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Storia della Città di Andria ...

di Riccardo D'Urso (1800 - 1845), Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 84-87

Libro Quinto

Capitolo III.

Roberto Re di Napoli.
Andria sotto il governo di Bertrando del Balzo, e Beatrice d’Angiò.
Acquisto della Santa Spina. Matrimonio della figlia di Bertrando col Delfino di Francia.
Venuta in Andria del Re Roberto.
Vescovi di essa Città, Giovanni Abate Celestino: Domenico Basiliano: Giovanni.
Anni 1309.

La principessa Beatrice prima di venire in Andria, si era determinata a volerle presentare un regalo. Ed informata, essere questo popolo molto religioso, che fu il motivo maggiore, che la indusse a lasciare la Capitale; cosi pensò fargli un dono di cosa sacra. La prima volta ch’ella con Bertrando si portò a visitare questo Duomo, si degnò fra le pubbliche voci di ringraziamento, e tra le comuni commozioni di santa tenerezza, donare a questo Reverendissimo Capitolo una delle maggiori Sacratissime Spine, che avevano composta la Corona del nostro Redentore: come anche l’intero capo della Vergine, e Martire S. Colomba, riposto in una testa di argento col rispettivo busto [1]. Godendo questa illustre famiglia delle prerogative Reali, venne liberamente accordato loro il privilegio di potere erigere il Trono nella Chiesa Cattedrale, il quale fu situato dirimpetto a quello del Vescovo colla rispettiva Tribuna al di sopra. Ne’ giorni solenni soleva Bertrando, o qualche altra persona del Sangue, sedere con mantelletta, assistito dai Ministri della sua corte. A tenore de’ Sacri riti riceveva dal Diacono, dopo i Sacri Ministri, il bacio della pace per mezzo di una figurina di argento, per allora formata a tale uso. Questo costume si mantenne in osservanza anche con gli altri Duchi sino al 1690. come vedrassi.
Il nodo maritale intanto del Conte Bertrando colla Contessa Beatrice non rimase infruttuoso; poiché nel principio del Gennajo del 1309. costei diede alla luce tra le pubbliche feste degli Andriesi, una vaga fanciulla, alla quale nel fonte Battesimale venne dato il nome di Maria. Ma questa Corte si vide costretta nell’istesso anno a fare passaggio dal gaudio al lutto. Giunse ne’ primi giorni di Maggio una staffetta da Napoli, annunziandovi la morte di Carlo II. Sovrano di molta gloria per le sue virtù. Beatrice si afflisse assai per la perdita del Genitore; ed indi a poco ebbe a congratularsi col fratello Roberto, che gli successe; Sovrano d’immortale ricordanza presso tutti i popoli per le sue esimie prerogative.
Crescendo la Contessina Maria sotto la rigida disciplina della sua virtuosissima Genitrice, si rese negli anni adulti l’oggetto delle comuni ammirazioni. Pervenuta agli anni 19. di sua giovinezza fu data in isposa ad Uberto Delfino di Francia in forza di un trattato combinato con questo Principe da Roberto di lei zio. Prima però ch’ella fosse partita da qui per Vienna delle Gallie a celebrare le Reali nozze; come si era cresciuta, ed educata in Andria, volle lasciare una memoria, consistente in un pio legato a favore di questa Cattedrale su di alcuni fondi burgensatici. Vi aggiunse l’obbligo di applicarne il prodotto in suffragio dell’anima sua, e de’ suoi in perpetuo; come tuttora pratica questo Reverendissimo Capitolo. In occasione di questo matrimonio venne in Andria nell’aprile del 1327. il Re Roberto a visitare sua sorella Beatrice con molti grandi della sua corte, e con quelli della corte di Francia. Da qui passò a curiosare il Castello del Monte, il quale fu oggetto di ammirazione per lui, e per tutto il suo Reale Comitato. Bertrando in tale circostanza trattò il Cognato con tanta splendidezza, che tutta la spesa per tre giorni ammontò a molte migliaia [2]. Alla partenza del Re suo fratello, e della figlia, Beatrice si negò all’accompagnamento, poiché vivea così appassionata per la sua Contea, che da questa non seppe amuoversi pel corso di sua vita. Il solo Bertrando di tratto in tratto si conferiva in Napoli, perché gran Giustiziere, e perché de’ suoi consigli si avvaleva il cognato Roberto in molti maneggi. Intanto la salute della Principessa andava a gradi deteriorandosi; molto più per non essere stata tanto felice ne’ parti; vivendole la sola Delfina. Giunto il Marzo del 1330. il suo male s' inferocì in modo che si rese indomabile, e superiore a tutt’ i rimedii dell’arte. Quindi ai 18. Dell’istesso mese cessò cristianamente di vivere tra il generale compianto di questa sua Contea. Il Reverendissimo Capitolo Cattedrale sempre grato ai tratti della sua Reale munificenza in unione del suo Vescovo Giovanni, spiegò una pompa Regia per la sua tumulazione. Vennero invitati tutt’ i Baroni, ed Autorità di queste Provincie, che resero vie più significante il lugubre convoglio. La Messa funebre fu cantata dal Vescovo di Polignano nostro concittadino, chiamato fra Matteo. Egli in questa occasione essendo venuto in Andria sua patria, fu obbligato dal Vescovo di qui a funzionare [3]. Finalmente terminati i sacri Riti fu situata la sua fredda spoglia in un apposito avello [4], al piede del quale dopo su marmorea lapida furono scolpiti questi versi ch’ oggi giorno si leggono:
Rex mihi Pater erat, Fraterque Robertus,
Loysiusque sacer, Regia mater erat,
Bertrandi Thalamos non dedignata Beatrix,
A quo deducta est Baucia Magna Damus.
Si tangant animos haec nomina clara meorum,
Esto memor, Cineri dicere pauca: vale.
De’ Vescovi citati nel Capitolo si è qui perduta ogni memoria. Posso solo assicurare, che monsignor Giovanni I. era un’ Abate Celestino creato Vescovo da Clemente V. nel 1307. e morto nel 1318. che a lui successe in questa sede nel 1319. monsignor Domenico Basiliano, creato da Giov. Papa XXII. Questi venne riampiazzato nel 1328. da Giovanni II. morto sotto Clem. VI. nel 1319.

