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LA CHIESA DI S. ANDREA APOSTOLO
IN ANDRIA
E LA SUA ANTICHITÀ
COLL’AGGIUNTA DELLA NOVENA

del Can. Giacomo Ciciriello
Tipografia G. Pasini & Figli, Andria, 1928
trascrizione in ebook
Pubblico questo opuscolo del 1928 sulla chiesetta di Sant'Andrea, demolita a metà degli anni cinquanta, per fornire allo studioso online altri elementi di conoscenza sulle antichità della nostra Città, pur consapevole delle totalmente leggendarie ipotesi addotte dall'autore sulla sua origine, e prive quindi d'ogni storico o provato fondamento.

INDICE

  1. Dedica. (pag. 5)
  2. L'autore [introduzione]. (pag. 7)
  3. Origine della Città di Andria. (pag. 11)
  4. Venuta dell’apostolo S. Andrea in Andria. Anni dell’era cristiani 44 (pag. 15)
  5. La Chiesa di S. Andrea. (pag. 18)
  6. Risposta ad una difficoltà. (pag. 21)
  7. Residenza di S. Riccardo in questa Chiesa e deposizione del suo glorioso corpo. (pag. 26)
  8. Novena a S. Andrea. (pag. 39)

Alla Eccellenza Ill.ma e Rev.ma
di Monsignor
D. ALESSANDRO MACCHI

già prevosto parroco della Chiesa di S. Andrea in Milano che oggi con sapienza ed amore guida le sorti di questa illustre ed antica diocesi calcata dalle orme del Santo Apostolo dedico ed offro quest’opuscoletto con amore e rispetto di figlio nel 25° Anniversario della sua ordinazione sacerdotale e 5° di suo episcopato affinché il popolo Anndriese impari sempre meglio a conoscere, a venerare ed amare il suo primo Patrono.

Andria, 6 Giugno 1928.

Can.co GIACOMO CICIRIELIO
Cappellano della Chiesa


L’AUTORE

Nell’ultima S. visita tenuta da Sua Eccellenza Ill.ma e Rev.ma Monsignor D. ALESSANDRO MACCHI nella vetusta Chiesa di S. Andrea il giorno 30 Novembre 1926, essendo io cappellano della detta Chiesa, mi fu domandato il cenno storico di essa. Io non seppi altro rispondere, che una pia tradizione afferma, come S. Andrea unitamente al Suo fratello Pietro sia venuto in Andria al principio dei cristianesimo a predicare la fede del Divin Maestro, e che gli andriesi a ricordo di Lui innalzarono dopo la sua morte una chiesa dedicata al suo nome, la quale chiesa si ritiene esser stata il primo tempio innalzato in Andria.

La risposta anziché contentare, invogliava il Vescovo a volere conoscere meglio e con più precisione la storia di questa chiesetta, essendo Egli devotissimo di questo Santo per aver passato parecchi anni del suo ministero sacerdotale in una parrocchia dedicata allo stesso Santo in Milano.

A soddisfare questo pio desiderio del superiore assumevo io l’obbligo di rintracciare notizie, che riguardassero questa Chiesa. Ma che dirò io di questa Chiesa, la quale ha formato e forma tuttora l’oggetto delle comuni ricerche degli storici? Dovrò io addittarmi contro dei nostri antenati, i quali hanno lasciato negletto questo primo monumento del Cristianesimo? Le tenebre del loro silenzio sono state la cagione d’indurre uomini savii a parlare e scrivere con sommo svantaggio della storia.

Mosso io dal desiderio del mio superiore, e dall’amore che conservo a questa chiesa di cui ho la cura, mi affretto ad esporre in questo opuscoletto le voci della tradizione. Per venire a capo di qualche notizia non ho mancato praticare qualunque tentativo consultando parecchi storici, che, previa permissione ecclesiastica, parlano del nostro paese e dei suoi monumenti, ritenendo per probabile quei punti che più verosimilmente corrispondono alla pia tradizione popolare, non volendo menomamente offendere chi abbia opinione diversa da quelle che sarò per esporre, non potendo darsi niente per sicuro ed indubitato in una materia oscura e sepolta nel buio del silenzio degli scrittori.

Ed ossequioso ed ubbidiente ai superiori ecclesiastici, imprendo a scrivere.

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Origine della Città di Andria

Siccome nel corso di questa operetta accadrà di far menzione dei primi popoli, che hanno fondata ed abitata questa nostra città, nessuno prenda meraviglia se parlo dell’origine di Andria. Nell’anno del mondo 2800, prima della fondazione di Roma 431, avanti Cristo 1184, Andria venne edificata dai Greci il di cui capo fu Diomede re dell’Etolia.

