Alla ricerca di RUDAS: ricerche cartografiche

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Andria

Escursione nel Territorio

Ing. Riccardo Ruotolo


Alla Ricerca di RUDAS

Dagli Itinerari alle ricerche archeologiche in superficie


Ricerche cartografiche: gli itinerari

Nella Tabula Peutingeriana (Foto 1), antica carta stradale che raffigura tutto il mondo conosciuto dai Romani nell’epoca imperiale, è riportata lungo il tracciato della via Traiana, precisamente nel segmento che interessa la Puglia, una località chiamata “Rudas”, ubicata ai piedi di un piccolo sistema di colline da cui nasce un fiume chiamato “Aveldium”.

Sala Consiliare del Comune di Andria. Esposizione dell’intera Tabula Peutingeriana
Foto 1 - Sala Consiliare del Comune di Andria. Esposizione dell’intera Tabula
Peutingeriana, sia nel fac-simile di Konrad Miller sia nell’immagine fotografica.

La conversazione tenutasi nella Sala del Consiglio Comunale si è proposto l’obiettivo di stabilire dove può essere ubicata con buona probabilità la località di Rudas, quale nome oggi si può dare alle colline presenti accanto al toponimo Rudas, qual è il corso del fiume Aveldium che parte da queste colline e sfocia nel Mare Adriatico tra “Bardulos” (Barletta) e “Turenum” (Trani) (Doc. 2), ed in ultimo, quando e chi ha realizzato le murature poligonali delle biglie presenti lungo il corso del fiume.

Particolare del segmento VI della Tabula Peutingeriana che raffigura il territorio del Nord - barese
Doc. 2 - Particolare del segmento VI della Tabula Peutingeriana
che raffigura il territorio del Nord - barese.

Come noi oggi quando dobbiamo affrontare un viaggio importante e lungo ci procuriamo una carta geografica e/o un navigatore satellitare, così nell’antichità i governanti, i viaggiatori e soprattutto i comandanti militari, quando dovevano spostare le truppe da una regione all’altra, si munivano di Itinerari scritti ma preferibilmente, quando era possibile, di mappe in cui erano disegnate le più importanti peculiarità delle regioni da attraversare. Queste mappe venivano di volta in volta aggiornate, arricchite di nuove località e nuove strade e riportavano le distanze tra una località e l’altra in modo che il viaggiatore o l’esercito in movimento potesse scegliere sia il percorso più adatto sia le località in cui fermarsi per esigenze logistiche. C’erano anche altre esigenze che comportavano la compilazione aggiornata di carte itinerarie il più possibile precise ed erano le esigenze del servizio pubblico, detto “cursus publicus”, destinato al trasporto di persone e cose appartenenti all’amministrazione dello Stato, legato anche alla riscossione dei tributi e al servizio postale.

Gli Itinerari antichi che ci sono pervenuti sono essenzialmente di due tipi:
Itinerari scritti e Itinerari dipinti


Gli Itinerari scritti (Itineraria adnotata)

Gli Itinerari scritti, o annotati, sono dei veri e propri “taccuini di viaggio” che riportano tutte le località che si sarebbero incontrate quali le città, gli ostelli ove poter alloggiare , le stazioni dove poter fare riposare gli animali da traino o cambiarli, le stazioni postali, quelle di guardia e, soprattutto, riportano le distanze tra una località e l’altra.

I percorsi “annotati” generalmente utilizzavano vecchi tracciati, ammodernati e provvisti di ponti, qualcuno anche pavimentato con grosse “basole” di pietra. Questi itinerari scritti non erano altro che liste di nomi e numeri, erano facili da conservare e utilissimi per poter programmare al meglio il viaggio.

Nell’epoca preromana e romana, per insufficienza di mezzi tecnici che potessero effettuare disegni e/o riprodurre mappe piuttosto velocemente, erano rare le carte geografiche che riproducevano intere regioni, sia perché costose da realizzare sia perché richiedevano lunghi tempi per produrle, invece gli itinerari scritti erano gli strumenti di viaggio facilmente riproducibili e a “portata di mano” per la loro consultazione.

