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Domenico Di Leo

RICERCA SULLE ORIGINI DI ANDRIA

stralcio dalla tesi di laurea del 17/12/1971

Parte I: le fonti archeologiche
I ritrovamenti: b) notizie di nuovi rinvenimenti


Dopo le notizie relative a rinvenimenti già noti, si descrive, qui appresso, quanto si è potuto raccogliere nel corso della presente ricerca. È il risultato di una indagine condotta tanto nella zona urbana quanto, e più frequentemente, in aperta campagna; si è avuta così l’occasione non solo di raccogliere direttamente il materiale, ma di venire a conoscenza di un gran numero di notizie che comunque non è stato sempre possibile verificare. Si riporteranno pertanto solo le notizie e il materiale più rappresentativo e documentabile.

1) – S. Barbara e S. Lucia

A S. Barbara e a S. Lucia sono ancora oggi visibili i “cumuli” di cui parla Jatta. Ho potuto contarne più di 30, tutti posti sulle alture prospicienti, nel versante meridionale, su una piccola valle in fondo alla quale è il letto di un torrente. La vegetazione spontanea del luogo è data da alberi di quercia che solo presso la masseria S. Barbara formano un piccolo boschetto, mentre altrove l’uomo vi ha sostituito olivi e mandorli, spesso piantati nel loculo.
La forma della tomba può essere desunta dall’esame del suo attuale stato. Le 4 lastre calcaree delimitanti il loculo si trovano, quasi sempre, al centro di un mucchio di pietre sulla cui circonferenza perimetrale possono osservarsi talvolta pietre più grosse poste quasi a basamento di una costruzione conica che doveva ricoprire il loculo. Laddove questa pianta circolare è visibile, ho potuto misurarne il diametro che varia da 5 a 9 metri. La  presenza di cumuli senza tracce di loculi suggerì a Jatta l’ipotesi che l’originaria costruzione, una specie di trullo, doveva essere adibita ad abitazione[1].
In una delle tombe di S. Barbara il sig. Pio Nanni rinvenne oggetti simili a quelli già descritti da Jatta:
– Un anello carenato, a sezione triangolare, di bronzo, del diametro di mm 25.
– Due frammenti di fibula che per la forte ossidazione non lasciano vedere incisioni di motivi decorativi.
– Due frammenti di bracciali accuratamente lavorati.
– Un frammento di coltellino di selce a sezione trapezoidale.
Per quante ricerche anch’io abbia fatto, non m’è riuscito di trovare alcunché; è da dire comunque che quasi tutte queste tombe sono state saccheggiate nei tempi passati, ma non è esclusa la possibilità di rinvenirne qualcuna ancora intatta.

Occasionali rinvenimenti di altro materiale metallico mi vennero segnalati dall’attuale proprietario della masseria di S. Barbara; egli lo rinvenne in tombe diverse da quelle sopra descritte, quasi certamente di epoche posteriori. La presenza di queste altre tombe venne pure notata dallo Jatta[2].
Queste ultime, giusta la descrizione del proprietario, sono di due tipi. Le tombe del primo tipo sono costituite da un basso muretto a secco ricoperto da una lastra calcarea; le altre sono scavate nel masso tufaceo, quasi affiorante in quel luogo, e pur esse ricoperte da una lastra che venne spesso riutilizzata e incorporata in nuove costruzioni. È in questo secondo tipo di tombe che il proprietario della masseria rinvenne, insieme a pezzi ceramici, vari oggetti di metallo che ingenuamente consegnò a un anonimo “studioso”. Ricorda che si trattava di un discreto numero di “medaglioni, bracciali e armi”; tenne per sé solo uno spillone, che poi mi ha donato, e un pugnale, pur esso promessomi ma che purtroppo non si è più ritrovato. Lo spillone, lungo cm 12, è di bronzo; presenta un delicato motivo decorativo nella parte superiore del gambo e, all’apice, un’orecchietta: si tratta di un ago crinale.

