Il Duomo di Andria

Contenuto

da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi"

di Michele Agresti (1852-1916)

IL DUOMO DI ANDRIA

CAPO I.

Sommario:
- Prospetto principale del Duomo
- Origine storica del Duomo.
- La Chiesa antica
- Il Campanile e le sue campane
- Ingrandimento e restaurazione del Duomo
- Interno del Duomo
- Cappelle esistenti nelle due navi laterali del Duomo
- Tombe messe fra gl’intercolunnii delle navi del Duomo.


Se la storia d’un popolo fa capo alla sua città, la storia d’un Ente collettivo deve pur tenere conto del luogo che lo accoglie.
E, parlando del Capitolo Cattedrale di Andria, crediamo indispensabile parlare anche del suo Duomo, che, maestoso s’innalza a testimoniare la fede degli avi nostri, e lo zelo, da cui furono animati e Vescovi e Sacerdoti, i quali, nel lungo corso dei secoli, furono a questo Duomo aggregati.
La figura, che qui presentiamo, rappresenta il prospetto del Duomo (quale oggi si vede) dal solo lato principale d’ingresso, fatto costruire, nel 1844 dal Vescovo Cosenza, sotto la direzione dell’architetto Federico Santacroce.
Dell’antico prospetto non ci è riuscito poterne avere la figura.

Prospetto principale del Duomo di Andria
PROSPETTO PRINCIPALE DEL DUOMO DI ANDRIA

Questo Duomo s’erge fra il Palazzo Vescovile e tre piazze, che lo circondano; quella cioè delle Monache, l’altra della Corte, e la spaziosissima della Catuma [1], detta ora piazza Vittorio Emmanuele.
Il suo ingresso principale, messo a ponente, è sito sulla piazza delle Monache, dove s’erge il grandioso Monastero delle Benedettine; a levante prospetta la spaziosa piazza, già Catuma; a mezzogiorno, la piazza della Corte, facendo angolo col Palazzo Ducale (oggi proprietà dei Signori Conti Spagnoletti - Zeuli); a settentrione, trovasi a ridosso delle fabbriche del palazzo vescovile.
Qual fu l’origine del nostro Duomo? a qual epoca esso rimonta?
Se vogliamo stare a quel che la tradizione e gli storici paesani ci hanno riferito, par che la Cripta, messa nei sotterranei dell’attuale Duomo, sia stata, in origine, la primitiva Chiesa, la quale, stando alla tradizione ed ai citati storici, rimonta ai primitivi secoli del Cristianesimo. Stando, invece, alle ultime scoperte ed all’asserzione di valorosi archeologi, quella Cripta par che rimonti al secolo ottavo dell’era volgare.
Egli è certo, però, che l’attuale Duomo, innalzato posteriormente su quella Cripta, non fu tutto costruito di pianta, quale oggi si vede; ma fu, invece, ingrandito, man mano, in varie epoche, come lo stile vario ci apprende. È perciò che presenta tanta irregolarità il nostro Duomo [2]!..
La sua primitiva costruzione certamente rimonta ad un’epoca anteriore ai Normanni, come lo stile gotico e barbaro ce lo dimostrano. Il Campanile, al dir degli storici, fu in origine costruito dai Longobardi, per uso di bastione, in difesa della città; ed era perciò detto la Torre di guardia, non elevandosi al di la del primo piano (Così il Durso, il Pastore ed altri).
Riccardo I Normanno, Conte di Andria, circa l’anno 1063, ingrandì l’antica Chiesa, aggiungendovi le navate. Difatti, nel Gennaio del 1779, nel rimuovere l’intonico [3] da uno dei pilastri, che sosteneva la volta della navata maggiore, per addossarvi il pergamo, si scoperse una colonna di marmo, sulla quale erano incisi questi quattro esametri [4]:

NON TIMET ÆRUMNAM: TALEM TIBI VIRGO COLUMNAM
FABRICAT IN CŒLIS: GAUDE COMITISSA FIDELIS.
VIR TIBI RICHARDUS: TU CONIUX NOBILIS EMMA:
ILLE VELUT NARDUS: TU SICUT SPLENDIDA GEMMA.

Questi versi erano preceduti da una croce, e seguiti dalla data 1069, secondo ne assicurano il Pastore ed il Durso.
L’antica Chiesa, al dire dei medesimi storici paesani, consisteva nell’attuale presbiterio, e sottopresbiterio, messo fra quello e le navate, aventi a soccorpo la Cripta, che, in origine, fu la primitiva Chiesa. L’altare maggiore era sito là dove oggi trovasi la Cappella di S. Riccardo. Il suo ingresso era di prospetto al largo della Corte. Ciò confermano le antiche finestre della Chiesa e della Cripta [ora murate], prospicienti sul largo di detta Corte.
Il Campanile fu poscia completato dai Normanni, aggiungendovi il secondo e terzo piano, l’uno e l’altro di stile gotico, come ben ce lo dimostrano i finestroni del secondo ordine, aventi nel mezzo una colonnina (con base e capitello), sormontata da una specie di cappelletto traforato da un occhio, solito ornato degli edificii gotici, di cui si riscontrano i simili nelle finestre del Castello del Monte e del pregevole Campanile della Cattedrale di Trani. La diversità dello stile fra il primo e gli altri due piani del Campanile, non che la diversa qualità della pietra, dimostrano evidentemente le due epoche (la longobarda e la normanna), in cui venne costruito il bellissimo Campanile, in cima al quale s’erge un gallo di rame, che, al dire del Durso e della patria tradizione, rammemora la venuta in Andria di S. Pietro, col quale il canto del gallo ha un significato mistico, che ricorda la profezia del Redentore: antequam gallus cantet ter me negabis![5].

