S. Spina: prodigio straordinario del 1910

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da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi"

Capitolo x.

di Michele Agresti (1852-1916)

PRODIGIO STRAORDINARIO DEL 1910

   

Sommario:
- Fatti precedenti al miracolo. Verbale constatante lo stato normale della S. Spina, con rogito del 10 Luglio 1909. Ore di trepidazione e di preghiere.
- Il Venerdì Santo ed il mancato miracolo.
- Il Sabato Santo e l’avvenuto miracolo.
- Verbale constatante l’avvenuto prodigio.
- Dichiarazioni di cittadini e forestieri, attestanti l’avvenuto miracolo.
- La solenne Processione di ringraziamento ed i numerosi pellegrinaggi venuti in Andria a venerare la S. Spina.
- Il prodigio continua per ben 40 giorni.
- Gli ultimi giorni del miracolo e la festa di ringraziamento.
- La Cappella Monumentale in onore della S. Spina. [... L'autore non la descrive!]


La Sacra Spina nel reliquiario Morselli

Ed eccoci finalmente allo straordinario e stupendo prodigio del 1910! Coincidendo, in tal anno, il Venerdì Santo colla festività dell’Annunziazione (25 Marzo), si sperava che il prodigio sarebbesi, in tal giorno, rinnovato, come nella sopradetta coincidenza dei secoli precedenti, benché molti, per la nequizia dei tempi, fortemente temevano che il prodigio non avvenisse, come realmente non avvenne nel Venerdì Santo di detto anno, secondo or ora narreremo.

Intanto, a prevenire ogni diffidenza ed a sgannare gli scredenti, che già parlavan di trucco, di superstizione, d’impostura ecc. ecc. … il buon Vescovo Mons. Staiti, sin dal luglio dell’anno precedente 1909, raccolse intorno a sé la parte più eletta del Clero e della Borghesia andriese, non che tutti i Dottori sanitarii, fisici e chimici della città, tutte le Autorità civili e militari, perché si constatasse lo stato normale, in cui trovavasi allora la Sacra Spina, facendo quindi redigere, dopo accurato esame, un pubblico rogito dal Notar Sig. Riccardo Chieppa, assistito dall’Avvocato Sig. Saverio del Giudice [1].

Intanto, a predisporre i fedeli al grande avvenimento, S. E. Mons. Staiti ordinava che, a cominciare dal Novembre 1909 sino al Venerdì di Passione dell’anno consecutivo, in ogni primo Venerdì del mese, si esponesse nel Duomo il Venerabile, e, nelle ore pomeridiane, coram Sacramento, si recitasse la coroncina della S. Spina e la Litanie dei Santi, chiudendosi la funzione colla benedizione del Sacramento, data da un Canonico della Cattedrale, previo fervorino di circostanza. Fu anche disposto che i Sacerdoti recitassero la colletta pro S. Spina in tutte le Messe, ed un invito fu dato a tutti di recarsi in Duomo, in devoto pellegrinaggio, a venerare la Sacra Reliquia in tutti i primi Venerdì del mese.

All’approssimarsi poi della Quaresima, Mons. Staiti pubblicò una dotta e commovente pastorale, nella quale, dopo d’aver dimostrato, da par suo, la possibilità del miracolo, secondo la dottrina di S. Tommaso, incitava tutti, credenti e scredenti, a mostrarsi degni figli dei loro padri, che, nei passati secoli, ebbero in tanta venerazione quella Sacra Reliquia, gareggiando nella pietà e nella fede in Cristo.

Né pago di tutto ciò, invitava il valente Oratore D. Vincenzo Parascandalo di Napoli a predicare la quaresima di quell’anno, ed il santo uomo P. Antonio Losito di Canosa, Superiore Provinciale dei Missionarii del SS. Redentore nel Convento di Pagani, a dare gli esercizii spirituali al popolo ed al Clero. Il Parascandalo, nei cinque Venerdì precedenti la Settimana Santa, recitò cinque stupendi sermoni sulla S. Spina, composti espressamente per la circostanza. Il P. Losito, dopo aver accettato l’invito, ne fu impedito di recarsi in Andria, per ragioni di salute e per la sua decrepitezza, dal Superiore Generale. Intanto egli, da Pagani, inviava lettere ed ammonimenti al Clero ed al Popolo, eccitandoli nella fede al miracolo, e quasi profetizzando quel che sarebbe accaduto [2].

Intanto il Venerdì Santo si approssimava, e tutti gli animi erano in trepidazione!… I buoni raddoppiavano le preghiere, i tristi insolentivano colle calunnie, colle contumelie, colle minacce, ed anche coi pugilati!

Le autorità civili e militari, ad evitare possibili dolorosi contrasti, presero tutte le precauzioni, che richiedeva il caso.

Sua Eccellenza Mons. Staiti fe’ sgombrare il Duomo dai confessionali, dai banchi, da ogni altro ingombro, per dare posto all’immenso popolo, che sarebbe intervenuto il Venerdì Santo in Chiesa, per assistere al miracolo. Sul presbiterio fu poi fatta costruire un’ampia tribuna, destinata alle autorità civili e militari, ai periti medici e chimici, ed a tutti i componenti la Commissione esaminatrice, con a capo l’Eccellentissimo Vescovo.

Sull’altare maggiore del Duomo fu issata la Gran Croce con Cristo pendente (che ammirasi nell’anticamera del palazzo vescovile); a destra la Tega d’ argento col legno della Croce (altra preziosa reliquia che possiede il Capitolo Cattedrale), a sinistra la Statua di Maria Addolorata.

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Ed eccoci al Venerdì Santo.

Sin dalle prime ore del mattino una folla immensa stivava il Duomo, per assistere al miracolo! Alle ore undici la S. Spina, col relativo Reliquiario (chiuso in un astuccio, sigillato [3], sin dal 10 Luglio dell’anno precedente), fra il canto del salmo Miserere, dall’Episcopio venne trasportata in Chiesa, seguita dal Vescovo, dal Capitolo e da molti borghesi. Fu quindi depositata su d’un tavolo, nel mezzo della tribuna, dove presero posto il Vescovo e tutta la Commissione esaminatrice.

Dissuggellato l’astuccio, alla vista di tutti (dopo aver trovati intatti i suggelli), venne estratto il Reliquiario con la S. Spina, chiusa nella campanina di cristallo (assicurata ancor questa dai suggelli del Municipio, della Pretura e del Vescovo) ed esposta, fra una corona di candele accese, alla pubblica venerazione.

Prima però di dar principio alle pubbliche preghiere, il Notar Chieppa, assistito da altri tre notai, il Cav. Luigi Intonti ed i fratelli Francesco e Riccardo Del Giudice, stese un nuovo verbale di ricognizione, riconfermando lo stato normale della S. Spina, quale si trovava nel precedente rogito del 10 Luglio 1909 [4].

Terminata questa costatazione, dall’Eccellentissimo Vescovo Staiti, verso le ore 13, si diè principio alle pubbliche preghiere, intermezzate da commoventi sermoncini del Vescovo e di parecchi del Clero [5].