Breve cenno sulla genealogia della casa de’ Balzi.

Affinché non creda taluno poco versato nelle Istorie, che la famiglia del Balzo ripetesse il suo lustro dall’essersi imparentata con gli Angioini, per quel verso = A quo deducta est Baucia Magna Domus, si deve intendere che questa casa, già grande prima di tale matrimonio, da Bertrando fosse stata riprodotta, protratta, o pure da lui menata in questo Regno. Sebbene i Balzi come ogn’uno conosce, siano venuti dalla Francia con Carlo I. d’Angiò alla conquista di questo Regno; nondimeno la Sovranità non era titolo ignoto per essi; anzi per titoli di preeminenze, e di anteriorità precedono gli Angioini. Difatto per comune sentimento de’ scrittori, questa famiglia ripete la sua origine da uno de’ tre Re Magi, che dall’Armenia vennero nella Palestina a presentare le prime onoranze al Redentore del Mondo; e propriamente da quello, che nomavasi Baldassarre. Ed è questa la ragione per cui i Signori del Balzo hanno per loro impresa una Stella Argentea con sedici raggi in campo vermiglio. In prova di quant’ho detto, ecco una iscrizione lapidaria, ricavata da quello antichissimo epitaffio esistente nella Chiesa di Casaluce, Castello vicino ad Aversa, fabbricata dalla casa del Balzo:

Arma gerens stellae, qua cum Rex Christus Olympo
Virginis in uterum late descenderit almae
Advenere loco, Stella praebente Ducatum
Alta decora nimis, Regum Diademata trina
Tertius ex illis Baltassar nomine dictus
Principium generis tanti fuit, inclyta cujus etc. etc.

Tacendo quanto trovasi in molti altri e considerevoli monumenti, credo sufficiente quella sola iscrizione, che trovasi tuttora leggibile in quello epitaffio in una delle Cappelle della Reale Chiesa di S. Chiara in Napoli:

Illustrissimae Bauciorum Familiae
Quae a priscis Armeniae Regibus, quibus, Stella Duce,
Mundi Servator innotuit, originem duxisse traditur

Hic potentissimorum virorum, qui in Gallia Arelatorum atque Viennensium Regiis decorati fascibus, Auraciae Principes, Genevae Comites, et in Provincia Magni Reguli, ejusdem principatum saepius sibi bello compararunt. In Graecia Imperatores, Romaniae Despoti, Achaiae Principes. In Neapolitano Regno primo Ducali Stemmate redimiti. Tarenti, atque Altemurae Principes. Andrianensium, Venusinorum, atque Neritonorum Duces. Montis Caveosi, Avellini, Soleti, Vigiliarum, Cupertini, Castri, Ugenti, Nolae, Alexani atque Acerrarum Comites. Regni magni comestabuli, Justitiarii, Camerarii, Senescalli etc. etc.

Ossa hinc inde dejecta, quotquot colligi potuere
Hieronymus Baucius, gentilium suorum pietate
Antoniae quoque Bauciae Siculorum Reginae,
Et Isabellae Bauciae Reginae Neapolis,
Ceciliae Comitissae Sabaudiae,
Sibillae Pedimontium Principis,
Mariae Delphinae Viennae, ac Isabellae
Dispositissae Serviae, memoriae monumentum P.

NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1] Di questa Santa Spina si darà un intero ragguaglio, quando si parlerà della sua invenzione.
[2] Regist. Dell’Archivio Ducale.
[3] Di questo Vescovo leggesi nella Cron. Domenicana Anno 1330. Frater Matthaeus de Andria, appulus Episcopus Polymnianensis in Regn. Neap. sub Archiepiscopo Barensi. Ughellus Tom. 7. Ital. Sac. pag. 754. notat quod anno 1330. die Feb. hic Matthaeus sacro Senatui solitum subsidium solvit uti Cavalerius.
[4] Questo Sepolcro era dov’ora poggia il piede quell’arco maestro, che segna il presbiterio dalla parte dell’Organo. In occasione de’ risarcimenti del Tempio venne tolto conservandosene la lapida (che fu maraviglia come di tante, questa sia rimasta) attaccata a quella parete poco lungi dal suo antico sito. La cassa della Principessa sta riposta sotto la scala dell’Organo. Nell’ultimo risarcimento questa cassa fu aperta, e si rimarcarono molti avanzi di antico drappo riccamente gallonati.