… Ieri - La vita nel rione Grotte …

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Rione “Grotte di Sant’Andrea” - Ieri

Storia e urbanistica dai documenti di archivio

Ing. Riccardo Ruotolo

2. - La vita nel rione “Grotte di Sant’Andrea”

Lo stato dei luoghi del rione “Grotte di Sant’Andrea”, la qualità della vita dei suoi abitanti, la tipologia degli abitanti stessi, sono impresse sia nelle foto degli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso scattate dallo studio fotografico Malgherini – Attimonelli (preziosissima fonte storica per la nostra Città), sia nelle relazioni e reportage che furono scritti in quegli anni, sia nei disegni del geometra dell’Ufficio Tecnico Comunale Franco Cafaro conservati nell’Archivio Storico del Comune.

Piccola corte nei Vicoli del rione Grotte
Foto 9 - Piccola corte nei Vicoli del rione Grotte.

Il “cortile” nel rione Grotte di Sant’Andrea svolgeva un ruolo predominante ed essenziale per le funzioni di vita giornaliera degli abitanti, soprattutto per le donne ed i bambini come vedremo in seguito con significative immagini fotografiche. Il cortile non era mai interno alle abitazioni, come lo intendiamo noi, perché le abitazioni al 90% erano costituite da un unico vano, ma era semplicemente uno slargo esterno alle abitazioni, un punto in cui i vicoli si allargavano irregolarmente permettendo agli abitanti di svolgere la gran parte delle operazioni di vita quotidiana: chiacchierare, sbucciare le mandorle, giocare, stendere “i panni” ad asciugare, “spidocchiare” i bambini e lavarli in tinozze di ferro zincato, “prendere” il sole in particolari momenti di alcune giornate, “mettere fuori porta” le caprette che di notte dormivano nello stesso vano con uomini, donne e bambini, ecc.. .

La Foto -9- mostra uno scorcio di uno di questi cortili, il cui pavimento era sottoposto rispetto alla quota stradale di Via Federico II di Svevia, con i vari ingressi alle abitazioni: quello del piano interrato, quello del piano terra e quello del primo piano cui si accedeva a mezzo del cosiddetto “vignale”, scala esterna con scalini la cui alzata raggiungeva i 50 cm. e che ancora oggi sono presenti nei confinanti Vicoli Fellecchia, zona Pantano (foto -10-) e nell’altra zona adiacente quella di Vicolo Manfredi (Foto -11-) in cui si nota anche la presenza di alcuni oggetti essenziali dell’epoca passata: il braciere di ottone (quello di ferro era per le famiglie più povere) e “l’asciugapanni” dalla caratteristica forma cilindrica, realizzato con lamierini di ferro.

R.Ruotolo: Vicolo Fellecchia, il cosiddetto Vignale, scala esterna...       R.Ruotolo:  Vicolo Manfredi, Vignale con oggetti antichi: braciere, asciugapanni
Foto 10-11 - R.Ruotolo: Vicolo Fellecchia, il cosiddetto "Vignale", scala esterna... ; Vicolo Manfredi, "Vignale" con oggetti antichi: braciere, asciugapanni

Le varie Amministrazioni Comunali che si sono succedute dall’inizio del secolo Ventesimo secolo fino agli anni Cinquanta, conoscevano bene lo stato di invivibilità della zona delle Grotte di Sant’Andrea ma si sono trovate sempre in difficoltà perché per risolvere il problema bisognava costruire nuovi alloggi in zone salubri, con tutti i servizi del vivere civile. Questo, però, comportava avere a disposizione sia idonei suoli su cui costruire, sia cospicue somme per realizzare gli alloggi e i servizi. Pertanto, il problema del risanamento del quartiere Grotte era strettamente legato a quello della costruzione di alloggi popolari e questo assumeva carattere di assoluta priorità.