Il divisamento di Diomede di recarsi in queste parti col suo esercito fu questo. Essendosi egli arruolato con altri principi sotto gli stendardi di Toante, il quale come più potente comandava tutta l’armata: Etolis autem imperabat Thoas Andremonis filius al dir d’Omero, si condusse all’assedio di Troia impiegandovi 10 anni di tempo per le opposizioni sorte tra Achille e Agamennone, finché fu vista distrutta. Fra tanti combattimenti avvenne, che Toante rimase ucciso. Allora fra tutti d’accordo si diede il comando a Diomede, e sotto la sua guida il corpo intero di quelle navi composte di Greci pelleponnesi ed Epiri, Etoli, Beozi, Foci, Acaici, Megaresi, Laconii ed altri condussero a termine l’impresa, gloria una gloria immortale del loro nome.

Abbattuta Troja, Diomede con tutta questa armata navale pronta a seguirlo ovunque risolve far ritorno al suo regno natio nell’Etolia. Ma avvertito da un fido amico, che quella gloria, da lui conquistata col spargimento del proprio sangue in Troja era stata oscurata dalla sua moglie, la quale durante la sua assenza erasi resa infedele, sentendosi oppresso il cuore, e concependo un odio indicibile alla sua consorte, risolve abbandonarla e con lei la patria, la reggia, il regno, e volge il cammino verso l’Italia approdando alle spiagge Salentine.

La sua prima fermata fu a Brindisi, e lì pensò fermarsi e stabilire il suo regno. Ma i Salentini con le armi lo respingono. Allora egli vedendosi fallito nelle sue speranze si allontanò da Brindisi e approdò al Gargano. Il suo arrivo fu accolto da tutti con entusiasmo, specie dal vecchio Dauno, che regnava in tutta la Puglia, ed essendogli stato domandato a qual fine si fosse qui portato, Diomede rispose, che andava procacciandosi alloggio, perché la fortuna così l’avea malmenato. Il vecchio Dauno compassionando il suo destino l’accolse, e a meglio rassicurarlo, gli promette in isposa l’unigenita sua figlia. Con questi vincoli Diomede entrò con le sue genti nella terra di Puglia, che gli venne assegnata come retaggio dotale, e propriamente in quella parte chiamata Peucezia, e dopo la morte del suocero, ereditando ancora quell’altra che chiamavasi Dauna; ecco in breve possessore di tutti i popoli Appuli, Dauni, e Peucezii situati da Bari sin al Gargano, e così questo principe greco, ettolo cominciò ad arricchire il suo regno di abitazioni per ricoverare il numeroso popolo, che avea condotto con sé.

Alcune città restaurava ed ampliava come Canosa, altre edificava. Sulle rovine di Arpi piantò argo: Arpi aliquando Argos hippium, Diomede contente Argostippium dictum. Fu appellato così per suscscitarvi la memoria e il nome di quello Argostippium, che avea abbandonato nell’Etolia, e volle collocarla nel pieno, che si estende fra il fiume Gelone, o Locone, e Carapella.

Fondò altre dando loro i nomi delle patrie greche abbandonate, così Andria nominata tale a somiglianza di quell’Andria situata in Grecia nel Pelloponnese a 76 miglia distante da Argostippium, oppure, di quell’altra città di Andria situata sull’Elesponte, regione dei seguaci di Diomede da essi abbandonata: oppida ibi celeberrima Aneyna, Celene, Andria, ce lo attesta Plinio nel libro 5° della sua storia naturale.

Dunque la città di Andria da Diomede e i suoi Ettoli ebbe la sua origine, oppure, secondo il Crocifero, Diomede le avesse messo tal nome da quello dell’isola di Andros. Il nome stesso ce lo conferma, il quale è tutto greco [1]. E questo basta per il mio assunto.

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Venuta dell’apostolo S. Andrea in Andria
Anni dell’era cristiana 44

Appena ebbero gli apostoli nel dì di Pentecoste ricevuto lo Spirito Santo, tosto si divisero le province e i regni su cui esercitare l’apostolico ministero.

L’apostolo S. Pietro, costituito divino Vicario si mantenne 2 anni in Gerusalemme a spargere il divin seme e a stabilire quella Chiesa; di poi si condusse in Antiochia, ove fissò la sua sede; ma dopo aver per circa 7 anni ammaestrato quel popolo nei precetti della cristiana religione, disponente Domino, venne a Roma per attaccare l’errore nella sua radice. Circa gli anni 43 dell’era cristiana l’apostolo S. Pietro parte da Antiochia ripieno dello Spirito divino in unione dell’apostolo Andrea suo fratello. Dopo aver i due apostoli percorse varie città della Grecia e dell’Asia minore pervennero nell’Etolia, nell’Acaia e di là passando all’Epiro postisi in una nave felice-mente approdano a Brindisi porto principale dell’Italia. Qui trattenutisi per qualche tempo predicano la legge di Cristo, convertono molti gentili, vi piantano il vessillo della croce e fondano una chiesa.