I più importanti Itinerari scritti che riportano indicazioni di percorsi sul nostro territorio sono tre: l’Itinerarium Antonini, l’Itinerarium Burdigalense o Hierosolymitanum e l’Itinerarium dell’Anonimo Ravennate

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L’Itinerarium Antonini è l’unico che ci è pervenuto sotto forma di libro e consiste in una compilazione di “mansiones” (stazioni di posta lungo le strade romane), “mutationes” (strutture attrezzate per la sosta, il cambio degli animali da traino, per il ristoro dei viaggiatori, a volte munite anche di terme, magazzini ed anche, in alcuni casi, dotate di alloggi per la notte) e distanze tra una località e la successiva: questo Itinerario ci è pervenuto quasi intatto.

C’è da sottolineare che gli Itinerari scritti sono stati più e più volte ricopiati nelle varie epoche, pertanto erano frequenti sia gli aggiornamenti sia gli errori di trascrizione; l’Itinerarium Antonini è sopravvissuto quasi integro e, di conseguenza, risulta essere molto attendibile.

Con buona approssimazione, gli studiosi specifici collocano l’epoca di compilazione di questo Itinerario nell’arco di tempo che va dall’anno 138 d.C. al 217 d.C., cioè l’epoca imperiale in cui governavano gli Antonini, da Antonino Pio (138-161) a Marco Aurelio Antonino (211-217); infatti non sono stati riscontrati in questo Itinerario elementi (strada, ponte, bosco, argini, ecc.) riferibili ad epoche successive all’anno 217 d.C.

Le località che interessano la nostra ricerca sono quelle pugliesi tra Troia e Ruvo le cui reciproche distanze come riportate nell’Itinerario sono: da Aecas (Troia) ad Erdonias (Ordona) miglia IXX - da Erdonias a Canusio (Canosa) miglia XXVI - da Canusio a Rubos (Ruvo) miglia XXIII.

Il miglio romano equivale a metri 1485 circa

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L’Itinerarium Burdigalense o Hierosolymitanum fu compilato da un pellegrino di Burdigala (oggi Bordeaux in Francia) che nell’anno 333 d.C. si recò in Terrasanta passando per Milano, i Balcani, la Grecia, la Turchia e Costantinopoli, giungendo fino Gerusalemme. Nell’anno 334 d.C. tornò a Bordeaux però percorrendo un’altra strada; infatti, l’anonimo pellegrino, giunto in Albania, si imbarcò per l’Italia e da Hydruntum (Otranto), percorrendo quella che si chiamava la via Traiana – Calabra, giunse a Brindisi da dove, con la Via Traiana, attraversò le località di Egnazia, Bitonto, Ruvo, Canosa, Troia, Benevento e poi, con la via Appia (6), giunse fino a Roma; da questa città, percorrendo la via Flaminia e poi la via Emilia arrivò a Mediolanum (Milano) dove l’Itinerario ha termine.

La peculiarità di questo Itinerario sta nel fatto che il pellegrino annotò sul suo taccuino di viaggio non solo i nomi delle città attraversate, delle postazioni di ristoro e di cambio degli animali, ma soprattutto le distanze tra una località e l’altra.

