Altomare

Contenuto

greca

La Madonna dell’Altomare

di Di Giacinto Borsella (1770-1856)
Chiesa Madonna dell'Altomare
La Madonna de Alto Mare. La catacomba di questa Vergine taumaturga menzionata nel zodiaco di Maria, soggiace alla chiesa del Carmine. Un dipinto a fresco di greco pennello nel muro di profondo pozzo. Si rese famosa pel miracolo d’una fanciulla che attingendo acqua venne disgraziatamente a cadere nel pozzo [essendo allora la cripta ampia cisterna] senza rimanerne estinta, e richiesta del come, rispose che la Signora dipinta nel muro l’avea tenuta e cibata per tre giorni. Questo insigne prodigio sparse la devozione e il culto non meno in città, che nei luoghi vicini e lontani del regno, correndo l’anno 1598, essendo vescovo di Andria Vincenzo Basso di Cremona. Quel pozzo fin d’allora venne ridotto a chiesetta, dedicato in antico tempo a S. Sofia, a di cui onore esiste ancora l’altare sacro a questa Vergine. Vi si scende per una scala di pietra viva, composta di ventidue gradini oltre di un’altra di otto gradini.
L’altare sacro alla Taumaturga è affisso al muro, con la di lei immagine dipinta a fresco, custodita da un cristallo, avendo in testa due corone d’argento. L’altare è eretto con due colonne laterali con capitelli e cornicioni lavorati a rabeschi fregiato di pampini e con putti portanti in testa ceste di fiori, colorito verde, con buone dorature, egualmente che il retro altare in cui sonovi pure teste di angioletti, grappoli d’uva, pomi ed altri fregi. Sull’architrave vi è una vetrina, nella quale in antico tempo erano chiusi i voti preziosi in oro ed argento che vennero rubati. Il presbitero è cinto da balaustra di pietra viva, lavorata con colonnette al numero di venti. Oltre di sei quadretti a parallelogrammi, della stessa pietra, fregiati con fiori. Intorno all’immagine sonovi cinque quadri in tela, l’uno esprimente il parto della Vergine, l’altro della Purità, il terzo quando la Vergine presentasi al vecchio Simeone, il quarto dell’Annunziata, l’ultimo di Sant’Anna con la figlia. Questo altare tiene il paliotto con rabeschi in oro. A destra e sinistra veggonsi infisse nel muro le mense di due altari con affreschi di vari santi.
In uno di essi è situato in alto una vetrina contenente la statua di San Michele oltre un quadro di Santa Lucia appresso. Sull’arco dell’altare maggiore è scritto «Dignare me, laudare te , Virgo Sagrata.» Si osserva inoltre un altro altare, in buono stato di stucco con quadro, in cui è dipinta la Madonna dell’Incoronata, S. Andrea Avellino caduto in deliquio, sostenuto da un Serafino con S. Lazzaro. Nel mezzo spicca l’affresco della Vergine in abito claustrale, accanto a questo altare avvi una lapide in cui si legge:
D.O.M Paterna caritate omnium spirituali salute, Intenti notum facimus qualiter cunctis Christi fidelibus hic ante iconem B. Virginis Mariae ab alto mare, ter devote salutationem Angelicam recitantes, indulgentiam 60 dierum auctoritate, qua fungimur. Xaverius Palica Episcopus Andriae. Vitus De Giorgio Beatae Mariae Virginis clientelae devotus monumentum perenne hic posuit. Corrente Anno D. 1774.
Rimpetto l’altare maggiore in fondo della chiesa si osserva grande affresco con Gesù affisso in croce contemplato dalla sua madre e dal diletto discepolo S. Giovanni e ai piedi della croce la Maddalena.
Si scorge ancora una cappelluccia, che si vuole dedicata a S. Vito, in cui vi è un quadro grande di un Duca, vestito alla spagnola con cravatta ricca e manto reale di porpora con scettro nudo il capo. In alto della Chiesa sono tuttavia sospese delle tavolette votive e delle cere offerte alla Vergine. Una vasca per l’acqua benedetta è lavorata a chiocciola come quelle di S. Giacomo. La volta della chiesa è costruita a lunetta. Ai piedi della scala in rilievo di pietra havvi la Vergine, con la soscrizione di Riccardo Carafa dei Duchi di Andria. È fornita la chiesa di un campanile con campana, onde chiamare i fedeli nei dì festivi ad assistere al santo sacrificio della Messa.
[integralmente tratto dal libro “Andria Sacra” di Giacinto Borsella, edito a cura di Raffaele Sgarra per i tipi di Francesco Rosignoli, 1918, pagg. 279-281]