Intanto si era giunti alle ore 18,30; il sole cadeva fosco ed arcigno; ed il miracolo non avveniva! … Sconfortati i credenti, lieti e ringalluzziti i scredenti, tutti abbandonarono la Chiesa, mentre la S. Spina, fra le lacrime e lo schianto del Clero e dei fedeli, veniva mestamente riportata su l’Episcopio, dove giunta, dai Notai fu redatto un verbale negativo del miracolo, sottoscritto anche dai componenti la Commissione esaminatrice, e da altri testimoni. Non è a dire l’angoscia del Vescovo e di tutti i fedeli cittadini, i quali vedevano, in quel mancato prodigio, un terribile castigo del Cielo! …

Andria, in quella memorabile notte, sembrava avvolta in un lenzuolo di morte! … Anche i miscredenti ne restarono impressionati! …

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Al far del giorno del Sabato Santo, una calca di popolo fremente invade la Chiesa, versando amare lacrime di dolore, ed imprecando contro lo spettacolo del dì precedente, quando la S. Spina si teneva su d’un palco, esposta alla curiosità, ed anche alla profanazione di non pochi miscredenti, che sedevano su quella tribuna! Ed a ciò si attribuiva, dal popolo, il mancato miracolo! E, forse, non s’ingannava il popolo! … Difatti, come apprendiamo dalla narrazione dei prodigi avvenuti nel tempo precedente, la S. Spina veniva trasportata nella Cappella di S. Riccardo, e depositata sull’altare maggiore di essa, dove riposano le sacre ossa di Lui; ed ivi, costantemente, si verificò il miracolo. Si volle quindi, ad ogni costo, che la S. Spina venisse rilevata dall’Episcopio, e trasportata sull’altare maggiore della Cappella di San Riccardo. E così fu fatto. All’apparire di quella Reliquia in Chiesa, un grido formidabile, straziante, indescrivibile, ruppe dal petto di quella massa di popolo, che, piangendo e percuotendosi il petto, gridava: vogliamo il miracolo! … vogliamo il miracolo! … E quel grido, animato ancora dalla calda parola di alcuni Sacerdoti, che ascesero il pergamo, durò finché il miracolo non avvenne; cambiandosi poi in un grido più formidabile di gioia, quando il Signore, commosso dalle lagrime degli innocenti pargoletti, delle pie donzelle, dei devoti credenti, ed anche dei militi, che mantenevano l’ordine in Chiesa, si benignò concedere il tanto invocato prodigio, che durò poi per ben 40 giorni! …

La funzione del Sabato Santo (che, a stento, si poté, ininterrottamente, compiere) s’avviava al suo termine. L’Arciprete D. Nicola Cristiani dava intanto principio alla Messa solenne dei Presantificati sull’altare maggiore del Duomo, mentre nella Cappella di S. Riccardo si avvicendavano le preghiere dai Sacerdoti e dal popolo. Erano le ore undeci, quando da alcuni Sacerdoti [6] e borghesi, che stavano in adorazione a piè dell’altare, dove trovavasi esposta la S. Spina, fu avvertito un sensibile cangiamento nelle macchie, specialmente in quella della punta, che prendeva il colore vermiglio di sangue, e dilatavasi verso il centro.

Fu un momento solenne di commozione, che non sapemmo frenare; e, tolta la S. Reliquia fra le braccia, la mostrammo al popolo, impartendo con essa la benedizione. Il popolo intuì il prodigio avvenuto; ed un grido di gioia, uno sventolare di fazzoletti, un batter di mani echeggiò per la Chiesa. In quello stesso momento (notate coincidenza! …) l’Arciprete Cristiani, dall’altare maggiore, intuonava il Gloria della Risurrezione! … È impossibile descrivere ciò che avvenne in quel momento. Il popolo, tenuto a freno dai militi, voleva slanciarsi nella Cappella di S. Riccardo, per constatare il prodigio … Il Clero lascia la funzione liturgica, e corre alla medesima Cappella … I due ministri dell’altare abbandonano l’Arciprete celebrante [7], ed ancor essi non sanno resistere al desiderio di essere, fra i primi, a baciare la Sacra Reliquia, ed osservare il prodigio. Ma, per prudenza, la Cappella venne chiusa dai cancelli, custoditi dai numerosi militi e da guardie municipali, che gareggiarono di zelo nel mantenere l’ordine. Intanto, datone l’avviso a Mons. Vescovo, questi, unitamente ai periti (Dottori Vincenzo Lops, Riccardo Marano, Vincenzo Terlizzi, Riccardo Merra, ed i chimici Cav. Nicola Porziotta, e Vincenzo Memeo) si condusse nella Cappella di S. Riccardo; e, dopo d’aver adorata la S. Spina (prostrato al suolo col viso per terra), stringendo fra le braccia la Sacra Reliquia, dopo d’averla baciata e ribaciata più volte, la sottopose all’esame dei periti presenti, i quali, dopo d’aver constatato il sensibile cangiamento di quelle macchie, che il dì precedente erano rimaste suboscure, coram populo, previo giuramento, attestarono l’avvenuto prodigio, dichiarando che, quelle macchie, avevano preso il colore del vivo sangue !… Il solo Capitano di fanteria, Sig. Leo Ferruccio (che facea pur parte della Commissione esaminatrice, insieme al sottotenente della tenenza dei carabinieri di Andria, il Sig. Fusco Giuseppe, ed altri), pur ritenendo quanto avevano dichiarato con giuramento i sopradetti periti, a maggior chiarimento del fatto, espresse il desiderio, che la S. Spina si trasportasse sulla Tribuna, come nel giorno precedente, per constatare se quel cangiamento, avvenuto nelle macchie, fosse veramente effetto del prodigio, o della diversità di luce dall’uno all’altro luogo.

Il desiderio dell’ottimo Capitano fu presto appagato; la S. Spina fu trasportata sulla Tribuna, ed esaminata nuovamente dal Sig. Ferruccio e dagli altri periti e Commissarii, di poi sopraggiunti (non escluse le Autorità civili [8], e militari). E quando furono tutti convinti che la S. Spina presentava i medesimi fenomeni, osservati nella Cappella di S. Riccardo, il Capitano Ferruccio pel primo, e poscia tutti gli altri Commissarii e periti sopraggiunti, previo il giuramento, rivolti al popolo, confermarono l’avvenuto, prodigio.

