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Storia della Città di Andria ...

di Riccardo D'Urso (1800 - 1845), Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 99-102

Libro Quinto

Capitolo IX.

Copia dell’ultimo Testamento del nostro Duca Francesco I. ne’ suoi termini Natii.
Anno 1420. [NdR]

«Testamentum in scriptis clausum, et sigillatum, ordinatum, et factum per me Franciscum de Baucio Ducem Andriae.
In primis perché l’istituzione dell’Erede è capo e principio di qualsivoglia Testamento senza la quale il testamento sarebbe nullo; per questo io predetto Francesco del Balzo Duca d’Andria instituisco, et faccio a me Erede universale, et particolare il Signor Guglielmo del Balzo mio figlio primogenito, legittimo, e naturale da me, e dalla Signora Sveva Orsino mia moglie sopra tutti, et qualsivoglia miei beni mobili, et stabili, burgensatici, feudali, titulari, maremme, Monti, presenti et futuri, oro, argento, danari, raccoglienze, animali, intrate, censi, ed altri qualsivogliano dovunque stanno situati, et posti in qualsivogliano consistentino, eccetto all’infrascritti legati, et Fideicommissi: escludendo, et eseredando dalla predetta Eredità mia, e successione il Magnifico Bianchino mio figlio, secondogenito, e dalla Signora Sveva Orsino Duchessa mia moglie, poiché esso non solo lo merita perché è uomo di mala vita, et pessima conversatione: et fra le altre conversationi, è, che ave praticato molte volte con Marcantonio Volpone forascito pubblico, et con tutta la sua comitiva: et più che ave praticato con giocatori, et propriamente con Cecco della Monica della città della Cava, che perdisse con esso due cento once d’oro. Et più nell’anno 1414. avei una infermità grandissima, et volendo io fare testamento, non volse, che a casa mia s’accostasse nulla sorte di Notari, ed ultimamente nella predetta infermità, che al presente mi trovo, ave procurato con astuti tradimenti avvelenarme, e farme morire innanti , che l’ora di Dio sia piaciuto, e per questo intendo che la sua Eredità sia un tarì al giorno et successione un tarì, per quanto li potesse spettare per legittima, e altro jure naturae. Qual tarì lo lascio jure institutionis, etc.
Item come fidele Christiano raccomando l’anima mia all’Onnipotente Dio Creatore, et prego la sua Maestà Divina che si degni raccoglierla nella gloria eterna, et voglio, comando, che se facciano l’esequie senza pompa alcuna, et con quattro torcie s’accompagna il corpo mio alla Chiesa Venerabile, et non più.
Item lascio, ordino, comando al mio Erede, che voglia dare ogni anno oncie trecento di moneta del presente Regno alla Signora Duchessa Sveva Orsino mia moglie carissima, per secondo il grande suo mantenerse, con patto d’abitare nel Palazzo Ducale con detto mio Erede, et di più comando a detto mio Erede che la tratta come si conviene majorem in modum nel vitto per essa, et tutta la sua Corte, Damicelle, Camerarie, serve, et servi et suoi creati, et non volendo Essa far vita con detto mio figlio, sia obbligato a darle altre duecento oncie d’oro per servizio di bocca sua, e sui, con abitazione in Andria, o in Napoli dove li pararà: et declaro che la dota di Essa Duchessa D. Sveva mia moglie fu oncie mille di moneta del Regno come per scrittura fatta per mano di Notar Antonio Cavallieri di Montescaglioso apparet.
Item lasso, ordino, comando a detto mio figlio, et Erede che abbia ad osservare l’infrascritti legati ad unguem in fra due anni e mancando, abbia da pagare in pena alla Chiesa di S. Chiara di Napoli oncie duemillia di moneta corrente, et più dopo detta pena, sia obbligato ad osservare essi legati etc.
Item lasso, ordino, comando da darse al magnifico Errico Gadaleto di Molfetta mio maggiordomo oncie due cento di danari, oltre la donazione fattale delle terre seu vignali dove si dice al Casale di S. Stefano, che in perpetuo abbia esso, et suoi eredi.
Item lasso oncie cinquanta pro una vice tantum a Polito Palmieri di Andria mio fidele Camerario, et più che abbia in casa mia il vitto quotidiano da par suo in vita sua.
Item lasso a Madama Polito della Bella oncie cinquanta pro una vice tantum per il gran governo in due mie infermità, ch’abbia l’abitazione, il vitto, et vestito in Casa mia da para sua in vita sua.
Item lasso oncie quaranta al Rev. Capitolo della maggior Chiesa Catt. pro una vice tantum, con patto ch’abbiano da dirmi per l’anima mia trecento messe quancitius, et devotamente.