Per le nostre ricerche è molto interessante lo studio del percorso lungo la via Traiana in Puglia riportato in questo Itinerario. Per questo tratto l’anonimo pellegrino registra località e distanze con questa successione: da Civitas Rubos (Ruvo) a Mutatio ad quintum decimum miglia XV – da Mutatio ad quintum decimum a Civitas Canusio (Canosa) miglia XV - da Civitas Canusio a Mutatio undecimum miglia XI – da Mutatio undecimum a Civitas Serdonis (Ordona) miglia XV – da Civitas Serdonis a Civitas Aecas (Troia) miglia XVIII. Le distanze sono in miglia romane e, per un più facile confronto con gli altri Itinerari, si riportano le località in ordine inverso:

da Civitas Aecas (Troia) a Civitas Serdonis (Ordona) miglia XVIII – da Civitas Serdonis a Mutatio undecimum miglia XV – da Mutatio undecimum a Canusio miglia XI – da Canusio a Mutatio ad quintum decimum miglia XV – da Mutatio ad quintum decimum a Civitas Rubos miglia XV

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L’Itinerarium dell’Anonimo Ravennate (Ravennatis Anonjmi Cosmographia)
È un elenco di località e toponimi che abbracciano un’enorme estensione di territorio spingendosi a Nord fino all’Irlanda, ad Est fino all’India e ad Ovest comprende la Sardegna. Anche questo Itinerario, come quello Burdigalense, è un Itinerario cristiano, ed essendo stato redatto intorno all’anno 670 d.C., certamente si avvalse di tutte le informazioni contenute nei precedenti Itinerari.

Fu redatto a Ravenna in tre manoscritti ma il nome dell’autore è sconosciuto; fu pubblicato per la prima volta a Parigi in cinque volumi nell’anno 1688. È ovvio che il compilatore non ha viaggiato per tutto il mondo allora conosciuto ma, nel redigere l’Itinerario, si è avvalso di tanti Itinerari parziali scritti e/o dipinti da altri, mettendoli insieme in un unico corpo completo, a disposizione di qualsiasi viaggiatore. Questo Itinerario ci sarà poco utile per il confronto con gli altri, relativamente al percorso pugliese, perché non riporta le distanze tra una località e l’altra.

Le località riportate in questo Itinerario e che interessano, anche se marginalmente, la nostra ricerca sono: Ecas (Troia), Erdonias (Ordona), Canusio (Canosa), Budas (certamente toponimo corrotto dell’originario Rudas) e Rubos (Ruvo).


Gli Itinerari dipinti (Itineraria picta)

La Tabula Peutingeriana

Gli Itinerari dipinti (Itineraria picta) sono delle vere e proprie carte geografiche, disegnate con vari colori per evidenziare le terre, i mari, i fiumi, i monti e, a volte, i simboli delle città. Per la nostra ricerca, essendo puntuale perché si prefigge di ubicare una località, non servono le raffigurazioni dei mappamondi né le schematiche visioni del mondo fatte dagli antichi cartografi, ma servono le mappe, cioè le carte geografiche dettagliate, che riportino persino i nomi delle contrade, anche quando queste sono individuate con il nome di una pianta arborea caratteristica di quel luogo.

Il più famoso Itinerario dipinto è la Tabula Peutingeriana. In origine era un rotolo pergamenaceo lungo circa 740 centimetri, ottenuto cucendo dodici pergamene; nell’Ottocento la prima parte era andata in rovina quasi del tutto per il continuo srotolamento cui era sottoposta la Tabula, soprattutto a seguito delle numerosissime consultazioni da parte degli studiosi. Saggiamente, si decise di slegare le dodici pergamene (la prima ormai era ridotta a pochi centimetri) in modo da poter essere consultate, copiate e successivamente fotografate più agevolmente, evitando così ulteriori danni.

Gli studiosi che hanno approfondito l’argomento datazione non sono tutti concordi; possiamo dividerli in due gruppi: coloro che affermano che la Tabula sia stata compilata all’inizio del III secolo d.C., cioè tra il 200 e il 220 d. C., quando Settimio Severo riorganizzò il cursus publicus, e coloro che ritengono fosse stata compilata tra la fine del IV secolo e l’inizio del V secolo d.C., cioè tra gli anni 380 e 420 d.C., aggiornando e ampliando una base più antica.

