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altare di S. Tommaso d'Aquino   Tela di S. Tommaso d'Aquino, foto V. Iaccarino
[altare di S. Tommaso d'Aquino, foto Sabino Di Tommaso 2016 - quadro del Santo, elab. elettronica su foto del restauratore Valerio Iaccarino 2016]

Altare di S. Tommaso d'Aquino

ovale di S. Caterina del Riccis
[S. Caterina de' Ricci - elab. su foto di V. Iaccarino]

"Il terzo altare, messo a sinistra di chi entra in questa Chiesa, è intitolato a S.Tommaso d'Aquino (del quale si vede l'immagine, col sole scolpito sul petto), genuflesso a piè di un altarino, su cui poggia un Crocefisso, dal cui labbro escono quelle fatidiche parole: bene scripsisti de me, Thoma. In alto si vede una immagine dell'Annunziata, ed alle spalle del Dottore, il Pontefice Pio V, prostrato ancor egli a piè di un Crocefisso. Nell'ovato si vede l'immagine di S. Caterina De Riccis, dell'ordine domenicano, che si abbraccia al Crocefisso."

[da "Chiesa di S. Domenico" in Il Capitolo Cattedrale di Andria .., di M. Agresti, tip. F. Rossignoli, Andria, 1912, Vol.II,  pag. 91]

Nel quadro con San Tommaso sono raffigurati l'Annunciazione della Vergine Maria e, sullo sfondo, il papa San Pio V.
Queste inclusioni furono attuate non tanto a fini estetici, quanto perché, avendo eliminato ai primi del Settecento i due altari dove si veneravano l'Annunziata e San Pio V, si dovettero trasferire i loro benefici ed oneri delle relative messe a questo altare. Scrive infatti il Merra nel testo sotto citato, parlando degli antichi altari:

III. La Cappella dell’Annunziata aveva i seguenti legati. I coniugi Pietro Lombardo e Giovanna Navarra, con disposizione testamentaria del 25 maggio 1541, lasciarono alcune vigne alla Pescara Rossa, o Casa de Angelis, non che una casa alla piazzetta, con l’obbligo di due anniversarii annui a detto altare [9]. Con istrumento rogato da Gianpalmieri di Morotto nell’anno 1594, Gian Luca, Donato ed Appio Vangelli, lasciarono doc. 12 annui al Convento di S. Domenico per la suddetta Cappella
X. La Cappella di S. Pio V Papa, dell’Ordine di S. Domenico, il gran promotore della devozione del SS. Rosario di Maria, nel di cui celeste adiutorio l’esercito cristiano trionfò dell’oste maumettana, nelle acque di Lepanto, il 7 ottobre 1571. Questo Santo si vede ora dipinto nello stesso quadro di S. Tommaso d’Aquino.

[da "La Chiesa e il Convento di S. Domenico" in Monografie Andriesi, di E. Merra, tip. Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906, Vol. II, pagg. 19, 53, 64, 70]

Nell’ovato c’è una tela raffigurante S. Caterina de’ Ricci (foto sopra a sinistra); fu qui posta alla venerazione dei fedeli forse perché, terminato nel 1772 di lavorarsi ed erigersi l’altare di San Tommaso, fu scelta e commissionata in quanto domenicana, molto popolare e canonizzata di fresco con grande solennità (nel 1746).
La Santa (1522-1590), che raccontano ebbe anche le stimmate, nel dipinto regge tra le mani il Cristo coronato di spine e sanguinante, per ricordare le sue profonde meditazioni sulla Passione. Per inciso, stimava tanto il Savonarola, che ne raccomandava gli scritti, conservava alcune reliquie del suo "martirio" ed un quadro che lo raffigurava dipinto dal domenicano Fra Bartolomeno (attualmente nel Museo S. Marco di Firenze).

HIC IACẼT OSSA SILVII MA-
RANTA VENVSINI QVINTO
AVDITORIS REGNI NOVISS-
IME DESTINATI IN ADVOC-
ATVM FISCALEM PROVIN-
TIÆ PRINCIPATVS VLTRA
ORATE PRO EO

Nel cartiglio della cornice del quadro (al centro in alto) si legge:

ALTARE HOC MARMOREUM
PATRES EXPENSIS CONVENTUS POSUERE
ANNO SALUTIS NOSTRAE
MDCCLXXII.