Ancora sulle alture di S. Barbara e di S. Lucia ho potuto raccogliere numerosi avanzi di manufatti preistorici. La rozza decorazione, ottenuta sull’impasto ancora molle, invade tutta la superficie del frammento ed è data da disordinate incisioni fatte con l’unghia e con lo stecco. Si tratta della cosiddetta ceramica impressa a crudo risaliente al I neolitico.

Insieme e confusi con questi frammenti, ne ho raccolti altri che si presentano già decorati con i motivi tipici della ceramica apulo-geometrica. La confusione probabilmente è stata determinata da uno sconvolgimento di strati dovuto a diversi fattori e principalmente alla messa a coltura di questi terreni e all’azione dilavante delle acque che ha spostato i cocci dalla sede originaria.

La decorazione della maggior parte dei cocci è data da linee più o meno sottili di colore nero o rosso che si compongono in una gran varietà di disegni, ma sempre geometrici. L’estrema frammentarietà dei resti rende molto difficile una ricostruzione della forma di stoviglie più comuni; tuttavia da alcuni manici, per i quali prevalgono le forme cilindriche su quelle piatte, dagli orli e da alcuni altri frammenti si possono approssimativamente dedurre le tipiche forme del cratere, dell’askos e della patera.

2) – Monte Faraone 

Su Monte Faraone, vicinissimo a S. Barbara, ho trovato ancora frammenti di ceramica impressa a crudo del tipo già descritto.

3) – Pozzo Sorgente

Numerosissimi frammenti di ceramica apula a brutta vernice nera si raccolgono invece nella località di Pozzo Sorgente, distante da Andria 10 Km. Le qualità dell’impasto, le decorazioni e le forme dei vasi, a cui i frammenti accennano, si presentano più ricche rispetto a quelle riscontrate a S. Barbara: numerosi sono i fondi e gli orli di piatti e di tazze sempre verniciati all’interno, non sempre o non completamente all’esterno; alcuni frammenti di manici orizzontali e di orli sono tipici degli Skiphoi;  originale è la decorazione ottenuta a calco di un frammento di ceramica campana; non mancano frammenti di lucerne, di vasi unguentari e pintadere.

Confusi con questi si raccolgono altri cocci aventi il fondo di argilla giallognola e decorati con i soliti motivi geometrici già presenti su quelli di S. Barbara. Si tratta di ceramica geometrica peuceta la cui produzione ben caratterizzata è da collocare tra l’VIII e il II sec. A.C. .

Sulla presenza di numerose tombe in questa località ho ascoltato le testimonianze dei proprietari dei terreni; il tipo di tomba descritto è sempre quello a fossa ricoperta da una lastra tufacea. In una di queste tombe i  contadini raccolsero un vaso contenete coltellini e raschiatoi di selce; i frammenti del vaso e degli oggetti litici in mio possesso sono gli unici avanzi dell’ingenua speranza dei contadini di trovare “il tesoro”[3].