Lo studioso Manlio Magini (7) in un suo saggio intitolato “In viaggio lungo le strade della Tabula Peutingeriana” a proposito della datazione della Tabula fa le seguenti osservazioni:
- “Costantinopoli assunse questo nome, in luogo di Bisanzio, nel 324 d.C.;
- a Roma è raffigurata la Basilica si San Pietro che fu costruita nel 322 d.C.;
- ad Antiochia è rappresentato il Tempio di Apollo che rimase distrutto da un incendio nel 362 d.C. e non fu mai ricostruito”;
pertanto, secondo il Magini, la Tabula fu redatta dopo l’anno 324 d.C. e prima dell’anno 362.

I ricercatori Mario e Annalina Levi (8) sono invece propensi a datare la stesura della Tabula ai primi anni del III secolo d.C., e ritengono che i riferimenti cristiani che la Tabula contiene, evidentemente furono aggiunti in una successiva stesura, probabilmente tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, quando il Cristianesimo si era affermato nell’Impero.

I riferimenti al mondo biblico presenti nella Tabula sono solo due: “Desertum ubi quadraginta annis erraverunt filii israelis ducente Moyse” (segmento VIII, 5) e “Hic legem acceperunt in monte syna” (segmento VIII, 5); anche i riferimenti al cristianesimo sono due: “Mons oliveti” (segmento IX, 1) e “ad sem petrum” (segmento IV, 5).

Sulla base di tali riferimenti un altro studioso italiano Francesco Prontera (9), dopo aver anch’egli affermato che la cronologia della compilazione della Tabula è controversa, propende per la data tra la fine del IV secolo e l’inizio del V secolo d.C..

L’esemplare a noi pervenuto della Tabula fu scoperto, o forse trafugato, in una biblioteca di Vienna da un bibliotecario umanista chiamato Konrad Celtes alla fine del Quattrocento e da questi ceduta nel primo decennio del Cinquecento ad un suo amico di nome Konrad Peutinger umanista, antiquario ed editore di documenti storici. Il Peutinger donò la Tabula allo Stato Austriaco con la condizione che fosse chiamata con il suo nome.

Le caratteristiche principali della Tabula sono essenzialmente due. La prima è quella che tutto il mondo conosciuto dai romani all’epoca dell’Impero è rappresentato fortemente schiacciato nella direzione Nord-Sud, tanto che l’altezza della Tabula con i suoi 34 centimetri è meno di un ventesimo della lunghezza; la seconda è quella di essere funzionale per lo Stato, come sosteneva lo storico e cartografo greco Strabone quando diceva che la rappresentazione grafica di un territorio e/o un Itinerario scritto doveva servire soprattutto gli interessi dello Stato. Le due caratteristiche sono complementari tra loro perché se una carta geografica doveva servire ai funzionari dello Stato per effettuare viaggi, per portare missive o ordini, per esigere le tasse e ai militari per spostarsi da una regione all’altra, oltre a contenere i nomi e le distante per poter calcolare la lunghezza del percorso da effettuare, doveva essere molto maneggevole tanto da poter essere consultata anche stando su di un carro o su un cavallo; pertanto, doveva avere la forma di un rotolo di piccola larghezza. La tabula Peutingeriana possiede queste qualità e caratteristiche.

L’enorme schiacciamento del mondo conosciuto dai romani, dovendo essere rappresentato nella direzione più o meno Nord - Sud in soli 34 cm., porta a questa deformazione: in alto ci sono i Balcani, le regioni del Reno, quelle della Gran Bretagna e dell’Irlanda, al centro è disegnata l’Italia con le sue isole e tutto il Medio Oriente, in basso tutta la parte mediterranea del Continente africano. Pertanto, queste tre parti del mondo sono rappresentate una sull’altra in tre fasce parallele che occupano uno spazio alto soltanto 34 centimetri; mentre, nella direzione Est – Ovest, la carta è lunga metri 7,40 circa, per cui le tre fasce sembrano come “tirate”, a partire dalla Spagna e dall’Africa settentrionale fino all’India e alla Cina.

