Madonna della pietà, altare

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altare della Madonna della Pietà     altare della Madonna della Pietà - festa del 2023
[altare della Madonna della Pietà - foto Sabino Di Tommaso 03/05/2022 e foto da facebook della Parrocchia nella festa del 8/10/2023]

Madonna della Pietà

Particolare dell'altare

Nella pagina sull'affresco di S. Maria della Pietà ho già puntualizzato diversi dati storici su questo altare.
Aggiungo qui una dettagliata descrizione delle sculture che lo adornano, citando come al solito autori di elevata cultura e fede, e contestualmente qualche altra nota critica.

Trascrivo quindi parte dell'analisi accurata elaborata su di esso dal prof. Vincenzo Schiavone.

" L'ultimo altare dell'ampia navata è quello della Pietà che ha per noi una valenza religiosa, perché documento dell'antica pietà mariana della popolazione; e storico artistica perché può considerarsi, nella città, come un piccolo gioiello di arte rinascimentale.
Eretto dalla pietà popolare e dalla autorità locale, è costituito da frammenti marmorei, inseriti come fastosa cornice intorno all'affresco.
Per le loro qualità stilistiche, questi frammenti scultorei non hanno in Andria analogie tipologiche - tanto sono diversi - negli altri documenti di arte rinascimentale.
Per questo indubbio carattere la loro presenza in questa Chiesa è stata messa in relazione con l'attività di un seguace di Francesco Laurana, fermatosi nella nostra Regione quando il maestro, dopo il 1473, si recò a Napoli.
Anche questi bassorilievi richiamerebbero, perciò, la memoria di Francesco II Del Balzo, committente delle tavole di gusto rinascimentale attribuite a Tuccio d'Andria, e per il quale lo scultore dàlmata scolpì il busto famoso, che è uno dei suoi capolavori.
Chi esamina queste sculture frammentarie dopo avere meditato sul contenuto religioso che si legge sulle tele pittoriche, avverte subito di trovarsi di fronte a un mondo diverso, che parla un altro linguaggio, e che può sembrare stravagante.
Si tratta, infatti di un mondo profano, che si esprime con una ornamentazione fastosa, disposta con doppia fascia scultorea attorno ad una cornice lignea intagliata che ne ripete lo stile e isola la nicchia dell'affresco.

[testo tratto da " La chiesa dell'Annunziata di Andria", di Vincenzo Schiavone, Grafiche Guglielmi, Andria, 1996, pagg. 112-114]

Riporto anche la descrizione che di esso ne fa ai primi del Novecento Mons. E. Merra, per offrire un parallelo sguardo letterario dell’epoca.

"... la sincera devozione del popolo Andriese, rappresentata dalla sua università, rizzava alla sua cara Madonna un magnifico altare di pietra di stile barocco, istoriato ed elegantemente ornato di svariati e capricciosi geroglifici e rabeschi a basso rilievo. Monsignor Palica, nella sua Visita pastorale del 1778 [ma il documento parla del 1780], parla di questo Altare [1].
Circa il tempo in cui detto altare venne costruito non si hanno dati certi; però lo stile barocco, che fiori in tutto il cinquecento, ci fa credere che su per giù debba rimontare a quell’epoca.
È pregio dell’opera descriverlo minutamente.
spalliera dell'altare Madonna della pietà
[elaborazione elettr. su foto di. Michele Monterisi - 2009]
Anzitutto alle spalliere di esso altare si veggono due vergini alate; quella messa a sinistra stringe nelle mani una croce, e quella a destra tiene in una mano un pomo e nell’altra il corno dell’abbondanza. In fronte al primo gradino della mensa vi sono due ceste di fiori avendo entrambe alla base due scimie, e nel mezzo un vago intreccio di foglie.
Nella fascia del secondo gradino si ammira un basso rilievo rappresentante Gesù, che esce dalla porta di Gerusalemme, seguito da Maria sua madre, dalle pie donne, dalla turba e da soldati a piedi ed a cavallo, con bandiere spiegate; il divin Nazareno porta sulle spalle la croce e si avvia al Calvario, sul quale sono rizzate due croci, mentre due Giudei stanno preparando la terza. La base è formata da tanti scherzi rilevati a cancelli e da capricciose figure [2].
La fascia del primo pilastro a sinistra comincia con due dragoni alati aventi lunghe code ritorte, e sopra di essi canefore con frutti, indi un puttino con due colombe, ed un altro tra due cavalli sfrenati. A destra ed a sinistra vi sono altri due draghi, con code rabescate ad arco, e cinte di foglie. Nella fascia del secondo pilastro si vedono due pegasi con sopra due draghi alati, e nel mezzo un cane col capo in giù portante in bocca una sfera: ai fianchi due maschere tragiche, con nastri pendenti: più in su due genii, tra i quali avvi uno scherzo di frondi, e poi altri due genii divisi da una cesta di fiori, e da due colombe che amorosamente tra loro si baciano. In fine sotto il capitello si veggono due scimie con in cima un serafino. La base del secondo pilastro a destra comincia con due colonnette scannellate, adorne di piedistalli e capitelli, e nel mezzo un satiro dalle lunghe ed aguzze orecchie. Succedono a questo due genii, che lottano fra di loro; indi due puttini, e poi un altro che cavalca un drago. Sotto il capitello due colombe formano i manichi di una cesta di fiori, ed in cima avvi un serafino con ali spiegate.
Nella faccia dei due pilastri adiacenti ai primi, avendo l’altare due ordini, e conseguentemente pilastri addoppiati, avvi una maschera tragica ed a fianco due draghi alati. Superiormente si veggono due genii, nel mezzo un disco ed un puttino, che cavalca un cavallo; altri due genii seduti ed una cesta di fiori con serpi attorcigliati. Quindi un altro genio, che tiene la mano distesa sopra un leone in atto di mansuefarlo, con un altro a fianco. Infine vedesi un altro genio sottoposto a due scimie.
In cima al quadro della B. Vergine vi è la testa d’un grande serafino con ali spiegate, avente a destra un cavallo alato con coda rabescata, ed a sinistra una vaga sirena. L’architrave ha un cornicione sporto a triangolo dentellato di figura isoscele. Due grandi angeli di stucco siedono su i due lati, con in mezzo una nicchia. Questi vaghi geroglifici nei tempi antichi erano tutti vagamente dorati; di poi furono imbiancati.
Questo impareggiabile altare sarà sempre un perenne monumento della sentita devozione degli avi nostri verso di Maria della Pietà, ed un attestato troppo eloquente dal fatto prodigioso."
NOTE