Come strategia, considerato che non erano disponibili fondi statali per realizzare le case popolari se non in particolarissime circostanze, le Amministrazioni Comunali appena si verificavano eventi meteorologici sfavorevoli (le tre zone depresse di cui si è detto prima erano soggette frequentemente ad allagamenti), appena crollavano alcune case (quelle del rione Grotte realizzate senza adeguate fondamenta e sulle volte delle cavità carsiche frequentemente si lesionavano e crollavano), subito attivavano i Deputati locali, il Genio Civile e l’Amministrazione centrale dello Stato per ottenere finanziamenti con cui realizzare nuovi alloggi.

Le condizioni di vita degli abitanti del rione Grotte di Sant’Andrea sono così descritte e considerate nella Delibera di Consiglio Comunale del 30 aprile 1909.

MUNICIPIO DI ANDRIA
Estratto della deliberazione del Consiglio Comunale
*
Continuazione della seduta ordinaria di Primavera
Tornata del 30 Aprile 1909 in prima convocazione
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L’anno millenovecentonove, il giorno trenta di Aprile alle ore diciotto in Andria nel Palazzo di Città e nella sala delle adunanze.
………………….
Oggetto = Per le case operaie: Proposta del Consigliere Zallone

Il Presidente da la parola al consigliere Zallone, il quale prende a svolgere la sua proposta sulle case operaie nei seguenti termini.

“Signori del Consiglio:
……… L’Onorevole Bolognese, nel ringraziare che fu agli elettori di Andria che lo avevano eletto per la seconda volta a Deputato al Parlamento, lanciò dalla casa dell’attuale Sindaco la promessa che avrebbe risolta nella nostra Città la questione delle case popolari, che è la più importante e la più necessaria. Ebbene quella promessa fu un impegno che lui assunse col popolo dinanzi l’intero paese, e quell’impegno perché non vaporizzi e non sfumi come la maggior parte delle ampollose promesse che sogliono farsi dai Deputati in tempi elettorali, io l’ho raccolto e l’ho voluto portare qui, sicuro di inchiodarlo nell’animo dell’intero Consiglio che deve ormai decidersi a sobbarcarsi a quegli ardui sacrifici che richiedono le complesse questioni sociali, massime quella in parola. Da anni, come un destino infame, ineluttabile, noi assistiamo ogni 10 Agosto a una quantità di persone che rimangono senza tetto, onde il Comune è costretto a stanziare nel Bilancio una notevole somma per porre un riparo; da anni la mortalità ha un crescendo rossiniano che fa spavento; da anni e da anni noi parliamo impassibili dinanzi a una infinità di stamberghe sguazzanti, di catapecchie crollanti, di soffitte crivellate e di antri che sono la negazione dell’abitazione umana e che non sarebbero bene accette agli stessi popoli trogloditi, agli stessi abitativi lacustri. Ebbene, credete voi che sia il primo che l’ultimo cittadino non senta compassione di quegli infelici che le abitano, non provi orrore e una maledizione contro uno stato di cose tanto odioso ed insostenibile?

L’eccessivo addensamento delle popolazioni povere in case cattive, distruggitrici del corpo e dell’anima, è uno dei più grandi mali che affliggono la moderna civiltà.

Occorre adunque che il problema della costruzione delle case popolari sia conosciuto esattamente nella sua multiforme grandezza e studiato con precisione ed amore da parte di tutti e soprattutto occorre promuovere, come primo passo, l’approvazione di un’inchiesta sulle abitazioni. Essa servirà ad assodare con dati precisi quali e quante sono le abitazioni igieniche, quali e quante quelle antigieniche; farà conoscere il risultato dell’affollamento e sovraffollamento, in modo da decidere il numero degli ambienti da costruirsi; farà inoltre conoscere il numero delle vere famiglie povere meritevoli della visita medica e dei medicinali gratuiti, quanti sono gli artigiani, quanti i contadini, quanti i fittavoli e i proprietari; ci dirà qual è l’aumento della popolazione, quale l’attività edilizia dei privati; essa farà balzare come Andria ha il contingente più alto delle abitazioni inabitabili, e come l’attuale Amministrazione farà il suo dovere, mettendosi all’opera in difesa dei miseri.”