La deformazione, se da un lato impedisce di valutare la reale estensione di una regione, non è invece di impedimento alla rappresentazione delle strade, delle catene montuose, dei fiumi e delle località, tanto che da parte di tutti gli studiosi la Tabula è considerata “una miniera inesauribile di dati che si afferiscono alle città, alle località di interesse e soprattutto alle distanze tra di esse”.

Ai Romani interessavano gli spostamenti su terraferma per cui nella Tabula i mari sono ridotti a lunghe strisce colorate che delimitano le terre, “come se fossero delle cornici”. Publio Flavio Vegezio, funzionario e scrittore romano vissuto tra il IV e il V secolo d.C., autore del trattato “Epitome rei militaris” affermava: “Un comandante deve innanzi tutto possedere Itinerari assolutamente precisi di tutte le regioni nelle quali si conduca una guerra, così da conoscere bene le distanze fra i diversi luoghi non solo per il numero delle miglia, ma anche per la situazione viaria; deve esaminare le scorciatoie, le deviazioni, i monti, i fiumi, che devono essere fedelmente descritti; i comandanti più abili assicurano di avere posseduto Itinerari non solamente scritti ma anche disegnati, per poter scegliere, al momento della partenza, il cammino non solamente con la mente ma anche con la vista”. Anche lo storico e geografo greco Strabone, nato in Turchia e vissuto tra gli anni 60 a.C. e il 21/24 d.C., riteneva, come si è detto innanzi, che la rappresentazione grafica di un Itinerario servisse soprattutto gli interessi dello Stato, primo fra tutti quello militare.

Da queste significative citazioni, tra l’altro, si comprende che i comandanti degli eserciti dovevano avere a loro disposizione precisi itinerari disegnati e quindi ci dovevano essere in circolazione diverse copie di Tabule Itinerarie, che certamente, dopo ogni lungo viaggio, venivano continuamente aggiornate in seguito a più precise indicazioni e valutazioni delle distanze tra le varie località.

La Tabula Peutingeriana contiene una quantità di notizie che ci permettono di conoscere quasi esaurientemente la geografia del modo romano del terzo – quarto secolo d.C. : sono più di tremila i nomi delle città e delle stazioni stradali legate alla rete viaria; è più di 70.000 miglia (oltre 100 mila chilometri) la lunghezza delle strade riportate sulla Tabula, i cui tracciati superano i confini dell’Impero romano spingendosi in territori pochissimo conosciuti.

La Tabula di Peutinger è il più esteso, completo e colorato Itinerario dipinto che ci è pervenuto dall’antichità e con la sua simbologia ci permette di riconoscere anche elementi geografici naturali e umani.

Ad esempio la maggior parte dei fiumi ha inizio da colline e/o catene di colline e montagne, come se avessero lì la sorgente; indipendentemente dalla lunghezza del corso d’acqua e dalla sua importanza, il simbolo grafico del fiume è sempre uguale e, quindi, convenzionale; gli andamenti dei fiumi sono piuttosto paralleli tra loro, come le strade.

Un simbolo molto ricorrente è quello delle “Due Torri”. E’ una semplice vignetta (10) che raffigura in modo schematico due torri sormontate da tetti triangolari; le torri sono due rettangoli accostati e muniti di porte, mentre i tetti, oltre alla forma triangolare, hanno anche forma di cupoletta oppure di quadrato ruotato di 45° suddiviso a sua volta in 9 piccoli quadratini aventi un pallino al centro. E’ chiaro che rappresentano delle costruzioni in modo semplificato e simbolico; non è escluso che tali costruzioni fossero delle grandi ville romane costruite in zone rurali e assunte come riferimenti per i viaggiatori, come lo possono essere oggi le masserie nel territorio pugliese.