[1] Visitavit altare predictum structum ex lapide nostrali variis figuris anagliptice perbelle et antiquitus sculptis (Curia Vescovile).

[2] La fascia del secondo gradino con la sua base fu strappata per mettervi l’altare di marmo ed attualmente si vede sull’altare della Via Crucis, nella medesima Chiesa.

[La Madonna della Pietà nella Chiesa dell'Annunziata, da "Monografie Andriesi" di Emmanuele Merra, Tipografia e Libreria Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906, Vol II, pagg. 241-281;]

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Da alcuni studiosi si attribuiscono le sculture di questa dossale d'altare all'opera di un allievo di Francesco Laurana [3], ipotizzando che questi abbia operato in Puglia tra il 1472 ed il "73 e visti anche gli intensissimi rapporti di lavoro che egli aveva con il Casato Del Balzo sia in Napoli che in Francia.

Un sostegno per tale attribuzione ad uno stile rinascimentale potrebbe giungere da un confronto della fascia del secondo gradino dell'Altare della Pietà con un'opera similare scolpita dal Laurana intorno al 1478 ad Avignone per Renato D'Angiò, scultura già nella Chiesa dei Celestini ed attualmente in San Didier.

fascia del 2° gradino dell'altare
[2° gradino del dossale dell'altare della Pietà, Andria - elaborazione elettr. su foto di. Michele Monterisi - 2009]
dossale d'altare in S.Didier, Avignone - foto KatG
[elaborazione elettr. su foto di. KatG - Avignon, Vaucluse, 2009]

particolare sinistro del dossale dell'altare di S. Maria della Pietà
[elaborazione elettr. su foto di. Michele Monterisi - 2009]

Altri studiosi, come il Merra e l’Agresti, dichiarano barocco questo commesso monumentale [4].
In effetti si osservano notevoli differenze stilistiche tra il gradino della dossale rappresentante l’ascesa di Gesù al Calvario e le rimanenti sculture che la adornano; tale gradino, che, inoltre, per lunghezza appare (ed era, secondo il Merra e l’Agresti) effettivamente proveniente da un precedente altare più stretto, mostra a mio avviso il tocco di un artista cinquecentesco, mentre l’insieme a corona dell’affresco può essere collocato in quella fase di passaggio dalla scultura rinascimentale a quella barocca, quando, raggiunta la maturità stilistica, la perfezione estetica viene esasperata, la decorazione diviene eccessiva, fantasiosa, ampollosa. Nel commesso di sculture che circondano la nicchia dell’affresco non vi sono spazi vuoti, c’è il cosiddetto “horror vacui”, la lettura del messaggio è di elevata complessità tanto da apparire eccentrico e magniloquente.

Se poi coniughiamo con tali evidenti caratteristiche plastiche del decoro scultoreo i dati storici che ci provengono dalla lettura dei documenti finora reperiti [e analizzati nella sezione nella quale si studia l'affresco)], dati che con il silenzio totale sul decoro e la più volte dichiarata povertà dell’altare indicano l’assenza di tali sculture per tutto il Seicento, mentre una loro prima scarna descrizione ci giunge solo nel Settecento contemporaneamente all’erezione nell’Annunziata degli altri altari barocchi, sia lignei che marmorei, allora viene spontaneo dedurre che, con un elevato grado di probabilità questo commesso monumentale di sculture è stato realizzato e posto in opera tra la fine del Seicento e i primi del Settecento, ad esclusione, forse, del gradino rappresentante l’ascesa di Cristo al Calvario..
Quest’ultimo a differenza dell’insieme che circonda l’affresco, appare di stile rinascimentale e di tema non coerente con essi. Il dato riferito da alcuni storici, che tale gradino dell'ascesa al Calvario fu per qualche tempo spostato sull’altare del Crocifisso (“della Via Crucis”[?]) quando quello della Pietà fu costruito in marmo, non fa altro che avvalorare tale tesi.

NOTE

[3] In "La chiesa dell'Annunziata di Andria", op. cit., Giuseppe Lanave a pag. 6; Vincenzo Schiavone a pag 112.

[4] Emanuele Merra in Monografie Andriesi, op. cit., Vol II, pag 256.
Michele Agresti in "Il Capitolo Cattedrale di Andria e i suoi tempi", op. cit., Vol. II, pag.94.