Escono di là e si mettono sul cammino della famosa via Appia, conducendosi in Taranto dove raccolgono numerosi frutti in onore della religione cristiana. Alla fine eccoli ambedue in Andria. Ah ! qual celeste favore fu per il popolo Andriese accogliere tra loro i primi seguaci di Cristo, che venivano a riscattarli dalle tenebre dell’ignoranza e dell’idolatria. Ci assicura la tradizione, che si diressero per quel tratto di strada, che vien chiamata braccio della via Appia, che conduce a quella porta, che da noi adesso si chiama Porta Santa [2]. La prima strada della città da essi calcata prese il nome di strada del Paradiso, tuttora esistente, e che va da Porta Santa al Vaglio.

In questa .fortunata, città, gli apostoli spiegano il loro zelo per la conversione di essa al vangelo di Cristo. S’affaticano ad istruire gl’ignoranti, consolare gli afflitti con la speranza del cielo, consolidare i deboli, diffondere in tutti i dolci influssi di quella religione del Golgota, che tutta si riassume in soavissimi accenti di bellezze e d’amore.

Dopo alquanto tempo l’apostolo Andrea compiaciutosi oltremodo della docilità di questo popolo facile a conquistarlo alla cristiana credenza, prende concedo dal fratello e fa ritorno nell’Acaia. La porta donde uscì il Santo per far ritorno all’Acaia prese nome di Porta S. Andrea, così il Prof. Nicolò Vaccina Lamartora nel suo opuscolo « Andria e le sue vie ». Ivi giunto si fermò nella città di Patrasso a continuare la sua apostolica missione, ma caduto nell’indignazione del Proconsole Egea fu con-dannato a subire la morte sulla croce a somiglianza del suo Divin Maestro.

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La Chiesa di S. Andrea

Gli Andriesi avendo saputo la di Lui morte gloriosa, memori e grati dell’immenso bene ricevuto dal S. Apostolo, non indugiarono d’innalzare una chiesa alla sua santa memoria, e ch'’è appunto l’attuale chiesa, esistente poco distante dalla porta omonima, situata in un scoscendimento di umili ed antichi tugurii appellati le Grotte di S. Andrea.

La patria tradizione, e noi nelle tradizioni del popolo riconosciamo gli elementi e le fonti più sicuri della storia, ha ritenuto sempre essere questa chiesa il primo tempio, che innalzarono gli Andriesi convertiti alla cristiana religione andando essi debitori a questo apostolo della loro spirituale rigenerazione.

Perchè, si domanderebbe, a S. Andrea e non piuttosto a S. Pietro principe degli apostoli fu innalzato il primo tempio? Non potevano certo gli Andriesi innalzare il primo tempio a S. Pietro, perchè era ancor vivente in Roma, essendo morto verso il 69 dell’era cristiana, né vi è esempio nella chiesa di aver tributato a qualche eroe evangelico qui in terra culto ed adorazione. Solo il paganesimo soleva anche vita bruciare incenso ai suoi tiranni.

Di più il Prevosto Pastore nelle sue memorie storiche assegna un altro motivo, perché gli Andriesi abbiano innalzato questa chiesa a S. Andrea nei primi tempi ed è, che i popoli della Puglia, essendo originarii dell’Acaia, ossia, Etolia, anche a questo Santo dedicarono di preferenza la prima chiesa per questa santa memoria dichiarandolo comune Protettore. In diverse città della Puglia di origine greca fu praticato lo stesso. Ora essendo anche il popolo di Andria, come dissi innanzi, tutto Ettolo nella sua origine, per naturale inclinazione, e senza ripugnanza veruna, ne adottavano il costume e la devozione verso l’apostolo dell’Acaia. All’istesso modo S. Sabino fece edificare una chiesa a canto l’ospizio di Barletta sulle spiaggie dell’adriatico, e la volle consacrare alla tutela di S. Andrea, acciocchè i passeggieri marinai, che in quel tempo erano frequenti a noleggiare dall’Acaia in Puglia come popoli affini, avendo e venerando essi per loro principale apostolo S. Andrea, volentieri allettati dal nome del loro protettore si fossero portati a venerare quel tempio ed ivi assistere ai sacri misteri e all’istruzione religiosa. Di qui il concorso del greci era numeroso, ed in conseguenza Barletta in quei tempi erasi dilatata in considerevole estensione.