Oltre alle strade con le indicazioni delle distanze, alle città attraversate a volte rappresentate anche in forma iconografica, alle località di sosta, alle stazioni dove era possibile il cambio degli animali, la Tabula riporta i monti da attraversare, i porti e gli edifici pubblici più significativi quali i “Fari” come quello di Alessandria d’Egitto, gli edifici a “Tempio” come San Pietro, le “Horrea” o magazzini di stoccaggio delle derrate alimentari, le “Aquae” che indicano la presenza di acqua in quella località (terme, sorgente, pozzi), ma soprattutto la Tabula è importante perché riporta le distanze tra le varie località che, per l’Italia, sono in miglia romane.

Sono proprio le distanze tra le varie località che ci daranno utili riferimenti sulla localizzazione con buona approssimazione del sito antico di “Rudas”, confrontandole con quelle riportate in altri Itinerari e con le distanze attuali. In un mio studio effettuato e pubblicato negli anni Novanta ho confrontato le distanze tra le varie località, come riportate negli Itinerari, con le distanze attuali

In un mio studio effettuato e pubblicato negli anni Novanta ho confrontato le distanze tra le varie località, come riportate negli Itinerari, con le distanze attuali delle stesse come individuate ed ubicate dagli studiosi; per semplificare la ricerca, avevo preso in esame il percorso tra Erdonias (Ordona) e Rubos (Ruvo) che, nella Tabula Peutingeriana è lungo circa 50 miglia romane, nell’Itinerario Antonini è di circa 49/52 miglia, mentre nell’Itinerario Burdigalense è lungo circa 52/56 miglia (delle incertezze su alcune distanze si parlerà in seguito).

Attualmente questo percorso, facendo riferimento alle carte geografiche dell’Istituto Geografico Militare (I.G.M.) nella scala 1:50.000 e 1:25.000 e alle sue prime carte del 1868, ed anche alle prime carte geografiche del Touring Club Italiano del 1906, con buona approssimazione è lungo circa 74 chilometri che equivalgono a circa 50 miglia romane. Per le piccole differenze tra le distanze, c’è da precisare che noi oggi non sappiamo, per quanto riguarda gli insediamenti piuttosto grandi al tempo dell’Impero romano quali Troia, Ordona, Canosa e Ruvo, da quale a quale punto delle città sono state misurate le distanze, né dove erano state collocate con precisione le “colonne miliari”: al centro della località, alla periferia, o in un luogo noto vicino alla città, oppure nei pressi di un manufatto facilmente riconoscibile dai viaggiatori. Inoltre le distanze sono riportate nella Tabula in miglia intere, quindi la distanza è arrotondata sempre al miglio e questo ci conduce ad arrotondamenti che possono essere anche di mezzo miglio (circa 743 metri) tra località e località.

Lo studio sulle distanze per tratti lunghi almeno una settantina di chilometri senza dubbio ci fornisce già un primo risultato: le distanze tra le località della Tabula sono confrontabili con quelle che intercorrono oggi tra le stesse località. Purtroppo, nella Tabula di Peutinger non è riportata la città di Canusium (Canosa), che pure a quell’epoca era un insediamento esteso ed importante, dove tutt’oggi esiste ancora il ponte romano che segna proprio il passaggio della via Traiana sul fiume. Questa importante mancanza è forse dovuta ad una svista, molto probabilmente nella redazione della copia medievale.

Di errori, a volte anche grossolani, sulle riproduzioni dei tracciati delle vie romane, anche sulle carte geografiche moderne, ce ne sono parecchi; invero, per restare nel nostro campo di indagine e studio, su di una carta geografica specifica della casa editrice De Agostini (Doc 3), il flumen Aveldium è riportato come “Aveldius flumen” ed è errata anche la sua ubicazione: al posto di sfociare tra Barletta e Trani lo si fa sfociare tra Trani e “Respa” (località non riportata dalla Tabula ma che a quei tempi indicava Molfetta); inoltre, la località di “Rudas” della Tabula diventa “Rudae?” nella carta geografica (il punto interrogativo forse salva in parte l’errore).

