Culto di S. Riccardo dall’Invenzione del Corpo al 1870

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(stralcio da ...)

“Vita di S. Riccardo”
primo vescovo di Andria

di P. Antonino Maria Di Jorio, agostiniano (1815-1890)

Cap. XII
Del culto di S. RICCARDO dall’Invenzione del Corpo
fino ai presenti giorni [1870]

copertina e risguardo

Prometteva il Salvatore ai suoi Discepoli, che quantunque strane essere dovessero le vicende alle quali dovevano andare incontro; pure un sol capello del loro capo non sarebbe perito giammai. Ciò alluder voleva a quel corpo a cento doppî perfetto che avrebbero ricevuto nel risorgimento ultimo non solo, ma assicurarli voleva della diligente cura che avrebbe preso il celeste Padre delle loro Reliquie, le quali serbandosi per essere rianimate per la immortalità, dovevano anche su la terra partecipare a quell’esaltamento presso degli uomini, che dall’anima si possedeva presso gli Angeli in Cielo.

Questa gloria, quantunque accidentale de’ Servi avventurati del Signore, stava a chiarissime note prescritta ne’ libri profetali, ed Isaia, il Profeta Evangelico, assicurava, che come le erbe dal seno della terra sbucciano e si appalesano nella superficie, e per mezzo della germinazione ne formano l’ornamento e la bellezza, così le Ossa de’ Giusti, non solo sarebbero rifiorite a nuova vita per vivere all’eternità, ma anche su la terra dovevano adornare e decorare la Chiesa di Dio, quali monumenti superstiti della grazia santificatrice, e come strumenti di salute e di conforto.

Le preziose Reliquie adunque del nostro amabilissimo S. Riccardo, secondo le divine promesse non dovevano né perire né rimanersi ignorate. Se la sapientissima Provvidenza diresse gli avvenimenti in guisa che restassero per qualche tempo obliate, ciò lo permise appunto per poscia più mirabilmente esaltarle; perché allora ravvivando la fede, e per la fede moltiplicando i prodigii, il deserto sarebbesi cambiato in delizia di solennità e giubilo, e l’abbandono sarebbe addivenuto un giardino del Signore, dove il gaudio e la gioia per i benefizii ricevuti, sarebbonsi espressi con azioni di grazie e cantici di lode. Desertum ejus quasi delicias, et solitudinem ejus quasi hortum Domini. Gaudium et lætitia invenietur in ea, gratiarum actio et vox laudis. (Is. 51.)

Il Signore ha già adempito le sue promesse col suo servo S. Riccardo. Noi abbiamo veduto con quale impulso irresistibile il divoto Tasso premurava il Duca di Andria, acciò con la sua autorità si fosse cooperato allo scuoprimento del sacro Corpo; abbiamo veduto, come il pregiato deposito non venne leso e contaminato dalle acque e dalle lordure gittatevi sopra per molti lustri; abbiamo veduto come il Popolo Andriese mirabilmente e quasi per istinto celeste accorse alla Cattedrale presentendo lo scuoprimento del S. lor Padre; abbiamo veduto come le sante Ossa scoperte, a somiglianza delle Ossa del Profeta Eliseo, profetarono con la fragranza celeste con la quale riempirono il Santuario, con la pioggia copiosa con la quale fecondarono le riarse campagne, con la rugiada soprannaturale che emanava dal cuore del Santo e nel quale nuotava; abbiamo finalmente veduto con quale profusione il Padre amantissimo spandeva le sue beneficenze su tutta la sua numerosa famiglia, non esclusi gli increduli e sconoscenti suoi figli. Ci rimane ora esporre in qual modo l’amore e la riconoscenza degli Andriesi lo rendesse la gloria de’ secoli, e ne facesse il gaudio di generazione in generazione, secondo l’altro oracolo: Pro eo quod fuisti derelicta, ponam te in superbiam sæculorum, gaudium in generationem et generationem. (60)

La fede e l’amore riaccesi per non estinguersi mai più, cominciarono per perseverare ad operar di concerto col Santo che non cessava d’operare prodigii. S.Riccardo vide il suo Altare ornato di voti e onorato dalla frequenza copiosa del Popolo, non solo Andriese ma anche straniero, vide racchiudersi in ricchi ostensorii di argento gemmato il suo Capo, il suo Cuore, e la sua clericale tonsura; vide ripristinate le sue feste con solennità.