Il Dottor Raffaele Sgarra nella storia « Andria sacra » parlando del nostro Duomo dice a pagina 123: si noti che questo Duomo è forse la seconda Cattedrale Andriese, comecche la primissima fu la vetustissima chiesa S. Andrea esistente in un scoscendimento di umili ed antichi tugurii appellati le grotti. In essa venerasi una statua d’argilla dello stesso apostolo adorna di pesci [3]. Non sia chi dubiti, che questa statua di S. Andrea sia lavoro dei nostri antichi vasellai.

Il Professore D. Michele Can. Agresti nella sua storia « il capitolo Cattedrale di Andria e i suoi tempi » afferma che la Chiesa di S. Andrea è forse la più vetusta di Andria e la più importante per la sua parte storica. Questa chiesa secondo un’antica tradizione fu costrutta fin dal principio del cristianesimo e fu dedicata a S. Andrea, in memoria della sua venuta in Andria col fratello Pietro. In questa chiesa ebbe una volta anche residenza il capitolo cattedrale e pare che fosse stata assai più ampia della Chiesetta attuale. Infatti nel fare gli scavi delle case adiacenti site nelle così dette grotte di S. Andrea furono rinvenute antiche vestigia della primitiva Chiesa. Il Capitolo della Cattedrale vi nomina tutti gli anni il suo cappellano, o vi conferma il già nominato, con il consenso del Vescovo.

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Risposta ad una difficoltà

Mentre tutti gli storici convengono unanimi nel dire che la prima Chiesa innalzata in Andria fu quella dedicata a S. Andrea, disconvengono poi in quanto al luogo, cioè se sia propriamente quella esistente alle Grotti oppure quella cappella dove celebrò San Pietro nel suo passaggio di qui, e che va compresa presentemente nella chiesa Cattedrale, chiamata cripta, dove era un tempietto sacro ad una laida venere la di cui statuetta di creta fu ridotta in minuzzoli dallo stesso apostolo.

Rispondo 1. Che la Chiesa di S. Andrea, deve intendersi quella esistente alle Grotti, e non quella cappella dove celebrò S. Pietro, è chiaro da ciò, dice lo storico Durso, che venendo S. Riccardo in Andria, la tradizione asserisce, ch’egli entrando nel tempio con grido di spavento urta e demolisce gli idoli esposti all’infame adorazione: mundavit Ecclesiam idolis pollutam.
Ora noi siamo assicurati della tradizione, che la cappella di S. Pietro non fu polluta dai falsi numi. Dietro la partenza dell’apostolo, sebbene gli andriesi fossero ricaduti nell’idolatria, tuttavia non ebbero il coraggio di profanarla, rimase solamente negletta ed obliata. Né poteva in essa il S. Pastore esercitare le sue funzioni sacre, essendo troppo piccola ed angusta. Dobbiamo dunque ritenere piuttosto essere stato l’attuale tempio di S. Andrea il quale, come osservammo, venne edificato quando S. Pietro era ancora in vita. Nè dispiaccia poi riflettere su quelle parole mundavit Ecclesiam idolis pollutam, che lo scrittore Francesco II del Balzo non pose Fanum Delubrum ma Ecclesiam, ciò che di nota propriamente il tempio dei cristiani. Dunque questa prima era stata consacrata consacrata al culto divino e poi venne profanata, dal ricadimento degli andriesi nell’idolatria, come si rivela anche da quelle parole riferite a S. Riccardo: ut Italiam ad Andrienses popullos qui ab antiqua fide desciverant, adiuvandos, se conferret, colla voce populos s’intendono tutti i casali, che allora esistevano nel nostro dintorno [4].

2. Che sia stata l’attuale chiesa di S. Andrea, quella, che S. Riccardo trovò idolis pollutam, lo dimostra apertamente la casa, ossia l’Episcopio del medesimo S. Pastore sito nella lontananza di pochi passi da essa Chiesa, propriamente al centro delle grotte, la quale casa vedesi oggi tutta puntellata all’intorno, perchè minaccia cadere.
E quando tutto mancasse su questo, siamo convinti dell’osservanza da tempo immemorabile del nostro Capitolo Cattedrale, il quale ha sempre venerata questa chiesa come la sua prima sede, perciò il diritto alla nomina del cappellano.