Indi, riunitisi tutti, e periti e Commisarii, sull’Episcopio, dai quattro Notai Chieppa, Intonti e fratelli Del Giudice, fu redatto un verbale dell’avvenuto prodigio [9]. Firmatarii di questo verbale furono: S. E. Mons. Giuseppe Staiti, Vescovo di Andria; Fusco Giuseppe, sottotenente dei RR. Carabinieri; Nunzio D’Adduzio, vice - pretore; Michele Can. Prof. Agresti; Angelo Fanizza, Pretore di Andria; Riccardo Dottor Marano: Sebastiano Alicino, Giudice aggiunto; Pirro Pietro, Cancelliere della Pretura; Vincenzo Dott. Terlizzi; Cav. Michele Marchio, Sindaco; Dottor Raffaele Sgarra, Consigliere Provinciale; Primicerio Raffaele Leonetti; Arciprete Nicola Cristiani; Dott. Vincenzo Lops; Parroco – Priore Michele Caprara; Farmacista Vincenzo Memeo; Can. Teologo Riccardo Memeo; Farmacista Nicola Cav. Porziotta; Can. Vincenzo Di Palma; Mans. Giuseppe Soriano; Francesco Parroco De Corato; Ing. Riccardo Cav. Ceci; Avv. Giuseppe Cav. Fortunato; Capitano Leo Ferruccio; Avvocato Saverio del Giudice; Dott. Riccardo Merra; Farmacista Giuseppe Gioscia; Mans. Sebastiano Giorgio; Stefano Fasoli; Mans. Francesco Colasuonno; Cav. Filippo Fasoli; Raffaele Magno: Tommaso De Simone; Luigi Cav. Intonti Notaio; Avv. Francesco Del Giudice; Notar Riccardo Del Giudice; Riccardo Notar Chieppa.

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Al verbale di ricognizione del prodigio avvenuto (firmato dai sopra citati signori) molti privati attestati e spontanee dichiarazioni di persone d’ogni condizione sociale, sia cittadine che forestiere, vennero ad unirsi.

Andremmo troppo per le lunghe, se qui volessimo tutte riportare quelle spontanee dichiarazioni in iscritto, depositate nella Curia Vescovile [10]. Ne citeremo quattro solamente, perché più brevi, e rilasciate da persone d’ogni grado sociale. Primieramente quella collettiva dei tre Illustri Presuli, l’Arcivescovo di Manfredonia Mons. Pasquale Gagliardi, il Vescovo di Gravina e Montepeloso Mons. Nicola Zimarino, ed il Vescovo di Conversano Mons. Antonio Lamberti, ai quali si unì il P. Antonio M.ª Stravino della Compagnia di Gesù, Preposto Provinciale di Napoli. Ecco la loro dichiarazione in iscritto, rilasciata nelle mani del Vescovo Mons. Staiti:

«Il giorno 11 Aprile 1910, recatici a venerare la S. Spina, che si conserva nella Chiesa Cattedrale di Andria, l’abbiamo trovata esposta in Chiesa, e l’abbiamo veduta rosseggiare, alla punta ed in diverse altre parti inferiori. L’abbiamo dopo seguita, trasferendosi nell’attiguo palazzo vescovile; e nell’atrio di esso ci apparve di colore più rosseggiante, con tendenza al cupo. Saliti sul palazzo suddetto l’abbiamo riosservata, e trovato scomparso l’arrossimento [11]: In fede ecc.

Firmati: † Pasquale Gagliardi Arcivescovo di Manfredonia, † Nicola Zimarino Vescovo di Gravina e Montepiloso, † Antonio Lamberti Vescovo di Conversano e Amministratore Apostolico di Castellaneta, P. Antonio M. Stravino della Compagnia di Gesù, Preposto Provinciale di Napoli».

L’altra dichiarazione è del Conte Eustachio Rogadeo di Torrequadra di Bitonto.

«Recatotni il giorno 21 Aprile dell’anno 1910 nella città di Andria col Pellegrinaggio di Bitonto per venerare la S. Spina, che si conserva in quella Cattedrale, sono ancora internamente commosso dell’entità del prodigio colà con i miei propri occhi osservato. Poiché, animato da una forte curiosità, non figlia del dubbio e dell’incredulità, ma generata dalla grandiosità e dal fascino del soprannaturale annunziato, ho voluto osservare il decantato prodigio. Ed infatti essendomi riverentemente avvicinato alla grandiosa Reliquia, ed avendo attentamente e diligentemente esaminato, ho riscontrato sulla S. Spina delle macchie come di sangue, delle quali il colore alla mia presenza s’è alterato, passando dal rosso sbiadito a quello più oscuro ed intenso. Quelle macchie poi si sono novellamente rimesse, riprendendo un tono di colore meno vivo, e tutto ciò è avvenuto mentre che il Reliquiario era appoggiato su di uno sgabello di legno e lontano o da qualsiasi contatto. Meravigliato di tale vitalità racchiusa nella portentosa Reliquia, ho stimato che Essa fosse impossibile potersi comunicare da forza umana con qualsiasi artifizio, e son convinto essere dovuto a portentoso avvenimento, il quale mi lascia attonito con la entità, e mi fa una volta di più adorare questa miracolosa manifestazione. Tutto ciò lo giuro sulla mia fede di Credente, e sul mio onore di Gentiluomo.
(F.to) Conte Eustacchio Rogadeo di Torrequadra»

La terza dichiarazione, che qui riportiamo, è quella del Segretario Capo del Municipio di Canosa Sig. Nicola Motti fu Uriele, e di altri Signori Canosini. Essa è così concepita.

«L’anno 1910 il giorno 9 Aprile in Andria, nel Palazzo di Mons. Vescovo della Diocesi: noi qui sottoscritti del Comune di Canosa di Puglia, venuti in Andria, per ammirare e venerare la SS. Spina pel miracolo avvenuto il giorno 26 Marzo or decorso (Sabato Santo), durato come ancora dura ad ammirazione di tutti, abbiamo attentamente osservato e minutamente esaminato da tutti i lati, nella sua naturale essenza, ed abbiamo rilevato il continuo movimento delle macchie sanguigne che trovansi impresse nella Spina, e specialmente alla punta di essa; movimento portentoso che ha contrito i nostri cuori, commossi dalla venerazione pel portentoso avvenimento.
Ed in fede di che noi sottoscritti ne facciamo attestazioni, e con fiducia vi apponiamo le nostre firme:
Firmati Nicola Motti fu Uriele, Segretario Capo del Municipio di Canosa, Flavio Tusi fu Nicola, Gaetano De Nichilo, Giovanni Sac. Di Capua».

La quarta dichiarazione è del nostro concittadino Dott. Paulo Parlati, Maggiore Medico — Essa è così concepita:

«In preda a scetticismo e dubbio, il 31 Marzo 1910, alle ore otto e minuti trenta, mi portai all’Episcopio per visitare la S. Spina. Scetticismo e dubbio furono abbattuti, non appena osservai la S. Reliquia chiazzata alla base di macchiette di colore brunastro e verso la punta, ricoperta da un grumo di colore rosso - cupo circondato da alone di alone colore vermiglio, similissimo ad un grumo di recente schizzato da ferita di piccola arteria. Terrorizzato, riosservai, con lente d’ingrandimento, più volte, il soprannaturale fenomeno; e da quel Sacro Giungo, in muto linguaggio, sentia ripetermi: Questo è sacratissimo sangue, che il Cristo, Verbo Umanato, sparse per la redenzione dell’uomo. Prostrati e adora il Dio supremo Creatore dell’universo».