Campanile del Duomo
CAMPANILE DEL DUOMO

Fra le campane, pendenti tra i quattro finestroni del primo piano di questo campanile, pregevolissima e quella detta della Madonna, costruita sin dai tempi della dominazione normanna, e propriamente nel 1111. Fu intitolata alla Madonna, per un voto fatto alla Vergine, che liberò la città di Andria, in quell’anno, da un morbo contaggioso [6]. Questa campana, al dire dello storico Durso, venne fusa con le spontanee oblazioni di oro e di argento dei cittadini andriesi, frammiste al bronzo.
Nel suo circuito portava essa incisa la seguente iscrizione: Mentem sanctam, spontaneam, honorem Deo, ac Virgini, et patriae liberationem Pantaleon fecit A. D. MCXI.
Nel 1400 questa campana fu rifusa ed ingrandita; ed, alla prima iscrizione, fu sostituita la salutazione Angelica: Ave Maria etc … Essa fu fusa da un Prete di Andria, D. Giacomo Dardanelli [7].
Per la custodia di questa campana, il Comune di Andria pagava al Capitolo, ogni anno, ducati sei [L. 25,50] per una veste di grosso sajo, che la difendesse dalle intemperie e dalle nevi, nella stagione invernale [8].
La campana della Madonna vien suonata a lenti rintocchi in ogni pubblica calamità, come nell’imperversare della bufera, nei terremoti, ed anche, per devozione delle donne partorienti, che mettono fiducia nella protezione della Vergine Madre, al sopraggiungere delle loro doglie.
Le altre tre campane furono riparate, a spese del Capitolo, nel 1638, come rilevasi da una deliberazione capitolare del dì 16 Agosto 1638 [9].
Fra queste tre campane, che adornano al presente il bellissimo Campanile, vi è quella intitolata a S. Riccardo. Essa fu costruita nel 1809, per cura della Università di Andria, sotto il Sindacato del Sig. Nicola Montenegro. Il Capitolo vi concorse alla spesa con la somma di soli ducati 30. Nel 1863 questa medesima Campana fu rifusa, e di molto ingrandita dagli artefici Ripandelli e Fiore di Taranto.
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Nel 1414 il Duomo dovette essere ingrandito e, forse, furono allora costruite le tre navi, che dividono l’attuale Duomo dall’antica Chiesa (limitata al Presbiterio e sotto presbiterio). Difatti fu nel 1414, che venne costruito il grandioso arco, a sesto acuto, che divide le tre navate dal Presbiterio, come rilevasi dalle seguenti parole, scolpite sulla mostra di marmo, messa a piè di questo arcato: Alexander Guadagno Andriensis hoc arquatum A. D. MCCCCXIV construxit.
Nel 1463 il Duomo fu poi tutto restaurato, a spese del Vescovo Mons. Fra Antonio De Giannotto, cittadino Andriese, Vescovo di Andria e di Monte Peloso, come rilevasi dalla lapide sepolcrale, che chiude le ossa di questo Vescovo, del quale abbiamo parlato nel I. volume [pag.173] di quest’opera.
Mons. Martino di Soto Maggiore (1471 - 1477), fè costruire poi nel Duomo varie cappelle, il Sacrario, ed un lato del Campanile, come abbiamo pure narrato a suo luogo nel I. volume [pag.175]. Maggiore lustro vi aggiunse poscia il Vescovo Florio (1477 - 1495), impiegando tutte le sue ricchezze di famiglia nell’abbellire il Duomo, nel ricostruire la Cappella di S. Riccardo e nell’ornare di stalli l’antico Coro. Il Vescovo Ariano (1697 - 1706) ne rifece le soffitte, facendole adornare di molte pitture. Il Vescovo Giovan Paolo Torti (1718 - 1724) lo fece adornare di stucco e ne rifece le tettoje. Finalmente nel 1844 il Vescovo Cosenza ne rifece, a sue spese, il prospetto principale [10], eseguito sotto la direzione del valoroso architetto Federico Santacroce [11]. Il frontespizio di esso, ornato di stucchi, ha sei ingressi, forniti d’inferriate, con lance e festoni in cima di ferro fuso. Un superbo pinnacolo ed un vestibolo (tutto custrutto in pietra viva) con maestosi archi, sorretti da solidi pilastri, dà ingresso nel Duomo, cui si accede per tre spaziose porte, con ben lavorati stipiti ed architravi, con cornici e ben ricamate orlature. Tre nicchie, egualmente in pietra, sono incavate nel muro del vestibolo, destinate ad accogliere tre statue [12].

Interno del Duomo
INTERNO DEL DUOMO (nave principale)

Le tre porte d’ingresso del Duomo mettono capo alle tre relative sue navate, fiancheggiate da colonne di diaspro con pilastri e capitelli (ora ricoperte di stucco, per l’uso barocco ch’erasi introdotto, appena dopo l’invenzione dello stucco ! …)
In cima della navata maggiore s’erge un vasto loggiado, messo sulla porta principale d’ingresso, che serve come da gran coretto; per assistere alle funzioni in Chiesa [13].
La volta di detta navata maggiore sino al 1902 era costruita a soffitta di tavole, con dipinti di nessun valore, rappresentanti immagini varie di Evangelisti, di dottori e di altri Santi. Tre grandi tele, attaccate alla soffitta, rappresentavano, l’una il transito di San Giuseppe, assistito dalla Vergine e dal divino Figliuolo, con l’Arcangelo San Michele da un lato, e la Santissima Trinità in cima; l’altra raffigurava il nostro Protettore San Riccardo, in atto di preghiera verso la Santissima Trinità, avente a canto la città di Andria, circondata da varii angioletti; la terza tela rappresentava l’Assunzione di Maria, titolare del nostro Capitolo, circondata da Serafini, fra lo stupore degli Apostoli. Questa volta a soffitta, minacciando rovina, nell'anno 1901 fu demolita, e sostituita da una volta a tufi, eseguita dai bravi muratori andriesi Emmanuele Merra e Giovanni Papa, sotto la direzione del valoroso ingegnere il Sig. Cav. Riccardo Ceci di Francesco, armonizzandola con le due antiche navate laterali, costrutte simmetricamente in tufo nostrale.
Furono pure, in questo tempo (1901 - 1903) restaurate le volte del Coro, coprendole di tegole di marsiglia, e tutte le terrazze del Duomo furono assicurate coll’asfalto. Negli anni successivi furono anche restaurate le due navi laterali ed il Presbiterio, spendendo, in tutto, oltre a ventimila lire [14]. A ricordo di questi restauri, fu compilata la seguente epigrafe, da incidere su pietra, e collocare nel frontone della navata maggiore [15].

