Pietà, bivio Via Ferrucci Via Cagliari

Contenuto

Edicola "Pietà" in via Ferrucci (foto dal testo della Cestari)    Edicola "Pietà" in via Ferrucci, oggi
[Edicola della “Pietà” in via Ferrucci, ieri (foto dal testo della Cestari) - oggi (foto V. Scaringella)]

Pietà: Maria con Gesù morto in grembo

nel bivio tra Via Ferrucci e Via Cagliari

Questa edicola è catalogata al n. 104 (pag. 179) nella pubblicazione di Beatrice Adriano Cestari "Le edicole sacre di Andria", edita a cura del CRSEC di Andria nel 1995.

Fino agli anni Cinquanta del Novecento l'edicola sorgeva su un edificio probabilmente Ottocentesco; quella costruzione fu in quel tempo demolita per far posto ad una nuova abitazione a due piani, nel cui angolo fu riedificata l'edicola in cemento, riponendovi il dipinto originale realizzato su lastra di zinco, pittura che già nel 1991 (data del rilevamento) la Cestari vede in pessime condizioni.

Di questa edicola mi piace pubblicare un emozionante testo, “La Capddzz”, scritto da Vincenzo D'Avanzo, autore di numerosi appassionanti racconti, in gran parte abilmente intessuti sulle tradizioni e sulla storia locale e corredati di coerenti immagini di un tempo.

La Capddzz

È il racconto di una storia minore della nostra città, di tanta povera gente che trova la forza di sorridere alla vita

Mest Mngoicc non era il proprietario della bottega ma era l’operaio più grande e più esperto. Abitava in un sottano in via Tasso, ma ogni mattina all’alba era sul posto per aprire la bottega e soddisfare qualche emergenza. Il proprietario se la prendeva comoda, tanto c’era u mest che provvedeva a ogni esigenza. La bottega era su via Barletta (attualmente a via Ferrucci) là dove la strada biforca(va) con l’attuale via Cagliari. Proprio entrando in via Cagliari a venti metri dal bivio (l’ultima porticina sulla foto) c’era la bottega del fabbro, facente parte di una serie di costruzioni basse prevalentemente utilizzate per laboratori vari: u mestcarrir, u frroire, u mest d’asc ecc. La cosa straordinaria era che quelle costruzioni si configuravano come abitazioni sul versante dell’attuale via Ferrucci mentre su via Cagliari erano ubicate le aziende artigiane.

Via Cagliari, con botteghe artigiane, anni Cinquanta (foto Malgherini-Attimonelli)
[Via Cagliari, con botteghe artigiane, anni Cinquanta - foto Malgherini-Attimonelli)

Mest Mngoicc era sempre lui ad aprire la bottega con molta attenzione per lasciar dormire ancora il padrone. Perché andava così presto? Perché era una delle uscite verso la campagna e poteva capitare che magari a un cavallo bisognasse sistemare uno zoccolo oppure a un traino bisognasse curvare un cerchione di ferro: lui era pronto con la sua perizia a servire i passanti.

Ma prima di aprire la bottega egli si fermava all’angolo: lì c’era una piccola cappella come tante altre sparse per la città e per le strade di campagna. Essendo la nostra una civiltà contadina tutti sapevano che in campagna potevi fare tutto il possibile ma se non ci metteva la mano il Padreterno la fatica poteva essere vana. Siccome si trattava di povera gente non era facile trovare le parole per rivolgersi direttamente a Dio ecco che spesso si invocava l’intercessione della Madonna:

Madonna maie d la Grazie – a taie veng p grazie – Madonn famm la grazie”. Era fiducia totale, dove non era necessario nemmeno specificare il bisogno: la mamma capisce il figlio prima che questo parli, si diceva una volta. Fiducia piena anche la sera:

Ioie dorm i viue stoit rsbgghioit c sndoit cokki rmaur m chiamoit”, pregavano la sera gli andriesi rivolgendosi alla Madonna e agli angeli (io dormo ma voi state svegli, se sentite qualche rumore, avvisatemi).

La presenza di tante cappelline era un richiamo costante alla spiritualità: molte sopravvivono ancora, magari ammodernate, anche se la gente spesso non se ne accorge. Invece ognuna di esse ha una storia, raccoglie un piccolo segreto: un ringraziamento per un pericolo scampato o una preghiera per un aiuto richiesto, oppure una scelta comunitaria per una preghiera collettiva magari il mese di maggio ecc.

Questa cappellina di via Ferrucci era particolarmente importante perché la strada era attraversata da molta gente e veniva indicata anche per gli appuntamenti: “n vdoim alla capddzz”, “aspittm alla capddzz”: era la cappellina per antonomasia. Motivo per cui mest Mngoicc ci teneva tutte le mattine a verificare che fosse pulita e in ordine e soprattutto che fosse accesa la lampada ad olio che era l’elemento di devozione ma anche di richiamo. E quando la notte la scarsa illuminazione pubblica era spenta, quel lumino assolveva anche alla funzione di intimorire i ladri che spesso si nascondevano tra quelle botteghe chiuse per assaltare i traini e rubare quel poco di miserevole che trasportavano per andare a lavorare.

L’edicola conteneva una lastra di zinco sulla quale con pittura ad olio era rappresentata “la PIETÀ”, Madonna con in grembo il corpo del Cristo appena deposto dalla Croce. La serenità di quel volto di mamma nel momento di maggiore supplizio dava speranza ai tanti che si fermavano per una preghiera. Soprattutto ad Andunett, una signora anziana magrolina che in guerra aveva perso il figlio e il marito. Era lei che rubacchiava qualche fiore dai vasi ornamentali che trovava per la strada e li metteva in un vaso davanti alla Madonna recitando sempre la stessa preghiera: “Madonna maie pinz tiue a lour” (marito e figlio morti). Gli abitanti dei dintorni spesso la vedevano rubacchiare i fiori ma non le dicevano niente perché sapevano dove andavano a finire.