4) – Petrone

In località Petrone[4] è stato recentemente rinvenuto il gruppo più ricco di ceramiche[5]; infatti oltre ai frammenti e a qualche oggetto intero sporadicamente raccolti in superficie, vi si rinvenne anche una tomba a forno con relativo corredo funerario.
La tomba, genericamente descrittami, si presentava appena divisa in due stanzette, a pianta circolare, di circa m 2 di diametro e m 1,50 di altezza; era scavata nel banco tufaceo che forma lossatura di questa zona.
La suppellettile funeraria è composta dei seguenti oggetti:
– un askos indigeno di argilla chiara, senza decorazioni, ad una sola imboccatura. È alto cm 33 e larg cm 27
– tre brocche rustiche monoansate della stessa argilla chiara, senza decorazioni. Sono alte rispettivamente cm 25, cm 19, cm 15.
– tre unguentari con tracce di decorazione a cattiva vernice nera nella metà superiore. Ad uno di questi si notano gli attacchi di minuscoli manici. L’altezza va da cm 15 a cm 17.
– una bocchetta monoansata, con pittura di colore rosso cupo sul fondo chiaro; è alta cm 9.
– un krateriskos a manici verticali imposti sulla spalla del vaso, su piccola base. La vernice nera copre tutto il vaso tranne la parte inferiore. È alto cm 7,5.
– coppa dipinta in rosso, su basso piede, senza manici. Sotto l’orlo si notano due piccoli buchi. È alto cm 2,5 e il diametro è di cm 7.
– pentolino verniciato in rosso; ha il piede piatto e l’orlo svasato; è senza manici. Misura cm 4,5 di altezza e cm 4 di diametro.
– pentolino in argilla chiara verniciata in nero lucido. Come il precedente, ha il piede piatto, l’orlo appena svasato ed è senza manici. Alto cm 7, ha il diametro di cm 5.
– cuspide di lancia di ferro. Misura cm 14 di lunghezza. Presenta nella parte inferiore la cavità dove si allogava l’asta di legno, di cui vennero trovati alcuni frammenti.
Tutto il materiale descritto si può far risalire al III Sec. A.C., secondo l’autorevole avviso della prof. Meluta Marin, che lo ha esaminato.
I pezzi rinvenuti sparsi in superficie testimoniano epoche diverse e culture diverse avvicendatesi all’incirca sullo stesso territorio.
Numerosi i cocci preistorici con il loro tipico repertorio decorativo e i frammenti di ceramica apula a disegni geometrici e a vernice nera. Nuovi sono i frammenti di tazze di un bel colore nero lucido: una è apode, l’altra, forse una kylix, aveva i due manici di cui sono visibili le giunture. Vi si rinvennero inoltre:
– nove pintadere, alcune delle quali portano incisi segni simbolici.
– una lucerna frammentaria monolicone, con l’impugnatura sopraelevata, senza tracce di decorazioni.
– un rozzo coperchio di forma conica con la impugnatura. Il diametro è di cm 8.
– un recipiente con collo stretto e corpo globulare. Ha due facce piatte, una verticale e l’altra orizzontale, e tracce di manici. È lacunoso all’imboccatura. Altezza cm 8, diametro cm 7.
– una moneta romana di bronzo del I sec. D.C.  Su una faccia è il profilo di Tiberio, sul rovescio quella di Augusto. Vi è incisa una iscrizione dedicatoria.
Altri frammenti di vasi sono stati da me rinvenuti nella stessa località. Vi ho raccolto, fra l’altro, il frammento di un piatto di colore rosso all’interno e all’esterno nero all’orlo, intorno al quale si nota una delicata decorazione a tacche longitudinali. Su due frammenti vi sono decorazioni a linee ondulate con tracce di colore roso cupo.

5) – S. Pietro

Altri frammenti sono stati raccolti in località S. Pietro a 1 Km dall’abitato. Si tratta di vasellame di color nero simile a quello del già citato sepolcro della villa Porro Regano; non appaiono però ornati impressi. Uno dei frammenti, fatto con altro tipo di impasto, si presenta ornato con l’incisione di due fasce parallele di linee spezzate intermezzate da un fitto punteggio. 

6) – Belvedere

Da questa località che dista 1 km circa da Andria provengono altri frammenti ceramici e una moneta d’argento[6]. Anche qui è attestata la presenza di ceramiche appartenenti a epoche e culture diverse. Accanto ai cocci preistorici, simili a quelli già osservati in località Petrone, si rinvengono quelli che presentano le decorazioni del geometrico pugliese e quelli verniciati con colore nero e rosso e lucidati. Indecifrabile è l’iscrizione della moneta; forse è un denaro d’argento romano. Pesa g 3,60 e ha un diametro di cm 1,6. Su una faccia è un profilo non identificato, sul rovescio è un cavaliere in atto di calpestare degli uomini.

 7) – SS. Salvatore

Durante uno scavo per lavori di fognatura vicinissimo alla chiesa  del SS. Salvatore, si è rinvenuta una tomba a fossa con relativa suppellettile di cui si è potuto salvare solo un vaso lacunoso nel manico e nel collo. Nella base presenta tracce di lavorazione al tornio. È rozzamente decorato con quattro strisce verticali intersecate da una orizzontale, tutte di colore rosso. Si nota l’attacco inferiore del manico. Misura in altezza cm 10.

