Costruzione del Cimitero, di V. Zito

Contenuto

 

Premessa

Tra il 2 novembre 2017 ed il 13 novembre 2020 l'Arch. Vincenzo Zito ha pubblicato sul portale di AndriaViva una serie di articoli inerenti la storia della costruzione del Cimitero di Andria; qui tali appunti di storia si trascrivono, autorizzato dall'autore, a dovuta e interessante documentazione.


La costruzione del Cimitero di Andria

dell'Arch. Vincenzo Zito

Ingresso del cimitero

La costruzione del Cimitero di Andria

Da www.andriaviva.it del 2 novembre 2017

Fino agli inizi del XIX secolo la sepoltura dei defunti avveniva all’interno delle chiese o nelle immediate vicinanze. Questa usanza aveva dei risvolti di carattere igienico-sanitario non trascurabili.

Infatti le esalazioni rivenienti dalla decomposizione dei cadaveri spesso, soprattutto nel periodo estivo, ammorbavano l’interno delle chiese e le aree urbane circostanti. Con l’editto napoleonico del 12/6/1804 si prescrisse quindi di inumare i cadaveri in appositi cimiteri posti ad adeguata distanza dalla città. Tale provvedimento ebbe però scarsa attuazione, a causa anche delle difficoltà di ordine pubblico dovute ai frequenti eventi bellici che si verificarono negli anni successivi. Caduto il regime francese, con la legge dell’11/2/1817 emanata dai Borbone fu ripreso il progetto di costruire cimiteri, per i quali fu imposta una distanza minima di un quarto di miglio dall’abitato.

Per Andria, stante l’inerzia dell’amministrazione comunale dell’epoca, il 31/1/1819 l’Intendente nominò l’architetto Giuseppe de Nittis per la redazione del progetto. Un primo scoglio per la realizzazione dell’opera fu la scelta del sito, il quale doveva essere in posizione tale che i venti non avrebbero potuto portare in paese le esalazioni della decomposizione dei cadaveri. In un primo momento fu individuato un fondo in contrada Borduito, appartenuto al Conservatorio, uno degli ospizi del comune. Tale scelta cadde nel nulla e la pratica della costruzione del cimitero rimase sospesa per molti anni mentre le richieste di documenti da parte delle autorità statali cadevano sistematicamente nel vuoto.

Finalmente verso la fine del terzo decennio del secolo fu incaricato l’architetto civile Domenico Recchia il quale nel 1839 presentò il suo progetto per un cimitero di forma quadrata, avente lato di 435 palmi, pari a metri 121 circa, da costruirsi su alcuni fondi nei pressi della cappella rurale di S. Lucia di proprietà dei signori D. Riccardo Marchio, D. Antonio Sinisi fu Francesco Paolo, D. Ferdinando Porzio, Eredi del notaio D. Antonio Sinisi e D. Filippo Cannone.

Il progetto occupava l’area attualmente compresa tra il quadrato delle vecchie cappelle che circondano il corpo centrale del cimitero. L’ingresso, con le stanze per il custode e per il deposito delle carrette era situato approssimativamente in corrispondenza dei tre gradini che dividono in due il piazzale centrale. La conformazione del cimitero era piuttosto semplice: al centro del quadrato era prevista una cappella a pianta ottagonale mentre le cappelle dei capitoli, delle congreghe e quelli gentilizi privati sarebbero stati costruiti tutt’intorno lungo il muro di cinta. Nello spazio interno era prevista la costruzione di 160 sepolture, ciascuna della capacità di contenere 16 cadaveri. Era prevista anche una gran quantità di terreno libero per fronteggiare futuri bisogni dovuti all’aumento della popolazione che, nel 1839, era già di 21.000 abitanti.

Approvato il progetto, i lavori furono appaltati all’imprenditore Corrado Casiero che in tempi relativamente rapidi provvide alla costruzione degli elementi essenziali: il recinto e l’ingresso. Verso la fine del 1841 le opere erano state concluse e per il 30 dicembre 1841 fu organizzata l’inaugurazione del camposanto con relativa benedizione del vescovo. Quindi, per disposizione del Sottintendente di Barletta, le sepolture nel nuovo cimitero ebbero inizio dal 1º gennaio 1842.