Moltissime simili dichiarazioni furono rilasciate nella Curia Vescovile da distinti cittadini Andriesi e Forestieri. Dei cittadini quella del Dottor Riccardo Bisceglia, Capitano Medico; dei Dottori Domenico e Carlo Chicco; del Dott. Nicola Pomo; dell’Ingegnore Antonio Tammaccaro; dell’Ingegnere Riccardo De Corato; dell’Ing. Raffaele Mastropasqua; del nobiluomo Michele Vaccarella; del Prof. Francesco Papa; del Sig. Saverio Spagnoletti; dell’Ingegnere Eugenio Latilla; del Sig. Gennaro Caprara; del Prof. Nicola Vaccina; del Prof. Nicola Vurchio; del Sig. Antonio Losito; del Sig. Riccardo Torelli; del Sig. Riccardo Marchio; del Sig. Antonio Tannoia; del Prof. Giovanni Giura; dell’Avv. Michele Civita; ed altri. Dei forestieri, quelle del P. Sabino Rinella della Compagnia di Gesù e del P. Sergio di Gioia della medesima Compagnia e di altri.

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Alle dichiarazioni di quei fortunati, che videro coi propri occhi lo stupendo prodigio, e ne vollero attestare le loro impressioni, vorremmo poter aggiungere le infinite lettere, telegrammi ecc., che a centinaia pervennero al Vescovo da personaggi distinti del Clero e del laicato cattolico dall’Italia e dall’estero. Ma, non essendo ciò possibile, ci limiteremo a registrare qui qualcuna delle più importanti lettere. E, principalmente, quella del Cardinal Merry del Val, Segretario di Stato di Papa Pio X, a nome e da parte di Sua Santità medesima:

«Segreteria di Stato di S. Santità. - 43510.

Dal Vaticano 14 Aprile 1910.

Ill.mo e Rev.mo Signore,
Ho ricevuto il foglio ed i relativi allegati che V. S. Ill.ma e Rev.ma mi ha inviato in data del 29 marzo p. p. e non ho mancato di riferire al Santo Padre le gradite e consolanti notizie che Ella mi ha partecipato. Sua Santità vivamente confortata da così splendida manifestazione di fede dei buoni andriesi, ringrazia Iddio, che nella sua infinita bontà non cessa mai di parlare, ed in modo così meraviglioso, alla mente ed al cuore degli uomini, per trarre tutti a sè, e confida che la pietà di cotesti fedeli faccia tutto cooperare alla santificazione delle loro anime ed alla divina gloria. Ed intanto benedice ben di cuore V. S. e l’intiera diocesi, ed implora a tutti l’abbondanza delle celesti grazie [12].

Mi valgo di questa propizia occasione per raffermarmi con sensi di sincera stima.
Di V. S. Ill.ma e Rev.ma

Servitore R. Card. Merry del Val.»

Alla venerata lettera del Cardinal Segretario di Stato del Papa vorremmo far seguire altre lettere di Porporati, Vescovi e dignitarii ecclesiastici, che tanto s’interessarono dell’avvenuto prodigio, e chiesero esemplari dei documenti pubblicati per le stampe.

Numerose sono pure le lettere, che ci pervennero dall’estero, come quelle dell’illustre Conte De Leusse (Membre de plusieurs accademie), in data 25 aprile 1910, da Lion (France); dal Signor Heinrich Sehwich, in data 25 aprile del medesimo anno da Innsbruck (Germania); del Prof. Scanna, in data 3 aprile 1910. da Cork; dell’Arcivescovo titolare d’Amasia, B. Osth, in data 13 aprile, il quale riferiva di aver tradotto un articolo del Corriere d’Italia, che parlava del prodigio della S. Spina, per la stampa americana; del E. Angelico dei Maristi, il quale dice di aver appresa la notizia del prodigio dai giornali di Parigi, specialmente dans la Croix de Paris; del Rettore del Pontificio Collegio Espanol de San Iosè, Luis Maria Albert V Fombuena, il quale scrive a nome del Cardinale Spagnuolo Vives Tuto, facendo le più vive congratulazioni a Mons. Staiti, e facendo conoscere che il R. P. Rewer lo assicurava che si è propagata per tutta la Spagna la consolante notizia (del prodigio della S. Spina); e così di molti altri, i quali nel fare le congratulazioni al fortunato Vescovo, chiedeano notizie più ampie dello straordinario avvenimento.

Anche la stampa italiana ed estera si occupò del prodigio, come La Civiltà Cattolica; La Rivista Eucaristica dei Salesiani (periodico diffuso in tutto il mondo, dove i Salesiani hanno sparsi i loro Collegi); L’Osservatore Romano; La Vera Roma; Il Corriere d’Italia; La Libertà e la Croce di Napoli; La Riscossa di Breganze (giornale pure dei Salesiani), che scrisse come, del miracolo della S. Spina di Andria, debbano interessarsi tutti i cattolici dei due emisferi; La Pagina della Domenica di Lucera; Il Risveglio di Bari; Il Buon Senso di Barletta ; L’Ape di Cerignola ecc. ecc.

Dei giornali esteri sappiamo che se ne occupò la stampa spagnuola, francese, tedesca, americana, come dalle lettere innanzi citate.

Né solamente la stampa cattolica, ma anche quella anticattolica si occupò della nostra S. Spina, benché con diverso intendimento e con diverso apprezzamento. Ma ciò nulla toglie alla gloria di Dio; anzi serve a maggiormente far rilevare la sua onnipotenza, come le ombre fanno più risaltare i colori di un quadro, e l’inferno serve anche a dimostrare la giustizia e la onnipotenza di Dio! …

Ed anche Montecitorio si occupò della nostra S. Spina! … Il Deputato Eugenio Chiesa, nella tornata del 22 maggio 1910, dopo d’aver parlato alla Camera dei Deputati sulla gravezza delle spese militari, e sulla infiltrazione del clericalismo nell’esercito, venne ad accusare alcuni ufficiali, che avevano fatta testimonianza per il rinnovarsi del miracolo della S. Spina in Andria [13]! … Al Deputato Chiesa [che destò l’ilarità della Camera] rispose il Ministro della guerra, onorevole Spingardi, deplorando l’episodio relativo al miracolo della S. Spina in Andria, ed assicurando l’onorevole Chiesa che la sanzione militare disciplinare non ha tardato immediatamente sin d’allora di farsi sentire e biasimare severamente l’incauta partecipazione … [14]. E così, mentre si apprese che ai militari, in Italia, non è lecito far professione di fede cattolica (ad onta che il primo articolo dello Statuto dica che la Religione Cattolica è la Religione dello Stato) quell’incidente servì ancora a fare la reclame alla nostra S. Spina ! … Onnipotenza di un Dio, che dalle tenebre fa sorgere la luce, dal male ne ricava il bene! …

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Ed ora una parola sui numerosi e devoti pellegrinaggi collettivi venuti in Andria a venerare la S. Spina, ed osservare coi proprii occhi il prodigio avvenuto.