Dopo l’approvazione e l’impulso dato dal Pontefice Eugenio IV, e fervendo ancora le stesse contradizioni di quei farisei, i quali ad onta dell’evidenza la più lampante impugnavano l’autenticità del sacro deposito, la pietà de’ fedeli si pose in generosa emulazione col suo Protettore glorioso, e pare che fin da quei tempi si fossero istituite le tre annue solennità, una ai 28 [? 23] Aprile, festeggiandosi la invenzione, l’altra ai nove Giugno plaudendosi alla di lui morte beata, ed alla di lui canonizzazione, l’ultima ai 26 dicembre onorandosene il nascimento ed il patrocinio. Di questo ce ne assicura il suo uffizio antico, che appresso al presente capo riporteremo testualmente, dove, come vedrassi, si trovano le lezioni por tre uffizii appunto, nelle prime delle quali si legge la storia dell’invenzione descritta dal Duca del Balzo, nelle seconde si leggono i miracoli che mostrano la sua protezione, nelle ultime si trova la leggenda dell’anonimo, di cui ci siamo servito di guida ed abbiam fatto frequente menzione.

Progredendo sempre in meglio la prosperità, di Andria e le glorie di S. Riccardo, il Sacerdote Angelo Floro nobile Andriese e del pari nobilissimo per sapere e virtù Sacerdotali, assunto alla Cattedra Vescovile della Patria sua nel 1477, che occupò fino al 1485, negli 8 anni che vi sedè circondato da tutto lo splendore pastorale, tra le opere di magnificenza con le quali illustrò la sua Chiesa, quella si distinse della Cappella che elegantemente adornò in onore del Santo Protettore. Ad imitazione delle basiliche romane fece costruirvi l’Altare in mezzo a quattro colonne di pietra, coperte al di sopra da una cuna su la quale collocò il deposito delle Reliquie di S. Riccardo chiuso in urna parimente di pietra, e tutto elegantemente dorato, e l’arricchì di preziosi arredi.

Novello ornamento a questa Cappella si aggiunse superiore a quanti mai ne potrebbe ricevere in fregi d’oro e di gemme, quando in essa depositossi, un tesoro copiosissimo di S. Reliquie, in tre diversi armadi, l’uno in mezzo e due ai lati. La Chiesa Andriese ne era stata arricchita da Monsig. Martino Soto Major, che ne aveva occupato la Cattedra nel 1476. Secondo un elenco fatto stampare dal Vescovo Andriese Luca Antonio Resta nel 1591, nella prima edizione dell’uffizio nuovo del Santo, oltre alle più care particolari degli oggetti sacri riguardanti il Salvatore, e la Redenzione del Mondo, tra le quali un pezzo rilevante della Croce, ed una delle maggiori Spine [1], che trafissero il divin Capo, che tinta ancora si vede del sangue del riscatto; oltre di altre reliquie di cose appartenenti alla divina Madre, delle ossa di S. Giovanni Battista, del velo di S. Marta sorella della Maddalena, e delle ossa degli Apostoli tutti, vi sono reliquie insigni di 16 martiri celebri, indi reliquie rilevanti, di 280 martiri maschi, di 100 Santi Confessori, tra quali Padri e Dottori della Chiesa, e Vescovi più famosi, ed in ultimo di 67 Sante Vergini e Martiri le più distinte, nonché delle più cospicue Sante Matrone che hanno illustrate il loro nome nell’esercizio de’ domestici doveri, e nella pratica della più sublime pietà.