3. Il Prevosto Pastore nelle sue memorie scritte parlando della città di Audria ai tempi dei Normanni conquistatori della Puglia coll’esterminio dei Longobardi, saraceni e greci verso il 1013, afferma in un punto, che Andria era allora alquanto più grande dei paesi circonvicini con fabbriche più ampie e con la torre Lombarda cui congiunto era il Tempio formato dal Vescovo Cristofaro, il quale fu vescovo di Andria il 787, circondata da mura, ma che non lasciava di essere considerata per un piccolo villaggio.
Ora questa Chiesa formata dal Vescovo Cristofaro, a cui s’aggiunse poi la torre Lombarda convertita dal conte Riccardo l’anno 1108 in campanile, quale Chiesa domando io è? Secondo me è l’attuale Cattedrale situata appunto sull’antica cripta dove celebrò l’apostolo S. Pietro, e coll’avere il Vescovo Cristofaro innalzata questa nuova Chiesa certo più grande secondo l’esigenza dei tempi, allora fu che avvenne la traslazione della Cattedrale dal primo luogo, nel luogo ove al presente trovasi, sotto il titolo dell’Assunta non lasciando quello di S. Andrea. Infatti quel quadro, che trovavasi prima del 1916, cioè prima dell’incendio, affisso sotto la volta del presbitero, che ne formava l’emblema, fu delicato alla Assunzione della Vergine ed a S. Andrea. Nella commemorazione dei nostri santi patroni una volta prima si recitava quella dell’apostolo S. Andrea, a cui è intitolata l’antica e nuova cattedra, e poi si passava a S. Riccardo, nostro primo vescovo e patrono, e ciò si osservava in tutta la diocesi in forza d’una antica consuetudine. Chi visita il nostro Palazzo Vescovile nella prima anticamera messa al secondo piano vedrà sotto la volta dipinto a destra S. Andrea a sinistra S. Pietro, in mezzo S. Riccardo che opera prodigii. Che dimostra ciò? che come l’antico Episcopio era sotto la tutela di S. Andrea, così il nuovo, in modo da ritenersi l’apostolo S. Andrea primo Prottettore di questa diocesi.

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Residenza di S. Riccardo in questa Chiesa
e deposizione del suo glorioso corpo.

In questa Chiesa il glorioso S. Riccardo situava la sua sede, a destra dell’ingresso piantava il prodigioso fonte battesimale [5], in cui venivano rigenerati i nuovi credenti in quo Christo plurimos conciliatos baptizavit [6]. Fu cura speciale l’istallamento del clero essendo i ministri la base della religione. In essa istruiva il suo gregge, amministrava i sacramenti al suo popolo insieme col clero rendendosi norma ed esempio delle opere buone. Continuo nel digiuno, assiduo nell’orazione, vera immagine di povertà nel vestito, nel letto, nelle suppellettili, nella casa in modo che si rendeva un chiaro lume, che non soltanto alla sua, ma a tutta la casa di Dio, spandeva i suoi raggi. E divenuto tutto a tutti con viscere e diligenza di padre ammoniva, riprendeva, esortava, sicché tutti teneva uniti al suo cuore.

Essendo andato il nostro glorioso S. Riccardo dietro il comando del Papa Gelasio 1° con altri quattro Vescovi pugliesi Lorenzo Sipontino, Savino Canosino, Pelagio Salpetano, Ruggiero Cannese a consacrare la Chiesa di San Michele Arcangelo al Gargano, al suo ritorno, afferma il Prevosto D. Giov: Pastore fece restaurare ed ampliare quella Chiesa donde Egli rovesciò i falsi numi. Ma la Chiesa ch’Egli mondò dai falsi numi fu quella di S. Andrea tuttora esistente. Dunue questa deve ritenersi come la prima edificata in Andria. Intatti, dice il Professore D. Michele Agresti, nel fare gli scavi delle case adiacenti a questa si son rinvenute antiche vestigia della primitiva Chiesa.

Correva già l’anno del Signore 537 quando giunto S. Riccardo al colmo dei suoi meriti, e avanzato negli anni avendo 92 anni di età, sopraffatto dai mali accagionatili dal rigore della vita, s’avvide che il suo termine era vicino, onde chiamato a sé il clero ed i suoi figlii raccomandò loro il culto del vero Dio e lo zelo della cattolica chiesa, e nel giorno da Lui indicato spirò l’anima sua nelle mani del Signore lasciando agli Andriesi il cuore in pegno del suo amore ed il corpo in difesa.

Da qual dolore fosse trafitto il popolo tutto non è a dire, avendo perduto in esso il padre comune ed il consolatore nei travaglii.
Il suo corpo secondo il rito cristiano fu seppellito nella Chiesa ove avea tenuto la sua cattedra, così afferma il Durso, sebbene D. Giovanni Di Franco nelle asserzioni sulle nostre antichità parlando della morte del nostro Protettore scrive, che gli Andriesi diedero sepoltura con decente pompa, al corpo di S. Riccardo nella Chiesa qual’Egli in vita avea dedicata sotto il titolo dell’Assunzione di Maria, che è oggi la Cattedrale, essendo morto nell’età di 92 anni. Il Durso risponde: m’induco a credere essere stato depositato nella Chiesa di S. Andrea, perché, gli Andriesi, come porta la tradizione, solevano solennizzare il giorno 23 aprile, nel quale era avvenuta la traslazione del corpo d’esso Santo dalla vecchia Chiesa alla nuova, ch’è la presente Cattedrale, giorno che trovasi oggi maggiormante rimarcato dall’invenzione, poichè miracolosamente successe nel dì 23 aprile.

