L'Osservatore Romano del 16/11/1935

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L’Osservatore Romano

16 novembre 1935, N. 268 (22.938), p. 5

«… Restano ignoti i valenti artefici che, in pregiati marmi policromi distesero sotto le arcate laterali i ricchi panneggi e scolpirono gli altari minori e quello maggiore più sontuoso ed ornato.

Nel paliotto, a mezzo rilievo, è la immagine di S. Benedetto col corvo, e nei pilastri sono gli stemmi di Mons. Domenico De Anellis, un braccio con la mano che regge un anello. Costui, vescovo di Andria dal 1744, lasciò morendo, nel 1756, erede la sorella Aurelia ultima discendente di quella nobile famiglia: e costei, monaca della Trinità, destinò le rendite del cospicuo patrimonio alla riedificazione e decorazione della Chiesa. Furono eseguiti anche allora i dipinti che sono disposti negli ovali della volta e sugli altari, tranne quello dell’altare maggiore - La Trinità adorata da S. Riccardo e S. Nicola - che è opera di un ignoto seicentista.

Gli altri rappresentano, sull’altare a sinistra: la Deposizione di N. S. dalla Croce, tra le Marie e S. Giovanni, e nell’ovale superiore S. Francesca Romana; sull’altare a destra S. Benedetto e S. Scolastica in alto, e in basso S. Mauro tra S. Geltrude, S. Edita figlia di Edgardo, re d’Inghilterra, S. Placido, e nell’ovale superiore S. Sebastiano.

Sono lavori mediocri, che pur attirano per una certa ingenuità d’espressione, di un pittore pugliese che segnò il suo nome a piedi della tela centrale della volta: Vitus Calò inv. et pinx. 1774».

[testo tratto da “ Gli altari della basilica di S. Maria dei Miracoli,” di Gabriella Di Gennaro,  - in “La Madonna d'Andria”, AA.VV., Grafiche Guglielmi, 2008, pagg.265-269]