La Via Traiana tra Aecas e Bari (De Agostini Editore)
Doc.3 - La Via Traiana tra Aecas e Bari – De Agostini Editore.

Gli studiosi concordano che la località di Rudas della Tabula Peutingeriana sia la stessa di Budas dell’Itinerario dell’Anonimo ravennate e che in quest’ultimo sia stato commesso un errore di trascrizione anche perché il compilatore della “Ravennatis Anonjmi Cosmographia” non era un viaggiatore ma un assemblatore di molteplici Itinerari e liste di località della maggior parte del mondo conosciuto nel settimo secolo d.C.

Osservando bene la Tabula Peutingeriana si nota subito che il tratto grafico in rosso, che individua la via Traiana (Foto 2), nel nostro territorio è discontinuo e non sempre lineare; ciò non deve sorprendere né essere giudicato come “grossolano errore”, ma semplicemente è dovuto alla marcata deformazione della Tabula nella direzione Nord-Sud che non permette di segnare con esattezza un percorso; questa è una deformazione con la quale il compilatore della Tabula ha dovuto cimentarsi più volte, e non sempre è riuscito a far quadrare il percorso con la linearità e continuità dovuta.

Certo è che, come risulta evidente nella Foto n. 2, la rappresentazione grafica della via Traiana nella Tabula Peutingeriana nel nostro territorio: “non riporta una visione chiara e lineare della via, ma presenti inspiegabili spezzature … secondo un criterio che a noi sfugge del tutto”.

Partendo da Benevento, il tracciato della via Traiana giunge dopo X miglia alla località “Foro Novo”, da qui diventa orizzontale e giunge alla località di “Equo Tutico” quindi, procedendo sempre in orizzontale e per una distanza di XVIII miglia giunge alla città “Aecas” (Troia). A questo punto il compilatore della Tabula si sarà accorto di essersi spinto molto a sinistra rispetto alle altre località ancora da segnare lungo il percorso, per cui fa un gran salto verso destra portandosi poco sopra Benevento, nella località chiamata “Ad Pirum”, che con buona probabilità si troverebbe nella contrada chiamata Mass. Pozzorsogno o Mass. Perazzone, ad Est di Troia e a circa 8 chilometri dal centro città (corrispondenti a circa VI miglia romane). Da “Ad Pirum”, con andamento a scaletta andando verso l’alto, la Traiana incontra dopo XII miglia la città di “Erdonias” (Ordona) e dopo XVIII miglia la località chiamata “Furfane” ubicata a Sud-Est di Cerignola in contrada Pignatella; sempre per mancanza di spazio, il compilatore della Tabula salta la città di Canosa e riporta la località segnata con la vignetta “Due Torri” distante XII miglia da “Furfane”. Anche in questo punto è presente una grossa anomalia: il compilatore si trova di fronte al “flumen Aufidus” (Fiume Ofanto) al di là del quale si trovano le città costiere quali “Bardulos” (Barletta) e “Turenum (Trani) molto lontano sulla sinistra, mentre “Rubos” (Ruvo) è molto vicina, in alto, sulle “Due Torri”. Pertanto, era necessario far fare un nuovo salto al tracciato della Traiana portando il suo segno grafico poco più in alto, ai piedi di un modesto rilievo montuoso, in località “Rudas”; da questa, con un percorso di XII miglia la Traiana giunge a “Rubos” (Ruvo) e prosegue oltre toccando “Butuntos” (Bitonto) e “Celia” . Tutte queste località, se si riportano su una carta geografica attuale, risultano allineate lungo un percorso continuo che individua il tracciato della via Traiana al tempo dell’Impero romano, come nella Foto 3.