Pianta-progetto del cimitero del 1839, dell'arch. Domenico Recchia
[progetto pubblicato da Teresa D’Avanzo in “Federico Santacroce”, Andria 1993]


La concessione dei suoli per le cappelle gentilizie

Da www.andriaviva.it del 8 novembre 2017

Completato che fu il cimitero, almeno nelle sue parti essenziali del recinto e dell’ingresso, ed iniziate le prime sepolture per inumazione, si pensò di dare attuazione a quella parte del progetto che prevedeva la costruzione di cappelle gentilizie lungo il recinto.

A tal fine con lettera in data 2 giugno 1841 il sindaco diramò una circolare a tutte le congreghe religiose andriesi per l’acquisto dei suoli necessari alla costruzione delle rispettive cappelle. Il giorno successivo un analogo manifesto rendeva noto alla cittadinanza che anche i privati avrebbero potuto acquistare suoli per la costruzione di cappelle.

Iniziarono quindi a pervenire le prime richieste, prevalentemente dalle organizzazioni religiose. I più solleciti furono gli agostiniani della Madonna dei Miracoli, i francescani dei minori osservanti e il Capitolo di S. Nicola. Tra i privati si segnala la domanda di Annibale Accetto, i fratelli Filippo e Pasquale Fasoli, Agostino d’Urso e i fratelli Francesco e Michele Marziani.
Tuttavia l’operazione della vendita dei suoli era partita sotto una certa improvvisazione, tant’ è che la giunta comunale verso la fine del 1841 dovette chiedere lumi al Sottintendente di Barletta (una sorta di viceprefetto odierno) sulle norme che si sarebbero dovuto seguire per la designazione dei suoli richiesti dai privati cittadini.

Nel frattempo continuavano a pervenire domande: tra la fine del 1841 e l’inizio del 1842 giunsero altre domande da parte della Congrega della Morte in S. Sebastiano, della SS. Addolorata e della Concezione, mentre i tre capitoli andriesi (Cattedrale, S. Nicola e Annunziata), messa da parte la loro tradizionale litigiosità, iniziarono a valutare una soluzione concordata. Con provvedimento a parte il comune fu autorizzato a concedere un suolo per la sepoltura per il clero secolare e regolare richiesto dal vescovo.

Cappelle sul lato di fondo (Nord-Est)     Cappelle sul lato di fondo (Nord-Est)
[Cappelle sul lato di fondo (verso Nord-Est) del cimitero, opposto all'ingresso]

Anche le famiglie notabili di Andria non furono da meno: si registrano richieste da parte di Salvatore Russo, di Ferdinando Spagnoletti, di Riccardo Porro e Giovanni Jannuzzi. Giunsero anche le richieste dei tre capitoli di Andria, segno che non si era raggiunto alcun accordo.
Intanto un primo stop alla costruzione dei sepolcri privati fu dato dal Sottintendente nel mese di marzo 1842, comunicando che bisognava attendere istruzioni ministeriali. In sostanza, il ministro competente valutava troppo economico il prezzo delle concessioni, per cui il comune fu costretto ad aumentarne l’importo, il che dette finalmente inizio alla costruzione delle cappelle private ubicate prevalentemente lungo il lato del recinto opposto all’ingresso. In effetti oggi le cappelle che si trovano su questo lato mostrano una continuità nel paramento bugnato, indice che la loro realizzazione si è compiuta contemporaneamente.


La costruzione delle prime cappelle gentilizie

Da www.andriaviva.it del 3 novembre 2020

Le prime ed uniche cappelle realizzate secondo il progetto originale del cimitero sono quelle che si allineano lungo il lato opposto dell’ingresso, le cui facciate rappresentano una continuità uniforme. Tuttavia, nel corso degli anni, alcune cappelle sono state modificate e/o ampliate per cui oggi ben poche rispecchiano il progetto originario.

Le cappelle che conservano traccia della loro costruzione con la nascita del cimitero sono soltanto due. Una è quella della confraternita degli Agonizzanti (in fondo al viale a sinistra), sulla cui facciata si conserva l’epigrafe con l’iscrizione “AGONIZANTI / 1842”. L’altra è la cappella della famiglia Russo che esibisce l’epigrafe lapidea con l’iscrizione “SALVATORE RUSSO / ALL’OSSA RISORGITURE / DI SÉ E DE SUOI / 1842”. La cappella degli Agonizzanti negli anni successivi è stata ampliata oltre il muro di cinta del cimitero con la totale demolizione della parte antica, salvandosi solo la facciata con l’annessa epigrafe (per quanto tempo ancora?). La cappella Russo invece è rimasta pressoché quella originaria.

