Barbangelo: Università di Andria, 1550

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da "L'Università di Andria"
tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo

di Pasquale Barbangelo
(stralcio da: parte prima, par.2.)

L'usurpato diritto di subelezione e la sua origine    [anno 1550]


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R[iccardo] O[nofrio] Spagnoletti fa risalire quest'abuso - o, per meglio dire, sopruso - al secolo XVI; e sostiene di aver potuto rintracciare una copia del documento, su cui esso si pretendeva fondato, nell'Archivio di Stato di Napoli nel secolo XVIII.
G[iuseppe] Ceci lo riporta in un suo manoscritto con la denominazione «Estratto dagli Statuti di Andria a' 19 Aprile 1779 da Francesco Paolo de Ferdinando, Cancelliere dell'Università di Andria, autenticato dal Notaio Antonio Musci di Bisceglie»; successivamente annota: «Archivio di Stato di Napoli – Commissione Feudale – vol. 667 – Proc. N.ro 3701 - fol. 48».
L'«estratto», evidentemente presentato dall'«Illustre Possessore» di Andria nella controversia con gli «zelanti cittadini» sul diritto di subelezione e conferma, consta di due distinti documenti, il cui testo trascrivo in nota per comodità del lettore (14).
Il primo è lo Statuto Civico «de recolenda memoria» dell'Università di Andria, riformato da Consalvo Fernandez de Cordova, III Duca di Sessa di Andria, su cui i Carafa fondavano il preteso diritto di subelezione e conferma.
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L'intervento subdolo ed usurpatore di Consalvo Fernandez de Cordova trova ... il suo irrefrenabile riscontro nelle nuove e macchinose norme imposte all'Università e ai cittadini della nostra città sul modo di eleggere gli amministratori municipali. Per tradizione, giunta fino a lui inalterata, questi venivano eletti dai rappresentanti di entrambi i ceti, dei nobili e del popolo, direttamente e «a voce». Nessun intervento o condizionamento «esterno» era possibile.
Quando il feudatario spagnuolo venne in Andria per rendersi conto di persona se la città fosse stata e fosse ben governata, conobbe «fra le altre cose il modo dell'eligere e creare lo Consiglio particolare ed universale, Sindaco, Banco, Camerlingo ed altri Ufficiali dell'Università» e avvertì che questa, nella sua funzione di «intermediaria tra il potere regio e il popolo» non gli lasciava spazio bastante per soddisfare la sua ingordigia.
Eccolo allora accampare falsi pretesti e, «conosciuto per esperienza che molti sono abusi al creare dei detti officiali» e che «quelle cose concernenti lo beneficio pubblico non si determinano per voti liberi», «per togliere ogni abusiva concessione», decidere di servirsi di un «marchingegno elettorale»: una trappola in cui è convinto che l'Università cadrà per ingenuità o si lascerà serrare, anche per supina acquiscenza. Per ciascuna carica, infatti — Sindaco, Banco, Camerlengo — gli «otto ordinati», gli altri «Ufficiali», il Sindaco dell'anno e i membri dei due «consigli», riuniti in seduta plenaria, proporranno uno o più nominativi; quindi, formatane una lista, «con paliotte segrete se pallotteranno per ordine» e, fra i primi quattro maggiormente suffragati, se n'estrarranno a sorte tre.
La scelta definitiva di uno fra i tre, invece, spetterà a lui, il Duca, o al suo Governatore Generale, qualora egli fosse lontano dal Regno. Uso delle «pallotte» e sorteggio: queste le innovazioni del Cordova, che gli consentivano di intervenire in maniera determinante nell'elezione degli amministratori civici: l'Università era in tal modo completamente in sua balia e priva di qualsiasi autonomia amministrativa.
Ma la reazione dei governanti andriesi non si fece attendere e si manifestò, sia pur cautamente, in forma di dubbi e di perplessità che celavano il sospetto, del resto fondato, che il Barone spagnuolo avesse alterato irreparabilmente lo statuto municipale e li avesse resi mancipi del suo dispotico volere.
Lo si desume dalla lettura del secondo documento dell'«estratto», in cui il Cordova assicura i «Magnifici Governatori e Giudice, presenti et successive futuri della nostra Città» di non aver apportato alcun mutamento alle «istruzioni» di Federico d'Aragona sull'elezione «degli Ufficiali dell'Università». Lo statuto civico è rimasto inalterato, dal momento che il suo è stato solo un emendamento formale, apportato giusto «per togliere le impressioni e passioni» ed eliminare «i disordini ed altri inconvenienti» che turbavano il tranquillo e ordinato vivere dei cittadini. Comunque, si esegua quanto è stato ordinato.
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Il congegno che regola la loro vita, pubblica e privata, economica e sociale, è ormai al sicuro nelle sue mani, pronto all'uso: è il «diritto di subelezione e conferma», espressione dello strapotere baronale, un vero castigo di Dio per le infelici popolazioni su cui esso verrà esercitato.