° ° °
Del materiale rinvenuto in vari punti della zona urbana mi è solo possibile riferire su alcuni pezzi raccolti dal sig. Loconte e sulla collezione piuttosto ricca  del defunto sig. Mancini. Quest’ultimo, essendo costruttore, poté raccogliere i pezzi in scavi da lui stesso effettuati in occasione di vari lavori. La cura, riposta nel conservare gelosamente questi pezzi, tutti registrati in elenchi da lui stesso compilati e conservati in una apposita vetrina, dimostrano l’integrità e la buona fede dell’uomo. Non essendo stato possibile fotografare i singoli pezzi, ho fatto riprodurre alcune fotografie gentilmente prestatemi dal figlio del Mancini; in esse compaiono però anche ricordi personali e altro materiale estraneo che il proprietario ha voluto conservare accanto ai reperti archeologici. Si possono comunque agevolmente riconoscere numerose statuine fittili, lucerne, unguentari, un cratere, un askos, simile a quello rinvenuto a Petrone, e numerosi altri pezzi la cui presenza è documentatissima in terra di Bari.
Da diverse zone della città provengono pure i pochi pezzi raccolti e conservati dal sig. Loconte:
– Una testa di donna in argilla, rinvenuta presso la Chiesa di S. Maria di Pompei.
– Un oinochoe geometrico peuceta su fondo piatto senza piede. Il manico è diviso in due parti da una lunga scanalatura longitudinale. Sull’argilla chiara la decorazione è data da fasce rosse e nere che diventano più larghe nella parte inferiore. All’inizio della spalla la fascia è sostituita dal tratteggio. La faccia superiore dell’orlo è dipinta a settori triangolari rossi. Fu rinvenuto a Via Perugia. Misura cm 12,5 di altezza.
– Moneta di bronzo raffigurante Giano bifronte e sul rovescio la prora di una nave. È un medio bronzo romano. Pesa g 17, ha un diametro di cm 2,5.
° ° °
Poche notizie di ritrovamenti di materiale proveniente da Andria sono sparse qua e là nei vari bollettini e notiziari archeologici; sono riuscito a ritrovarne solo due, entrambe relative a materiale preistorico.
Nicolucci[7] riporta frecce, coltelli e armi litiche. Strobel[8] recensendo un libro di Forrer[9], indica una accetta di rame.
Notizie più generiche sono riportate dagli studiosi che si occuparono della ricostruzione del tracciato della via Traiana[10].
Si tratta di reperti ritenuti di epoca preistorica, romana e medioevale, connessi appunto all’esistenza di questa strada.
A queste andrebbero aggiunte tutte le notizie che ho ricavato dalla viva testimonianza delle persone e da manoscritti privati. Mi limiterò, tuttavia, a riferire in questa sede solo quello che mi è stato possibile controllare personalmente.
Una tomba a fossa fu rinvenuta nel 1958 in via Arno. Conteneva due scheletri e 5 vasi, le cui forme mi vennero confusamente descritte dal sig. Saccotelli proprietario del suolo in cui si ebbe il rinvenimento.
Egli ricorda che la tomba era scavata nel tufo ed era ricoperta con una lastra calcarea; i due scheletri erano bel conservati e collocati l’uno con la testa accanto ai piedi dell’altro[11].
Il sig Zagaria mi fece sapere che nel terreno di sua proprietà situato in via Bonomo, furono rinvenute diverse tombe a fossa contenenti, oltre ad alcuni vasi, anche lucerne, una delle quali aveva il corpo carenato e poggiava su un alto piede tronco conico. Anche di questo materiale, tra cui un frammento di iscrizione probabilmente greca, non si ha più traccia[12].
In alcuni appunti manoscritti del defunto sig. Mancini, di cui m’è stato possibile ottenere fotocopia, si hanno notizie relative al ritrovamento di vario materiale ceramico e di qualche moneta in Piazza S. Ciriaco, all’interno dell’antica cinta urbana. La descrizione molto sommaria e imprecisa non permette alcuna valutazione di questi pezzi.
Di frequenti ritrovamenti di lucerne, tra cui qualcuna a tre becchi, mi ha parlato il costruttore Di Schiena che le ha rinvenute in tombe scoperte nei dintorni di Via Pilo; anche in questo caso non è stato possibile avere notizie precise.
Significativi sono i risultati dell’indagine, fin qui condotta, sulle testimonianze archeologiche che si rinvengono in Andria. Esse sono in larghissima parte relative a materiale pre romano; mentre di epoca romana sono: alcune monete, che non fanno testo; le iscrizioni sulle colonne miliari e i resti osservati dal Pratilli lungo la via Traiana che, pertanto, sono da collegare all’esistenza della strada e non di un centro abitato; pochissimi frammenti ceramici e, infine, quattro iscrizioni sepolcrali, forse pure esse appartenenti a sepolcri posti lungo la Traiana.
Quindi, se vi sono tracce sicure di una presenza umana dai tempi preistorici fino al IV e II sec. A.C., queste scompaiono in epoca romana, per ritornare ad apparire, come vedremo, durante il periodo della dominazione bizantina; da allora in poi diventeranno sempre più precise e consistenti.


