrale, al di sopra delle case a un piano, godeva il meraviglioso spettacolo del campanile della Cattedrale, del monastero delle Benedettine, di S. Francesco e. più in là, di S. Domenico. Ora si alza spropositato un casermone, sconcio per il posto dov'è, in contrasto con quanto l'attornia, deturpando la visuale dei campanili e privandoli di aria e di cielo.

Che brutto!

E poi non era lì, dirimpetto, il monastero delle Benedettine? Perché fu demolito? Era veramente pericolante? E perché costruire proprio lì, nel cuore della vecchia città un mercato che si è subito rilevato insufficiente per una città che cresce a dismisura, senza vie per accedervi, senza spazi per le soste delle macchine che devono caricare e scaricare, senza comode strutture igieniche. Le fogne, specie di estate, non riescono a contenere gli scoli che vi gorgogliano sin nelle case vicine. Gli odori sgradevoli del pesce obbligano a chiudere le finestre. Le zanzare proliferano e i topacci attratti da residui di cibi, evadono dalle fogne.

Quel mercato insufficiente costringe i venditori a sistemarsi sulla vicina piazza Catuma che, spesso, ( tutti i sabati e particolarmente nelle grandi feste) diventa la succursale del mercato.

Ma la piazza principale di una città non è come il salotto o la sala di soggiorno, dove chi entra riconosce il carattere, la dignità, la educazione, il livello culturale della famiglia? Chi entra in Andria e va nella piazza principale, di sera, o il lunedì o il sabato o nelle feste principali dell'anno, qual è l'impressione che ha? L'avete chiesto qualche volta ai forestieri?

* * *

Anche lì, all'angolo di via Trani e di via De Gasperi, perché si sono demoliti gli antichi palazzi di Jannuzzi e di Marchio-Vaccarella e si è alzato quel palazzo a tanti piani, di una architettura moderna di discutibile gusto, ma indiscutibilmente brutto per il posto dov'è e per il contrasto urtante con le vecchie costruzioni come, per esempio, quella di Consalvo Ceci? Ma non è quella una zona antica e nobile di Andria? Non si trova ancora lì, la vecchia cinta delle mura di difesa e probabilmente anche le tracce del primo castello dei Del Balzo? Ma quei palazzi moderni non si potevano costruire in una nuova zona residenziale, tra vie spaziose, ai margini di ampi verdi? in una zona residenziale moderna, omogenea, che avrebbe rivalutate le nuove costruzioni? Perché distruggere, rappezzare, abbrutire gli antichi rioni?

Perché questo non è avvenuto a Ruvo, a Terlizzi, a Bitonto, ma solo ad Andria?

Non si sono interessati gli architetti di Andria? Forse non avrebbero essi capacità di creare una pubblica opinione a difesa dei monumenti? 0 piuttosto si sono disinteressati per evitare rogne... o si son fatti prendere dal cliente, dal suoi interessi particolari, dimenticando che siamo tutti in una stessa città, casa accanto a casa, vincolati a interessi comuni da perseguire a vantaggio di tutti e di ciascuno.

* * *

Se mi dolgo è perché amo.

Amo Andria, case e vie; amo gli Andriesi e li vorrei degni del loro passato, al passo con le città vicine, all'avanguardia come per il numero dei cittadini e delle macchine, così per il resto.

Non sono un cultore di un passato imbalsamato. Non mi piego sui ruderi per sfilare geremiadi.

Il passato dice la grandezza ed i meriti di un popolo e parla e pungola l'orgoglio delle nuove generazioni.

La storia è e rimane maestra della vita. È chiaro però che bisogna avere occhi, sensibilità e capacità di leggere un passato culturale.

Chi passa davanti a S. Croce con indifferenza è come un cieco: non vede. È come un analfabeta: non sa leggere.

Che peccato!

* * *

Ma c'è di peggio. C'è chi il problema di S. Croce lo vede partendo dai suoi piani di realizzazione finanziarie, rimanendo in essi tenacemente chiuso, insensibile ad ogni altro valore. E dice: Ma', va là. Metteteci una bomba, in, quella massa di tufo. Costruiamo case!

È una pena sentire affermazioni di questo genere da certa gente.

Insegniamo ai giovani a vedere, ad apprezzare, ad amare quanto hanno fatto i vecchi. Insegniamo loro ad acquistare il gusto dei nonni e le loro civili virtù.

Il passato deve insegnare a vivere. È per questo che vado preparando un museo nelle sale dell'episcopio.

Quel museo deve diventare scuola di vita.

* * *

Mi appello ai professionisti. Ho sentito spesso dirmi che Andria è una città culturalmente arretrata. Ho il timore che noi, cosiddetti uomini di cultura, con certi atteggiamenti non avvalliamo la terribile accusa che ci vien fatta.

1 rilievi avanti espressi non ne darebbero conferma? La scarsa partecipazione dei professionisti ad ogni manifestazione culturale non potrebbe essere una comprova?

Noi abbiamo dei doveri verso la città. La presente pubblicazione assolve ad uno di questi doveri. Essa è l'indice di un atteggiamento nuovo, quello rispondente alle necessità della città, alla cancellazione di un riprovevole passato, al tentativo di metterci al passo di una evoluzione non arrestabile.

Ammiro, lodo e benedico la iniziativa di questa pubblicazione e con essa quanti l'hanno promossa.

Ho letto con soddisfazione il testo. La parte storica è sobria e giustamente non va aldilà di quei fatti che emergono da una seria critica storica di periodi che affondano in un incerto privo di documentazioni. La rilevazione tecnica è minuziosa e competente. Le soluzioni sono le più interessanti. La composizione del testo è pervasa da una intensa passione che anima tutto lo studio, dall'indagine sul passato, all'esame diligente delle condizioni attuali del monumento, al progetto dettagliato del suo risanamento. Quest'ultima parte per il calore che lo ispira acquista l'interesse di un progetto che, aldilà della tecnica fredda, sa del cuore di chi ama e vorrebbe al più presto restituire alla cittadinanza la cripta risuscitata.

È giusto allora che ci lasciamo prendere da questo scritto, che lo leggiamo, che ad esso sintonizziamo sensibilità e comportamento. Smuoviamo pigrizia e opacità mentale. Facciamo sorgere gruppi di collaboratori per il Centro Culturale Jannuzzi, amatori che difendono l'Andria antica da ruberie e da deturpazioni, che preparino con le loro richieste e la loro vigilanza un'Andria veramente grande, degna del suo passato e degna di comparire dignitosamente accanto alle città vicine.

Giuseppe Lanave
Vescovo di Andria