A mio avviso, non vi sono sufficienti ragioni per revocare in dubbio l'autenticità dei documenti dell'«estratto». Qualche perplessità, invece sorge sulla loro datazione.
In calce al primo si legge: «Datum in praedicta Civitate (= Andria) die XX mensis Ianuarii». Manca l'anno: «forse il tempo l'ha reso illegibile» — annota il Ceci.
Il secondo vi reca scritto: Datum in civitate Manfredoniae die XXVII mensis Ianuarii 1530.
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Se è vero, come sostiene il Nicolini, che il nipote del Gran Capitano, tornato in Spagna nel 1526 — dopo la morte del padre — non pose piede in Italia prima del 1548 e che nel 1549 si trovava nel Vicereame, al seguito del principe Filippo in viaggio per i suoi futuri possedimenti imperiali; è possibile datare i due documenti: il primo, reintegrato, recherebbe la data del 20 Gennaio 1550, il secondo, corretto, quella del 27 Gennaio 1550. Del resto, questa mia rimane sempre una congettura.

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[da “L'Università di Andria" tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo”, di P.Barbangelo, tip. Guglielmi, 1978, pagg.15,19, 121-123]

(14) «Conferiti qua personalmente per riconoscere questa nostra Città di Andria sia stata e sia ben governata ed informati fra le altre cose del modo dell'eligere e creare lo Consiglio particolare ed universale, Sindaco, Banco, Camerlingo ed altri Ufficiali della Università predetta et visti li Capituli espediti olim per lo Serenissimo Re Federico, Duca di questa Città nell'anno 1489 e conosciuti per esperienza che molti sono abusi al creare dei detti Officiali, quelle cose concernenti lo beneficio pubblico non si determinano per voti liberi.
Per togliere ogni abusiva concessione e passioni volemo che si osservino le seguenti istruzioni et ordini spediti dal Serenissimo Re ed anche concessi per li nostri predecessori de recolenda memoria iuxta loro continentia e tenore eccetto in quello che per noi sarà specialmente provisto per evitare lo disordine et altri inconvenienti così come appresso si conterrà.
In primis volemo e comandiamo che lo Consiglio ordinario de detta Città debba essere de otto, ultra il Sindaco e lo Consiglio Generale de dodici altri aggiunti della condizione e qualità che in dette istruzioni si contiene per essere così dall'ora (sic) in qua osservato et de presenti sono osservate. Però volemo che l'elezione delli predetti si faccia in lo modo infra-scripto per evitare ogni grande suspicione e passione. Che al fine del mese di Giugno di ciaschedun anno li otto del Consiglio ordinario con lo Sindaco di quell'anno debblano di comune volontà o della maggior parte eligere li dodici altri del Consiglio Universale della condizione e qualità che in dette istruzioni si contiene e, congregati che siano si debba proponere la creazione del nuovo Sindaco o nuovo Consiglio ed altri Ufficiali per l'anno seguente, che cominceranno ad esercitare l'ufficio dal 1. Settembre prossimo e seduti tutti attorno con una tavola in mezzo abbiano da creare lo magnifico Governatore, lo scrittore dell'Università e due altri delli Congregati, e cominciando il Sindaco uno o più che li pareranno atti per Sindaco dei Gentiluomini