La Terra di Bari nel 1601, di S. Mazzella

Contenuto

La situazione socio-economica in Terra di Bari (ed Andria)
a fine Cinquecento

Premessa

Dal sotto citato testo di fine Cinquecento di Scipione Mazzella si trascrivono stralci della descrizione della Terra di Bari nel Regno di Napoli, in alcuni passi (evidenziati in grassetto) con particolare riferimento alla Città di Andria, in quanto fornisce utili informazioni su:

  1. la situazione socio-economica ed agricola del nostro territorio nel Cinquecento,
  2. il numero degli abitanti residenti in ogni città a quel tempo, numerati per famiglie-fuochi, donde si può risalire al numero delle persone totali moltiplicando per un fattore medio di sei per famiglia, (come suggerito dallo storico Giuseppe Ceci nei suoi " Cenni storici sulla topografia e la popolazione di Andria" del 1911), tenendo presente che il numero dei fuochi dichiarati era inferiore a quello reale per pagare meno tasse alla Corona; in Andria pertanto, poiché a fine Cinquecento sono dichiarati 2191 fuochi, a 6 componenti per famiglia, danno circa 13150 abitanti. Infatti mons. Luca Antonio Resta nella relazione sullo Stato della Chiesa di Andria del 1590 e allegata alla sua visita ad limina, afferma che i fuochi reali erano 4000 per un totale di 13000 anime ("habensq[ue] focularia fore quatuor millia quae faciunt numeri animarum 13000m.").
  3. alcune gabelle esistenti in quel periodo, con particolare attenzione
    - al fatto che Andria rientrava nelle Terre franche,
    - alla Dogana delle pecore, importantissima nella Puglia e in particolare nei nostri pascoli collinari.

Si osservi inoltre che non si nomina alcun Castello nel territorio di Andria perché a quel tempo non ve n'erano che avessero esplicita funzione di protezione e difesa; Castel del Monte era da poco diventata una residenza di svago dei Carafa e in Città probabilmente non v'era altro che un semplice fortilizio a Porta del Castello, mentre presso la Cattedrale si stava trasformando il Palazzo già dei Del Balzo nel sontuoso Palazzo Carafa.

Prima del testo si inserisce la contemporanea e pregevole carta realizzata prima del 1594 da Gerardus Mercator, carta che abbraccia “Puglia piana, Terra di Barri, Terra di Otranto, Calabria, et Basilicata”, inserita tra le pp. 313-314 del volume “ Atlas, sive Cosmographicæ meditationes de fabrica mundi et fabricati figura”, Editio secunda qua et ampliores descriptiones et novae tabulæ geographicæ accesserunt, Amsterodami, sumptibus & typis Judoci Hondii, 1609; il volume è pubblicato da “bibliothèque numérique - Médiathèque des Gaves”, donde è stata estratta la sottostante carta.

Puglia piana, Terra di Bari, ... di G. Mercatore
[Puglia piana, Terra di Bari, d'Otranto, Calabria e Basilicata - di G. Mercatore (1512-1594), dalla 2ª edizione del 1609]


dalla “Descrittione del Regno di Napoli”

del Signore Scipione Mazzella Napolitano
(vissuto a cavallo tra il Cinquecento ed il Seicento)

copertina

(stralcio)

TERRA DI BARI
ottava provincia del regno di Napoli

La fertile Provincia di Terra di Bari, fu da gli antichi chiamata Apulia Pucetia, da Pucetio fratello di Enotrio, e figliuolo di Licaone, che con molti compagni partitosi di Grecia ne gli anni 375. avanti la guerra di Troia, si fermò in questo luogo, i quali popoli furono detti hora Pucetii, & hora Pedicoli, e furono i primi huomini mandati fuora di Grecia ad habitare altrove.

Furono etiandio nominati detti popoli, che habitarono fra il territorio di Taranto, Brindisi, & il fiume Aufido, Etoli da Etolia di Grecia, i popoli della quale vennero in questi luoghi ad habitare, come scrivono alcuni, e scacciati da quindi i Pediculi vi rimasero essi.