Cappella della Confraternita degli Agonizzanti     Cappella della Confraternita della Morte (S. Sebastiano)
[Cappelle delle Confraternite degli Agonizzanti e della Morte (o di S. Sebastiano)]

Delle altre cappelle assegnate alle confraternite rileva quella dell’Addolorata in San Francesco che, almeno nella parte di ingresso attuale, avrebbe conservato l’impianto originario, mentre l’attigua cappella dell’arciconfraternita della Morte, costruita nel 1876, è stata rifatta e ampliata nel 1923, come recitano le epigrafi in facciata. Infine la cappella della congrega e capitolo di San Nicola (a sinistra dell’attuale accesso all’ampliamento retrostante del cimitero) nel 1928-29 fu completamente “restaurata” (cioè ricostruita) e dieci anni dopo, nel 1939, fu realizzato un ampliamento all’esterno dell’antico muro di cinta. Infine da segnalare le cappelle delle arciconfraternite di S. Monica e dell’Immacolata Concezione (quest’ultima datata “A.D. 1904”)

Delle cappelle private realizzate lungo il lato opposto all’ingresso si segnalano quella della famiglia Ceci (datata 1850), della famiglia Iannuzzi (senza data) e della famiglia Durso-Fasoli (datata 1901). Degna di nota è la cappella del principe di Chiusano, che occupa tutto l’angolo del vialetto di destra ed è la più grande delle cappelle private costruite nel primo periodo. Sulla porta d’ingresso campeggia la seguente epigrafe: “FAMIGLIA DEL PRINCIPE CHIUSANO / MCCCLI”.

Cappella della famiglia Salvatore Russo     Cappella del Principe di Chiusano
[Cappelle della famiglia Salvatore Russo e del Principe di Chiusano]

Il principe di Chiusano (paese in provincia di Avellino) era un esponente di un ramo cadetto dei Carafa d’Andria e aveva ricevuto il titolo dal duca d’Andria il quale, a sua volta, verso la metà del ‘700 lo aveva ricevuto da un suo lontano parente, Tiberio (+1742). La costruzione della cappella avvenne a cura di Raffaele (1802-1850) il quale non potè vedere ultimata la sua cappella essendo deceduto prematuramente. Dei figli di Raffaele l’unico maschio, di nome Vincenzo, sarebbe rimasto celibe mentre le sorelle Teresa e Riccardina andarono spose rispettivamente di Tommaso De Rosa, avvocato, e Giovanni Mastropasqua, avvocato. Discendenti del principe di Chiusano risiedono tutt’ora in Andria.


Il progetto suppletorio del Cimitero e il suo completamento

Da www.andriaviva.it del 3 novembre 2020

Con l’inaugurazione e con l’inizio della costruzione delle prime cappelle gentilizie i lavori di costruzione del cimitero non si potevano ancora dire conclusi. Infatti mancavano ancora la cappella ottagonale, che il progetto prevedeva al centro dell’insediamento cimiteriale, e le 160 sepolture comuni previste nelle aiuole antistanti la cappella. Inoltre i lavori eseguiti avevano avuto un costo superiore al previsto e le somme stanziate per il completamento apparivano insufficienti. Inoltre bisognava provvedere al livellamento degli spazi interni occupati dal terreno di risulta degli scavi.

Sorse quindi presto la necessità di provvedere alla redazione di un “progetto suppletorio” e per questo nell’aprile del 1844 fu chiesta al Sottintendete di Barletta l’autorizzazione per un incarico all’architetto Nicolò Matera, autorizzazione che venne subito concessa. Dopo appena un mese però, probabilmente a causa di problemi di salute dell’architetto Matera, che morì due anni dopo all’età di 38 anni, l’incarico tornò nuovamente all’architetto Domenico Recchia il quale elaborò anche un progetto grafico di variante.

Il nuovo progetto prevedeva una diversa distribuzione dei campi per sepolture e la costruzione di due grandi giardini (parterre) antistanti l’ingresso che, si ricorda, all’epoca si trovava in posizione più arretrata rispetto all’ingresso attuale, approssimativamente all’altezza dei gradini che dividono in due parti il viale principale di accesso.

