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Domenico Di Leo

RICERCA SULLE ORIGINI DI ANDRIA

stralcio dalla tesi di laurea del 17/12/1971

Parte II - le fonti letterarie:
S. Placido


La critica e l’interpretazione di tutti i documenti, generalmente apportati finora a sostegno delle due tesi sulle origini di Andria, è il contenuto di questa seconda parte.
Lo scopo è di ordinare e definire i dati che da questa ricerca scaturiscono per una chiara comprensione del problema.
Seguirò nell’esperienza l’ordine cronologico determinato dai documenti stessi.
Il d’Urso [1] seguito dall’Agresti[2], Morgigni[3] e MUCCI[4], afferma che Andria esisteva già nel 536 perché è nominata in una lettera inviata a S. Benedetto da S. Placido durante il suo presunto viaggio in Sicilia [5].
Alla base di questo documento vi è ancora una volta la leggenda agiografica il cui primo nucleo è in un passo del Chronicon di Leone Marsicano in cui l’autore riporta un’opinione che circolava allora nel suo ambiente: “Beatum etiam Placidum opinio est quod vir Domini Benedictus tunc ad Siciliam miserit, ubi pater eiusdem Placidi Tertullus patricius decem et octo patrimonii sui curtes eidem viro Dei concesserat” [6].
Da qui si sviluppò la leggenda di S. Placido monaco Benedettino e martire di Messina, mentre in realtà il monaco va distinto dall’ononimo martire Siciliano.
Chi conferì a questa leggenda un’apparente giustificazione storica fu Pietro Diacono, bibliotecario e archivista di Montecassino, deciso ricercatore di nuovi titoli di gloria per l’Abbazia cassinese [7].
A lui si deve una triplice redazione della vita di S. Placido, una delle quali attribuì ad un immaginario Gordiano e i cui fatti sono stati inventati per assicurare la gloria del martirio all’umile figlio di S. Benedetto. Secondo il racconto di Gordiano, infatti, dopo un viaggio ricco di prodigi e di incontri con personaggi celebri, tra cui il nostro Mucci ha inserito S. Riccardo, Placido avrebbe fondato un monastero a Messina e ivi sarebbe martirizzato dai Saraceni nell’anno 541 insieme con molti compagni [8].
Anche qui quindi nulla di preciso, ma anzi molto è stato inventato; basti pensare che nella “vita” scritta da Pietro Diacono, S. Benedetto avrebbe ricevuto le 18 proprietà in donazione da Tertullo, quando questi si recò a Montecassino nel 532 accompagnato, sempre secondo Pietro Diacono, da Simmaco e Boezio, che invece in qull’anno erano già morti.
Inoltre ci si può chiedere, come mai Placido per recarsi da Montecassino in Sicilia si sarebbe recato in Puglia e in Andria. È troppo affermare, come il Mucci e il Morgigni, che avrebbe visitato il nostro presunto vescovo Riccardo del V sec., quando non è dimostrata, né si può, la sua esistenza in quell’epoca.


[1] D’URSO, op. cit.  p. 46.
[2] AGRESTI, op. cit.,  p. 27.
[3] MORGIGNI, op. cit.,  p. 112; “dopo aver visitato in Benevento il Vescovo di quella città, in Canosa il Vescovo Sabino, senza dubbio sarebbe venuto in Andria per visitare il Vescovo Riccardo, che non trovò perché in gita sul Gargano”.
[4] MUCCI, op. cit.,  p. 90; “passò per Andria forse per far visita al Vescovo Riccardo”.
[5] D’Urso dice che la lettera è registrata nella cronaca Cassinese, vol.II,  pag. 111.
[6] In M.G.H., script., VII, p. 580.
[7] Su Pietro Diacono cf. MORIN, Revue benedictine, XXVII - 1910, pag. 250; e CASPAR, Petrus Diaconus und die Montecassineser Fuischungen, Berlino 1909,  p. 47-72.
[8] PICASSO, S.Placido discepolo di S. Benedetto, in : Bibl. Sanct., vol. X, coll. 942-952.