Templum hoc
A munificentia Richardi Normanni Andriae Comitis
Extructum Anno Domini MLXIII
Et Decreto Aloysii D’Alcalà
Regni Neapolitani Procuratoris
Anno MD Restauratum
Fornicibus Labentibus
Aere Episcopi Capituli Municipii Gubernique
Sub Directione Architetti Richardi Equitis Ceci
Ad Solidum Reportatum Fuit
Anno Domini MCMII.

Sul limitare della navata maggiore esistono varie tombe, adibite una volta a pubbliche sepolture.
A ridosso dei due primi pilastri laterali, che sostengono la navata maggiore, ammiransi due grandi fonti di purissimo marmo (per l’acqua benedetta). A ridosso poi dell’ultimo pilastro di detta navata, a man destra, ammirasi la bellissima bigoncia, (pulpito), di noce finissima, a forma ovale ed ornata di pilastrini a rilievo, rabescata di teste di fiori dorati, e di cornici egualmente fregiate d’oro. Il paravoce è tutto rabescato di ghirlande dorate, di vasi di fiori con dei fiocchi pendenti. Fra un gruppo di nubi si vede sorgere lo Spirito Settiforme, irradiato da sfolgoranti raggi. Questo pulpito, costruito con denaro del Vescovo Ferrante, (come è detto nel I. volume [pag.333] di quest’opera, laddove parlammo di questo Vescovo) è opera pregevolissima, dovuta al valoroso artista Giuseppe Gigli, cittadino andriese.
Sull’ingresso della navata a sinistra è sito il Battisterio, in tutta noce massiccia, con pilastrini e capitelli a rilievo, e con cornici, che l’abbellano. Il cuppolino è recinto da ben ritondate cornici, portando nel centro lo stemna del Vescovo Cosenza, che, a sue spese, lo fece costruire. In cima ammirasi una vaga statuetta del Battista. Il Battisterio poggia su tre elevati gradini di marmo, ed è chiuso da un circolare cancello di ferro con lance in punta, fregiato da teste di fiori in ferro fuso e da altri ornamenti in ottone.
Fra gl’intercolunni delle due navate laterali s’incontrano dieci cappellette, tutte simmetricamente disposte, cinque per ciascuna navata.
Ciascuna di queste cappellette è coperta da volta a spicchi, disposta in crociera, e fornita di ampia finestra, che la rende luminosa.
Le cappellette, site lungo la navata a destra di chi entra nel Duomo, sono dedicate la I. a S. Pietro, la 2. a S. Francesco di Paola, la 3. alla Madonna di Lourdes, la 4. al SS.mo Sacramento, la 5. al SS.mo Crocefisso ed a Maria Addolorata.
Le Cappellette della navata sinistra sono dedicate, la I. a Tutti i Santi, la 2. alla Vergine del Carmelo, la 3. a S. Michele, la 4. a S. Giuseppe, la 5. alla Natività. A queste cinque cappelle siegue il Cappellone, intitolato a S. Riccardo.

CAPPELLE A DESTRA.

I. - La Cappella dedicata a S. Pietro, è chiusa da una balaustra di pietra, su cui poggia una inferriata con fregi di ottone. Una gran tela, sita in fondo sull’altare, raffigura S. Pietro, il quale, genuflesso, riceve le sante chiavi dal Divin Maestro, mentre gli altri Apostoli assistono testimoni a quella solenne scena. Un’altra piccola tela rappresenta S. Antonino martire, vestito di un mantello alla greca, orlato di pelli, avendo la destra poggiata sull’elsa della spada, mentre la sinistra stringe la palma del martirio [16].
2. - La Cappella, dedicata a S. Francesco di Paola e a S. Colomba, aveva pure, sino a pochi anni fa, la sua balaustra di pietra con inferriata ornata di ottone; ora, quella balaustra è formata di colonnine di marmo; come pure di marmo è l’altare, fatto recentemente costruire a cura del Canonico D. Giovanni Marano, che ne tiene da molti anni la custodia di detta Cappella, e ne promuove con zelo la devozione al Santo taumaturgo Francesco di Paola.
Tre dipinti su tela formano l’ornamento di questa Cappella; quello messo in cima all’altare rappresenta S. Giovanni Apostolo nell’atto di scrivere il suo vangelo; i due dipinti laterali, in forma ovale, rappresentano due miracoli del santo taumaturgo; quello a destra il famoso viaggio sul mare siculo, fatto su d’un naviglio, formato dal mantello e dal suo bastone; quello a man sinistra la moneta spezzata grondando sangue che ricorda il rimprovero fatto al Re di Francia per le vessazioni, da cui erano oppressi i suoi sudditi, per i forti balzelli.
In questa Cappella trovasi tumulato Mons. Palica, per cura della casa Ducale Carafa, della quale il Palica era intimo amico. Il Duca Riccardo Carafa fe’ incidere su quella tomba la seguente iscrizione:

In eo ex conditorium
Xaverius Palica
Patritius Barulitanus
Olim hujus Cathedrae decus
Atque ad Petri solium adsistens
Antea Vero celestinae Congregationis
Et filius et Abas
Cineri dilectissimo
Animaegne incomparabili
Sui pignus amoris
Richardus Carafa Andriae Dux XVI
Lacrimans posuit
Anno D. MDCCLXXXX