Dal disegno apprendiamo anche che le cappelle gentilizie già costruite occupavano praticamente tutto il lato del recinto opposto all’ingresso e una piccola parte del lato sinistro. Infatti ancora oggi possiamo vedere che su due cappelle campeggia la data di costruzione del 1842.

La relazione che accompagna il progetto, data nel 1849, c’informa anche che erano state costruite ben 27 cappelle gentilizie e che per completare il cimitero occorreva costruire altre 54. La relazione prevedeva che le restanti cappelle sarebbero state costruite a spese del comune per poterle poi vendere ai privati, iniziativa che non è stata più attuata.

Altro problema era costituito dalla cappella comunale. Il comune, cedendo alle richieste del vescovo, aveva consentito al Capitolo cattedrale di impiantare le proprie sepolture nell’interrato della cappella, a condizione che il suddetto Capitolo ne sopportasse le relative spese di costruzione. In questo modo il comune potette risparmiare la spesa per le fondazioni della cappella. Ancora oggi il piano interrato, con ingresso dalla parte retrostante, è adibito a sepoltura dei canonici del Capitolo cattedrale. Col “progetto suppletorio” fu previsto il completamento della cappella e l’acquisto degli arredi sacri.

I lavori per la costruzione del cimitero, almeno nella sua primitiva configurazione quadrangolare, furono completati molti anni dopo, verso il 1856. La carta topografica IGM del 1869 riporta il nostro cimitero nella sua configurazione originaria.

Pianta del cimitero del 1859     Stralcio carta IGM del 1869
[Pianta del cimitero del 1859 e stralcio carta IGM del 1869]


Una tomba cimiteriale contestata: Nicolò Montenegro

Monumento funebre di Nicolò Montenegro
[Monumento funebre di Nicolò Montenegro]

Da www.andriaviva.it del 28 novembre 2017

Una diatriba tra il governo piemontese e la diocesi, per la sepoltura di questo eroe mazziniano.

Figlio di Giuseppe, esattore della fondiaria e fervente oppositore del regime borbonico, Nicolò Montenegro nacque in Andria il 20 marzo 1839. Mandato a studiare giurisprudenza a Napoli aderì al movimento mazziniano e, successivamente, prese parte alla spedizione dei Mille nel corpo dei volontari guidato dal concittadino Federico Priorelli. Dopo l’Unità svolse un’intensa attività pubblicistica a carattere politico liberale. A Barletta nel 1875 fondò La Giovine Italia, giornale popolare educativo. Morì a Brindisi il 12 maggio 1879 ma l’atto di morte è stato redatto in Andria il giorno successivo, dove il suo cadavere fu subito trasportato per la sepoltura.

Non appena si diffuse la notizia della sua sepoltura nel cimitero di Andria, il parroco di S. Domenico si premurò di segnalare al sindaco D. Riccardo Marchio come “il defunto Nicola Montenegro fino alle ultime ore di sua vita, con piena coscienza ha rifiutato appartenere alla nostra Sacrosanta Religione Cattolica” e che pertanto non avrebbe potuto avere sepoltura nel camposanto.

Alla nota del parroco fece seguito una lettera del vicario del vescovo il quale, preso atto che il Montenegro era stato nel frattempo sepolto, chiedeva al sindaco di dissotterrare il suo cadavere per spostarlo nell’attiguo cimitero dei neonati senza battesimo, degli impenitenti e delle persone di altra credenza.

Della questione fu interessato anche il sottoprefetto di Barletta. I tempi però erano cambiati: al governo borbonico, che riconosceva la religione cattolica come religione di stato, era succeduto il governo piemontese che, dopo aver confiscato i beni degli ordini religiosi, con la presa di Roma era entrato in rotta di collisione col papa, il quale si era dichiarato prigioniero degli italiani.

Il sindaco, quindi, rispose al vescovo che il cimitero era di proprietà del municipio e che a norma di legge la competenza in materia di sepoltura apparteneva all’Autorità Civile. Successivamente il sottoprefetto di Barletta, venuto a conoscenza della questione e che il vescovo aveva interdetto la cappella comunale, in una lettera al sindaco confermava l’esclusiva competenza dell’Autorità Municipale precisando che, in caso di future indebite ingerenze, si dovrebbe farne denunzia al potere Giudiziario per il procedimento di legge.