Che cosa fussero questi Pedicoli, lo narra Strabone nel 6. lib. e Plinio nel 3. e dicono, che furono nove giovanetti, & altrettante donzelle, che dall’Illirio quivi passarono, e vi abitarono, de i quali ne uscirono tredici popoli, & acciò più commodamente vi potessero dimorare fecero molte castella, e furono chiamati Pediculi, quasi putti, ò vero fanciulli.

Chiamasi hora Terra di Bari dalla città di Bari, detta anticamente Iapigia, & Baretum capo d’essa Provintia, nella qual città in un superbo tempio con grandissima riverenza si conserva il pretioso corpo di S. Nicolò, già Vescovo di Licia, dal quale di continuo scaturisce un liquore da cittadini detto Manna, ch’è cosa di gran maraviglia, e i sacerdoti che n’han cura, soglion dispensare a quei, che vi vengono delle guastadette piene di manna. È servito detto tempio da cento Preti beneficiati.

Erano i termini di questa Provincia fra terra, secondo Strabone, e Plinio dal territorio di Taranto, e di Brindesi per lunghezza infino al fiume Fortoro di là dal monte Gargano, e verso mare dell’Adriatico, overo Ionio (secondo Tolomeo) fino a i Lucani, a gli Irpini e a’ Sanniti, e così per li già detti termini, ha dal Mezzogiorno i Salentini, i Lucani, & Irpini, dal Settentrione il seno Ionio, e l’Adriatico, dall’Occidente il fiume Fortoro, termine de i Caraceni, e Ferrentani, hora Abruzzo.

La fertilità, e bontà di questa Provincia è molto grande, percioche produce grano, vino, olio, orzo, fave, ceci, anasi, comino, coriandoli, zafferano e bombace.

Sonovi gran selve di mandoli, e di olivi molto ordinatamente disposti, e di tanta altezza, che par, che la natura l’abbia prodotti per maraviglia de gli huomini. E per abbreviarla, è tanta differenza da questi alberi, a quelli che nascono altrove, quanta n’è fra gli olivi selvatichi, a i domestichi, e così della grossezza de i tronchi, come dell’altezza, e dispositione de i rami, onde gli antichi dissero questi esser dedicati a Minerva, & anco favoleggiarono, che in questi luoghi s’appiccasse Filide Ninfa, & è non meno abondante d’aranci, di limoni, e d’altri simili alberi fruttiferi tanto per il bisogno de’ mortali, quanto per il piacere, & ha bellissime caccie, così d’uccelli, come di fiere. Il suo mare è di buonissimi pesci abondante, l’aria v’è molto benigna, e temperata, ma non così vi sono l’acque, percioche son grosse, e salse.

Sonovi in ripa al mare l'infrascritte città, e terre, Barletta, da moderni Latini Barolum detto, terra molto nobile, ricca, e piena di popolo fatto da gli habitatori di Canusio, ma aggrandito dall'Imperadore Federico II. Nel mezzo della piazza di questa nobilissima terra è una grande Statua di metallo di diece braccia alta dell'Imperator Federico, benche i Barlettani dicono, che sia l'effigie d'Eraclio Imperadore, nondimeno la prima opinione è più vera. Evi anco un fortissimo castello, che s'annovera fra i quattro tanto celebrati in Italia.

Segue appresso la bella città di Trani, detta da Plinio Trinium, edificata da Tirreno figliuolo di Diomede, e ristorata dall'Imperador Traiano.

Trovasi appresso Molfetta città molto civile, che con titolo di Principato è posseduta dal Sig. Don Ferrante Gonzaga grã Giustitiero in questo Regno. Diede nome a questa città Nicolò cognominato da Giovenazzo compagno di S. Domenico, al quale fu rivelato il modo di trasferire le sante ossa di quello, come si legge nel libro de gli huomini illustri dell'Ordine de' Predicatori,
camminando si trova Mola, Santo Vito, Polignano, Santo Stefano, e Villanova.

Dentro terra poi si trovano queste città, Monopoli edificata dalle ruine d'Egnatia, alla qual città hanno dato gran fama Bartolomeo Sibilla dell'Ordine de' Predicatori eccellente Filosofo, e Teologo, e Camillo Querno Arcipoeta, il quale fiorì ne' tempi di Leone papa, Ostuno, Ceglie, Conversano, Gioia, Rotigliano, Altamura, Acquaviva, Cassano, Monorvino, Modugno, Terlizzi, Rutigliano, Quarato, Pulignano, e Biseglia, detta anticamente Vigile, città nobile e mercantile, nella quale furono ritrovati i corpi di S. Mauro Vescovo, di Sergio, e di Panteleone martiri di Cristo, essendo rivelati a Francesco del Balzo d'Andri Signore di questa città, i quali fece con grande honore riporre in honoratissima sepoltura, da i quali continuamente esce il pretioso liquore detto manna.