Lapide sepolcrale di Silvio Maranta

Attualmente, davanti all’altare di S. Tommaso d’Aquino è incastonata nel pavimento la pietra sepolcrale di Silvio Maranta venosino, primo marito di Vittoria Vitaliani, dell’importante famiglia andriese dei Vitaliani. Il Maranta, come recita la lapide, rivestì cariche molto importanti nel Governo del Regno di Napoli: fu dapprima Uditore del Regno e poi, fino alla morte, Avvocato Fiscale del Regno nella Provincia del Principato Ultra (territorio di Avellino con Montefusco “piazza di residenza [capoluogo] della Provincia ... soggiornandosi il Preside, gli Uditori, e gli altri Regali Ministri” (Pacichelli), e parte di Benevento). Sulla lapide non si rinviene alcuna data; in base ad alcune note storiche documentate dal Merra nelle sue "Monografie Andriesi" e da Giacomo Cenna (1560-1640c) in "Cronaca venosina", presumo di tratti di un sepolcro della prima metà del Seicento.
Alcuni scrittori (Giacomo Cenna) scrivono che il nobile venosino Silvio Maranta, nato nel 1584 da Federico Maranta e Giulia Cafaro di Giovanni Battista, fu uditore presso le Udienze Provinciali di Trani, di Lecce e di Catanzaro ed autore di un apprezzato trattato “De impunibili assassinorum nece”.
Probabilmente tale pietra sepolcrale e relativa tomba esistevano presso l’antico altare di S. Maria della Consolazione (oggi non più esistente), di giuspatronato della famiglia Vitaliani, alla quale apparteneva la moglie Vittoria; tanto si arguisce in base a quanto riferisce il predetto Merra nella sua opera, parlando dell'altare di S. Maria della Consolazione.
Ancora il Merra nel cap. XV della stessa opera trascrive le messe celebrate ancora nel 1725 in suffragio dei benefattori; per la famiglia Maranta-Vitaliani ammontavano a ben 478: "Per Vittoria Vitagliani, Silvio Maranta e D.Pietro Rodriguez, 365; per gli stessi, 88; per Silvio Maranta, 25". Tante messe di suffragio erano dovute per la cospicua quantità di beni donati da questa famiglia ai Domenicani; sempre il Merra nel capitolo VIII sui "Beni dei Domenicani" riporta: "la signora Vittoria Vitaliani, vedova del fu Silvio di Maranta, suo primo marito, e moglie di D. Pietro Rodriguez, suo secondo marito, donò ai Domenicani la masseria di Montegrosso, di carra 9 e versure quattro, con i seguenti pesi: 1° che il Convento dovea pagare duc. 365 a D. Peppe Pappalettere di Barletta; 2.° ducati 100 a D. Annibale della Forgia; 3.° ducati 100 a D. Pietro Rodriguez; 4.° che il Convento dovea far buono ad essa Silvia duc. 150, di cui gli era debitrice; 5.° che dovea celebrare una messa quotidiana, con lo stipendio di carlini due la messa, per l’anima di essa donatrice, del suo primo e del suo secondo marito; 6.° infine doveva celebrare altre messe ottantotto per Silvio di Maranta."

Come può osservarsi nelle foto sottostanti, il tabernacolo non è una vera custodia, infatti, al posto della porticina ha una "carta di gloria" di marmo; inoltre sulle volute - "modiglioni", ai lati del dossale e sulle porzioni di cornicione del frontone superiore spiccano due "giarroni" floreali. Questi due ornamenti sono espressamente richiesti nel contratto notarile stipulato nel 1771 tra i PP. Domenicani e il marmoraro costruttore Marino Palmieri (La ricerca e trascrizione di tale atto notarile è opera dell'arch. Gabriella Di Gennaro, a documentazione della sua tesi di laurea su "Gli altari marmorei settecenteschi ad Andria" del 1995, pubblicato a stampa nel suo studio "Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria ed altri arredi sacri", Schena Editore, 2020, pp. 225-228.):

"... Il pezzo della custodia debba essere tale, quale comparisce scornicciata, ed intagliata, e nel mezzo invece della portella debba situarsi una carta di gloria colla sua cornice di marmo di buona centinatura, int. gradino piccolo l’inprincipio, e lavabo. ...
L’angelo, o sia puttino, che stà situato di sopra il frontespizio non deve venirci, ed in luogo di quello deve situarsi un giarrone di marmo di lavoro differente dal giarrone, che viene situato nel modiglione di basso nella parte destra del disegno qual modiglione abbia il suo commesso."


altare di San Tommaso d'Aquino
[particolare dell'altare dedicato a San Tommaso d'Aquino - foto Sabino Di Tommaso, 02/04/2021]

Nelle due sottostanti foto sono ripresi due particolari del pregevole altare. L'angelo reggimensa a destra del paliotto e l'adiacente stemma domenicano in un cartiglio sormontato da una corona sul piedritto laterale destro; il tabernacolo con una carta di gloria marmorea al posto della porticina, sormontato da due putti su cui stende le ali lo Spirito Santo in forma di colomba.

angelo reggimensa nel paliotto dell'altare di S. Tommaso tabernacolo chiuso con una cartagloria dell'altare di S.Tommaso
[altare di S.Tommaso: angelo reggimensa del paliotto e stemma domenicano; tabernacolo chiuso da una cartagloria - foto Sabino Di Tommaso, 08/05/2014]

Sui piedritti ai due lati del paliotto dell'altare sono scolpiti gli stemmi di San Domenico.


Tra l'altare di San Tommaso e l'ingresso è ricavata una grande nicchia, intelaiata da un decoro ligneo, esattamente di fronte a quella della cosiddetta "Madonna di Costantinopoli".
In tale nicchia erano esposte alla venerazione dei fedeli le due statue dei Santi Medici anàrgiri [dal greco άνάργυρος «senza denaro», cioè, che medicavano gratuitamente] Cosma e Damiano; i due santi orientali hanno nelle mani la palma del martirio, la croce e i simboli dell'arte medica; oggi (2014) queste statue sono esposte alla venerazione a sinistra dell'ingresso alla chiesa di S. Nicola.
La foto sotto fu scattata nel settembre del 1983, in ricorrenza della loro festa, esposte solennemente per l'occasione alla venerazione dei fedeli a destra dell'ingresso in presbiterio, presso la porta laterale.

le statue dei S. Medici Cosma e Damiano
[la foto delle statue è stata gentilmente fornita dal parroco del tempo, 1983, Don Giuseppe Lapenna]


Sull'altro lato della navata, opposto a questo altare, è eretto quello di San Vincenzo Ferreri, in tutto simile per forma e marmi utilizzati. Ambedue gli altari, come già detto, non hanno un vero tabernacolo.