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Storia della Città di Andria ...

di Riccardo D'Urso (1800 - 1845), Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 46-50

Libro TERZO

Capitolo II.

Andria sotto il dominio Normanno.
Suo dilatamento, e fortificazione di mura ed ante-mura sotto il conte Pietro.
Suo passaggio a Riccardo di lui figlio secondogenito.
Era volgare 1042.

Essendo caduta la Puglia sotto il dominio de’ Normanni e questi campioni avendo egualmente braveggiati nell’armi per la sua conquista; così cercarono anche egualmente godere del frutto della vittoria. Vi costituirono in apparenza la forma dell’impero Monarchico; ma in realtà era aristocratico. Difatto divisero tra loro le città, e terre di essa; ed ogni uno riconobbe la sua contea. Solo lasciarono comune, ed indivisa la città di Melfi, come piazza la più forte di quei tempi, serbandola per luogo di riunione ne’ casi di bisogno. Al nostro Pietro spettò la contea di Trani nella quale contenevasi la città di Andria. E che questa fosse di sua pertinenza, rilevasi anche da quei versi dello storico Pugliese testé citati:.
Ac veniens Andrum
Auget militiam, suffragia poscit, ibique
quæque sui juris servari tuta laborat.
Impegnandosi vale a dire, a mettere in sicuro tutto ciò ch’eravi in essa città, perché di suo diritto. Ma da Pietro Trani fu preferita ad Andria e come città munita allora di maggiori risorse, e perché cinta di fortificazioni.
Andria per altro riportò non lievi vantaggi dalle sue cure. In effetti avendo concepito il disegno di fortificarla; prima di eseguirlo, cercò riunire insieme tutt’i naturali di quei piccoli casali, i quali erano in queste vicinanze, riconoscendo Andria come loro capitale. La maggior parte di essi grata alla saggia disposizione del Conte, volendosi sottrarre da’ pericoli, quivi abbandona tetti, e capanne, e corre sollecita a formar parte degli Andriesi. Ed ecco la ragione per cui in molti punti de’ nostri tenimenti, squarciandosi il suolo, s’incontrano rottami di antiche fabbriche, di tegole, e di mattoni. Si scoprono tanti sepolcri con cadaveri circondati da vasellame, da trombe, e da varie armi indicanti gli usi di quei tempi. Difatto conducendosi taluno nella lontananza di poche miglia da qui in S. Barbara, S. Otella, S. Lisio, S. Candido, S. Martino, S. Simeone, S. Angelo, S. Vittore, e quivi praticando qualche scavo, ne rimane convinto della verità. Questi poderi come da tutti conoscesi, vengono indicati col nome di un Santo, dacché anche su di essi erano stati sparsi gli apostolici sudori del nostro primo Vescovo S. Riccardo: avendo egli colla sua predicazione ridotti anche questi casali al culto della cristiana Religione. Ond’è che nel passaggio avvenuto in Andria sotto il Conte Pietro, quelli naturali volendo serbare l’antica divozione per essi ersero qui tante piccole Chiese dedicate a quell’istesso Protettore, di cui la terra abbandonata ne portava il nome. Tutto ciò presentemente vien contestato dal fatto; mentre esistono ancora in città alcune di quelle Chiesette, come di S. Cirieco, S. Simone, S. Angelo, S. Martino, S. Barbara, ed altre.
Dietro l’accesso di questi nuovi abitanti, il Conte Pietro occupò tutte le sue premure nella fortificazione di essa. Ridusse il piede della città in forma ovale, racchiudendovi il Casalino [1], il quale ancora va riconosciuto sotto questa indicazione. Fece costruire una barricata inespugnabile di mura, ed ante-mura di solida pietra: contenendo a date distanze dieci torrioni, ed altrettanti gironi: del che presentemente appaiono appena alcune reliquie; mentre la città si è da tutt’i punti molto dilatata. Andria così fortificata portò allora nel suo dintorno la periferia di un miglio; mentre oggi oltrepassa le tre miglia. Rimasero solo fuori di essa due borghi, i quali furono incapaci di essere considerati nel semicerchio, diramandosi come due braccia. Questi, consistenti in un mucchio di tanti casamenti, poggiavano nella valle di S. Lorenzo, e nel largo di S. Onofrio, che al presente va sotto il titolo di S. Sebastiano. A suo luogo li vedremo distrutti, perché sprovvisti di difesa.