È questa una pesantissima denuncia sulle condizioni di vita di abitanti sfortunati e poveri!

Tutto quello che proponeva il Consigliere Zallone fu attuato e il problema fu portato a compimento e risoluzione: però oltre quarant’anni dopo.

È del 19 luglio 1935 una nota, inoltrata al Ministero degli Interni tramite il Prefetto della Provincia di Bari, conservata nelle carte dell’Archivio Storico Comunale (da ora in poi indicato nel presente lavoro con l’acronimo ASC), in cui si chiedono urgenti provvedimenti per risanare una insostenibile condizione di degrado:

Il Prefetto della Provincia di Bari
CONFEDERAZIONE FASCISTA DEI LAVORATORI DELL’AGRICOLTURA
Previdenza e Assistenza

N° 95742 di Prot. 10975

Roma 19/7/1935 = XIII

On. Ministero degli Interni
Direzione Generale Sanità Pubblica
ROMA

Oggetto: Igiene case rurali di Terra di Bari.

Questa Confederazione si pregia richiamare l’attenzione di codesto Ministero sulle segnalazioni fatte dalla dipendente Unione di Bari, circa l’igiene delle case rurali di tale Provincia e specialmente di quelle situate nel Comune di Andria.

In detto Comune esistono le cosiddette “Grotte” scavate nel tufo al di sotto del livello stradale e che costituiscono un intero quartiere abitato.

La porta di accesso che costringe chi entra a curvare la schiena e dopo numerosi

gradini, molto sdruccievoli, conduce in un locale umido, dalla volta bassa, angusta affatto arieggiata, perché privo di finestre, dove spesso oltre all’intera famiglia trovano riucovero anche gli animali.

In questo unico ambiente dalle cui pareti spesso stilla acqua e salnitro, è ricavato un focolare: non vi è acqua né fogna e l’aria è viziata dal fumo.

Altri tipi di abitazione sono i così detti “Lamioni” costituiti in muratura al livello stradale; essi constano di un unico ambiente destinato promiscuamente sia alla famiglia sia agli animali, e mancante di acqua.

L’inconveniente maggiore è dato non solo dalla promiscuità dei componenti la famiglia, ma soprattutto dalla presenza di animali che rendono tali “Grotte” e “Lamioni” assolutamente inadatti ad abitazione umana.

In detti abituri trovano il terreno già propizio, per il loro sviluppo, la tubercolosi e il tracoma.

Altra deficienza da far rilevare sono le strade che non presentano una sistemazione per quanto primitiva della raccolta dei materiali di rifiuto, la mancanza di acqua ed infine il funzionamento della condotta medica, la quale lascia desiderare, in rapporto alle predette condizioni igieniche.

Si è ritenuto doveroso riferire quanto sopra a cotesto On. Ministero per i provvedimenti, che in attesa di quelli più radicali riterrà, per intanto, opportuno adottare.

Il Presidente
On. Prof. Angelino Franco

Sempre dello stesso tenore è un’altra nota (ASC):

“Andria, uno dei più popolosi comuni della provincia, ha una estensione di 42.000 ettari sulla quale vivono circa 55.000 abitanti la cui maggioranza dedita ai lavori della terra.

Detto territorio, una volta comprensivo di latifondi, da circa un decennio a questa parte si è frazionato sia come proprietà che come conduzione a mezzadria.

Come causa diretta di tale frazionamento si è avuto che la popolazione agricola vive nella quasi totalità in paese percorrendo ogni giorno per l’andata e il ritorno dal luogo di lavoro lunghi chilometri che limitano ovviamente le proprie energie.

L’indice di prolificità è notevole: la media di composizione familiare è di circa 5 unità.

Delle abitazioni una parte specialmente è addirittura inabitabile.

Sono le così dette “grotti” che costituiscono un intero quartiere costruito in una specie di conca, scavata nel tufo, al di sotto del livello del suolo.

…….
È facile conseguire che per le predette condizioni igieniche e per l’affollamento e la promiscuità negli ambienti alcune delle più terribili malattie sociali quali il tracoma e la tubercolosi trovino il terreno più adatto per il loro sviluppo.