Mest Mngoicc in occasione delle feste parrocchiali per arrotondare le poche lire che riusciva ad ottenere come fabbro faceva u sparafugg, collaborava cioè nella preparazione dei fuochi pirotecnici e spesso partecipava anche alla loro accensione. La ditta era famosa in Andria: Martradonn. Non era una grossa impresa (a sand Rccard venivano ditte forestiere i Martradonn faceva la fiaccolata al rientro della Madonna dalla campagna) ma durante il periodo estivo aveva il suo da fare perché tutte le parrocchie facevano le feste che sempre prevedevano una piccola batteria. Mest Mngoicc aveva paura dei fuochi eppure era costretto a scappare da un filare all’altro con la miccia in mano.
Chiaramente quando aveva questi impegni passava prima dalla sua edicola: “Uè Madonn, tinn d’occhr apert”, quasi che la miccia la dovesse portare Lei. Capitò una volta che Martradonn fosse chiamato per uno spettacolo pirotecnico a Montegrosso. Anche mest Mngoicc aiutò a impiantare i fuochi all’ingresso del borgo. Ma un colpo non partì verso l’alto, attraversò invece il pubblico (per fortuna sparso) per andare a scoppiare contro un albero. Attimi di terrore tra la gente fino a quando non si apprese (il narratore era tra quelli che se lo vide passare a poca distanza) che nessuno era stato colpito. Non so cosa fecero gli altri, ma mest Mngoicc appena in Andria scappò dalla sua Madonna: “mangh moil ca stiv Sgnrei”, disse con il cuore perché le parole non gli uscirono dalla bocca.

Immerso nel suo lavoro il nostro fabbro non aveva tempo per inseguire le donzelle. Avvicinandosi ai quaranta pensò un giorno che la mamma stesse invecchiando. Una domenica dopo la Messa si avvicinò al parroco per salutarlo, come faceva sempre. Il parroco di sant’Angelo era uomo dai modi spicci, amante dell’essenziale. Anche quando diceva Messa si preoccupava che il buon Dio non si scocciasse: aveva imparato ad essere veloce nella recitazione e per la predica gli bastavano pochi minuti per dire le cose che gli importavano. Quella mattina chiese al fabbro se gli saldava un paio di candelieri. Ovviamente mest Mnghcc si rese disponibile e subito dopo gli chiese: “ioie so fatt grann, nan ha ca cansc na bzzouch ca s voul spusè.” “Naun, r bzzouch s’arr fè, vdoim c’acchioim na vacanduia grann”. In realtà il don sapeva che piegare un tronco maturo era possibile ma piegarne due era difficile.

Non passarono molti giorni, essendosi diffusa la voce che il fabbro cercava moglie, ecco un bracciante, vecchio conoscente, fermarsi davanti alla sua bottega: “mest Mngh, cugginm jà na “signureina grann”, jà broiv i serie, nan ess mè, la vu canosc?Mest Mnghoicc se la fa presentare, la frequenta per un certo periodo e poi la impalma. Tutti e due i novelli sposi erano convinti che l’amore in gioventù nasce spontaneo, ma (da grandi) quando è costruito è più solido. E così fu. Il matrimonio fu una scommessa riuscita alla perfezione: due quarantenni abituati alla indipendenza che si misurano con la vita in comune. Mest Mnghoicc era di poche pretese si adattò alla nuova vita e l’amore scoppiò tra la meraviglia di quanti li conoscevano.
Ma la vita è un mistero che ingarbuglia sempre le carte. La moglie si ammala e muore nel giro di poche settimane. Mest Mnghoicc ci rimase male ma non riuscì a piangere. Non credeva che la vita potesse essere così cattiva con lui. Passava davanti alla cappellina e tirava avanti. Era arrabbiato. Cercarono di consolarlo, gli prospettarono addirittura di sposare la sorella della moglie morta ma lui opponeva sempre un netto rifiuto: “a chedd m sond affizinoit”, diceva sempre. A casa della famiglia della moglie ci andava ma nessuna gli sembrava come la sua amata. Fino a quando una mattina passando davanti alla cappellina vide Andunett, la vecchina, che aveva perso in guerra il marito e il figlio. Era intenta a sistemare i fiori su una sedia traballante. Il fabbro si ferma per darle una mano e lei chiede se avesse un po’ di olio per accendere lo stoppino. Mest Mnchoicc non seppe dire di no. Al ritorno con l’olio la vecchina gli disse: “voit quand’è bell la Madonn pu figgh murt mbrazz”. Fu un lampo per il fabbro: la serenità di quel volto fu una sciabolata per lui: non aveva istruzione, non sapeva nulla di teologia, ma aveva capito che inchinarsi al mistero della vita significava obbedire al Padrone della vita.

Tornò a sorridere il fabbro, ma per poco. Qualcosa si era rotto dentro. Mest Mnghoicc andò presto a trovare la moglie. Quando fu deciso di abbattere le catapecchie per le nuove costruzioni in cemento armato nessuno pensò ad eliminare la cappellina. Certo, sarebbe stato bello riposizionarla nelle stesse condizioni, ma anche così va bene. È lì a raccontare la storia minore della nostra città, racconta di tanta povera gente che passando davanti trovava la forza per sorridere alla vita.

[Pubblicato dall'autore, Vincenzo D’Avanzo, nel suo diario su facebook nonché sul giornale telematico “Andrialive.it” il 3 giugno 2018]