Segue poi Bitetto, Ruvo, e Gravina città grande, bella, e civile, la quale con titolo di Duca è posseduta ad antico dalla Illustrissima famiglia Orsina, Don Antonio Orsino è il Duca d'hoggi ancora gioveve, il quale si spera, che habbia da imitare gli honorati vestigi del Duca Ferrante suo padre e di felice memoria.

È detta Gravina granaio di Puglia, per la inestimabil quantità di grano, che si fa nel suo territorio, & è notabile in essa la dimora, che ogni state vi fanno le Cicogne, dalle quali il paese sente nõ picciolo benefitio per l'uccisione delle serpi, che ve ne nascono assai, e le Cicogne se ne cibano; onde non è da tacere il modo tenuto da questo uccello, in uccidere quel velenoso animale, come narrano quei del paese,che a tutte l'hore lo veggono.
Ha la Cicogna un becco lunghissimo, grosso, & acuto in punta, e servendosi per burchiero d'una dell'ale, che ha grandissime, fra le grosse penne di quella caccia di volta in volta il becco, col quale accompagnato dalla lunghezza del collo, dà di fiere punture al nemico, finche l'uccide, e di poi presolo in bocca lo porta al nido, il che si vede spesso nel passare a volo da quei della città. Et è da notare, che in così fatta pugna nons'è mai veduto, che una Cicogna sia stata dalla serpe uccisa, onde quei Duchi hanno sempre osservato di metter bando penale a chi uccidesse una Cicogna, e quindi è che vi stanno domesticamente.
Fa per arme Gravina alquante spiche di grano, e rappi d'uva per accennare quanto il suo territorio di questi dui frutti sia abbondante, cioè di grano, e di vino, onde alcuni credono, ch'ella traesse il nome

In questa Provintia è Bitõto, così detto, quasi bonum totum, ella è ricca, e popolosa città; il suo territorio è molto fertile, percioche produce oltre il vino,l'olio, & il grano, mendole, & aranci, e limoni in gran quantità.
Fù Marchese di Bitonto Giulio Acquaviva Duca d'Atri. Illustrano questa patria Antonio Teologo famoso Predicatore, e Mariano parimente Teologo di gran nome ne' suoi tempi. Alla medesima città l'accrebbe fama ancora Cornelio Musso Vescovo, e Predicatore stupendissimo, & incomparabile, le cui opere sono note a tutti.

stemma Terra di Bari
[stemma stampato a pag. 211]

Evvi Andri nobile, e bella città, e così Canosa vicina all’antica Canne, dove Maherbale Capitano de cavalli disse ad Annibale, Vincere scis Annibal, sed victoria uti nescis, per cagione che havuta la vittoria di Canne, non andò subito in Roma, come fu consigliato.

In questa regione nascono gran moltitudine di Tarantole, che i Latini chiamano Phalangi, che sono certi animalucci non punto dissimili da i Ragni, che spesso mordendo avelenano di maniera, che gli avelenati non possono guarire, se non con suoni, balli, canti, e colori, e senza essi, s’è osservato, che muoiono.

Sono al generale gli huomini di questa Provintia di gran cuore, e pronti a terminar la guerra, ma però facili a piegarsi, e deboli contra le aversità, perilche è per proverbio, che essi nel principio della battaglia sono più che huomini, ma nel fine manco di donne, hanno per il più del colore olivastro, sono di statura alti, nel trattare amorevoli, e sopportano volentieri la fatica, s’astengono mirabilmente dal rubare, nel patteggiare, e ne i contratti vanno assai alla buona, e rarissime volte litigano, le donne sono belle amorevoli, e complite.