Item lasso alla Cappella del santissimo Corpo di Christo della Madre Chiesa di questa Città oncie dieci pro una vice tantum con l’obbligo di farme dire messe trenta per l’anima mia.
Item lasso alla Cappella di S. Maria di Nazaret in Barletta oncie dodici per una messa una vice tantum.
Item lasso al Clero di S. Maria di Trimoggia oncie venti per cento messe pro una vice tantum.
Item lasso ai Cappellani Sacerdoti della Chiesa di S. Maria della Nunziata extra Moenia oncie quindici per una Messa Cantanda per l’anima mia pro una vice tantum.
Item lasso alli Monaci, Seu al Monastere di S. Agostino oncie sei per una messa pro una vice tantum.
Item lasso alla Cappella di S. Maria dell’Umiltà nella Chiesa de’ Padri Domenicani oncie sei pro una vice tantum.
Item lasso al monastere di S. Maria Vetera oncie sei pro una vice tantum.
Item lasso alli Frati di S. Francesco tumula quaranta di grano, venti tumula di fave, otto di lemicoli, et quattro botte di vino mero, et più li lasso il panno di tela d’oro velluto abbroccato, quale ave da servire pel’ altare maggiore della sua Chiesa in detta Città d’Andria, et questo pro una vice tantum.
Item lasso alla Chiesa di S. Maria di Porta Santa oncie otto per una messa Cantanda infra annum dal Spirituale Direttorio, et da passarse la complomentatione.
Item lasso al Spitale di S. Maria della Misericordia oncie venti pro una vice tantum, con ciò compra tante robbe di Zuccaro per quelli poveri, che vi vanno.
Item lasso a S. Maria de Majoribus oncie quattro pro una vice tantum.
Item lasso alla Cappella de’ Miraculi del nostro Protettore S. Riccardo lo pallio di broccato d’oro riccio, et Seta cremosina, quale abbia da servire nelle feste.
Item lasso al Spitale di detto S. Riccardo oncie dodici per riparazione della fabbrica, et altrettante dodici per fare tanti matarazzi, quali abbiano da servire per l’infermi, che andranno a detto Spitale, et che siano de buono: seu Terlezzo, et meglio di lano, che sia possibile avere. Et più che le siano dato sei some di Lino del meglio che viene da Baro, per fare tanti Lenzuole per li letti di detto Spitale pro una vice tantum.
Item lasso, ordino, et comando, che siano maritate venti Verginelle di questa Città d’Andria delle più bisognose, et a quelle darle oncie otto per una pro una vice tantum, acciò trovano buoni partiti secondo il grado loro, et che dette Verginelle abbiano nel sponzalizio una Veste di panno di fiorenza, che abbiano da dire dodici corone per una della Beata Vergine Maria per l’anima mia.
Item lasso, che siano fatte sei ferrajoli di panno Veneziano Nigro del più bello, che si trova a Baro et che detti sei ferrajoli siano dati ai sei Diaconi della Madre Chiesa, quali abbiano da pregare quando aggiuteranno alla Messa per l’anima mia.
Item lasso al Signor Emilio del Balzo Conte di Alessano il mio Cavallo, chiamato Frontebianco con la Sella, briglia, et tutti li suoi guarnamenti in oro, et stocco mio Veneziano con le fibbule d’oro. E più li lascio lo mio buccillino a tavoletto, perché mi è stato caro amico, et parente, et fedele nelle mie tribulationi.
Item lasso, ordino, e comando, che al Notaro che ave fatto questo mio Testamento siano dato oncie otto, quale Notaro Antonello Montagnone abbia da fare una copia autentica etc.
Item lasso al Padre Fra Antonio de Jodice di Nola abitante nel Monastere della Città d’Andria mio confessore, che le sia fatto un vestito ipso facto con il suo ferrajolo: di più le dono dalla mia libraria tutta l’opera di S. Agostino, e la Storia di Concelj.
Tandem creo, et istituisco esegui tori del presente mio Testamento il Signor Gabriele del Balzo Orsino mio carissimo parente, il Padre Antonio de Jodice di Nola predetto mio Confessore, con il Magnifico Errico Gadaleto mio Maggiordomo etc.
Francesco Duca d’Andria confirmo ut Supra
Die vigesima tertia mensis Aprilis millesimi quadringentesimi vigesimi, juxta annum Andriae, Regnante Serenissima Anno II. indictione Septima, ad preces nobis et factas pro parte Illustrissimi Domini Domini Francisci de Baucio Ducis Andriae personaliler accessimus ad quasdam Domos Magnas ipsius Domini Ducis, sitas intus hanc Civitatem Andriae, et proprie in Domo Ducali etc. Et dum ibidem essemus, et proprie in quadam Camera dictae Domus invenimus Dictum Dominum Ducem in lecto jacentem, infirmum corpore, sanum tamen mente, et in recta sua locutatione gnenta existentem, qui considerans Quod nihil est certius morte, et nihil incertius hora mortis vuolens propterea providere , etc.»