……..
Si è sempre parlato del problema delle abitazioni dei lavoratori della terra di Andria, ma il problema resta ancora insoluto.

Tale stato di cose era a conoscenza anche del compianto Ministro dei Lavori Pubblici, On.le Razza, che il 4 novembre 1932 celebrando la Sagra del Lavoro alla Borgata di Montegrosso, testualmente ebbe a dire: “io ricordo un giorno in cui Benito Mussolini riceveva una tragica impressione di dolore e di miseria vedendo i cittadini di Andria nei tuguri malfamati, senza luce, dove gli uomini non conoscono il sorriso divino del sole e l’aria artificiata penetra nella casa e riduce la vita; ricordo che Egli lanciò allora un grido di allarme che fu un ordine: sfollamento dei sotterranei di Andria.

I lavoratori di Andria attendono disciplinati e fiduciosi il giorno in cui quanto loro è stato promesso dal Regime divenga una realtà concreta.”

In questo scritto appare per la prima volta la parola “Grotti” e non “Grotte”. Questo non è un errore. Negli anni Trenta - Quaranta, forse ad opera di uno pseudo storico e/o letterato, si cambiò tutta la toponomastica del quartiere sostituendo la parola Grotte con Grotti. Fu redatta anche una pianta della Città di Andria con questa denominazione e furono cambiate tutte le targhe che portavano i nomi dei Vicoli: ad esempio, il “Terzo Vicolo Grotte” diventò “Terzo Vicolo Grotti”. Non mi è stato possibile trovare alcuna giustificazione di questa alterazione del nome.

È del 27 novembre dell’anno 1936 un’altra nota riguardante lo stesso argomento:

Bari, 27 novembre –XIV-

Illustre Camerata,

il Comune di Andria si è accinto allo studio per la risoluzione del problema delle “Grotte”.

Come è noto le “grotte” costituiscono un quartiere della Città al di sotto del livello stradale; in esso vive un complesso di circa 230 famiglie, nelle peggiori condizioni igieniche e morali e spesso anche in assoluta promiscuità con gli animali.

La soppressione delle “grotte” si impone dal punto di vista morale, sociale, igienico.

Tutti i Partiti anteriori al Fascismo impegnarono battaglia sulla abolizione elle “grotte”, che però regolarmente rimasero a vergogna del vivere civile e con pericolo della salute pubblica.

Il compianto Ministro Razza aveva deciso alcuni mesi orsono, di concerto con S.E. Motta, allora Prefetto di Bari e con l’On.le Segretario Federale, affrontare la grave questione sottoponendo al DUCE un progetto di risoluzione che disponesse: 1°) la costruzione di un intiero quartiere di circa 230 case popolarissime con annesso terreno per orto, ecc. in una località fuori Andria; 2°) la chiusura definitiva delle “grotte” anzi il seppellimento delle stesse, colmando di terra l’avvallamento naturale e facendovi sorgere un parco. In tal modo il centro della Città attualmente focolaio di insalubrità e di infezione sarebbe diventato un luogo ameno, saluberrimo.

La spesa complessiva era calcolata in 3 milioni. Essa avrebbe dovuta essere fornita dallo Stato, dai maggiori Enti Provinciali, dal Comune e dai proprietari interessati.

Il trasferimento ad altra sede di S.E. Motta ritardò di qualche settimana la realizzazione delle intenzioni di S.E. Razza.

Con la venuta a Bari di S.E. Borri la pratica fu attivamente ripresa, e la riunione definitiva delle maggiori Autorità Baresi col Ministro doveva avvenire proprio quel giorno 19 agosto, che vide invece a Roma i funerali di S.E. Razza.

Così la tragica morte del Ministro Razza ha impedito che il progetto di definitiva sistemazione di Andria giungesse al DUCE.”

Tutto quello che è riportato nelle tre note degli anni 1935 -1936 qui trascritte, fu realmente attuato negli anni 1953 -1958.