Hanno creduto alcuni, che per non essere ferro in questo paese, pochi ne’ tempi antichi usassero di portar spade, ma solo una picca con un picciolo ferro in punta, della quale si servivano combattendo, ò essendo alle strette co’ nemici, ò alquanto discosti le genti da più tiravano dardi, & altre armi, che si lanciano, andavano alla zuffa coverti solamente d’una sola veste, havevano gli scudi dipinti di bellissimi e varij colori, e pochi usavano maglie: ma hoggi è d’altra maniera, percioche non ‘è fanciullo, che non sappia di schioppetta tirar di mira, e quasi tutti sono nella militia essercitati.

Fa per insegna questa Regione un campo angolare, in mezo del quale è un bastone Vescovale d’oro posto in campo azurro, tutto l’avanzo del campo dalle bande è d’argento. Questa insegna credo, che per gli angoli dinoti i suoi confini, che la divideno dall’altre Provintie, e per il bastone Vescovale, si potria dire, che dinotasse la divotione di San Nicolò, e tanto più ciò crederia, quanto che detto Santo Corpo stà nella principal città di tutta la Provintia.

… … …

Nomi delle Città, Terre e Castella della Provintia
in Terra di Bari

Con la nota de’ fuochi, che ciascuna di esse fa, e delle terre di dominio, che vi sono,
e dell’impositioni, che alla Regia Corte pagano.

Città fuochi città fuochi
Acquaviva 1022 Gravina 2874
Altamura 2121 Loco retundo 308
Andria 2191 Losito 93
Bari 2165 Monopoli 1786
Barletta 2573 Molfetta 1124
Binetta 189 Modugno 1071
Bitonto 1941 Mola 770
Bitetto 589 Montrone 40
Bitritto 216 Monorvino 553
Bisegli, overo Viseglia 1272 Noia 569
Casamassima 449 Nuci 688
Casa bonara 126 Palo 731
Cannito 109 Pugliano 744
Capurso 395 Putignano 956
Canosa 289 Quarata 1084
Cassano 537 Ruvo 1026
Castellano 315 Rutigliano 858
Casal della Trinità 65 Santo Nicandro 269
Ceglie 243 Sant'Eramo 239
Cella mare 115 Trani 1011
Cesternino 543 Terlizzi 729
Conversano 1043 Triggiano 253
Fasciano 356 Turitto 217
Gioia 477 Turi 327
Giovenazzo 587 Valensano 283
Grumo 351 Viseglia, overo Bisegli 1272
Città, e Terre di Dominio, cioè Regie, che sono nella presente Provintia
Bari 2165 Bitonto 1941
Barletta 2573  

Imposizioni, che paga ciascun fuoco di questa Provintia alla Regia Corte.

  1. - Paga l’ordinario, & estraordinario a ragione di carlini quindici, e grano uno a fuoco, e si paga per terzo [“cioè ogni quattro mesi la sua rata.  ... levate l'Università franche, quale che dell'infrascritte altre imposizioni non pagano cosa alcuna” (pag. 333)].
  2. - Paga le grana quarantotto per la fanteria Spagnuola, e questa impositione si paga à mese.
  3. - Paga le grana dicisette per la gente d’arme, e detto pagamento si paga per terzo.
  4. - Paga le grana nove per l’acconcio delle strade, e si paga per terzo.
  5. - Paga le grana due e mezo, e due terzi di cavallo per lo Barricello di Campagna, e si paga à mese.
  6. - Paga le grana due e mezo, e due terzi di cavallo per lo mancamento dell’ordinario delle grana quarantotto, e si paga per terzo.
  7. - Paga le grana sette e cavallo uno per la guardia delle Torri, e si paga à mese.

Castella, e Torri
che guardano la presente Provintia di Terra di Bari

In Bari, lo Castello di Bari.
in Barletta, lo Castello di Barletta.
in Trani, lo Castello di Trani.
in Monopoli, lo Castello di Monopoli.

Torre di Lofanto in territorio di Barletta.
Torre di Salina in territorio di Barletta.
Torre di Pietra in territorio di Barletta.
Torre di Carnosa in territorio di Bari.
Torre di Galdorino in territorio di Molfetta.
Torre di Anazo in territorio di Monopoli.
Torre di S. Giorgio in territorio di Monopoli.
Torre di Cintolo in territorio di Monopoli.
Torre di Pezzulo in territorio di Monopoli.
Torre di Ancina in territorio di Monopoli.
Torre di Lama in territorio di Biseglia.
Torre di Rampagnone in territorio di Polignano.
Torre di San Vito in territorio di Polignano.
Torre della Pecosa in territorio di Noia.
Torre di fiume di Canna in territorio di Fasciano.
Torre di Santo Spirito in territorio di Bitonto.