Per la manutenzione di questa Cappella, e per festeggiare il santo taumaturgo, la Sig.ra Grazia Menduni di Andria legò al Capitolo Cattedrale una vigna nel chiuso Cappucini [17].
3. - La terza Cappella sino al 1895 era dedicata ai Santi Apostoli Filippo e Giacomo, a S. Filippo Neri ed a S. Teresa. Diffusasi la devozione alla Madonna di Lourdes, nel 1895, due zelanti Sacerdoti della nostra Cattedrale (il Canonico D. Raffaele Leonetti ed il Mansionario D. Sebastiano Camaggio) ottennero dal Vescovo e dal Capitolo di poter intitolare questa Cappella alla Vergine Immacolata, sotto il titolo della Madonna di Lourdes. Per cura dei due sullodati sacerdoti, questa Cappella fu tutta rifatta a nuovo, costruendovi un bellissimo altare di marmo ed un grazioso tempietto, che racchiude una artistica statua di Maria Immacolata. Fu pure costruita una balaustra, su cui poggia una cancellata in ferro, ben decorata [18].
Nei muri laterali di detta Cappella trovansi due ripostigli, dove sono acchiuse le ossa miracolose del braccio di S. Liborio e di S. Biagio, le di cui effigie, in abiti pontificali, sono ritratte in due dipinti su tela [19].
4. - La Cappella del SS.mo Sacramento, custodita da balaustra di marmo paesano [che è un misto di pietre rosse, bianche e nere], ornata da una ricca cancellata di ottone, ha un altare di marmo anche paesano. Tre quadri con mediocri dipinti su tela formano l’ornamento di questa Cappella. Il quadro, messo in cima all’altare maggiore, rappresenta la Cena del Di vin Redentore, copia del famoso quadro di Leonardo da Vinci.
I due quadri laterali rappresentano l’uno il sommo sacerdote Melchisedec, in atto di compiere il sacrificio del pane e del vino; l’altro il sacrificio di Abramo, in atto d’immolare l’innocente Isacco, mentre un Angelo trattiene ad Abramo la mano. Due stipi sono incavati nel muro, e servono a conservare i sacri crismi. Due grandi cornucopii di ottone [pregevole opera del valente artefice concittadino Giuseppe Riccardo Civita] sono collocati ai due corni dell’altare. Una lapide marmorea porta incisa la seguente iscrizione, dettata dall’illustre letterato andriese D. Francesco Vallera, Canonico della Cattedrale di Andria:

D. O. M.
Altare hoc privilegiatum
In perpetuum
Pro animabus Fratruum et Sorurum
Huius Archisodalitatis SS.mi Sacramenti
Quae charitate unanimes in Christo
Requievere
Quntocius ab expiatricibus flammis
Aeterna beatitate donentur
Idque praeterea privilegium
In obitu et deportatione Fratrum Sororumque
In quolibet hujus Chatedralis Ecclesiae altare
Quo pro ipsis sacrum piaculare flet
Ampliandum fore
Pius VI Pontifex Maximus
Ex brevi sub die VI Maj MDCCXCIV exarato
Benigne indulsit
Hanc lapidem in perenne monumentum
Devota Archisodalitas
Apponi curavit

Sul pavimento di questa Cappella si vide scolpita, in abiti pontificali, a grandezza naturale, su pietra, la effigie di Mons. De Anellis, patrizio andriese e Vescovo della medesima città, la di cui salma è depositata nel sottosuolo di questa Cappella. Su quel monumento si legge la seguente iscrizione:

Dominicus Anellis
Patritius et Episcopus Civitatis Andriae
Die XIV Mensis Iulii Anno MDCCXLI
Requievit in Domino

Accanto alla Cappella del Sacramento vi è la Sacrestia della Confraternita del Santissimo, dove si radunano i confratelli nei giorni festivi, ed in tutte le occorrenze, per l’accompagnamento del S. Viatico agl’infermi moribondi.
5. - La quinta Cappella, messa a capo della navata destra, è dedicata al Santissimo Crocefisso ed alla Vergine Addolorata. Essa è sita sotto l’organo, e non ha alcuna balaustra. L’entrata in questa Cappella è costrutta ad arco, sostenuto da pilastri di pietra, fregiato di pregevoli rosoni.
In questa Cappella si ammira un antico e colossale Crocefisso nerognolo, sculto in legno, che sembra rimontare al secolo decimo - quinto [20].
Sottoposto al Crocefisso, si venera una immagine di Maria Addolorata, dipinta su tela, e chiusa in una larga e pregevole cornice di argento, dono del pio gentiluomo Vincenzo Morselli di Andria [21].
L’altare di questa Cappella, nel 1907, fu costruito in marmo, con denaro accumulato nella cassetta delle oblazioni dei devoti. Anticamente l’altare era in pietra. Due bellissime colonne in legno, color celeste, rabescate con foglie d’oro, portanti capitelli e basi, fiancheggiano questo altare, in fronte alle quali si vedono scolpiti due Serafini [22]. L’architrave, che congiunge queste due colonne, porta scolpito lo stemma di casa Lupis [23], consistente in due lupi e due lupicini, tre stelle e due crocette con due Angioli dorati, che lo sostengono. Nel mezzo leggesi questa iscrizione:

Antonius Lupis
Et Iohannella Cognitor
Goniuges urnam hanc
Viventes mortalitati posuere
Anno Domini MDCXLVI

Sulla facciata esteriore di questa Cappella leggesi la seguente epigrafe:

Scipioni Vulpi
Maturo aevi in jeventute excelsi indole animi
Desiderio omnium praemature erepto
Antonius felicissimae sobolis pater infelix
Cui nec ambo ad dolorem sat fuit cor
Nec sat gemini ad lacrymas oculi
Et Iohanella Cognitor
Maestissima genitrix filio amatissimo
Monumentum officii et doloris
Lacrymantes PP.
Vixit Scipio annos supra viginti menses XI dies
I Obiit anno salutis humanae MDCXIV
Clara post obitum fama
[24]

CAPPELLE A SINISTRA.