Senza parlare della solenne processione, che ebbe luogo il dì 23 marzo (lunedì di Pasqua di quell’anno, alla quale presero parte tutti i cittadini d’ogni condizione e moltissimi forestieri, venuti espressamente dalle città circonvicine, ci limiteremo a parlare dei soli pellegrinaggi venuti in comitiva [15]. Primo fu quello di Cerignola, nel dì I d’aprile 1910, capitanato da non pochi Sacerdoti e dalla nobile Arciconfraternita del Santissimo Sacramento (vestita di sacco e Preceduta dalla Croce) seguiti da una fiumana di cerignolani di ogni età, sesso, e condizione. Il vastissimo Duomo non era capace a contenerli tutti!

Il giorno seguente, 2 aprile, numerosi pellegrinaggi giungevano da Barletta, Trani, Corato e da altre città circonvicine, in tutte le ore della giornata. Si calcolò il numero complessivo di circa trentamila pellegrini!

Il 3 aprile successivo un altro numerosissimo pellegrinaggio venne da Cerignola (composto dalle due Confraternite di S. Giuseppe e di S. Rocco vestite di elegante sacco ecc.), preceduto da una fanfaretta, guidata da molti Sacerdoti, e seguiti da migliaia e migliaia di fedeli dell’uno e dell’altro sesso e d’ogni condizione. Contemporaneamente giungeva un altro più numeroso pellegrinaggio da Barletta, composto di parecchie Confraternite, vestite di elegantissimo, sacco e di una fiumana di fedeli dell’uno e dell’altro sesso. Era giorno di Domenica, e per dare posto ai forestieri nel Duomo, si dovettero allontanare tutti i paesani, disponendo che le Messe si celebrassero nelle altre Chiese vicine. Nel Duomo, prima fu ammesso il pellegrinaggio cerignolano, e poscia il barlettano, celebrandosi, da un rispettivo loro Sacerdote, la Messa solenne, dai barlettani accompagnata con musica a più voci.

Il dì 4 aprile altri numerosi pellegrinaggi giungevano dalla medesima Cerignola, da Barletta e da Trinitapoli. Ed essendo pure giorno festivo (si celebrava la festività rimandata dell’Annunziata), si usò come nel giorno precedente, celebrandosi successivamente tre Messe solenni (in musica quella dei barlettani) per i tre distinti pellegrinaggi. Le funzioni, in questo giorno, si protrassero sino alle ore 14 e mezza.

Intanto, come più diffondevasi la nuova della durata ancora del prodigio, più aumentavano i pellegrinaggi di Sacerdoti, di Confraternite, di Circoli, di Associazioni cattoliche, di Club sportivi, che, da ogni città della Provincia ed anche di fuori, qui accorrevano, in tutti i dì, in tutte le ore, su treni speciali, su vetture, in biciclette, ed anche a piedi! … Andria, in quei giorni, sembrava una vera capitale in festa, dove accorre gente d’ogni città, d’ogni paese! Ed accoglieva tutti con grande ospitalità. Alla stazione ferroviaria, al giunger d’ogni treno, recavansi a ricevere i pellegrinaggi in comitiva, una rappresentanza del Clero ed un buon numero di associazioni cattoliche con i rispettivi vessilli, preceduti dalla fanfaretta del Circolo sportivo Fidentia, diretto dal bravissimo e zelante Sacerdote D. Luigi Losito, Mansionario della Cattedrale di Andria; mentre la città era messa a festa, i balconi e le finestre tappezzati di arazzi e di bandiere bianche con la croce rossa nel centro. All’ingresso in Andria, i pellegrinaggi in comitiva, formanti un corteo, attraversavano le principali via della città, accolti dagli applausi dei cittadini, pigiati sui balconi, sulle finestre, sulle terrazze, fra lo sventolio dei fazzoletti e scroscianti battimani. Entrati poi in Duomo, passando fra un cordone di militi, erano ammessi successivamente al bacio della prodigiosa Reliquia, uscendo per la parte della sacrestia, che mette sulla gran piazza Catuma, dove era uno spettacolo veramente commovente nel mirare tanta gente, che, piena di fede, lieta e soddisfatta tornava al proprio paese, narrando, con entusiasmo, il prodigio veduto coi proprii occhi in Andria.

E nuovi e più numerosi pellegrinaggi intanto succedevano ai primi, che ci riesce impossibile poter qui tutti numerare e descrivere.

Fra i tanti personaggi qui giunti il giorno 5 aprile fu notato l’Eccellentissimo Mons. Carrano, Arcivescovo di Trani, alcuni signori e signore veneziane, e parecchie signore del Belgio, che si trovavano per diporto a Napoli, ove seppero del prodigio della nostra S. Spina.

Un altro numeroso pellegrinaggio con quattro Confraternite, col Ricreatorio Silvio Pellico, preceduto da fanfara, e seguito da parecchie migliaia di fedeli dell’uno e dell’altro sesso, venne in Andria da Ruvo il giorno 6 aprile. Più di ottomila pellegrini vennero da Canosa di Puglia il giorno 7 successivo, capitanati da molti Canonici in Cappa Magna e da numerosi sacerdoti uniti a sei Confraternite, quelle cioè del Santissimo, dei Raccomandali, di S. Biagio, della Madonna della Saletta, del Rosario e del Carmine, tutti vestiti di ricco sacco e di elegante corredo, che destarono l’ammirazione di tutti.

Altri numerosi pellegrinaggi vennero il giorno 8 e 9 da varie altre città circonvicine, fra i quali si distinse quello delle giovanette Gerardine (da S. Gerardo a Majella) capitanato dal Canonico D. Antonio Luisi e da molti altri Sacerdoti di Canosa.

Il giorno 10 altri numerosi pellegrinaggi giungevano da Margherita di Savoia, da Trinitapoli e da Barletta, con numerose Confraternite e migliaia e migliaia di fedeli dell’uno e dell’altro sesso.

Nel medesimo giorno un altro numerosissimo pellegrinaggio giungeva da Bisceglie, preceduto dalla simpatica fanfara del Circolo Giovanile di quella città, in uniforme da Bersaglieri. Si calcolarono, in questo giorno, oltre a trentamila pellegrini, succedendosi nella visita della S. Spina sino ad ora tarda della sera.

Nei dì seguenti (11, 12 e 13 aprile) altri numerosi pellegrinaggi vennero da Spinazzola, da Montemilone, da Trani, da Conversano e da altre città della Provincia e di fuori.

Il giorno 14, alla spicciolata ed in comitiva, si videro arrivare in Andria, in tutta la giornata, pellegrini e pellegrinaggi da Canosa, da Minervino-Murge, da Barletta, da Trani, da Molfetta, da Trinitapoli, da Margherita di Savoia e da altre città, da poter calcolare il numero collettivo di circa cinquantamila persone.

Da Bari, da Conversano, da Rutigliano, da Manfredonia e da altre città lontane e vicine numerosissimi pellegrinaggi vennero in Andria i giorni 15 e 16 aprile.