[1] JATTA, Avanzi … cit., pp. 66-68
[2] JATTA, Avanzi … cit., loco cit. “ … spesso in prossimità dei gruppi di cumuli descritti si incontrano tracce di sepolcri, più o meno numerose, di epoche posteriori. Potrebbero queste attestare come negli stessi siti ove la vita si era cominciata a sviluppare nelle epoche primitive, si sia poscia svolta e organizzata attraverso le civiltà pre-ellenistiche l’epoca delle colonie italo-greche, e spesso nei tempi più bassi di queste fino al II Sec. A.C. …… e forse non appartenne ad epoca più antica la tomba messa a ridosso della casa colonica di S. Barbara, quella di Palese (Andria) …”
[3] Ancora in questa località si rinvenne una iscrizione sepolcrale latina, pubblicata da Bernabei in “Notizie e Scavi”. Si tratta di una lapide calcarea di m 0,59 per 0,90 nella quale è inciso:
D M S
M ARRVN
TO ASIATI
CO V AN XXII
M ARRVNTIVS
ISSVS ET ARRVUN
TA ASIA PAREN
TES FILIO B M.
La lapide è sormontata da una specie di frontone con due pulvini e una corona di lauro al centro. Per questa iscrizione il Bernabei suggerisce relazioni con C.I.L., IX, 3113. (V. Bernabei, Una iscrizione latina a Pozzo Sorgente, in: Notizie e Scavi, a.       ).
[4] A 7 Km da Andria. Come le precedenti località anche questa è molto vicina alla Via Traiana.
[5] Il materiale in parola è stato trovato il 1966 dal sig. Fionda il quale lo ha messo a mia completa disposizione, consentendomi di fotografarlo e di farne una accurata analisi.
[6] Sono attualmente in possesso del Sig. Loconte.
[7] Cf JATTA, La Puglia …  cit., pag 68; e MINÀ PALUMBO, Le armi e gli utensili di ossidiana, in: Bull. Palet. Ital., a. I – 1875, p. 167.
[8] STROBEL, Bull. Palet. Ital., a. XVIII – 1892, p. 120.
[9] FORRER, Beitrage zurpraehistorichen Arcaelogie und verwandte Gebiete, Strasburg 1892, tav. 4^, fig. 11.
[10] v. il capitolo successivo.
[11] Il tentativo di rintracciare anche in parte tale materiale è stato vano, nonostante le ricerche da me effettuate presso il Comando dei Carabinieri e la sede del Comune.
[12] Anche in questo caso, i tentativi di rintracciare il materiale sono stati vani. È probabile che esso sia ancora conservato in un vecchio deposito di attrezzature agricole della stesso Zagaria, e che che non mi è stato consentito di vedere.