Così la vicenda si concluse con la concessione perpetua di un suolo comunale ubicato, forse di proposito, proprio nei pressi della cappella comunale, nel quale fu sepolto Niccolò Montenegro. Sulla sua tomba fu eretto il monumento funebre tutt’ora esistente.


Una tomba particolare: in memoria di Beatrice Santacroce

Monumento funebre di Beatrice Santacroce
[Monumento funebre di Beatrice Santacroce]

Da www.andriaviva.it del 27 novembre 2019

Inaugurato che fu il cimitero nel 1842 confraternite e famiglie della borghesia si affrettarono a richiedere al comune la concessione di suoli per la costruzione di cappelle private, suoli che secondo il progetto erano tutti disposti lungo il recinto del cimitero nella parte opposta all’ingresso e ai lati.

Tuttavia la costruzione di una cappella privata, sia pure piccola, comportava un onere che soltanto le famiglie più facoltose potevano permettersi. Per le famiglie meno facoltose, seppure abbienti, restava la possibilità di realizzare un tumulo, cioè una sepoltura singola nella terra sormontata da un piccolo monumento funebre. Per arrivare però a questa soluzione dovettero trascorrere parecchi anni.

Nel precedente capitolo si è raccontata la vicenda del tumulo di Nicolò Montenegro, che nel 1879 mise in contrasto la Curia diocesana con l’Amministrazione comunale. Questa però non fu la prima di queste tombe, dal momento che la prima richiesta di un suolo per realizzare un tumulo era stata formulata dieci anni prima, nel 1868. A presentare una domanda di suolo per costruire un “tumuletto” nel Camposanto era stato l’architetto Federico Santacroce, un tecnico barlettano che prestava la propria opera in numerose opere pubbliche realizzate dal comune di Andria, come ha esaurientemente descritto l’arch. Teresa D’Avanzo nel suo lavoro “Federico Santacroce. L’attività dell’Architetto fra Andria e Barletta”, Andria 1993. Dell’attività di questo architetto qui si menziona la direzione dei lavori per la costruzione dell’attuale facciata del palazzo comunale e la costruzione della nuova facciata della cattedrale, oggi purtroppo demolita nella parte sovrastante.

Il Santacroce aveva presentato un’istanza per costruire il suddetto “tumuletto” al fine di dare sepoltura a sua figlia Beatrice, ultima sopravvissuta di una prole di ben sei figli, cinque dei quali deceduti in tenera età, ed infine anch’essa deceduta il 4 settembre 1868 all’età di appena 8 anni, 2 mesi e 19 giorni. La concessione dell’area necessaria avvenne il successivo 26 novembre.

La stele funeraria fatta collocare da Federico Santacroce sul tumulo della figlia riporta elementi decorativi del repertorio ottocentesco che si ispirano alle opere del famoso architetto settecentesco Giovanni Battista Piranesi: due torce rovesciate che simboleggiano la morte e due festoni che ornano il mezzobusto a bassorilievo della fanciulla (dal citato libro di Teresa D’Avanzo). Ma quello che rende particolare questo monumento è l’epigrafe che racconta il dolore di Federico e della moglie per la perdita di quest’ultima figlia dopo la prematura morte di altri cinque suoi fratelli.
Questo primo tumulo realizzato nel cimitero si trova a sinistra del viale di accesso, vicino la cappella comunale e fronteggia il tumulo di Nicolò Montenegro, posto successivamente.


I tumuli lungo il viale centrale del Cimitero di Andria

Da www.andriaviva.it del 13 novembre 2020

Alcune brevi notizie su altri tumuli che sono collocati a sinistra del viale, prima di quello di Beatrice Santacroce.

Un primo tumulo interessa la sepoltura di Tonia Colletta, deceduta nel 1897 all’età di 30 anni appena, lasciando il marito Giuseppe Giannotti e tre figli. La stele funeraria posta sul tumulo, a forma piramidale molto allungata, è corrosa dagli agenti atmosferici ed alcune parti dell’epigrafe non sono ben leggibili. In sommità è scolpito un festone che sovrasta la foto della defunta.

Monumento funebre di Tonia Colletta     Monumento funebre di Giuseppe Di Molfetta
[Monumento funebre di Tonia Colletta e di Giuseppe Di Molfetta]

Un altro tumulo, nei pressi, fu realizzato nel 1881 dal muratore Giuseppe Di Molfetta “per sé per la moglie e i figli”, come recita l’epigrafe alla base della stele. L’epigrafe è sormontata dal una clessidra alata e, in sommità, da un ovale circondato da festoni. La clessidra è un simbolo massonico che rappresenta l’eterno passaggio del tempo.