Nella ricerca dei suoli idonei per la realizzazione delle nuove case popolari da assegnare agli sfollati del rione Grotte, le varie Amministrazioni Comunali degli anni Trenta, preso atto che il fenomeno della Transumanza era ormai esaurito e che, di conseguenza le “lunghe vie erbose” erano state abbandonate, decisero di occupare abusivamente tutta la fascia del grande Tratturo Barletta Grumo da Via Vecchia Barletta fino alla Via Bisceglie per avere a disposizione suoli su cui realizzare le case popolari. Naturalmente l’Ufficio della Reintegra dei Tratturi della Dogana di Foggia procedette subito a multare il Comune che si difese asserendo che l’occupazione era giustificata da alti fini sociali per il bene delle popolazioni più bisognose; pur tuttavia, il Comune fu costretto a pagare le multe.

In data 24 novembre 1939 si giunse ad un accordo tra Comune e Stato e, con due atti di “Liquidazione conciliativa”, che di fatto sdemanializzavano la fascia di Tratturo occupata, il Comune poté acquistarla con la finalità di “costruire case popolarissime”. La Foto -12- riproduce la prima pagina del “Verbale di Conciliazione” del 24 novembre dell’anno 1939 (anno XVIII dell’Epoca Fascista) con cui, a nome del Comune, il Podestà On.le Consalvo Ceci regolarizzò l’acquisto della fascia tratturale compresa tra Via vecchia Barletta e Via Bisceglie per costruire “case popolarissime” da destinare agli abitanti del quartiere “Grotte”.

Prima pagina del Verbale di Liquidazione Conciliativa del novembre 1939         Intervento di Mons. Di Donna sul problema delle Grotte di Sant'Andrea
Foto 12 - Prima pagina del Verbale di Liquidazione Conciliativa del novembre 1939 ...
Foto 13 - Intervento di Mons. Di Donna sul problema delle Grotte di Sant'Andrea.

Con questi atti si comincia ad attuare fattivamente il programma inteso a trasferire gli abitanti delle Grotte di Sant’Andrea in case salubri, eliminando il degrado morale e igienico – sanitario cui da tempo immemorabile il quartiere era afflitto.

Però, subito dopo ci fu la guerra mondiale e poi il periodo della ricostruzione, per cui il problema della realizzazione delle nuove case per gli abitanti delle Grotte fu messo da parte.

A risvegliare le annose problematiche del quartiere “Grotte” ci pensò il Vescovo di Andria Mons. Giuseppe di Donna che nel giugno del 1948 fece fare un documentario per illustrare lo squallore della zona Grotte e lo inviò “Alle superiori Autorità del Governo”, accompagnandolo con la seguente lettera (Foto-13-):

“Benedico di cuore alla nobile iniziativa del «Documentario» sulle gravi condizioni in cui vivono da anni più di mille abitanti dell’umile rione, detto «Grotte di S. Andrea» e per la cui elevazione morale ed igienica si domanda l’intervento decisivo delle Superiori Autorità, da lunghi anni invocato e vanamente atteso. Auspico un’immediata soluzione dell’increscioso problema che costituisce la «spina» della mia città e diocesi”.

Di questo documentario si sono perse le tracce.

La stampa locale e nazionale non perdeva occasione per denunciare il problema all’opinione pubblica, pungolando gli amministratori anche con violenti e sarcastici servizi giornalistici come quello scritto da Dea Gallarini, del direttivo dell’Unione Donne Italiane (U.D.I.), organizzazione nazionale per l’emancipazione femminile italiana, pubblicato il 12 marzo 1950 sulla rivista a tiratura nazionale del movimento, denominata “Noi Donne”.

Ero venuto a conoscenza dell’esistenza di quest’articolo e, per reperirlo, sono dovuto andare alla sede dell’U.D.I. in Roma e fare una laboriosa ricerca di archivio perché oggi questa associazione non è più operativa come una volta e non viene più pubblicata la rivista “Noi Donne”. La ricerca è stata fruttuosa e sono riuscito a trovare la rivista del 12 marzo 1950 (Foto -14-).

