cantoria e coro

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cantoria e organo
[elaborazione elettronica su foto di S. Di Tommaso]

La cantoria con l'organo
e il coro

Per La cantoria con organo che dietro l'altare maggiore s'innalza maestosa sul coro attingiamo ancora dal Borsella:

Bella e grande magnificenza spiega poi la piramide a smalto verde, dorata ad oro di zecchino, che si erge da sopra il coro fin sotto la sublime volta, portante in cima uno scudo con lo stemma di S. Francesco. L’artista in dar questo traslucido risalto all’organo immaginava forse le occhiute penne del superbo pavone, che gemmis caudam stellantibus implet come esprimevasi il Sulmonese. (Metam. L. I), o come scrisse Plin: (L. 10, c. 20) Gemmantes laudatus expandit colores adverso maxime sole, quia sic fulgentius radiant. Comunque, dessa è tale questa massima, che si offre di fronte allo spettatore, che ben a ragione il commuove, o per la magnificenza, o per la elevazione, o per gli ornamenti, con angeli aventi trombe alla destra, teste di fiori e traforate, corni tutto in oro, oltre una grande ghirlanda in cima allo stemma. Tre ordini di canne sono intramessi nel mezzo di questa piramide, il maggiore nel mezzo rilucenti, come l’argento. L'opera porta l’epoca 1766, e vuolsi formato per le mani dello stesso Porziotta che lavorò il trono episcopale.”

[estratto da " Chiesa di San Francesco" in “Andria Sacra” di Giacinto Borsella, edito a cura di Raffaele Sgarra per i tipi di Francesco Rosignoli, 1918, pagg. 172-187]

Per lo strumento musicale dell'organo che nella suddetta bellissima struttura lignea s'erge dietro sul coro attingiamo le notizie da Gabriella Di Gennaro:

"Sopra questo coro dai finissimi intagli si erge il maestoso organo attribuito ad autore ignoto, secondo i testi esistenti, finché non trovo un documento che lo data e ne attribuisce la paternità. È un’opera del 1765 di “Francesco Carelli del Vallo di Novi, Provincia di Basilicata” che in un anno si impegna a realizzare per questa chiesa un organo nuovo “ad otto registri di ripieno, cioè il primo basso in mostra, che tirano sino al numero di trenta cinque canne di stagno in mostra di prospettiva, ed il supplemento di piombo, secondo la misura proporzionata; e quattro registri, cioè voce umana, canne numero venti sette. Due registri di flauti, uno in ottava, e l’altro in quinta duodecima, tutti intieri in canne numero quaranta nove per registro. E quello dell’eco, che viene composto di canne trenta cinque, e due trombette alli Angioli della macchina, da sonare nello stesso tempo con detto organo, il quale deve essere sonoro, proporzionato in tutte le sue parti, di tutta perfezione, secondo le misure, e regole dell’Arte”. Tutta l’opera doveva essere realizzata per il convenuto prezzo di ducati quattrocento in moneta d’argento corrente. I frati pagarono subito cento ducati e gli altri trecento ducati dovevano essere pagati al maestro Francesco Carelli in Andria secondo le seguenti modalità: ducati centocinquanta non appena veniva completato e collocato in loco l’organo ed i restanti centocinquanta ducati a saldo “fra il termine di un anno, numerando dal detto giorno, che sarà compita, perfezionata e situata l’opera suddetta” senza alcuna maggiorazione di prezzo per interesse da parte del convento; d’altra parte, però, il maestro Carelli restava in possesso dell’intero vecchio organo (che noi non conosciamo) che, al tempo, era collocato nella chiesa di S. Francesco..
Così si apprende dal documento che tutte le canne di legno dovevano essere “di larzo, o di cipresso, ben stagionato, con l’imboccatura di noce”; il maestro doveva poi realizzare a sue spese due mantici proporzionati e adatti a questo organo. Il convento si impegnava inoltre per contratto a inviare a sue spese due traini a prendere tutto il materiale, necessario per la realizzazione dell’organo, dalla terra di Tolva nel mese di novembre 1765 ed a ospitare per tutto il tempo dei lavori il maestro nel convento fornendogli vitto e alloggio.
Come ultima clausola era previsto che dopo che l’organo veniva collocato in chiesa doveva essere rivisto ed approvato da un certo signor Francesco Dole di Corato “il quale possa mettere sotto la gentile considerazione del convento suddetto, la detta opera compita, e riveduta, anche in riguardo alle spese cibarie, che detto venerabile convento dovrà fare ad esso magnifico Francesco Carelli per quel tempo, che dovrà fatigare in detto convento per causa di detto organo”."