Tutto cotesto corredo di celesti e preziose Margherite, accrescono mirabilmente il decoro del Santo nostro; e riassicurano eminentemente i felici destini della Città di Andria. Imperocché S. Riccardo, siccome in vita così in morte, come in cielo così in terra, come coll’anima avventurata così con le sacre Ossa, si appalesa ognora nella dolce e cara società de’ Santi di Dio.
S. Gaudenzio di Brescia, avendo fatto acquisto di molte Reliquie in un suo viaggio fatto per la Palestina, fatto poi Vescovo le collocò tutte in un Tempio da lui stesso fatto edificare; al principiare del IV secolo, lo consacrò col titolo: Concilio dei Santi. Convegno de’ Santi pertanto si può chiamare la Cappella di S. Riccardo, dove il fior più bello della Chiesa trionfante e Militante si raccoglie come a corteggiare il Santo Pontefice, e riflettere sul volto di lui i loro splendori. Egli in sua vita seppe imitare da tutti il meglio con che si distinsero. Dai dottori imitò l’amore e lo zelo della scienza e della verità, dai Padri imitò lo studio e l’esposizione delle Sante Scritture, dagli Apostoli imitò lo zelo della salute delle Anime, dagli Anacoreti imitò le austerità più severe, dai Martiri emulò l’ardore di sacrificarsi tutto in olocausto alla divina gloria, dalle Vergini imitò la modestia e la purità angelica; onde, siccome partecipò copiosamente alle glorie distintive di ciascun coro de’ Santi; così Provvidenza sapientissima dispose, che le Reliquie de’ Santi di ciascun ordine si collocassero accanto alle Reliquie di lui, onorandolo come membro del loro collegio glorioso innanzi agli uomini, per quindi insieme con lui rivestirsi d’immortalità nell’ultimo de’ giorni, ed insieme condannare gli erranti colpevoli in tutte le loro sfrenatezze, ed in tutte le loro follie.

Dicevamo che si assicurano ancora eminentemente i felici destini della Città di Andria, imperocché questo convento di Santi congregato col possente Proteggitore S. Riccardo, l’è per lo scopo per cui si riuniscono i Santi, per la salute cioè, e per la felicità de’ Popoli.
Abbiamo detto altrove, che i Santi del Cielo guardano con occhio di amore i luoghi ove riposano le Reliquie, e che implorano per i popoli che le onorano e l’ànno in venerazione. Ora ritorna acconcio richiamarne l’idea. Mosè all’uscire dall’Egitto, lasciò al Popolo tutti gli altri tesori, e si contentò delle ossa del Santo Patriarca Giuseppe come sua cara porzione; Caleb, che come scuopritore della terra promessa avrebbe avuto diritto alla più amena regione per sua porzione, eppure si scelse la più sterile e petrosa qual era il Monte Ebron, perché vi erano i sepolcri di Adamo, Abramo, Isacco e Giacobbe, entrambi preferendo quelle sacre Reliquie a tutt’i tesori della terra, siccome riflettono la Chiesa, e Teodoreto. S. Giovanni Crisostomo diceva, che Egli preferiva una sola unghia dell’Apostolo Paolo all’impero del Mondo tutto. La stessa terra tremò e si scosse fino dai cardini suoi allora che risorgendo il Salvatore risuscitarono ancora molti corpi di Santi, mostrando il dolore che sentiva nel perdere quei preziosi tesori.
Non vi ha bene che non possa aspettarsi da Dio a loro riguardo. Iddio medesimo protestavasi pel suo Profeta Isaia, che Egli proteggeva Sionne a riguardo delle reliquie di Davidde ivi serbate, dicendo S. Giovanni Crisostomo, che quando in un popolo mancano giusti viventi che placano il divino furore, Iddio che vuole usare pietà ai colpevoli va in cerca dei giusti morti, e per le loro Reliquie spezza i flagelli dell’ira sua. La stessa vista di esse, diceva S. Basilio, per una segreta operazione della grazia che da esse parte, si viene dal cristiano a partecipare, o a vivamente e salutarmente sentire la loro santità. Una sola particella minima raccoglie la virtù del corpo intero, come disse Procopio, anzi S. Gregorio di Nissa assicura, che la stessa polvere raccolta sù i loro sepolcri, gli olii delle lampadi che ardono innanzi alle le loro urne, e l’acqua stessa benedetta con la loro invocazione, hanno soprannaturale virtù di proteggere, difendere da ogni infortunio, e di sanare da qualunque infermità.

Ciò posto, chiaramente rifulge da tutte coteste Reliquie venerande, come si moltiplica la difesa e la protezione di Andria. È un esercito di Santi che avendo a Capo il Patrono S. Riccardo, milita e combatte a vantaggio di quest’avventurata Città. Quando il Popolo di essa ricorre fiducioso innanzi all’altare del tenero Padre suo, e ‘l cuore di questi s’intenerisce e commuove verso di essi, siccome uno è lo spirito di grazia che santifica e lo spirito di carità che informa tutte quelle ossa sacratissime, anche i cuori di questi altri Santi palpitano di compassione e di affetto. Ed è perciò, che quando l’anima gloriosa di S. Riccardo muove in Cielo per prostrarsi al trono angusto della Triade Divina, o a quello della Vergine potentissima, che sotto il titolo di Signora de’ Miracoli è la principale Protettrice di Andria, tutte le anime beate di quelle Reliquie venerande la seguono, ed aggiungono le loro preghiere unendosi con essa onde sollecitare pei figli gementi lo scampo da ogni sventura, e la liberazione da ogni flagello. Così si armonizzasse la fede de’ popoli con la loro intercessione possente, come col fatto non sentirebbero giammai, né le sconfitte pel furore di Lucifero, né le cadute pel predominio de’ vizii, né le infermità che vanno a seguela de’ morali disordini, né i flagelli divini che sogliono piombare su la terra per l’ostinazione de’ colpevoli.