Il giorno 17 (domenica) vi fu un concorso straordinario di pellegrini alla spicciolata, ed anche in comitiva, da molti paesi della Provincia, fra i quali si distinse l’aristocratica Trani con le società di S. Nicola Pellegrino e quella dei Tagliamonti.

Continuando ancora il miracolo, i pellegrinaggi più crescevano e si raddoppiavano, tanto che i poveri militi, le guardie municipali ed i Sacerdoti addetti alla S. Spina non ne potevano più.

Ma l’entusiasmo, che suscitavano i pellegrinaggi, e la soddisfazione che da tutti si provava, nel vedere accorrere tanta gente in Andria, anche da lontani paesi, facevano dimenticare la stanchezza, e sopportare ben volentieri ogni disagio.

Grandioso fu per fede e devozione il numeroso pellegrinaggio, venuto da Molfetta, il giorno 19 aprile, organizzato dai Parroci di quella illustre e cattolica città. Era composta dal Clero, da tutte le società e circoli cattolici e da una fiumana di popolo, fra i quali moltissimi marinai. Rilevato da una rappresentanza del nostro Clero e da tutte le nostre società e circoli cattolici, coi rispettivi vessilli, il pellegrinaggio, dall’ippodromo (detto lo steccato), dove erasi dato convegno, mosse alla volta della città, pavesata a festa (come i dì precedenti), cantando inni sacri, fra gli applausi del popolo andriese, pigiato sulle vie, sui balconi, sulle terrazze. Giunti in Duomo, in atteggiamento veramente devoto, i pellegrini proruppero in un formidabile grido di Viva Gesù Cristo, Viva la S. Spina di Andria, Viva Maria Immacolata, Viva Andria Cattolica. Indi, recitata la professione di fede, dopo d’aver ascoltata la S. Messa, gran numero di essi si accostò a ricevere la S. Eucaristia, dispensata dal celebrante D. Gaspare De Palma (Parroco di quella città, e da altri cinque sacerdoti molfettesi, vestiti di cotta e stola, disponendosi lungo la vasta balaustra del presbiterio). Terminata la Messa, tutti furono ammessi al bacio della Spina, che in quel giorno sembrava ancor più rosseggiante nelle sue macchie.

Nel giorno successivo (20 aprile) altri numerosi pellegrinaggi vennero da Zapponeta, da Bisceglie, da Lavello, da Barletta, da Corato, da Trani e da Bari, oltre a migliaia di pellegrini venuti alla spicciolata da altre vicine e lontane città della Puglia.

Ci piace qui, fra i tanti, narrare un episodio commoventissimo, avvenuto in questo giorno. Verso le ore 18 arrivava alle porte del Duomo un numeroso pellegrinaggio, venuto dalla lontana Aversa (in Provincia di Napoli), percorrendo, da parecchi giorni, la lunga via a piedi. Per l’ora tarda, e perché la Sacra Reliquia era stata già trasportata dal Duomo sull’Episcopio, fu fatta preghiera a quei devoti pellegrini di ritornare al far del mattino seguente. Un dirotto pianto fu la risposta a quel ragionevole rifiuto! … e non si mossero dalle porte del Duomo, supplicando con le lacrime agli occhi, di essere esauditi nel loro santo desiderio, dovendo il mattino seguente, a buon’ora, ripartire per la loro destinazione. Informato di ciò il buon Vescovo, Mons. Staiti, consentì che quei devoti pellegrini fossero ammessi nella gran sala dell’Episcopio, dove fece trasportare la Sacra Reliquia.

Contenti di quella concessione, i devoti Aversitani si prostrarono al suolo, recitando devotamente il Credo, quando, all’apparire della S. Spina, che aveva, in quell’ora, le macchie assai sbiadite, d’un tratto quelle macchie si ravvivarono. Prima ad accorgersi fu una giovanetta, la quale, rizzatasi in piedi, cominciò a gridare Mamma, Mamma, vedi come s’ è fatta rossecella la S. Spina! E di fatti le macchie avevano preso un colore assai vivo, quasi sanguigno. Mentre tutti devotamente osservavano la Santa Reliquia, la medesima fanciulla, fattasi mesta, proruppe in un secondo grido Mamma, Mamma, guarda, guarda … da rossecella la S. Spina è tornata n’auta volta a farse bianchecella! … E difatti, tutti i presenti notarono quel repentino cambiamento.

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Troppo andremmo per le lunghe se volessimo qui riportare i varii episodii, narrare le manifestazioni di fede, cui fummo testimoni in quei quaranta giorni della durata del miracolo [16]. Lasciando intanto gli altri innumerevoli pellegrinaggi, venuti da tutte le città della Provincia e da altre città della Puglia, ci piace ricordare qui il grandioso pellegrinaggio di Bitonto (capitanato dall’Eccellentissimo Vescovo Mons. Don Pasquale Berardi) e quelli di -Terlizzi e Bisceglie. Per riguardo al primo (venuto in Andria il 21 aprile), già sin dalle prime ore del mattino molti treni speciali aveano riversati in Andria migliaia di bitontini, senza tener conto di quelli venuti sui treni ordinarii nel giorno precedente. Verso le ore 10 giungeva poi Sua Eccellenza Mons. Berardi, accompagnato da una rappresentanza del suo Capitolo Cattedrale, da moltissimi Sacerdoti, dal suo Seminario Diocesano, da un stuolo di Frati Francescani e dalla parte più eletta di quella colta e gentile città, fra cui il Conte Rogadeo e moltissime signore e signorine.

Ricevuto alla stazione ferroviaria da una larga rappresentanza del Capitolo Cattedrale e delle due Collegiate, dalla Direzione Diocesana e da tutti i circoli ed associazioni cattoliche di Andria, coi rispettivi vessilli, il simpatico Vescovo si unì agli altri pellegrini, formando un lungo corteo, preceduto da numerosi Frati Minori Osservanti di Bitonto, con la Croce inalberata. Seguiva immediatamente il Vescovo Berardi, circondato e seguito dal suo Clero, dalle rappresentanze del Clero di Andria e dalla numerosissima Congregazione delle Figlie di Maria di Bitonto, le quali, con le loro argentine voci, alternavano sacre e commoventi canzoni. Venivano poi i Circoli cattolici di Bitonto (quelli di Pio X, Fede e Lavoro, Democratico-Cristiano, Alessandro Manzoni) coi rispettivi vessilli, i Circoli e le Associazioni cattoliche di Andria pure coi loro rispettivi vessilli, ed una fiumana di Bitontini dell’uno e dell’altro sesso, e di ogni condizione sociale, recitando devote preci, alternate da sacre canzoni.

Il lungo Corteo percorse le principali vie della città fra un continuo batter di mani al passaggio del Vescovo Berardi, il quale, sorridente, benediceva al popolo, stivato sui marciapiedi, sulle finestre, sui balconi, sulle terrazze, pavesate di ricchi drappi e bandiere bianche, lanciando a piene mani fiori primaverili e variopinti cartolini tagliuzzati. Fra l’entusiasmo e la commozione si giunse finalmente al Duomo, dove il Vescovo Berardi fu ricevuto dal rimanente del Capitolo in Cappa Magna e dal rappresentante del Vescovo Staiti, il quale, in quel giorno, trovavasi leggermente indisposto.