… … …

Terre Franche … in Terra di Bari

Andria, Fasciano, Putignano. [a pag. 320]

… … …

Entrate che la Corona tiene
nel felicissimo, e nobilissimo Regno di Napoli

… … …

La Dovana delle pecore di Puglia, ch’è una delle principali entrate che habbia il Rè in Regno, la quale consiste ne gli herbaggi, che la Regia Corte per mezo del suo Regio Dovaniero affitta, ogn’anno à i Massari per pascolar le pecore, e gli animali grossi, d’alcune fide hà ducati 13. carlini 8. per centinaio di pecore, d’alcune 12. d’alcune 10. e mezo, d’alcune 6. d’alcune 3. e d’alcune carlini 15. per il centinaio e d’alcune scudi 12 il migliaio.
Ma delli animali grossi n’hà d’alcune fide ducati trentasette e mezo per il centinaio, d’altre ventudue e mezo, e d’altri ducati 18. e tre quarti.

Però il Dovaniero satisfà à i padroni degli herbaggi, secondo la bontà, e qualità d’essi pascoli, come meglio si può convenire. si che nell’anno 1592. furono nell’assignamento di detta Dovana quatro milioni, quattrocento settant’uno mila, e quattrocento novanta sei pecore, e d’animali grossi nove mila, e sei cento. Delle quali pecore & animali grossi n’ebbe di pagamento la Regia Corte ducati seicento vintidue mila, e cento settanta tre, e carlini sette, dalla qual summa, levato i ducati 380492. carlini cinque, e grana due, per li pagamenti degli herbaggi fatti à diverse particolari persone, con le limosine fatte à poveri, & altre spese, restarono per la Regia Corte ducati 241264. carlini quattro, e grana cinque e un terzo di grano, la qual summa di danari fu portata alla Regia general Tesororia.

Questo tal pagamento di Dovana, è stato antichissimo, imperoche al tempo de’ Romani similmente si pagava, così come si cava da Varrone, e da altri antichi scrittori. E come habbiamo detto al suo luogo, essendo il Regno da diverse nationi assalito fu per causa delle lunghe guerre rovinata la Dovana infin’ che vi venne il glorioso, e magnanimo Alfonso d’Aragona primo di questo nome Re di Napoli, il quale di nuovo nel 1447. con buonissimi ordini la instituì, e fe Commissario Francesco Maluber per la riformatione d’essa.

Nell’anno 1501. havendo Lodovico XII. Re di Francia, diviso con Re Ferdinando Catolico il Regno & essendo tocca al Re Don Ferdinando la Puglia, e la Calavria, creò Dovaniero delle pecore Federico Minadois Napolitano, il quale riscuosse per causa degli affitti degli herbaggi ducati ottanta tre mila, ducento ottanta. Il Francese, che vide così bella rendita assaltò la Dovana, dicendo, che à lui s’apparteneva, per le quali discordie doppo lunghe guerre, furono i Francesi in tutto dal regno discacciati. Lasciando a gli altri per ammaestramento, che chi ogni cosa vuole abbracciare, niuna ne conseguisce.

[Segue la descrizione di numerose altre gabelle] … … … [e infine]

Hà di più in questo Regno Sua Maestà 24. Chiese Cattedrali, le quali rendono più di cinquantamila scudi l'anno
Ci hà etiandio le provisioni di molte Abbatie, che sono antichi padronati del Regno, le quali rendeno da diece mila scudi l'anno.

Talche la summa dell'entrata, che n'hà hoggi il Re da tutto il Regno sono (senza il donativo) due milioni, novecento novanta sei mila, nove cento trenta sette ducati, carlini 7, e grana quattro.

… … …

 [testo tratto da “Descrittione del Regno di Napoli, nella quale s’ha piena contezza …”, di Scipione Mazzella Napolitano, in Napoli, ad istanza di Gio. Battista Cappello, 1597-1601, pp. 205-214, 335-336, 341]