I. - La prima Cappella della navata sinistra è dedicata ad Ognissanti. Essa è munita di balaustra di pietra, sormontata da un cancello di ferro con fregi di ottone.
Il suo altare è costrutto di pietra dura su buon disegno. Una grande tela, molto antica, rappresenta la SS. Trinità, circondata da Serafini, ai cui piedi è dipinta la Vergine Santissima con a fianco la Madre sua Sant’Anna, indi S. Nicola di Mira, S. Gennaro, S. Riccardo, S. Francesco d’Assisi, S. Luigi Gonzaga, S. Pietro, S. Gregorio Magno, San Francesco Saverio, S. Antonio ed una delle sante Vergini. Due Cherubini additano la Triade Santissima a questo glorioso drappello di Santi [25].
2. - La seconda Cappella della medesima navata a sinistra, anticamente, era dedicata alla Vergine del Carmelo. Il Vescovo Egitti (o secondo altri Egizio), nel 1663, fece distruggere quella Cappella, per aprire la comunicazione col grande Oratorio, costruito sull’area del giardino vescovile, dal medesimo Vescovo concesso a favore della Congregazione degli Agonizzanti, istituita nel 1590 dal Vescovo Resta [26]. Quindi, attualmente, questa antica Cappella, non é più adibita al Culto, ma serve di passaggio, per accedere all’Oratorio. Due ampie tele, chiuse in grandi cornici dorate, restano neglette nel vano di questa antica Cappella, che, abusivamente, serve, al presente, anche a deposito di sedie! ... Una di queste tele rappresenta l’Immacolata Vergine, S. Gennaro e S. Riccardo. L’altra rappresenta la Vergine del Carmelo, fiancheggiata da S. Sebastiano e da Santo Stefano martire [27].
3. - La terza Cappella, dedicata anticamente a S. Michele Arcangelo ed a S. Luca [28], ora è intitolata a S. Ciro. Questa Cappella è chiusa da balaustra con sovrapposti cancelli di ferro. Il suo altare era costrutto in pietra; recentemente, a spesa dei devoti, è stato ricostruito in marmo. Una grande nicchia di noce, messa in cima all’altare, racchiude una ben fatta statua in legno, rappresentante il Santo Martire, Medico e Monaco. Una seconda nicchia, incavata nel muro laterale in cornu Evangelii, racchiude una pregevole statua di S. Michele, scolpita in legno.
Anticamente, in cima di questa Cappella, eravi una gran tela, chiusa in ampia cornice, rappresentante nel centro S. Luca, vestito d’un manto di porpora, dal cui lembo sporgeva la testa d’un vitello; da un lato eravi poi la immagine di S. Ciro, e dall’altro quella di S. Geltrude, dell’ordine Benedettino. S. Luca era fiancheggiato da due ali, fra le quali spiccavano l’effigie di S. Antonio Abate e di S. Antonio di Padova.
Un’altra tela, chiusa pure in dorata cornice, era attaccata al muro di questa Cappella, rappresentante S. Rosa di Lima ed un Crocifisso, sostenuto da Serafini, e circondato da Cherubini, che, attoniti, miravano l’emozione della Santa, nel contemplare il Crocifisso. Ai piedi della Santa poi vedevasi dipinto un diadema ed uno scettro.
Due altri dipinti, di piccol formato, ornavano pure anticamente questa Cappella, uno rappresentante S. Giorgio guerriero sul suo cavallo, in atto di soccorrere un mendico; l’altro S. Eligio, che guarisce cavalli, bovi, asini ed altri quadrupedi.
Un’altra tela rappresentava S. Stanislao Kosta della Compagnia di Gesù.
Tutte queste tele, delle quali pregevolissima era quella rappresentante S. Luca, ora più non esistono ! ... nè ci è riusciuto sapere qual fine avessero subite [29]! ...
Questa Cappella era anticamente sotto il patronato della nobile famiglia Quarti, ora estinta. In essa si leggeva, scolpita su pietra, un antica epigrafe, che ricordava un appartenente a detta famiglia patrizia di Andria. Quella epigrafe è pure scomparsa!... Era del tenore seguente:

Hic jacet Dominus Bartolomeus Quartus
Qui obiit septimo die Iulii MCCCCLXIX

4. - La quarta Cappella di detta navata sinistra è intitolata al Glorioso Patriarca S. Giuseppe. Essa non ha balaustra, e sino al 1902 era la più negletta fra le Cappelle. Un pio operaio, certo Cannone, a tutte sue spese, vi costruì nel 1902 l’altare di marmo, e ne rifece il pavimento, chiudendolo con una cancellata di ferro.
Nel rimuovere il vecchio altare, furono rinvenuti due stemmi di casa Tesoriere, antica e nobile famiglia di Andria, tanto benemerita della nostra Chiesa Cattedrale, cui assegnò non pochi legati. Da quei stemmi risulta che la famiglia Tesoriere, ora estinta, esercitava un giuspatronato laicale su questa Cappella.
Una grande nicchia di pura noce è messa in cima dell’altare, nella quale è custodita una statua antica in legno, raffigurante S. Giuseppe, Sposo di Maria. Questa statua fu riformata dal valente scultore andriese Michele Brudaglio [30].
In questa Cappella fu tumulato il famoso Vescovo di Andria Luca Antonio Resta, del quale, al presente, non vi è neppure una lapide, che lo ricordi! …
5. - La quinta Cappella della navata sinistra è intitolata alla Natività di Nostro Signore Gesù Cristo. Essa è chiusa da una balaustra di marmo, su cui poggia una cancellata di ferro, con freggi d’ottone. L’altare è tutto di marmo, ed assai pregevole. Esso fu costrutto a spese del Capitolo Cattedrale, come lo dimostra lo stemma capitolare [S. M.], messo a fianco dell’altare, che è uno dei privilegiati della nostra Chiesa. Questa Cappella va pure sotto il nome della Madonna del Capitolo.
L’Arciprete Carlo Antonio Scesa, nel 1765, a sue spese, rifece questa Cappella, arricchendola di marmi, per adempimento di un voto, e ne fe’ incidere lo stemma di famiglia (consistente in una linea traversale fra due rose), che tuttora si scorge a fianco dell’altare.
In una grande nicchia, messa in cima all’altare, è racchiusa la Sacra Famiglia, composta dal Divin Pargoletto (giacente nudo nella cuna, su poca paglia, ricoverato in una rozza capanna), Maria e Giuseppe, che, genuflessi, l’adorano.
*
*       *
Fra gl’intercolunnii della testé descritta navata sinistra esistono varie tombe di antiche famiglie patrizie andriesi, come quella dei Cocco, dei De Robertis e dei Tota. Verso l’Oratorio si vedevano le tombe dei Cocco e dei De Robertis. La prima portava scolpita la seguente iscrizione:

Coccorum
Non qui plura pluris, sed qui unum
Primum omnium intelligit - 1604

accompagnata dallo stemma di famiglia, consistente in un albero di cocco, due colombe ed un braccio, che sostiene una bilancia.
Quella di De Robertis portava scolpita la seguente iscrizione:

Hoc est sepulcrum
Richardi de Robertis et haeredum eius [31]
5540
________

La tomba dei Signori Tota è sita accanto alla Cappella di S. Michele (oggi S. Ciro), dove leggevasi la seguente iscrizione:

Praeclarae familiae de Tota
Heu dura haereditas.

La lapide, che chiude questa tomba, portava scolpito lo stemma di questa nobile famiglia [32], consistente in due volpi arrampicate ad un albero ed un elmo con pinnacchi [33].

Fra gl’intercolunnii della navata a destra si ammirano alcuni marmorei mausolei di recente data, che ricordano il teologo Filippo Durso, Canonico Cantore della Cattedrale, il Vescovo Bolognese e Mons. Bernardino Frascolla, I. Vescovo di Foggia (precedentemente Canonico di questa Cattedrale).
L’epigrafe che ricorda il teologo Durso è la seguente:

Monsignor Filippo Durso
Cantore Dignitario di questa Cattedrale
Maestro Dottorato in Divinità e Filosofo
Oratore Poeta Sacerdote Integerrimo
Il XIX Giugno MDCCCXCVIII
Di LVII anni rapito alla estimazione di tutti
Non al cuore dei fratelli Benedetto e Carlo
Che ne sagrarono qui la Memoria
[34].

L’epigrafe sottoposta al mausoleo di Mons. Bolognese è stata già riportata nel I. volume [pag.391] di quest’opera, là dove si parla di questo Vescovo. L’epigrafe di Mons. Frascolla è la seguente:

Bernardino M. Frascolla Andriensi
Protoepiscopo Fodiano
Rarae doctrinae eloquentiae virtutum
Muneribus laboribus vinculis ipsis
Pro re christiana exantlatis Praeclaro
Qui ad Concilium Vaticanum accitus
Romae acerbe defunctus
Patribus Francisco II Sic. Rege Pio IX P. M.
concelebrantibus
Ad S. Spiritus Neapolitanorum conditus est
Nequando concivibus obliteretur memoria
Fratri desideratissimo
Dominicus Can. relictus ad lacrimas
[35].

A ridosso dell’ultimo pilastro della navata maggiore, di fronte al pergamo, si ammira il pregevole mausoleo, che ricorda Mons. Felice Regano, Arcivescovo di Catania, e, precedentemente, Canonico di questa Cattedrale. Riportiamo qui l’epigrafe, incisa sotto il busto marmoreo di Mons. Regano:

Memoriae et virtuti
Felicis Regani
Nati Andriae Anno MDCCLXXXVI Catanae defuncti MDCCCLXVI
Qui foris aeque quam domi singularae doctrinae
Integritatis prudentiae exemplum extitit
Canonicus hujus Majoris templi et aliquando
Vicaria potestate praepositus Curiae
Iuris pontificii et disciplinae morum doctor alumnis sacrorum istituendis
Postmodum Archiepiscopus Catanientibus per annos XXII difficillimis
temporibus
Ecclesiam sibi creditam sanctissime gubernavit
Fratri optimo desideratissimo Francisca Regano
Moerens posuit MDCCCLXXVII
[36].

*
*       *
Le tre navate sopra descritte sono chiuse da tre grandiosi archi a sesto acuto; di maggiori proporzioni è quello della navata principale.
Al di sopra di questi tre archi sorgono tre grandiosi finestroni, che mandano viva luce sul Presbiterio e sul resto della Chiesa.
Uscendo dalle tre navate su descritte, un ampio vano si presenta che taglia per lungo le dette tre navate, e che si stende sin sotto al grandioso Presbiterio.
La volta di questo spazioso vano è tutta di legno, robescata da dipinti ed ornati, che rappresentano varii santi, foglie e fiori. Nel centro di essa vi è un gran dipinto, chiuso in larga cornice, che rappresenta S. Andrea Apostolo, titolare ancor esso di nostra Chiesa Cattedrale [37].
Dal lato destro di questo vano, e propriamente sulla Cappella del Crocifisso, è messo l’Organo, dovuto alla generosità del Vescovo Egizio, e costruito dal tedesco Hircher [38]. Al disotto dell’Organo vedesi, incavato nel muro il busto di marmo del Vescovo Adinolfi, fatto costruire dalla Duchessa Carafa, come è detto nel I. volume [pag.283] di quest’opera parlando di questo Vescovo [39].
Dal lato sinistro di questo medesimo vano, di fronte alla Cappella del Crocifisso, maestoso s’erge il Cappellone, intitolato a S. Riccardo, di cui parleremo nel Capo seguente.