Di più in nessun punto noi leggiamo d’aver S. Riccardo innalzata una Chiesa dedicandola all’Assunzione di Maria, e che la presente Cattedrale dedicata all’Assunzione di Maria, e a S. Andrea fu edificata dal Vescovo Cristofaro, come si disse innanzi.

Lo stesso storico D. Domenico Can. Morgigni, sebbene non la sente affatto col Durso circa il collocamento del corpo del Santo dopo la sua morte, ritenendo il primo che fosse stato deposto nella Confessione, oggi cripta, e il secondo nella Chiesa di S. Andrea, pure non volendo convengono tra di loro. Difatti a pag. 15 del suo opuscolo « la Cattedrale di Andria e le sue antichità » scrive: a questo periodo storico sec. VII, VIII noi colleghiamo il principio del Tempio superiore in Andria (cioè del Tempio elevato sull’antico Delubro sotterraneo, oggi cripta) il quale tempio avrebbe avuto l’onore di ricevere trionfante il corpo di San Riccardo (da dove?) ... quando nel dì della sua canonizzazione fu deposto nella Confessione cuius corpus collocatum est in Confessione huius Ecclesiae. Kalend: il Del Balzo nella sua relazione. Su il quale calendario, continua a dire più chiaramente a pag. 12 mirabile a dirsi! trovaronsi segnati i dì della morte di S. Riccardo, della traslazione del suo corpo, della deposizione di questo corpo santo nella confessione della Chiesa Matrice cuius corpus collocatum est in confessione huius Ecclesiae. Relaz. del Balzo.
Quì io domando: prima della traslazione alla Chiesa Matrice, dove era depositato il corpo di S. Riccardo? nella confessione? ma se fu ivi deposto dopo la traslazione? … … Dunque dalle parole dello stesso Morgigni possiamo conchiudere, che con la traslazione della Cattedrale dal primo luogo nel luogo ove al presente si trova sotto il titolo dell’Assunta e di S. Andrea avvenne pure la traslazione del corpo di S. Riccardo dalla Chiesa di S. Andrea alla nuova Cattedrale, deponendo poi questo corpo santo nella Confessione o sotterraneo della nuova Chiesa Matrice. E tutto ciò dovette compirsi sotto il Vescovo Cristofaro essendo lui il Vescovo di Andria tra il secolo VII, VIII e avendo lui fatto costruire il nuovo tempio.

In questo modo si può riconciliare anche l’opinione d’altri storici cittadini, i quali ritengono, che il corpo di san Riccardo restò nella confessione, o sotterraneo, sin presso il 1000, e dopo, essendosi ingrandita la Chiesa superiore, fu trasportato sopra dandogli degna e decorosa sepoltura sin a che non fu definitivamente. deposto in sacellum dal Vescovo Florio nostro concittadino vivendo ancora il duca Francesco Del Balzo.
A mezzo di quest’uomo, dice il Can. Morgigni a pag. 37, noi siamo riusciti a conoscere le diverse mansioni del corpo di S. Riccardo le quali sono: in sepulcro - intus ad instar adytus in antro - cioè in confessione - subtus altare quod erot in Ecclesia - di nuovo in aditu - sub ara maiorj - in sacello.

a) in sepulcro, fu portato e accompagnato dalle lagrime del clero e del populo cum summo honore et devote, dicono gli atti. Ma dove era questo sepolcro?

b) traslato dal sepolcro nel quale fu deposto appena morto, fu collocato in confessione o sotterraneo, in occasione della canonizzazione del Santo [7], il che non potè avvenire se non nel secolo settimo ed ottavo dell’era volgare.

c) subtus altare in Ecclesia, trasportato il corpo del Santo sotto l’altare nella Chiesa superiore ivi rimase sino al 1349.

d) rursus in aditu in Antro cioè fu tornato di nuovo il 1319 nella confessione il corpo di S. Riccardo a fine di salvarlo dalle profanazioni degli Ungheresi.

e) sub ara majori, dove deliberarono di deporlo il Duca Francesco Del Balzo e il Vescovo Giovanni IV Dondei, dopo che dai medesimi fu scoperto net 1438.