Dopo di avere il conte Pietro I. così munita, e fortificata questa città, l’assegnò al suo secondogenito Riccardo, nominandolo suo Conte; riserbando Trani al suo primogenito Pietro II. il quale ne fu per breve tempo in possesso. Essendo egli oltremodo superbo, e volendo dominare da indipendente ebbe poi con suo scorno a soffrire la perdita della detta città. Di fatto Roberto Guiscardo, decorato dell’alto titolo di Duca [2], quello che coll’ajuto del fratello minore Ruggiero si era reso quasi il dominante d’Italia essendo ritornato in Melli dopo la conquista di Palermo, ivi venne salutato come Sovrano. Concorsero tutti i Baroni Normanni di Puglia, e di Calabria a congratularsi con lui per le strepitose vittorie riportate. Tra questi solo non comparve Pietro Secondo, del che doluto Roberto, ne prese sollecita vendetta. Cinse di assedio la città di Trani; dov’egli non potendo a lungo resistergli, fu costretto a rifuggire nella città di Andria; d’onde poteva bellamente presentare valida resistenza alle sue truppe, come in effetti praticò; e così dopo lungo tempo fu preso, ma a tradimento.
Conviene notare qui come quel Pietro che non aveva potuto resistere in Trani all’assedio di Roberto, valse poi a sostenerlo in Andria. Dunque questa allora prevaleva anche in faccia a Trani per le forze, e per le recenti fortificazioni. Su questo articolo vi trascrivo uno squarcio del Giannoni [3]: «Solamente Pietro figlio del Conte di Trani non volle mai rendergli quest’onore affettando questi un intera indipendenza, ed avea perciò rifiutato di dargli soccorso per la spedizione di Sicilia. Sdegnato perciò Roberto, lo condannò a rimettergli in sue mani la città di Trani, ed alcune altre terre, ch’erano sotto di lui; ma Pietro, opponendosi con intrepidezza, cagionò a sè medesimo la sua rovina, poiché Trani assediata, e ben presto presa, l’altre piazze di sua dipendenza, come Bisceglie, Quarato e Giovenazzo seguirono tosto l’esempio di Trani. Ritirossi pertanto Pietro in Andria [4], ov’egli poteva difendersi assai lungo tempo; ma avendo bisogno di viveri ed essendo uscito con una buona scorta per andare a cercarne dalla campagna, portò la sua disgrazia che nel ritorno fosse preso da’ soldati del Duca. Roberto veggendolo così depresso, usogli grand’indulgenza, poichè avendosi fatto prestare giuramento di fedeltà, gli restituì generosamente tutte le piazze, riserbandosi solamente Trani».
Questo istesso avvenimento in persona di Pietro II. viene descritto colla dolcezza del metro, anche da Guglielmo Pugliese [5]. Dimostra del pari come Pietro assediato in Trani dal Duca Roberto, costretto a cedergli la Piazza, cercò salvarsi dalle sue mani, fuggendo di soppiatto in Andria. Quivi si vide sicuro, attesa la inespugnabilità delle mura, le quali di fresco erano state erette per le provvide cure del suo genitore Pietro I. Sono sue parole:
Non audens (Petrus) armis contendere, moenibus Andri
Excipitur tutus: qui dum prodisset ab Andro,
Tranensi praedam deferre profectus ab Urbe.
Egreditur subito diffuso milite Campis
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Jnde Petrum capiunt, et se prius inficiatum
Praesentare Duci vel praesentare coactum;
Imposuit finem Ducis haec captura labori.
Sed tandem fidei jurando jure ligatus
