R. Mastriani: Bellomonte

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"DIZIONARIO GEOGRAFICO-STORICO-CIVILE
Del
REGNO DELLE DUE SICILIE"

BELLOMONTE

di Raffaele Mastriani (1798-1882)

È montagna [1] di qualche estensione, quale vedesi isolata, tra Andria, Ruvo e Corato, dalla cui sommità guardasi tutta la Puglia. Conviene farne parola per la sua amenità e vasto orizzonte, ed ancora per un grandissimo edifizio, che vi si vede. Matteo Spinelli, il quale scrivea un giornale dal 1247 al 1298, ci assicura, che il detto monte appellato si fosse Bellomonte. In agosto del 1250 vi notò: il dì di Santo Simone et Juda l’Imperatore venne allo castiello di Bellomonte. Tutte le altre volte che nomina poi lo stesso, lo dice Castello dello Monte [2], val quanto dire che per l’amenità, che godesi in quel luogo, l’ebbero a dire Bellomonte, e dovendosi nominare l’edifizio, che vi fu inalzato, la dissero Castel del Monte o di Bellomonte.

Questo edifizio è degno dell’ammirazione degl’intendenti: il nostro Pratilli [3] non seppe decidere se fosse servito ne’ secoli della gentilità per uso di monumento sepolcrale, e ridotto poi da Greci, o da’ Saracini, o da’ Longobardi, in fortezza. Descrivendo poi l’edifizio suddetto, si avvisò che la fabbrica è tutta vestita al di fuori di marmo rustico a punta, come dicesi di diamante, e al di dentro tutta incrostata di scelti marmi ben lavorati e commessi, oltre varie colonne: e che vi si veggono ancora vari geroglifici. Non si può però credere, che questo edifizio fosse dapprima un sepolcro, ed indi convertito in uso diverso, come volle avvisare il citato Pratilli: egli non era molto conoscitore per determinare l’età delle fabbriche. E gli antiquarii, che non hanno intelligenza delle varie usanze di edificare ne’ diversi tempi, spesso s’ingannano ne’ loro giudizi. Nel 1743 questo edifizio fu visitato da Placido Troyli, che nella sua Istoria generale del Reame di Napoli [4] ne fa descrizione da farne intendere la sua grandezza e magnificenza, ed inclina a credere, che l’opera si fosse fatta sotto l’Imperatore Federico II, perché non vi è dubbio, che quel Sovrano se ne valse in tempi della caccia, per abitazione d’inverno, siccome si valse poi dell’altro suo casino in Lagopesole in tempo di està [5]; sebbene questa fabbrica non sia di quella magnificenza del primo.

Riccardo da Sangermano non fece menzione di questa grand’opera; nulladimeno è costante opinione che fosse di Federico, perché sulla porta che dà l’adito alle stanze, sonovi alcune teste ed una vedesi raggiosa; onde si avvisano, che avesse da dinotare quella di Pietro delle Vigne, che al pari di Mosè impose leggi alle popolazioni, venendo dal suo Sovrano; e vieppiù vi si confermano, perché un certo Nicolò in una lettera, che or leggiamo tra quelle dello stesso delle Vigne, parlando di quel degno ministro soggiunge: qui velut novus legifer Moyses de monte Synai, legum copiam concessam sibi coelitus hominibus reportavit: ut quarum noxius appetitus per lustra devia oberrarat ad industriæ fabricam, qua imposita quaelibet diriguntur, ejus luce prævia diriguntur [6].

[da "Dizionario Geografico-Storico-Civile del Regno delle due Sicilie" di Raffaele Mastriani, Tip. Ferdinando Raimondi, Napoli, 1838, Tomo III, pagg. 382-383]

NOTE
[1] Giustiniani tom, seq.
[2] Vedi il detto giornale 2 settembre 1256, e 15 giugno 1268.
[3] Della via Appia lib. 4 cap 14 pag. 535 [pag.526 nell'ediz. del 1745].
[4] [Istoria generale del Reame di Napoli] Tom. 4, part. I, pag. 129.
[5] Vedi Capitula Regni, de non mittendo ignem in restuchiis camporum col Datum apud Lacum Pensilem 27 Jul. 7. Indict, e l’altro, che siegue col datum apud lacum Pensilem anno dom. 1222, die 9 augusti 7 indict. Regnorum nostrorum Jerusalem anno 3 Siciliae vero 15.
[6] Vedi le lettere di esso delle Vigne, lib. 3 letter. 45.