NOTA [non del D'Urso ma del Redattore di questa pagina]

[NdR] Il Merra nelle sue "Monografie Andriesi" alle pagine 14-15 del Vol. II scrive "... Testamento di Francesco I del Balzo, Duca di Andria, rogato nel di 23 aprile 1420, il quale benchè sia evidentemente falso nella sostanza, mentre il detto Duca nel 1398 era già morto ...". E in nota giustifica l'impossibilità che tale testamento sia autentico facendo riferimento ai dati presenti nella bolla Pontificia che autorizzava la costruzione della Chiesa di Santa Maria dell'Umiltà (San Domenico) con l'annesso convento dei Frati dell'Ordine dei Predicatori (Domenicani). In tale documento del 25 Marzo 1398 si parla di Sveva Orsini vedova di Francesco I Del Balzo "Nobilis mulieris Suevae de Orsinis relictae quondam Francisci de Bauzio Ducis Andrensis ... Datum Romae apud S. Petrum VIII Kal. Aprilis, Pontificatus Nostri Anno Nono (25 Martii 1398)".
Il Merra dichiara Francesco I del Barzo già morto nel 1398, in quanto traduce "relictae" come "vedova". Tenendo presente che il Del Balzo trascorreva gran parte del suo tempo lontano da Andria, a Napoli, ad Avignone, in Provenza, e che di lui non c'è altra documentazione dopo il 1381, quando sposa Sveva Orsini, l'attributo "relictae" scritto nella Bolla citata potrebbe avere una traduzione letterale di "lasciata sola", considerando, sia che in latino esiste un termine ben preciso per "vedova" e cioè "vidua", sia infine che alcuni autori, forse proprio per mancanza di documenti, danno Francesco I del Balzo morto dopo il 1420 (tranne Scipione Ammirato nel 1404 in "Delle famiglie nobili napoletane", Vol.II, 1651, p.243, dove cita per la notizia Angelo Filippo Crassullo [ma questi, da un mio controllo, nella sua cronaca non dice nulla in merito!]), altri nel 1422, ed in luogo non precisato; nessuno storico comunque (a parte il Merra) lo dà morto prima del 1420-1422.
Di contro, tuttavia, si rileva che nei documenti del tempo è usata la parola "relicta" per dire "vedova". Ad esempio, in un documento del Regno di Napoli del 30 novembre 1496 (Una cedola di Tesoreria, Reg 151, fol.196) si afferma che "La Dª Giovanna d’Aragona «relicta del Re don Ferrante primo de immortal memoria», dona al Re [Alfonso II d’Aragona] 2000 d[ucati] a causa della concessione, che S. M. le ha fatta della terra di Torino nella provincia del Principato Ultra, «secondo lo privilegio expedito in Regiis felicibus castris in obsidione Cayete, et fo a li 3 del presente» [tratto da p.29 “Arch. Stor. per le Prov. Napol., Anno X-Fasc.I, 1885.”].
Si consideri intanto che nel testamento Francesco I del Balzo nomina anche la cappella di S. Maria dell'Umiltà esistente in S. Domenico; scrive "Item lasso alla Cappella di S. Maria dell’Umiltà nella Chiesa de’ Padri Domenicani oncie sei pro una vice tantum.", cosa che non avrebbe potuto dichiarare se egli fosse già morto nel 1398, in quanto la Chiesa e relative cappelle furono edificate posteriormente a tale data di fondazione. [insomma, o il testamento è falso, o il Duca non era già morto nel 1398, ma dové morire dopo gli anni necessari alla costruzione della chiesa con le relative cappelle]
Si tenga infine presente che anche il nostro storico locale Giovanni Pastore (1715-1806) nel suo manoscritto " Origine, erezione e stato della Colleggiata Parrocchial Chiesa di S. Nicola della Città di Andria", f.15v., nonostante conosca e citi la bolla papale del 1398, pone la morte del Duca nel 1420 e nomina tale testamento del 20 aprile; scrive: "nell'anno appresso 1420 pur anche il Duca Francesco terminò la sua vita, avendo fatto l'ultimo suo testamento nel dì 20 Aprile del medes.o anno".