di quell'anno che toccherà ad essi e così dei cittadini quando toccherà al popolo e similmente li altri congregati potranno nominar altri che voleranno per Sindaco, e detti nominati si scriveranno in una lista per mano dello scrivente della Università, e con pallotte segrete se pallotteranno per ordine uno per uno, e pigliandone quattro di quelli che averanno più voci se ne annoteranno in quattro cartelle, delle quali a sorte se ne caveranno tre e quelli tre si porranno in lista per mandarli a noi, se saremo in Regno, ovvero all'illustre Governatore Generale dei nostri Stati in Napoli, a (e?) tale se ne elegga uno, quale sarrà (sic) Sindaco per quell'anno; e lo medesimo ordine si avverrà di osservarsi in cercar del Banco e del Camerlengo, degli otto ordinati e di tutti gli altri Ufficiali dell'Università.
Item per levare ogni confusione volemo e comandiamo, che un anno lo Sindaco sia delli Nobili e l'altro sia dei cittadini, come anco lo Banco e Camerlingo un anno cittadino e l'altro gentiluomo; e nel-l'anno che lo Sindaco sarà del popolo, Banco e Mastrogiurato siano gentiluomini.
Expeditae fuerunt presentes Ordinationes et Capitula per prestantissimunn et illustrissimum Consalvum Fernandez de Corduba Ducenn Suessae, Terrae Novae, Andriae, Marchionem Busanti, Comitem ecc. prout in fine uniuscuiusque Capituli continetur, mandante propterea universis et singulis eius officialibus, maioribus et minoribus, quocunnque nomine nuncupatis et signanter Gubernatori Generali Status Apuliae et dictae Civitatis Andriae ad quos seu ad quem spectabit et praesentes ordinationes et capitula fuerunt quomodolibet praesentata eorum per eos et unumquemque ipsorum diligenter attenta est in onnnibus inviolabiliter observata, illa quae Universitati et hominibus teneant et observent tenerique et observari facient inviolabiliter et inconcusse per quem decet et contrarium non faciant per quantunn gratiam Ill.mi Domini Ducis carann habeant et poenam ducatorunn mille cupiunt evitare.
Datum in praedicta Civitate die XX mensis Ianuarii ...[1550?]»

2. documento

«Magnifici Governatori e Giudice presenti et successive futuri della nostra Città di Andria, avemo inteso, che dall'ordini lasciati per noi circa l'elezione degli Ufficiali della Università mane dubio, che per quelli si proweda che li otto abbian da liger li dodici e per gli ordini del Serenissimo Re Federico, quali sono stati sempre in osservanza si vede che li otto e li dodici insieme hanno eletto lo novo Consiglio degli otto e tutti gli altri Ufficiali; e perchè la volontà nostra non è stata, nè è da mutar detta Istruzione nè alterare quello che è stato tanto tempo osservato, ma solamente per togliere le impressioni e passioni quel che si faceva a voce l'abbiam mutato che si faccia a ballotta e poi a sorte; per questo vi facemo intender, che così lo dobbiate declarare a l'Università di questa Città e così lo farete eseguire nonostante che li predetti nostri ordini altrimenti dittassero, che sarla proceduta da errore. La presente poi letta remaner al presentante.
Datum in civitate Manfredoniae die XXVII mensis Ianuari 1530 (?) in omnibus servantes ordines Regis Federici exceptis tamen vocibus quod mutabunt in ballottibus. Locus Sigilli.»