Una terza tomba, molto più recente, riguarda Vincenzo Vurchio fu Michele, deceduto nel 1928. Sulla stele è posizionata una foto del defunto. Ai piedi della stele la dedica della moglie. Nello stesso tumulo è stato sepolto successivamente anche il figlio Giuseppe fu Vincenzo.

Monumento funebre di Vincenzo Vurchio     Monumento funebre di Riccardo Lotti
[Monumento funebre di Vincenzo Vurchio e di Riccardo Lotti]

Infine un’ultima tomba riguarda un notissimo personaggio andriese, il sacerdote don Riccardo Lotti, canonico della collegiata di S. Nicola e professore di scienze naturali, che fu il fondatore della sezione andriese del Partito Popolare, nato nel 1919 per opera di don Luigi Sturzo. Ordinato sacerdote nel 1902, prima dell’impegno politico fu artefice di numerose attività sociali e di cooperativismo bianco. Dopo la fondazione del Partito popolare fu tra quelli che comprese il pericolo dell’avvento del fascismo e questo gli costò ben tre aggressioni fisiche. Tuttavia il prestigio e la stima di cui godeva proseguì anche durante la dittatura, fino alla sua morte avvenuta il 17/2/1935. Il comune di Andria ha intitolato una strada a suo nome.


L’ampliamento del cimitero

Da www.andriaviva.it del 18 novembre 2019

Il cimitero comunale, nella sua impostazione originaria, funzionò egregiamente per circa 30 anni fino a quando, con l’Unità d’Italia, nel 1874 fu emanato un nuovo Regolamento Sanitario che vietava la sepoltura nelle fosse carnaie (stanze sotterranee nelle quali si accumulavano i cadaveri uno sull’altro) e consentiva solamente quella per inumazione (cioè in singole fosse scavate nella terra). A fronte di queste disposizioni risultava evidente l’insufficienza del vecchio cimitero, per cui si rendeva necessario un suo ampliamento.

Andria rimase a lungo inerte nell’attuare le nuove disposizioni, al punto che dal 1882 il sottoprefetto di Barletta ingiunse al comune di dare attuazione alle nuove norme in materia. Tuttavia, per arrivare ai primi interventi attuativi dovettero trascorrere altri sei anni durante i quali si concretizzò soltanto la decisione di ampliare il cimitero verso la chiesetta di S. Lucia e, a tal fine, si cercò di acquistare bonariamente i terreni necessari senza dover ricorrere alle lunghe procedure espropriative.

Finalmente verso la fine del 1888 fu redatto dal neo costituito Ufficio Tecnico comunale un progetto di massima per ampliare il cimitero. Il progetto prevedeva di incorporare nell’ampliamento i due giardini antistanti l’ingresso allora esistente che era posto approssimativamente all’altezza dei gradini che tagliano in due la piazza centrale, (vedasi la puntata relativa alla costruzione del cimitero), in aggiunta ai 3 ettari di terreno nella zona compresa tra il cimitero e la strada di S. Lucia che non si era ancora riusciti ad acquisire. Il progetto prevedeva anche la costruzione di un ingresso monumentale formato da un atrio quadrato coperto a cupola e con due absidi al lati coperte da semicupole, seguito da locali per l’alloggio del custode e la camera mortuaria, il tutto inserito in un largo catino leggermente arretrato dal filo strada. Praticamente era la bozza dell’attuale ingresso al cimitero.

I tempi per la realizzazione, però, furono piuttosto lunghi. Solo per la procedura espropriativa dei suoli occorsero 3 anni e finalmente, tra il 1893 ed il 1894, si provvide a realizzare un nuovo muro di cinta ed il portale monumentale.

Alle opere eseguite mancavano ancora dei lavori complementari al punto che il nuovo cimitero non era ancora agibile. Nel corso degli anni furono quindi realizzate altre opere, tra queste la camera mortuaria, un cancello ed altre opere minori. Si resero necessari anche lavori di manutenzione alla cappella comunale.