[tratto da “Il Capitolo Cattedrale di Andria e i suoi tempi” di M. Agresti, tipi Rosignoli, Andria, 1912, Vol.II pag.3-21]

NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva)
[1] Catuma ha origine dalla voce latina Hecatombe, che significa luogo destinato al sacrifizio, (Facciolati: Vocabolario) Hecatombe Sacrificium centum boum, et generatim centuria quarumcumque victimarum et... (Arnob I. 7) Catumeum genus libi in sacrificiis adhibiti.
Questa piazza detta Catuma, par che fosse destinata, in tempi del paganesimo, a luogo dei sacrifizii, che i nostri sventurati maggiori offrivano ai falsi Numi. Ciò che conferma l’antica origine di Andria.
[2] Alcuni asseriscono, che quelle irregolarità, che lo fanno sembrare quasi contorto (visto specialmente dalla porta d’ingresso sino al fondo dell’altare maggiore) siano dovute piuttosto allo stile dell’epoca, che si facea il pregio di modellare i tempii cosi contorti, quasi per immitare Cristo col capo reclinato!.. Ma ciò poteva spiegarsi, se quel tempio fosse stato costruito tutto di pianta, e non in varie epoche, come fu del nostro duomo.
[3] Quando invalse il barbaro sistema d’intonacare a stucco i muri, le colonne ed anche i pilastri delle Chiese (seppelendo sotto l’intonico, tanti monumenti d’arte finissima dello scalpello !!...) anche la nostra Cattedrale non andò esente da quel barbaro sistema, e tutte le colonne, pilastri, capitelli ed altro, andarono soggetti al pennellone dell’imbianchino!
[4] Quella colonna faceva parte del tumulo della Contessa Emma, figlia di Gottifredo Conte di Conversano, moglie del Normanno Riccardo, Conte di Andria, fratello minore di Pietro II, Conte di Trani, (vedi Durso, Storia di Andria pag. 49. Notizie attinte dal manoscritto del Prevosto D. Giovanni Pastore).
[5] Lasciamo al Durso tutta la responsabilità di tale asserzione! …
[6] Durso: Storia di Andria, pag. 56.
[7] Idem: ibidem.
[8] Da circa un secolo in qua il Comune ha cancellato dal bilancio un tal esito, come rilevasi dai libri di Procura, esistenti nell’archivio Capitolare. E quella pregevolissima campana è lasciata oggi all’arbitrio ed alla discrezione del Campanaro! …
[9] Archivio capitolare; libro delle deliberazioni 1637 - 1641.
[10] L’antico prospetto mancava dell’atrio; ed al Duomo si accedeva per una gradinata, sulla quale mettevano capo le tre grandiose porte d’ingresso.
[11] Ecco quanto abbiamo rilevato da una relazione ad sacra limina del Vescovo Cosenza, per riguardo al nuovo prospetto del Duomo: Prospectus meae Cathedralis, cum sit et indecorus, et nihil omnino aptus ad Ecclesiam Principem, pluribus ab hinc mensibus adhibui architectos, et disposui ut elegantiori forma alius erigatur, qui dignor, quoad fieri potest, evadat pro majori gloria Dei; et quod meis praedecessoribus jamdiu fuerat pariter in votis, et spero me omnino perfectum in proximo venienti anno … E realmente nel prossimo anno 1844 quel progetto fu mandato in esecuzione.
[12] Quelle nicchie restano tuttora vuote delle statue. …
[13] Ora quel loggiato è adibito a Museo, dove sono raccolti varii ruderi antichi, capitelli, colonne smussate, vasi, monete antiche ed altri oggetti d’Arte, appartenenti alla nostra Chiesa ed anche ad altre Chiese della città.
[14] A questa spesa contribuì il Vescovo, Mons. Staiti, per L. 1000,00; il Capitolo per lire 2000,00; il Municipio di Andria per L. 2500,00, e l’Economato dei Beneficii vacanti per L. 4000,00.
Un generoso benefattore concorse alle spese di quei restauri, offrendo e mettendo nelle mani dell’Arcidiacono D. Nicola Maria Troja la cospicua somma di L. 5000,00, con la espressa condizione di tacere a chicchesia il suo nome. E finchè visse, nemmeno il Vescovo potè sapere il nome di questo generoso e virtuoso oblatore. Ora, ch’è passato a miglior vita, lo additiamo all’ammirazione di tutti. Egli fu il Canonico della Cattedrale D. Riccardo Avantario, quel medesimo Canonico, che spese anche, oltre a ventimila lire, per pavimentare tutto di marmo finissimo il soccorpo e le lunghe scalinate nel Santuario della Madonna dei Miracoli, tenendone celato il suo nome, contento soltanto di far incidere, a capo delle due scalinate, queste enfatiche parole: Pregate per un povero peccatore: Anno 1903. Mirabile esempio di virtù cristiana! ...
[15] La epigrafe non è stata finora incisa e collocata, (non sappiamo perchè ! …). È da sperare cha venga presto dal Capitolo ordinata la esecuzione, tanto per la Storia.
[16] Questa Cappella, chiusa da un ruvido tavolato con porticina, è ora adibita a sacrestia del Parroco Arciprete della Cattedrale! Non sappiamo quanto ci guadagni il culto e l’estetica.
[17] Nella soppressione dei beni ecclesiastici questa vigna andò nelle mani del Demanio e questa Cappella viene mantenuta ora a spese dei devoti.