f) in Sacello finalmente quel corpo ebbe una situazione definitiva dal Vescovo Angelo Florio (1479-1495) lap. sep. Ma quale meraviglia il dire, che il corpo di S. Riccardo fu seppellito nella Chiesa di S. Andrea, se questa Chiesa allora era la Cattedrale, ed ivi il capitolo Cattedrale aveva la sua, residenza, e il Vescovo la sua sede? Ed ecco sciolta la congettura di Bollando, il quale nel trascrivere ciò ch’erasi rilevato dai calendarii, cioè S. Riccardo obiisse nona die Iunii, soggiunge « item quod eodem die novae inventionis, id est XXIII aprilis traslalio suae canonizationis erat idest (quantum ego quidem coniicio) corporis ex loco veteris sepolturae ad altare translatio, complens ipsum actum canonizationis solemnis, in hoc olim consistentis, quod vel Synodali Episcoporum judicio, vel etiam Apostolicae Sedis expresso indulto permittebatur aliquis coli ut Sanctus ». Non dunque dal luogo della vecchia sepoltura all’altare, ma dall’antica alla nuova Chiesa si deve tenere.

La gente fedele Andriese non avendo a chi più ricorrere, con quella confidenza, con cui si portava da Lui in vita, così si portava alla gloriosa tomba dell’estinto Padre: lì l’infermo ritrovava la sanità, il travagliato il rifugio, il disperato il riposo, e vedendosi così protetti stavano saldi e fermi nella fede loro insegnata.

Non riporto le molte vicende che ebbero patite le gloriose e venerande Ossa del nostro S. Patrono, come rilevasi dalla storia, dalla leggenda del Duca Franc. Del Balzo e dagli atti di S. Visita dei Vescovi di Andria: nel. 1577 Mons. D. Luca Fieschi dei conti di Lavagna; nel 1636 Monsignor Felice Franceschini; nel 1711 Mons. Nicola A.dinolfì; nel 1836 Mons. G. Cosenza, ma trascrivo che ora l’attuale Illustre Vescovo D. Alessandro Macchi nel 25° anniversario del suo sacerdozio e 5° del suo episcopato a dare incremento al culto e per un risveglio di fede ed un augurio di maggiori grazie da Dio in mezzo ai figli Andriesi, come si esprime nei verbali redatti [8] della ricognizione, volle mettere in evidenza il Sacro deposito delle Ossa del S. Protettore.

Difatti il 15 aprile 1928 fece dischiudere il sepolcro esistente sotto la mensa dell’altare maggiore, del sacello dedicato al Santo con grande solennità alla presenza del clero, autorità e popolo. Il 3 giugno dello stesso anno, festa della SS. Trinità, aprì colla medesima solennità coram populo la cassa di cipresso debitamente suggellata e munita di cinque chiavi, e ripose le Sacre Ossa nel nuovo sarcofago di quercia [9] chiuso dintorno da cristalli, custodito nell’urna processionale dorata, dono della benemerita, Arciconfraternita della Morte in S. Sebastiano, di un valore storico ed artistico per lo stile barocco del XVII secolo, nella quale urna si ammira anche adagiato sul sarcofago delle Sacre Ossa un nuovo simulacro del S. Patrono vestito pontificalmente coi doni offerti dalle famiglie dei più recenti Vescovi Andriesi e da altri oblatori, come la testa di argento ch’è dono del Cardinale D. Eugenio Tosi Arcivescovo di Milano, già vescovo di Andria.

sarcofago di San Riccardo allestito da Mons. Macchi- (composizione elettronica)
[sarcofago di San Riccardo, allestito da Mons. Macchi- (composizione elettronica di più immagini)]

Indimenticabile negli annali di Andria resterà la processione della pregevole urna delle Sacre ossa e delle altre statue di argento della città nel 9 giugno 1928, solennità della morte di S. Riccardo, fatta con pompa trionfale per le vie principali con intervento di S. Ecc. Mons. D. Giuseppe Leo, nostro beneamato concittadino e di altri tre Vescovi.

S. E. lll.ma e Rev.ma Mons. Macchi, che Dio conservi per lunghi anni al bene di questa diocesi, celebrando le sue nozze d’argento Sacerdotali con questa grandiosissima festa, ha legato il suo nome a questo monumento cittadino e alle altre opere del suo episcopato, che lascerà tracce durevoli e imperiture nei fasti della diocesi di Andria.

Pongo termine, perché credo d’avere esaurito il mio scopo, cioè di mettere in luce questa chiesetta dalla maggior parte degli Andriesi sconosciuta e negletta. Essa merita per parte del popolo la più giusta e dovuta riconoscenza e venerazione, essendo stata la culla del cristianesimo Andriese, il primo tempio qui innalzato ad un eroe e seguace di Cristo, che tanto s’affaticò per riscattare questa città dalla schiavitù del paganesimo, la prima Cattedrale e la prima sede dei Vescovi di Andria, onorata ed illustrata dalla salma benedetta del nostro Patrono S. Riccardo.