I Vescovi succedenti gareggiarono nella loro pietà verso del Santo, e s’impegnarono col loro zelo ed esempio onde accrescerne sempre più la fede ne’ Popoli.
Tra questi si distinsero in prima Mons. Felice Franceschini, che, trovando una inconvenienza nel collocamento del S. Corpo di S. Riccardo su la tribuna dall’Altare, in guisa che la Messa dovesse celebrarsi sotto di esso contro l’uso della Chiesa, che vuole eretti gli Altari sopra le tombe de’ Santi, ne fece nuova traslazione ricollocandone il deposito nel luogo primiero.
Lasciò intanto come ornamento le colonne con la cupola di finimento, e facendo collocare nel sito dove era il Corpo una statua di legno dorato parimenti e fatto lavorare a bella posta, assiso in abiti pontificali ed in atto di mirare e benedire il popolo supplichevole. Fece inoltre ornare di nuovi stucchi le pareti della Cappella, e vi aggiunse nel centro de’ due lati due quadri di buon pennello rappresentanti S. Riccardo Protettore della Città, e S. Nicola di Bari Protettore della Provincia. Tutto questo avveniva nel 1636.

Finalmente Mons. Nicola Adinolfi nel 1711, considerando che quel monumento di colonne ingombrava molto e sembrava pesante a rimirarsi, si determinò ad abbattere tutto ed a collocare più dignitosamente le auguste Reliquie.
All’uopo fece lavorare in Napoli un Altare di marmi non ordinarii e da buon Artefice, che gli pervenne nell’Aprile dell’anno indicato. Con l’abbattersi l’Altare primiero venne il sacro deposito novellamente disotterrato, e finché non si compose l’Altare nuovo giunse il 9 Giugno, celebrossi solennissimo festeggiamento con le Sante Reliquie scoperte ed esposte in ostensorio di cristalli. Fu innumerevole il concorso de’ Forestieri, tra i quali anche varii Vescovi accorsero. Il Vescovo di Minervino cantò Messa, e Monsig. Adinolfi assisté pontificalmente.

Avendo la Duchessa Imperiale forniti i drappi nuovi con ricami e fregi d’oro per avvolgervi le Ossa benedette, i primieri nei quali trovaronsi avvolte si divisero in minuzzoli, e distribuironsi al Clero ed al Popolo.
In fine racchiuso di nuovo in nuova cassa di cedro con chiavi e suggelli, lamine di piombo e cerchi di ferro il Santo Corpo, fu ricollocato nella primiera cassa di pietra fabbricata al dorso interno dell’Altare protetto da muro esteriore, ed ivi riposò fino al 1836 come vedremo. Altri Prelati Andriesi fecero a gara nel mostrare, la loro pietà verso del Santo offrendo ciascuno dal canto suo ornamenti e vasellami sacri, onde la Cappella arricchissi con lusso religioso e con ogni splendore di argento.

Né solo i Vescovi, ma anche i fedeli mostrarono impegno di onorare S. Riccardo. Municipio e Cittadini particolari concorsero per arricchire la dotta Cappella di quando poteva occorrere, onde figurasse a pari de’ più cospicui Santuarii.
Provvidero per quattro lampadi perpetue di notte e di giorno, per Messe piane giornaliere, e cantate settimanili, per moltiplici benefizii onde vi abbondassero i servigi Sacerdotali, per la celebrazione solenne di tre feste all’anno pei giorni della morte, dell’invenzione e del Patrocinio, e di una numerosa e ben costituita Congrega laicale per tutto ciò che può riguardare lo stesso splendore del culto.

