Alba - P.Cafaro

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Alba

Nei primi albori emerge, da l'ombra notturna sciogliendosi
l'ottagono castello con le sue torri salde.

Mistica ora di attesa. Il rito divino de l'alba
sopra l'antica pietra si compie come un sogno.

Chi sa che nel silenzio perlato non torni su l'arabo
cavallo a volo il sire in nostalgia di sole!

Di sole e di bellezza e di pace; e come ai lontani
giorni, di lotte esausto, nel castel rifugi.

Alto entrerà, securo, tra i rossi leoni di breccia
vigilanti la porta, vagherà per le sale.

Tutte deserte. Pier de la Vigna, che ambo le chiavi
tenne del cuor di lui, e Taddeo de la Sessa,

e castellane e paggi e armigeri, tutti dispersi:
da le colonne stillano le stalattiti lacrime.

Ei guarderà pensoso, ritto ne la trifora sculta,
il vasto pian ferace da la collina al mare

che sereno s'azzurra nel golfo de l'aspro Gargàno:
dolce terra d'Apulia, la terra sua diletta.

Andria fidelis nostris affixa medullis - dirà
pensando al suo Corrado, a Jole, ad Isabella.

Ma niuno viene ormai a l'ultimo invito de l'alba:
l'aurora sparge rose sopra il castello svevo.

Pasquale Cafaro

[pubblicata in appendice al volumetto di V. Capruzzi "Il mondo poetico-cavalleresco di Pasquale Cafaro", Arte Grafica Andriola, Palo del Colle, 1957]
il Castello realizzato da bimbi in riva al mare