R.Ruotolo: Copertina della rivista dell'U.D.I. del 12 marzo 1950         R.Ruotolo: Articolo intitolato "Sempre notte ad Andria" pubblicato in detta rivista il 12 marzo 1950
Foto 14 - R.Ruotolo: Copertina della rivista dell'U.D.I. del 12 marzo 1950 ...
Foto 15 - R.Ruotolo: Articolo intitolato "Sempre notte ad Andria" pubblicato in detta rivista il 12 marzo 1950.

L’articolo in questione si intitola “Sempre notte ad Andria” (Foto -15-) ed è molto forte nei toni, soprattutto quando parla del Senatore Onofrio Jannuzzi e dei politici in generale.

Negli anni Quaranta si poteva acquistare dal “giornalaio” una cartolina (Foto -16-) che raffigurava uno scorcio del rione Grotte di Sant’Andrea, precisamente ritraeva un “Vignale” (scala esterna che permetteva l’accesso all’abitazione dopo aver salito sei/sette scalini ciascuno alto non meno di 35 cm.), un vicoletto con archi di collegamento tra case, panni stesi ad asciugare, il tutto raffigurante momenti di vita di un’epoca lontana. Tenendo presente l’immagine della cartolina, si riportano stralci del reportage della Gallarini intitolato:

Sempre notte ad Andria

“Ad Andria, come in tutti gli altri paesi, si vendono cartoline illustrate. La consuetudine vuole che le cartoline raffigurino i luoghi più belli, gli angoli più caratteristici …… ad Andria le illustrazioni riproducono «un antico vicolo delle grotte di S. Andrea» …… Le riproduzioni commerciali delle celebri Grotte di S. Andrea colpiscono l’immaginazione di chi le guarda: c’è dell’Oriente, un biancheggiare di muri e di biancheria stesa al sole, un intricarsi di vicoli che ricorda la Casbah. A qualcuno verrà in mente di chiedersi perché mai si chiamano grotte. Ma le grotte ci sono, ad Andria …… La cartolina è un furto, perché le grotte non si vedono: e come si potrebbe se non le vede neppure il cielo e il sole? Ad Andria, nelle grotte tristemente famose di s. Andrea, vivono oltre 400 famiglie, con una media di cinque componenti: quattrocento vani per duemila anime. Le statistiche parlano di vani. Ma si badi di non dare al termine «vani» il significato di ambiente dove sia possibile la vita. Nelle grotte non c’è possibilità di vita. Sui vicoli si affacciano le porte, come occhi fondi e senza sguardo. Oltre l’apertura, i gradini. Strani e mostruosi gradini di pietra, alti mezzo metro. Chi ha costruito queste spelonche ha sbarrato ai bambini l’accesso alla strada, alla luce, all’aria. Viene da chiedersi se queste sono state, tanti secoli fa, prigioni o catacombe …… In queste grotte umide, malsane, senza acqua né fognatura, senza finestre e senza lampade, stanno silenziose le donne di Andria. Il loro sguardo, il pallido volto dei loro figli è una tremenda accusa contro una società in cui disuguaglianza e ingiustizia sono regola e norma …… Perché centinaia di donne di Andria sono costrette a vivere in luoghi dove tutto parla di morte; perché devono dare alla luce i loro figli fra lo sgocciolio delle volte di pietra; perché ai loro bambini è negata la salute? Perché a questa gente è contestato il più elementare diritto umano, quello della vita?”

Cartolina degli anni Quaranta raffigurante uno scorcio delle Grotte di Sant'Andrea
Foto 16 - Cartolina degli anni Quaranta raffigurante uno scorcio delle Grotte di Sant'Andrea.

Dea Gallarini ha scritto questo articolo scendendo personalmente nelle grotte, intervistando soprattutto le donne e fotografando ogni angolo. A Roma nella sede dell’Archivio del movimento dell’UDI, ho reperito il fascicolo del marzo 1950 che riporta l’articolo sulle Grotte di S. Andrea ma non ho potuto consultare l’archivio fotografico che necessita ancora di essere ordinato.