A tacere di tante altre cose onorevoli pel Santo e per gli Andriesi, ricordiamo il dono fatto al Santo medesimo nel 1739 da Ettore Carafa duca di Andria, di sessanta Vacche. Dal chè la sua consorte avevalo fatto Padre di sei figlie senza un maschio, ricorse a S. Riccardo per ottenere un erede e successore, e fu esaudito nel suo desiderio. A mostrare la sua gratitudine, offerì cotesta generosa oblazione e nominò quattro amministratori, tra i quali il Canonico Priore della Cappella, che si fossero interessati pel mantenimento di esse, affinché con l’annuo frutto si fossero fatti acquisti, finché si fosse giunto a costituire l’annua rendita di seicento ducati, da impiegarsi annualmente in opere pie. Il cumolo arrivò e sorpassò presto il suo effetto, ed ogni anno molte povere donzelle per sorteggio vengono dotate, ed altre opere pie vengono fedelmente praticate.

La Chiesa Andriese aveva toccato l’apice della grandezza e della ricchezza, a causa del suo insigne Proteggitore, ed il culto di questo glorioso Taumaturgo non era inferiore allo splendore del culto de’ Patroni più insigni delle più cospicue capitali d’Italia.

Ma il 1799 epoca funesta per tutta Europa, lo fù in certa guisa specialmente per Andria. Imperitura sarà la memoria del 23 marzo, in cui mentre celebravasi la memoria della morte del Salvatore, parve che le lugubri funzioni pronunziassero i funerali della intera Città. I cittadini animosi, che si credettero poter resistere all’esercito Francese, di cui ne fecero grande strage, soccombendo al fine, dovettero con la città soggiacere vittima del furore nemico, che posero tutto a sacco, ferro ed a fuoco. Pensando alla difesa e lusingandosi del trionfo, non pensarono punto a mettere in salvo né le domestiche ricchezze né i tesori del Santuario, onde tutto cadde nelle avide mani del feroce, brutale, e sacrilego nemico.

Andria non solo perdè 43 Sacerdoti scannati, ed oltre a seicento cittadini trucidati; ma quanto vi era in città di valore, nelle case, e quanto di prezioso nelle Chiese. Furon vuotati non solo i ricchi armadii, ma anche le sacre Custodie della divina Eucaristia!
Allora la statua di argento del Santo a tutt’uomo, la statua a mezzo busto di argento nel cui capo rinserravasi il Capo del Santo, gli ostensorii preziosi del Cuore e del Pellicranio fecero parte del bottino, e ciò che è superiore ad ogni perdita e che fare in perpetuo gemere di profondo ed inconsolabile dolore chiunque ha bel cuore nel seno, è, che parimente si perdettero le inestimabili Reliquie del Capo, del Pellicranio e del Cuore del Santo medesimo! Si diede fuoco alla Sacrestia della Cattedrale e consunti restarono l’Archivio, tesoro di patrie e chiesastiche memorie, e la tavola antica nella quale si effigiava il Santo fatto dipingere da Monsig. Cristoforo dopo il Concilio II di Nicea.
Si appiccarono le fiamme a vari punti della Città, e queste tutto avrebbero divorato e ridotto in cenere, se quel Dio, che anche nell’ira sua si rammenta delle sue misericordie, ad intercessione del diletto suo servo S. Riccardo protettore del luogo, con la sua possanza non avesse sollevate ed addensate nell’aria nere nubi, e con abbondante pioggia non avesse estinto l’incendio sterminatore.
Restata Andria allagata di sangue, spogliata di ogni civile splendore formato dalla ricchezza, e ricoperta di lutto per la perdita di tanti suoi generosi cittadini, non essendovi quasi famiglia che bon angosciasse di affanno sul corpo trucidato di qualche suo individuo; pure, anziché pensare a piangere le proprie estreme sciagure, pensa al suo Santo Protettore, alle Reliquie rapite, ed alla statua di argento ove rinserravasi il capo del medesimo, nel di cui volto, per pia tradizione credevasi serbarsi i veri lineamenti dell’Apostolo glorioso, ed inviarono persone in Barletta, dove si era ritirato l’esercito francese per vedere se potevano i cari oggetti riaversi a qualunque prezioso riscatto. Si giunse ad ottenere il capo del mezzo busto di argento, che indi a pochi anni venne ricompletato; ma del Teschio Cuore e Pellicranio non poté aversene sentore alcuno.