Finalmente nel 1900 si provvide alla costruzione del locale per l’abitazione del custode e, contemporaneamente, alla demolizione del vecchio ingresso al cimitero e del vecchio recinto, il che consentì la fusione tra il vecchio ed il nuovo cimitero ed il definitivo completamento dei lavori. La data del 1900 posta sul ferma-portone a pavimento davanti l’ingresso del cimitero non è quindi una data convenzionale ma indica, appunto l’effettiva entrata in funzione del nuovo cimitero.

Ingresso del cimitero     fermo-porta sull'ingresso del cimitero
[Ingresso del cimitero e relativo fermo-porta del 1900]


I custodi del cimitero

Da www.andriaviva.it del 22 novembre 2017

Con l’entrata in funzione del cimitero, avvenuta il 1º gennaio 1842, si rendeva necessario provvedere alla sua custodia con la nomina di un custode.

Giocando d’anticipo, già nel novembre 1841 erano giunte al comune delle candidature all’ufficio di custode da parte di Stasi Riccardo fu Giuseppe, Virgilio Nicola fu Domenico e Cristiani Antonio fu Riccardo.

Secondo le procedure dell’epoca queste istanze furono subito trasmesse al Sottintendete di Barletta per la scelta del candidato più idoneo. Questi però fece presente che per occupare il posto di custode i candidati avrebbero dovuto dimostrare di saper scrivere al fine di tenere aggiornati i registri delle sepolture. Nello stretto giro di pochi giorni il comune fece pervenire al Sottintendente le prove di scritturazione fatte eseguire ai candidati e, dall’esame di queste, pochi giorni prima dell’apertura del cimitero l’Intendente approvò la nomina di custode nella persona di Virgilio Nicola.

Nel frattempo era giunta anche l’istanza di un altro pretendente, tale Alicino Vito, al quale fu comunicato che il posto era già occupato. Tuttavia qualcosa dovette accadere, forse il custode Virgilio non si era comportato secondo i suoi doveri, tanto che il 28 marzo di due anni dopo la giunta proponeva al Sottintendete la destituzione del Virgilio e la sua sostituzione con tale Don Antonio Margiotta. Ma questi si limitò ad ammonire il custode richiamandolo ai suoi doveri, non ritenendo che fosse il caso di destituirlo.

Ma le cose non dovettero mettersi per il meglio perché nel 1853 la giunta inviò al Sottintendente un rapporto circa il poco soddisfacente servizio prestato dal Virgilio, senza ottenere alcun risultato.

La situazione si sbloccò dopo altri cinque anni con la morte del Virgilio avvenuta il 14/8/1858, all’età di 77 anni. In sua sostituzione fu approvata la nomina a custode di Liso Giovanni fu Vincenzo che, dopo aver prestato giuramento il 10 marzo 1859, divenne il secondo custode del cimitero, carica che mantenne a lungo.

Il terzo custode del cimitero è stato Coratella Agostino, che ha assunto la carica verso il 1881. Quest’ultimo à stato il capostipite di tre generazioni di custodi. Infatti dopo di lui la carica sarà assunta dal figlio Michele e, successivamente, dal nipote Francesco, che è stato anche l’ultimo custode del cimitero. Sicuramente sono ancora in vita molti che li hanno conosciuti.

Dopo Francesco è cessata la gestione diretta comunale del cimitero attraverso un proprio dipendente e la custodia è stata affidata ad una cooperativa, come tutt’ora avviene.

Aggiornamenti

Dopo Liso Giovanni fu custode del cimitero il figlio Vincenzo. Già il 17/11/1862 Giovanni aveva chiesto di essere rimpiazzato dal figlio, richiesta approvata il successivo 20 gennaio 1864.

Tuttavia Vincenzo prese possesso dell’incarico dopo la morte del padre, avvenuta il 28/12/ del 1864. L’incarico di custode venne in un primo momento dato a tale Cannone Francesco in uno con l’incarico di giardiniere (15/1/1865) ma poi dopo pochi mesi il 22/6/1865 tale incarico ritornò a Liso Vincenzo che, tuttavia, lo tenne per poco.

Dopo appena tre anni, l’11/11/1868 per la morte del Liso venne nominato custode Coratella Nicola fu Agostino. Il 22/11/1879, per la morte di Nicola l’incarico di custode fu affidato provvisoriamente al figlio Agostino, incarico poi divenuto effettivo in data 2/2/1880.

Appunti sul Cimitero di Andria dell’Arch. Vincenzo Zito