Vestito degli abiti pontificali, Mons. Berardi, assistito dal Capitolo Cattedrale, celebrò Messa bassa pontificale, dispensando la Sacra Eucaristia a molti di quei devoti bitontini.

Terminata la Messa, il Parroco Calamita di Bitonto, dal pergamo, pronunziò un dotto e commovente discorso di occasione, smagliante nella forma, e pieno di nobili concetti. Indi, tra un fitto cordone di militi, i bitontini furono, successivamente, per parecchie ore, ammessi tutti ad osservare e venerare la S. Spina, la quale, in quel giorno, subiva varii e ripetuti cangiamenti nel colorito delle sue macchie, or facendosi più rosse, or più sbiadite, fra la commozione di quei devoti bitontini, che piangevano di tenerezza, ed imploravano grazie da quella Sacra Reliquia.

Non meno commovente fu la partenza dei Bitontini dalla stazione ferroviaria di Andria, dove moltissimi treni speciali erano là sbuffanti ad attenderli. Tutte le società e circoli cattolici, coi rispettivi vessilli, la banda cittadina e la fanfara del Circolo Fidentia, una fiumana di cittadini andriesi d’ogni età, sesso e condizione, eransi dato convegno sul piazzale della stazione, per salutare i Bitontini nella partenza. Montato appena sul treno, Mons. Berardi, a quello spettacolo veramente imponente, non seppe frenare la sua commozione, e, presentatosi sulla piattaforma del treno; pronunziò vibrate e commoventi parole di ringraziamento per la spontanea e colossale dimostrazione ricevuta, impartendo poscia a tutti la pastorale benedizione, mentre i treni si mettevano in moto fra un vero delirio d’entusiasmo degli andriesi, ricambiato da eguale entusiasmo dei bitontini, fra lo sfarfallio dei fazzoletti e gli applausi scambievoli degli andriesi e bitontini, i quali si partivano cantando l’ inno: Evviva le Croce, lasciandoci estatici nel seguire le onde sonore di quell’ineffabile canto!

Abbiamo voluto narrare queste particolarità, perché sappiano i posteri quanta grandezza racchiude in sé quel SACRO GIUNGO, che forma la gloria, maggiore della nostra città, e quanta gioia esso ci ha procurato coi suoi prodigi.

Che, se grandioso fu il pellegrinaggio Bitontino, specialmente per la presenza del Vescovo Berardi, che vi prese parte, non meno grandiosi furono i pellegrinaggi di Terlizzi e Bisceglie, l’uno del di 22, e l’altro del di 24 Aprile.

Il pellegrinaggio Terlizzese era capitanato dal venerando Arciprete di quell’ illustre Capitolo Cattedrale, il Rev.mo D. Luigi Tauro, e da quindici Sacerdoti, fra i quali il Rev.mo D. Gennaro Milano di S. Agnello di Sorrento, il quale, dopo d’aver predicato la Quaresima in Terlizzi, fu poi cortesemente trattenuto in quella città per dare gli esercizii spirituali e preparare i Terlizzesi al solenne pellegrinaggio in Andria, a venerare la S. Spina.

Senza ripetere i soliti ricevimenti e le solite manifestazioni di affetto e cortesia che Andria, preavvisata, prodigava ai più importanti pellegrinaggi, i Terlizzesi si distinsero per la pietà, quasi tutti accostandosi devotamente a ricevere il pane degli Angioli dalle mani del celebrante D. Milano (il quale recitò un commovente fervorino di occasione) e da 5 altri Sacerdoti Terlizzesi a ciò destinati.

Il pellegrinaggio terlizzese componevasi di circa tre mila persone di ogni età, sesso e condizione. Vi presero parte anche la numerosa Confraternita di S. Francesco d’Assisi, il Circolo giovanile Fede e Lavoro ed il Ricreatorio festivo S. Michele colla sua brava fanfara.

Il pellegrinaggio Biscegliese contava oltre a seimila persone. capitanate da 15 Sacerdoti. Vi presero parte ben dieci Confraternite di quella illustre città; e cioè la Confraternita di S. Giovanni, di Maria del Soccorso, del Cuore di Ceni, di S. Giuseppe, della Vergine del Rosario, della Madonna della Misericordia, della Vergine di Costantinopoli, dei SS. Protettori, del SS. Sacramento e dell’Immacolata (tutte gareggianti nel numero e nella eleganza dei paludamenti); tutte le Società Cattoliche ed il Ricreatorio S. Luigi colla propria fanfara, già ammirata nell’altro numeroso precedente pellegrinaggio del 10 aprile.

Celebrò Messa cantata solenne il Penitenziere di quella Cattedrale, D. Michele La Notte; dopo il quale, il Prof. D. Vincenzo Caputo, Parroco della Parrocchia della Madonna del l’assaggio di Bisceglie, con forbita parola, facea conoscere ai devoti biscegliesi che, scopo di quel pellegrinaggio, non era la semplice curiosità di vedere quella Spina tinta di sangue del Divin Redentore, ma principalissimo, era quello di risvegliare la fede viva in Cristo, coronato di spine per la nostra redenzione; aggiungendo poi che, la Corona di spine, posta sul capo divino del Nazzareno per ignominia, si convertì invece in Corona di gloria; e quelle spine, bagnate dal sangue di Cristo, divennero rose profumanti di celestiale bellezza.

Indi, per parecchie ore, tutti furono ammessi al bacio della Sacra Reliquia, fra lacrime di gioia e di commozione.

E qui, per non abusare della pazienza del cortese lettore, domandiamo venia, se passiamo sopra a tanti altri numerosi e nuovi pellegrinaggi venuti da Trani [17], da Barletta, da Margherita di Savoja, da Trinitapoli, da Ruvo di Puglia, da Canosa da Minervino Murge, da Bisceglie, da Gravina, da Altamura, da Foggia [18], da Conversano, da Canneto, da Giovinazzo, e perfino dalla lontana Benevento, da Campobasso, da Aquila, e da altre città dell’Abruzzo, della Campania, del Napolitano, del Leccese; senza contare poi i numerosi pellegrinaggi, che recavansi al Gargano ed a Bari a visitare S. Michele Arcangelo e S. Nicola di Mira, fermandosi, nel loro transito, a venerare la S. Spina in Andria.

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Ma già la S, Spina cominciava a ritornare nello stato suo normale. Le macchiette e la punta, che vedemmo rosseggiare di un vivido sangue, andavano man man sempre più sbiadendo.

Il giorno 3 Maggio, festività della Invenzione della Croce. la S. Spina era tornata nel suo stato normale, dopo 40 giorni di prodigio.