Quantunque la tomba di S. Riccardo non fosse stata violata, ed in essa la Città rimanesse nel possesso felicissimo di tutto il rimanente del Corpo, pure perché questo stavasi sepolto, restava vivo negli animi il dolore per non più possedersi alcuna di quello Reliquie visibili, che con l’esporsi e trasferirsi in processione ne’ dì solenni tanta pompa formavano, tanta gioia spandevano, ed accendevano tanta fede, e tanta fiducia, ispiravano.
A riempire questo vuoto, ed a racconsolare gli animi afflitti, supplì pienamente e nobilmente lo zelo e la pietà del Vescovo Giuseppe Cosenza, che per le sue esimie virtù venne trasferito nella Sede Arcivescovile di Capua ornato della Porpora Cardinalizia nell’anno 1856, dove nel 1863, cessò di vivere lasciando la sua memoria imbalsamata di fragrantissimo odore di santità. Andria, che ebbe l’alta ventura di averlo a suo Vescovo dal luglio 1832 fino al luglio 1856 tra la moltitudine degli altri benefizii di lui, quello ancora rammenta di essere stata racconsolata in questo suo affanno.

All’uopo nel dì primo agosto 1836, circa le ore meridiane discese nella santa Cappella, accompagnato, dietro precedente invito, da tutte le Dignità della Cattedrale, e delle due Chiese collegiate della città, dal Sindaco, e da alcuni Consiglieri, dal Giudice Regio, il Cavaliere D. Carlo Carafa, molti notabili e vari Professori Medici, e premessa la recita delle Litanie maggiori fece rompere il dorso dell’Altare, e scuoprissi la cassa di pietra fermata al suolo da due larghe fasce di ferro. Queste si rimossero, la cassa si scuoprì, e la cassa interiore di cedro circondata da lamine di piombo apparve. Questa rimossa dal suo sito e posta sopra d’un tavolino ornato all’uopo, il Vescovo verificò prima i suggelli indi li franse ed aprì il sacro deposito, e trovaronsi le sacre ossa involte in doppio drappo, l’uno di lino elegantemente ricamato, e l’altro di seta fregiato d’oro, dono della Duchessa Imperiale moglie di Fabrizio Carafa Duca di Andria, come appariva dallo stemma e dalle cifre. Svolti cotesti involucri, si videro le sante Reliquie dalle quali il pio Prelato prese con mano riverente una delle tibie, la baciò con pietà ed affetto, indi l’offrì al bacio di tutti gli astanti. A far parte al popolo tutto della dolce commozione da tutti eminentemente sentita, fece aprire le porte del Tempio e dare mano al suono festivo de’ sacri bronzi. Quantunque il popolo non fosse in alcun modo prevenuto, pure dalla novità di quell’armonia insolita a quell’ora accorse a torme, finché sparsa la voce si raccolse intero a vedere ed onorare i sacri avanzi del comun Padre.

Soddisfatta così la comune pietà la cassa venne chiusa di bel nuovo, e munita di suggelli venne diligentemente custodita, finché adattavasi all’altare il frontone nuovo di marmo in cui rilevavasi una forma di urna, nel cui centro scolpivasi l’immagine del Santo protetta da doppio cristallo come segno esteriore del luogo a cui interiormente corrispondeva il Corpo santissimo.
Né pago di tutto ciò fece lavorare un’urna di lastre a tutta luce dove collocò le dette sante Reliquie, e le volle per otto giorni esposte in Chiesa leggiadramente adornate, e nell’ottavo giorno corrispondente alla prima Domenica di Settembre, in cui era solito celebrarsi la festa del Patrocinio del Santo Patrono, le portò in processione solennissima su gli omeri di quattro Sacerdoti.
Egli medesimo accompagnandole in abiti pontificali e seguito dal corpo Municipale, dalle autorità pubbliche dai più distinti Signori della Città, dalle Guardie Civiche, e da immensa moltitudine di popolo cittadino e forestiero accorsovi da tutte parti, per godere della straordinaria funzione e per onorare il gloriosissimo Apostolo. La nitidezza ed ornamento delle strade, la pompa de’ balconi e delle finestre ornate de’ migliori armadi, la gioia e la commozione de’ cuori, le dimostrazioni di plauso e di affetto universale, l’armonia delle bande musicali, il fragor continuo delle batterie pirotecniche, le lagrime di tenerezza e di pietà, rinnovarono gli spettacoli incantevoli di Gerusalemme, quando l’Arca santa dell’alleanza trasferivasi trionfalmente nel Santuario del Monte Sion.