[18] A promuovere sempre più la devozione alla Vergine di Lourdes, i due sullodati Sacerdoti ottennero dalla S. Sede il privilegio di leggere la messa propria nel dì 11 Febbraio (festività della Madonna di Lourdes) e di poter erigere canonicamente una pia associazione sotto il titolo di Nostra Signora di Lourdes. Il Can. Leonetti poi nel 1898, istituiva un pio legato, col capitale di L. 425, a favore del Capitolo Cattedrale, coll’obbligo di celebrare una messa solenne nel dì della festività di Maria, che corre il dì 11 Febbraio di ciascun anno, mettendo a distribuizione inter praesentes il reddito riveniente da quel capitale, disponendo però, che, laddove l’ufficio e la Messa della Madonna di Lourdes divenissero un obbligo per tutte le Chiese allora, dovendo il Capitolo eelebrare la messa conventuale di obbligo, quella del legato andrebbe cangiata in anniversario solenne per l’anima di detto Canonico (dopo sua morte) con l’obbligo espresso di celebrarsi all’altare della Madonna di Lourdes, qualora fosse dichiarato altare privilegiato, ed, in caso contrario, all’altare maggiore di S. Riccardo.
Noi auguriamo all’ottimo Can. Leonetti (ora Primicerio e Pro-Vicario del Vescovo), che la Vergine SS. di Lourdes lo conservi per lunghissimi anni in vita, al bene del Capitolo di cui, da molti anni, egli è pure impareggiabile ragioniere.
[19] In cima all’altare eravi un antico dipinto, su legno, rappresentante la Madonna di Costantinopoli, che sembra di greco pennello. Ora quel dipinto è messo in venerazione sull’altare nella Cappella di S. Ciro.
[20] Il devoto signor Salvatore Grossi-Accetta, nel 1911, donò di una raggiera, di una corona di spine, e dei chiodi (il tutto in argento) questo pregevole Crocefisso.
[21] Il Morselli, non avendo eredi. lasciò il suo ricco patrimonio tutto in opere di beneficenze, tra le tante istituì 52 maritaggi, con dote di ducati 30 l’uno, da sorteggiarsi, ogni anno, fra povere orfanelle della città: più una messa di ducati 30, da celebrarsi nel Venerdì di Passione (consecrato alla Vergine dei dolori) dal Priore pro tempore di S. Riccardo, in sufragio dell’anima del pio donatore. Inoltre dispose di celebrarsi con grande solennità detta festa di Maria Addolorata: ed in tal giorno, da dispensarsi ai poveri della città grandi elemosine, dandone l’incarico al detto Priore di S. Riccardo ed agli amministratori del così detto Cumulo di S. Riccardo, sotto la vigilanza del Vescovo pro tempore. Non sappiamo se tali obblighi siano, al presente, mantenuti tutti fedelmente.
[22] Queste colonne sotto rimaste quali erano, tranne la tinta, che, da celeste, è stata trasformata in bianco.
[23] Lupis antica famiglia patrizia di Andria, imparentata alla nobil famiglia Conoscitore. (Queste due nobili famiglie andriesi da parecchio sono estinte).
[24] Nel costruire il muro, di sostegno all’organo soprastante furono nascosti tanti pregevoli lavori d’arte scultoria, che conteneva questa Cappella, riducendola anche a minori proporzioni, per costruirvi la scalinata, onde ascendere sull’organo! …
[25] In questa Cappella, al presente, si onora S. Rita da Cascia, della quale conservasi un pregevole simulacro di legno, fatto costruire a spese dei devoti di questa Santa. L’altare di marmo è di recente costruzione, fatto a spese del gentiluomo il Commendatore Signor Riccardo Iannuzzi fu Giovanni. Ne promuove il culto alla Santa il zelante Canonico D. Michele Bruno.
[26] Di questo Oratorio ne parleremo in seguito.
[27] Queste due tele non potrebbero locarsi in sito più acconcio, per sottrarle allo sfregio delle sedie ivi accumulate? o, non potrebbero quelle sedie locarsi in altro sito, e restare libere le due tele, che pur sono di qualche pregio? ...
[28] In questa Cappella, anticamente, eravi un legato, detto di S. Luca, Oggi più non esiste. Dove è andato a finire?
[29] Furono esse derubate od incendiate nel saccheggio dei francesi nel 1799, o depredate dal vandalismo indigeno? … Deus scit!
[30] È tradizionale in questa famiglia l’amore all'arte scultoria in legno. Il bravo Vito Brudaglio, da poco defunto, era pure cultore appassionato di quest'arte scultoria, della quale lascia non pochi ricordi nella nostra città.
[31] Questa famiglia patrizia è pure estinta.
[32] Di questa nobile famiglia oggi non vi è traccia in Andria. Esistono molte famiglie di tal nome, ma non appartenenti al patriziato andriese.
[33] Coll’aver ricoperto d’intonaco le colonne, queste lapidi sono tutte scomparse.
[34] La spoglia però del Durso non trovasi sotto questo monumento, ma al Cimitero, nella Cappella del Capitolo.
[35] La salma di Mons. Frascolla, prima seppelita nella Chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani in Roma (dove trovasi copia simile del monumento che vedesi nella nostra Cattedrale) ora trovasi a Foggia.
[36] La sua salma trovasi in Catania.
[37] Secondo l’antica tradizione, il Capitolo Cattedrale ebbe ancor sua Sede nella Chiesa di S. Andrea. Ora, quando ritornò nell’attuale Duomo, in memoria di quella temporanea sua residenza, fece dipingere sotto la volta di questo vano il santo Apostolo, che tiene pure a suo titolare.
[38] Quest’Organo lascia molto a desiderare, ed è a sperare che presto sorga nella nostra Chiesa Cattedrale un Organo secondo le moderne esigenze liturgiche! …
[39] Nel 1907, furono scoperte alcune pregevolissime colonne in pietra con finissimi capitelli, chiuse dal muro, che sostiene il sovrapposto Organo.