[testo tratto da "Notizie inedite sulla Chiesa di San Francesco", di Gabriella Di Gennaro", in "La chiesa di S. Francesco. Appunti di storia, arte e spiritualità",
di Antonio Basile, Grafiche Guglielmi, Andria, 1995, pp. 45-55]

coro
[elaborazione elettronica su foto di S. Di Tommaso]

Del coro ligneo ne parla diffusamente il Borsella:

"Vi è sottoposto il coro, a due file di stalli di solida noce, il superiore di 24 oltre quello di mezzo, ove sedea il Provinciale, e l’inferiore di sedici sedili. Comincia con una spalliera, che da adito ai gradini, nel quale e rilevato un cornucopio con cornice in arco da cui esce fuori un grappolo d’uva, con lo stesso modo termina dall’altro lato. Gli stalli, e superiori e inferiori sono conformi a quelli del coro della Cattedrale avendo ognuno alle spalle un quadretto levigato con eleganti cornici e con bracciuoli a ferro di cavallo, e colonnette striate ai lati forniti di piedistalli e capitelli corintii, in testa di ogni sedile avvi una specie di scudo convesso con un motto che comincia cosi: Deum Ante [stantes Ne sitis] Corde vagantes. Si cor non orat. Jnvanum lingua laborat. Anno Domini 1699. Opus hoc fuit completum. Soli Deo honor et gloria Amen Amen. Le fascie che ricingono i due ordini di stalli sono simili per larghezza a quelle del coro della suddetta Cattedrale, con la differenza che le fascie del primo, sono sculte con puttini, animali diversi, stemmi episcopali, pesci, fiori, aquile e simili. Le fascie di questo contengono rabeschi, stelle, fiori svariati, fogliami e simili capricci. Nel piedistallo della sola prima colonnetta vedesi una maschera tragica, dalla di cui bocca escono delle foglie che diramansi, e così pure nell’ultima colonnetta per la simmetria. La sedia del Provinciale è più che ingegnosamente lavorata con due colonnette, ritorte, coi loro piedistalli e capitelli sottoposti all’architrave. Questo sporge dal muro due palmi, coperto aduso di baldacchino, fregiato a rabeschi e con dentellate cornici. Chiunque fermasi per poco ad osservare i lavori del primo coro e quelli del secondo, conchiuderà tosto senza esitanza che sono opera dello stesso artista, o che venne questo secondo eseguito dallo scalpello di abile discepolo del Bagnolese Infante."

[estratto da " Chiesa di San Francesco" in “Andria Sacra” di Giacinto Borsella, edito a cura di Raffaele Sgarra per i tipi di Francesco Rosignoli, 1918, pagg. 172-187]

Ai tempi dello storico Merra

"Sulla elegante cornice dentellata dello stallo di mezzo, destinato pel Padre guardiano del convento, ed ornato di due bellissime colonnette artisticamente lavorate a spira, si eleva una pregevole tela, il ritratto vivo e parlante del francescano Ganganelli, il quale fu eletto Papa il 19 maggio 1766 [1769 e non 1766], e prese il nome di Clemente XIV."

[testo tratto da Monografie Andriesi di E. Merra, Tip.Mareggiani, Bologna, 1906, Vol. I, pp. La Chiesa di San Francesco, ammodernata]

Tale quadro, sotto raffigurato al centro, è attualmente [2012] posto nella sacrestia.

La Maddalena in meditazione  Clemente XIV, già sul coro, oggi in sacrestia  Il Buon Pastore
[La Maddalena in meditazione, Clemente XIV ed Il Buon Pastore - elab. elettr. su foto di S.Di Tommaso, 2012]

Sulle pareti laterali del coro sono affissi i due quadri su riprodotti: a sinistra, sulla porta di accesso alla sacrestia, la Maddalena in meditazione sulle scritture (qual pecorella smarrita e recuperata), a destra il Buon Pastore che recupera una pecorella smarrita.
Nell'Ottocento, scrive il Borsella, sulle pareti del coro c'erano due tele differenti, un San Francesco ed una Crocifissione:

"Circa il merito dei descritti quadri con altri due grandi appesi a fianco del coro, l’uno di S. Francesco, e l’altro del Redentore chiodato nel santo legno, con Maria e col prediletto Giovanni, che ne deplorano lo strazio, diremo, che sono opere del medesimo pennello [probabilmente Nicola Porta; oggi, però queste due tele non sono più in S. Francesco], e che con mezzana lode impartirà all’artista chiunque prenderà ad imitarli."

[tratto da “ Chiesa di San Francesco” in “Andria Sacra” di Giacinto Borsella, edito a cura di Raffaele Sgarra per i tipi di Francesco Rosignoli, 1918, pagg. 172-187]