Finalmente, sottratti dalle preziose reliquie un osso radicale che venne chiuso in braccio di argento, e l’ultima falange del destro pollice col quale il Santo spargeva la sacra unzione nell’amministrazione de’ Sacramenti, che venne poscia collocato nel petto di una nuova statua di argento di cui or ora faremo parola, le altre ossa in numero settanta vennero riavvolte in doppio drappo di seta e di lino, e con dotta relazione latina scritta dal Penitenziere D. Mariano Cocco vennero racchiuse in cassa nuova di cedro con cinque chiavi e protetta da suggelli e lamine di piombo, vennero ricollocate nella primiera cassa di pietra cerchiata di ferro, dove riposano tutt’ora, e vi riposeranno per la felicità e prosperità del popolo Andriese, aspettandosi il risorgimento dei Giusti con le doti della gloria e dell’immortalità.
Cotesto avvenimento fu la felice cagione di nuovi segni di protezione del Santo verso del suo popolo, e di nuovo accrescimento di affetto in questo popolo verso del Santo.

Il Santo, diede nuovo segno di protezione quanto nell’anno che seguì 1837, la morte inesorabile, assisa sul suo scarno destriero scorreva rabbiosa le nostre Provincie, e con l’avvelenata sua falce del Colera mieteva per tutt’ovunque a mille a mille le vittime, mentre le Città vicine venivano senza pietà orrendamente decimate, Andria non vide de’ suoi cittadini rapirsene che tre o quattro soltanto.
Gli Andriesi diedero nuovi segni di amore, quando circa l’anno medesimo per cura del Sindaco D. Consalvo Ceci si assunse dal Municipio la Percettoria fondariale in amministrazione, onde col lucro farsene opere pubbliche, tra le tante proposte quella prevalse con plauso universale del Municipal consiglio, che progettava la costruzione della nuova statua di argento in onore del magnifico e glorioso Padre. Senza dimora alcuna se ne diede incombensa in Napoli, dopo diligente ricerca d’un artefice più riputato. Venne col fatto eseguita con massima eleganza. Seco porta il peso di 75 rotoli di argento e d’un atteggiamento e d’un lavoro sublimemente squisito. Secondo il nostro giudizio, di quanti simili lavori ci occorso ammirare, e nel tesoro di S. Gennaro in Napoli, ed in quello di altre città cospicue, non è ad altro secondo. Dessa è a tutto busto colossale in pontificali abiti, che col sinistro braccio sostiene la Città sul libro degli Evangeli, e col destro la benedice in atto di rimirarla con la più viva espressione di sua carità. Pervenne in Andria nell’agosto del 1840, e vi fu ricevuta tra i plausi e la gioia del popolo, non chè festeggiata e portata in trionfale processione nella prima Domenica del seguente Settembre in mezzo ai popoli di Andria e delle Città vicine interamente accorsi.
Nel petto della statua, e propriamente nel lavoro che forma la fibbia che unisce i due lati del piviale, s’incastra in ricca teca il pollice destro del Santo or ora mentovato. Non si può mirare cotesta statua con attenzione senza essere compreso da ammirazione e da devozione insieme!

La commissione del cumolo finalmente, formata sempre da una scelta de’ più cospicui ed onesti cittadini, avendo sempre a capo il Canonico Priore della santa Cappella, si è sempre mostrata zelante per gl’immegliamenti del Culto e del religioso splendore che deve accompagnarlo. L’ultima specialmente composta del Rev. Priore Canonico della Cattedrale D. Vincenzo Latilla, D. Vincenzo del fu Carlo Durso e D. Leopoldo Grassi, uomini meritevoli di ogni eccezzione, volgendo l’anno 1856, profusero ottimamente la somma di 7000 ducati per farne tapezzare le pareti laterali e ‘l pavimento con scelti marmi, ornati con magnifici arabeschi a bassorilievo superbamente dorati. Fu rinnovata del pari la volta superiore con lavori a stucco anche dorati su fondo bianco lucido, e ‘l pavimento anche a marmi, che nel tutto insieme forma una eleganza ed una bellezza degna del loro genio.