NOTE    _
(6) Via Appia
La Puglia, regione di confine verso il Medio Oriente, fu interessata da una estesa rete viaria realizzata da Roma sia durante la Repubblica sia durante l’età imperiale.
Per citare le strade più importanti realizzate da Roma ricordiamo la Via Appia che collegava Roma – Benevento – Venosa – Taranto e Brindisi; la Via Minucia che collegava Equo Tutico con Ordona – Canosa – Celia; la via Traiana che collegava Benevento – Canosa – Egnazia e Brindisi, sovrapponendosi per lunghi tratti con la via Munucia; la via Litoranea che collegava Siponto con tutte le città costiere fino a Bari e poi Egnazia; la via Traiana Calabra (si ricorda che la parte meridionale della Puglia all’epoca del dominio di Roma era chiamata Calabria) che collegava Brindisi con Otranto (anche il porto di Otranto era utilizzato per i viaggi in Oriente) e proseguiva fino a Santa Maria di Leuca; la via Sallentina che collegava Taranto con Ugento e Santa Maria di Leuca; la via Herdonitana che collegava Aeclanum con Herdonia; la via Aemilia che collegava Equo Tutico con Ordona.
Sappiamo che la via Appia, chiamata “Regina Viarum”, prende il nome dal Censore Appio Claudio che a partire dal 312 a.C. dette inizio alla sua realizzazione; man mano che Roma riusciva a sottomettere le popolazioni italiche, il tracciato dell’Appia si allungava.
Inizialmente collegò Roma con Capua; successivamente fu estesa fino a Venosa e poi fino a Taranto. Dopo la conquista da parte di Roma della Regione Messapica e la fondazione della città di Brindisi nel 244 a. C., l’Appia fu prolungata fino a questa nuova città che diventò così il porto più importante dell’Italia Meridionale, soprattutto per i traffici verso il Medio Oriente e per i viaggi verso la Palestina e Gerusalemme in particolare
(7) Manlio Magini
Manlio Magini è uno studioso di cartografia storica. Il suo saggio “In viaggio lungo le strade della Tabula Peutingeriana” fa da introduzione all’opera “Tabula Peutingeriana – Le antiche vie del mondo” edita da Leo S. Olschki nel 2003 – pp. 7-15.
(8) Mario e Annalina Levi
Mario ed Annalina Levi sono tra i massimi studiosi italiani della Tabula di Peutinger.
La loro opera più significativa è: “Itineraria Picta – Contributo allo studio della Tabula Peutingeriana” . Edizioni Edison, Bologna – 1978 che contiene la riproduzione fotografica dell’intera Tabula nella scala 1:1.
(9) Francesco Prontera
Francesco Prontera ha curato per l’Editore Leo S. Olschki nell’anno 2003 la pubblicazione dal titolo “Tabula Peutingeriana – Le antiche vie del mondo”. L’opera contiene anche il contributo di emeriti studiosi quali Manlio Magini, Mauro Calzolari e Patrick Gautier Dolchè ed è corredata dalla riproduzione dell’intera Tabula nella scala 1:1, come trascritta in fac-simile da Konrad Miller e completata dallo stesso nella seconda metà dell’Ottocento
(10) Vignetta
Nella Tabula Peutingeriana il simbolismo è sempre presente, anche perché il simbolo è di immediata comprensione. Sono dei piccoli disegni schematici che raffigurano elementi caratteristici dei luoghi: un tempio, centri termali (aquae), edifici sacri, una cerchia muraria, un’ara, un faro, un porto, un magazzino (horrea), tre torri e due torri che è la vignetta più volte disegnata. Ci sono poi tre vignette più grandi e complesse a rappresentare le tre città più significative dell’Impero romano: Roma, Costantinopoli e Antiochia. La vignetta “due torri” è presente più di 400 volte e sta a rappresentare un edificio, una villa di campagna dove potersi rifocillare durante il viaggio, forse anche un luogo dove era possibile cambiare gli animali da tiro.