A crescere il lustro ed il decoro il defunto Cappellano Cantore D. Michele Fatone vi fece costruire un organo, la corredò di ricchi arredi sacri, vi lasciò in perpetuo un legato di s. messe, affinché questa chiesetta, non fosse mai chiusa al culto divino. Infatti in una lapide messa nell’interno della Chiesa si legge la seguente epigrafe:

O tu che leggi
prega riposo eterno all’anima benedetta
del Cantore Michele Fatone
che per XXXII anni officiò questa
vetusta cappella
arricchì di sacre suppellettili
dotò largamente
affinché ai poveri di questo rione
nel giorno festivo
non venisse a mancare il divin sacrificio.

Ed il Can. Giacomo Ciciriello, presente cappellano, si augura quanto prima coll’obolo dei fedeli e col ricavato della vendita dell’opuscolo di far acquisto d’una casa attigua alla Chiesa, di pertinenza della Congrega del Purgatorio per trasformarla in sagrestia tanto necessaria.

Novena a S. Andrea
comincia il dì 21 novembre

Pagina in trascrizione!

NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero documento)
[1] Dalle memorie del Prev. Pastore.
[2] Detta così per testimoniare ai posteri aver dato il primo ingresso al principe degli apostoli. Nei tempi posteriori a renderla più venerata e sacra i fedeli vi eressero una chiesa tuttora esistente.
[3] Ora la suddetta statua è posta sulla facciata della Chiesa, avendo il Cantore D. Michele Fatone fatta erigere un’altra di carta pesta.
[4] Questi casali erano i seguenti secondo lo storico D. Domenico Canonico Morgigno: Casalinum, Katakana, Criptulae di S. Andrea, Andrim, il borgo S. Fortunato, il borgo S. Lorenzo, il borgo S. Onofrio forse il Borghello, i quali tutti all’ombra della torre di guardia formavano un sol comune all’uso longobardico, la Civitas Andriae.
[5] Circa l’anno 1875 avendo il Capitolo Cattedrale fatto eseguire dei restauri a questa Chiesa, fu rinvenuto nel fare gli scavi una grande vasca, che senza dubbio in origine dovett’essere il fonte battesimale di questa Chiesa, e il capomastro che dirigeva i lavori, che fu Mastro Riccardo Merra, padre del defunto Monsignor Emanuele Merra, con un colpo di piccone la ridusse in frantumi con grande dispiacere dei concittadini e svantaggio della storia. Da ciò deve ritenersi che la cura delle anime in S. Andrea fu continuata sin al passaggio della Cattedrale dall’antica alla nuova sede ove tuttora esiste, oppure, ciò che sembra pure verisimile, fu continuata sin al 1104 quando il Clero di Trimoggia trasferitosi in Andria col consenso del Vescovo allora Mons. Desidio e del Capitolo Cattedrale, ed istillatosi nella Chiesa esistente sotto il titolo di S. Nicola di Mira, vicinissima a quella di S. Andrea, ottenne dallo stesso Vescovo la cura delle anime unitamente alla Chiesa Cattedrale cui doveva obbedienza ed ossequio. A tal uopo nel Settembre 1104 fu tra il Vescovo Desidio, l’arcidiacono Antonio, l’arciprete Desiderio ed altri sacerdoti della Cattedrale da una parte, ed il Prevosto di Trimoggia a nome Tarquinio ed i suoi preti Raffaele, Paolo ed altri sacerdoti e diaconi dall’altra, rogato un pubblico strumento esistente nell’archivio di S. Nicola. E vicino alla Sagrestia del Capitolo nella Cattedrale vi era una lapide, che fu poi incenerita dall’incendio nell’aprile 1916, in cui a caratteri grossi si leggeva come la Chiesa Cattedrale era l’unica parrocchia avendo come coadiutrice la Chiesa di S. Nicola.
[6] Si noti plurimos non omnes, perché gli altri avevano ricevuto il battesimo e vivevono o da occulti cristiani o si erano apostatati.
[7] Quest’atto solennissimo si compiva dietro ordine espresso dell’autorità. I1 Clero di allora volle consacrare questo avvenimento tra i fasti della sua Chiesa notificandolo in lettere longobardiche sul calendario.
[8] Da Mons. D. Riccardo Mari Proton. apostolico Can. della Cattedrale.
[9] Lavorato dal bravo ebanista Nicola Alba di Pietro.