Siccome i due quadri antichi non avrebbero formato buon accordo con le presenti innovazioni, ne incombensarono de’ nuovi all’illustre Cavaliere D. Michele di Napoli, rappresentando gli stessi tratti istorici mentovati. I lavori riuscirono degni dell’artefice sotto tutti i rapporti, a meno di un difetto, non già riguardante il merito artistico, ma volontario e perciò imperdonabile. Imperocché operando più da poeta che da storico, ha dipinto i santi Vescovi pellegrini al Gargano, non già in semplici vestimenta prelatizie come a viaggiatori, ma in abiti pontificali qual si devono a Vescovi in funzione, preferendo il bello pomposo ed elegante al bello semplice e naturale. Nell’altro quadro rappresentante il Santo che guarisce il cieco nell’accostarsi alla porta della Città, in vece dell’uomo vi sostituisce una donzella, come più commovente, comechè l’infelicità fosse diversa per la stessa sventura nel diverso sesso, e preferendo il bello e ‘l tenero sensuale, al bello e al dolce della pietà e della verità.
Varii assennati restarono sorpresi al contradicente disordine e rifiutavansi ricevere i lavori; ma prevalendo il numero di coloro che si rapiscono al bello materiale, senza comprendere nulla del celeste incanto del bello ideale e sublime della naturalezza, i quadri vennero ricevuti e collocati nel loro posto, dove in realtà spiccano quali due eccellenti lavori.

Il culto adunque del Santo è nel suo più bel fiore. Le tre foste annuali prosieguono ad essere splendide per pompa e pietà. La prima ai 23 aprile per la invenzione faustissima si solennizza a spese della Confraternita, la seconda ai 9 Giugno giorno della morte si celebra dal priorato della Cappella, e l’ultima solennissima nella prima Domenica di Settembre si fa, dal Municipio col concorso delle contribuzioni della popolazione, e viene allietata da tripudii, illuminazioni, e fuochi pirotecnici per tre giorni, o da gran concorso di forestieri. Ad ogni festività precede devoto Novenario.
Nella festa di Giugno il novenario si celebra col sermone giornaliero, oltre le solite pratiche di pietà, la vigilia si accompagna col digiuno, e la festa con l’astinenza dal lavoro, coll’assistenza precettata al Santo Sacrifizio, con grande frequenza alla ricezione de’ santi Misteri, e col Panegirico nelle ore vespertine, oltre i pontificali solenni e la magnifica processione preceduta da 16 corporazioni laicali, dalle comunità religiose, dal basso ed alto clero col seminario numeroso, o seguita finalmente dal Vescovo pontificalmente adorno, dal Municipio ed autorità locali, da gran numero di votanti con cerei ardenti, e da innumerata popolazione. Questa processione si ripete nella festa del Settembre, ed in quella di Aprile, si trasferisce la statua d’argento del Santo pel solo largo del Castello a vista delle campagne, le quali si benedicono col braccio del Santo medesimo, e sempre l’armonia dei sacri bronzi, le bande musicali, e le batterie artificiali rendono auguste e toccanti le sacre funzioni.

Andria adunque vive per S. Riccardo, siccome S. Riccardo visse per Andria, per Andria sola pare che vive anche nel cielo. Imperocché quantunque il suo Uffizio e Messa si celebrassero quasi in tutte le Chiese di Puglia, e moltissimi fossero i devoti stranieri, pure in pochi luoghi conta i suoi Altari. La diffusione di questo culto ha fin’ora avuto due ostacoli che si sono insormontabilmente opposti al suo progresso; la mancanza cioè di una biografia che avesse narrata la grandezza dell’Eroe Cristiano, e ‘l dubbio nel quale si avvolsero le tradizioni dai critici antichi e moderni. Ci auguriamo sinceramente, che avendo noi rovesciata per quanto le nostre forze l’hanno permesso l’una e l’altra barriera, e col favore di migliori tempi, il Signore voglia accrescere la gloria accidentale del suo gran Servo, congregando altri popoli sotto l’usbergo del di lui potente patrocinio, ed aggiungendo altri generosi emuli alla seguela ed imitazione delle di lui eroiche e sublimi virtù.

[tratto da “Vita di San Riccardo” del P. Antonino Maria Jorio, tip. Stanislao De Lella, Napoli, 1870, pp. 347-360]

NOTE   

[1] Di questa insigne reliquia avremmo qui collocata una lunga nota, ma conoscendo che il dotto Canonico D. Alessandro Parlati scrive su questo argomento apposita memoria, ce ne astenghiamo.