Ad onta che continuassero i pellegrinaggi, il dì 15 Maggio, (festività di Pentecoste) Sua Eccellenza Monsignor Staiti invitava il Clero ed il popolo di Andria a recarsi nel Duomo, per assistere alla sua messa Pontificale, finita la quale, fu cantato un solenne Te Deum di ringraziamento a Dio, per lo straordinario prodigio operato nella S. Spina, che trafisse il Capo del Nazareno.

Così chiudevansi quelle feste, che tanta emozione, e tanta viva fede aveano ridestato nel cuore degli Andriesi e dei forestieri, che vi presero parte coi loro devoti pellegrinaggi.

Chiudiamo questo Capo col riportare qui la numerazione degli anni nei quali coincide il Venerdì Santo colla festività dell’Annunziata (25 Marzo), a cominciare dall’anno 1622 sino all’anno 2168 - Essi sono: Anni 1622 - 1633 - 1644 - 1701 - 1712 - 1722 - 1785 - 1796 - 1842 - 1853 - 1864 - 1910 (unico anno in cui avvenne il Prodigio il 26 Marzo; invece del 25).

Gli anni futuri, nei quali coinciderà il Venerdì Santo col 25 Marzo (festività dell’Annunziata), e che si spera, la Dio mercè, che si rinnovi il prodigio, sono il 1921 - 1932 – 2005 [19] – 2016 – 2157 - 2168.

E qui facciamo punto, coll’augurio che, quanti videro il Miracolo del 1910, possano vedere i successivi miracoli, almeno sino a quello del 2168! …

NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva)

[1] L’originale di questo rogito trovasi presso il sopradetto Notaio, e copia conforme nella, Curia Vescovile. Chi volesse avere cognizione di questo e di tutti gli altri atti pubblici e privati redatti in tale occasione, non che notizia di quanto avvenne in tale circostanza, potrà consultare il nostro libro, pubblicato per F. Rossignoli, Andria. dal titolo: La prodigiosa Reliquia della S. Spina che si venera nel Duomo di Andria. Raccolta di documenti relativi allo straordinario miracolo del 1910.
[2] Le lettere del P. Losito sono tutte riportate nel nostro citato libro: La preziosa Reliquia ecc.
[3] Fatta la ricognizione legale della S. Spina col rogito del 10 luglio 1909, la sacra Reliquia, alla presenza di tutti i costituiti in quel rogito, venne chiusa in apposito astuccio legato da nastro bianco, assicurandolo con cinque suggelli a ceralacca rossa, uno del Municipio, due della Pretura, e due del Vescovo.
[4] Questo verbale, come tutti altri successivi, sono riportati nel nostro su citato libro.
[5] Essi furono il quaresimalista Parascandalo, l’Arcidiacono Troia, l’Arciprete Cristiani, il Cantore Fatone, il Canonico Agresti fu Sebastiano, il Mans. Vista. il Mans. Giorgio (tutti della Cattedrale), i Canonici Sardano ed Agresti fu Giacomo della Collegiata di S. Nicola; ed i Parroci Caprara, De Corato e Fatone.
[6] Fra questi eravamo noi, unitamente al Canonico D. Giacinto Matera ed al Canonico Don Nicola Sinisi, toccandoci, in quell'ora, il giro di adorazione alla S. Reliquia.
[7] Il povero Arciprete Cristiani resta talmente scosso da quelle grida, da quel movimento (che non sapeva se attribuire alla letizia del miracolo, o ad una ostile dimostrazione dei contradittori miscredenti), che, dopo tre giorni da quel avvenimento, veniva colpito da paralisi cardiaca, da condurlo in poche ore alla tomba! …
[8] Le Autorità civili erano rappresentate dal Pretore Sig. Angelo Fanizza, dal Vice-Pretore Nunzio d'Adduzio, dal Cancelliere della Pretura Pietro Pirro, dal Giudice aggiunto Sebastiano Alicino, dal Sindaco della città Cav. Uff. Michele Marchio e degli Assessori Cav. Filippo Fasoli ed Agostino Sisto.
[9] Questo verbale, come gli altri precedenti trovasi nella scheda del Notar Riccardo Chieppa, e copia fedele nella Curia vescovile. È riportato ancora nel nostro citato libro: La preziosa Reliquia.
[10] Chi volesse averne cognizione legga il citato nostro libro: La Preziosa Reliquia ecc. che raccoglie tutti i documenti relativi al prodigio avvenuto il 26 marzo 1910.
[11] Tutte le volte che la S. Spina si riportava sull’Episcopio, per tenerla ben custodita nelle ore notturne, avveniva, più o meno, un tale cangiamento: ciò che maggiormente confermava il continuato prodigio.
[12] Nell’agosto del medesimo anno, avemmo l’onore di una udienza dal Papa, e nel presentare al Vicario di Cristo un esemplare del nostro libro: La prodigiosa Reliquia ecc., che raccoglie tutti i documenti relativi al prodigio, il Santo Padre sorridendo ci domandava: ma è poi vero che è avvenuto questo miracolo? Noi si rispose: Santo Padre, e tanto vero che ci hanno creduto pure non pochi miscredenti!Lo so, sopraggiunse il Papa: ed io mi era già pienamente informato dal P. Remer (da pochi giorni defunto), il quale recossi (inosservato) espressamente in Andria, e mi parlò con entusiasmo del prodigio, che aveva osservato coi suoi propri occhi ... Sia benedetto Dio.
[13] L’Onorevole Chiesa allude al Capitano Leo Ferruccio, al Sottotenente Fusco, al Maresciallo dei Carabinieri ed a tutti i militi che assistettero al prodigio e prestarono la loro opera nel mantenere l’ordine pubblico in quella straordinaria circostanza.
[14] Difatti, non solamente il Capitano Ferruccio, il Sottotenente Fusco, il Maresciallo dei Carabinieri ed altri, ma anche il Pretore Fanizza ed il Vice Pretore d’Adduzio furono traslocati da Andria!
[15] Per circa quaranta giorni (durante il prodigio) non meno di diecimila persone, giornalmente, in gran parte forestiere, visitarono la S. Spina.
[16] Chi volesse averne più completa conoscenza, legga il nostro citato libro — La Sacra Reliquia ecc.
[17] Questo pellegrinaggio era composto dai giovani del Seminario Arcivescovile, e dai giovani borghesi del Convitto a quello annesso, vestiti in costume di Sport col garofano bianco all'occhiello, preceduti dalla propria fanfara. Molti di questi vennero in biciclette. Questo pellegrinaggio era guidato dal Direttore del Convitto e dal Consiglio dei Professori, cui si unì il P. Cannella venuto a predicare il mese mariano nella Cattedrale di Trani.
[18] Da questa nobile città venne gran numero di Suore, che accompagnava uno stuolo di Signorine del nobile Collegio delle Marcelline.
[19] Cioè alla distanza di settantatrè anni, quanti ne corrono dal 1932 al 2005.

 [testo tratto da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi" di Michele Agresti, tipi Rossignoli, Andria, 1912, Vol II, pag. 152-170]