Solvitur, et recipit quae perdidit omnia Petrus,
Liber abit, solo Trani privatus honore.
Il Conte poi di Andria Riccardo suo fratello minore [6] non sofferse molestia alcuna. È da supporsi che avesse saputo adattarsi ai tempi, rispettando il Duca Roberto. Su questo nostro Conte possiamo semplicemente affacciare due memorie. La prima [7] ci viene dal grande Archivio della Regia Camera di Napoli dove trovasi un processo [8] tra l’Abbate Annibale Mansorio, e l’Università di Genzano e suo Conte. In questo nel foglio 680. a ter. avvi un privilegio a favore de’ frati Bantini colla data del 1065. Si fa menzione in esso di Roberto Conte di Loratello, di Arrigo Signore di Giovinazzo e di Molfetta, di Goffredo Conte di Conversano, di Riccardo Conte di Andria , di Pietro Conte di Lesina, di Roberto Conte, e figlio di Guglielmo Conte di Vibone, i quali anche a persuasiva di Papa Alessandro II., e ad istanza degli Arcivescovi di Bari e di Acerenza e del Vescovo di Terracina accordavano al Monistero Bantino per rifarsi dalle sofferte perdite a motivo delle passate guerre poter girare pe’ luoghi de’ loro dominii; ed occorrendo anche a fabbricarvi delle Chiese. Questa concessione incomincia così — In præsentia, et de mandato Domini Ruberti magni Ducis etc. … concedentes ut Bantini Fratres amodo et semper potestatem habeant per universas nostras Dominationes ad suum libitum fabricandi Ecclesias etc. etc.
La seconda memoria ci viene da una colonna di marmo, avanzo del tumulo della di lui moglie la Contessa Emma, figlia di Gottifredo Conte di Conversano. Questa colonna fu scoperta nella Chiesa Cattedrale nel Gennaio del 1779. in occasione del toglimento dell’intonico da quel pilastrone, in faccia al quale fu appoggiata la bigoncia. In essa sulle prime si osserva una croce, e poi vi si leggono, come su di una Pergamena, questi quattro versi esametri:
                                +
Non timet aerumnam: talem tibi virgo columnam
Fabricat in Caelís: Gaude Comitissa fidelis.
Vir Tibi Ricchardus: tu Coniux nobilis Emma:
Ille velut nardus: tu sícut splendida Gemma.
                         1069
Venne la suddetta colonna strappata da quell’antico sito, e si lasciò, com’è nostro costume negletta in Chiesa; e propriamente sul pavimento al di sotto della Cantoria. Dopo un anno essendo venuto in Andria nel 1780. a visitare il Duca Riccardo l’Arcivescovo di Nazzaret Monsignor Mastrilli, uomo versatissimo in ogni genere di erudizione, e principalmente sulle antiche memorie, e nella numismatica, incominciò costui ad interloquire sulle antichità di Andria.
Il Duca volendo accarezzare il suo genio, gli disse essersi di fresco scoperta una colonna marmorea con alcuni versi, e con l’indicazione del 1069. E per maggiormente compiacerlo, mandò persona a rilevarla dalla Cattedrale, ed a condurla nel suo Palazzo Ducale, dove trovasi al presente. Questo eruditissimo Arcivescovo, dopo di averla di molto considerata, convenne con altri non meno eruditi Andriesi essere questa Emma la moglie di Riccardo Normanno Conte di Andria, e secondogenito del Conte Pietro I. di Trani, come del pari la Contessa Emma esser figlia del Conte di Conversano.
NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1] Consisteva questo Casalino in un aggregato di abitazioni discosto dalle altre.
[2] Costui fu il primo tra i Normanni a prendere questo titolo in Puglia.
[3] Gian. lib. X. pag. 73. Vol. 2.
[4] Stante allora sotto il dominio di suo fratello Riccardo.
[6] L' istesso Pugliese —
Donec provectus fraterna lege Richardus
Esset ad ætatem dominandi legibus aptam.
[7] Notizia attinta dal manoscritto del Prevosto Pastore.
[8] Questo Processo sta riposto nella Cam. I. sotto i tetti, Lit. 1. Scan. 4. n. 20.