Le tombe delle imperatrici sveve, di G.Pastore

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(stralcio da ...)

Storia manoscritta o descrizione della Città di Andria

del Prevosto Giovanni Pastore (1715-1806)

Le Tombe delle due imperatrici sveve


.... «Questi due tumuli sono stati, e lo sono ancora il soggetto delle ricerche di vari dottissimi scrittori, senza che per il passato se n’è potuto rintracciare il menomo segno della loro esistenza: nè al presente cade sott’occhio dei cittadini monumento alcuno, onde possa argomentarsi il vero.
Quel tanto che dir si puote si è che li detti fossero stati eretti in quel luogo sotterraneo della Cattedrale Chiesa, che in altro tempo chiamavasi Soccorpo, in cui si entrava per una patente porta, e che si spazia sotto il Presbiterio, ma oggi da per tutto chiuso, chè serve a conservare gli ossarii e scheletri dei cadaveri, che si estraggono dalle tombe di detta Chiesa, e dove si entra per una buca dai becchini, li quali ivi le dette ossa trasportano. ...  In questo luogo si osservano alcune colonne erette ed ordinate in modo che possono farci congetturare non ad altro uso ivi collocate, che per quello dei Mausolei, o sepolcri». [ estratto da: Parte I, cap. XV]
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«Nel 1280 arriva il vescovo Fra Placido in Andria e la città rimane assoluta dalle censure, ed ora appunto è assai probabile che abolita venne la memoria di quei due famosi Tumuli delle due Imperatrici Sveve, Iolanda ed Isabella; tanto più che questi due Tumuli erano la testimonianza loquace della pendenza, ed aderenza di essa città alli defunti Svevi, e della communicazione delle medesime scomuniche.
Si conferma questa mia opinione dalla pratica, che Carlo d’Angiò tenne sin dai primi dì del suo ingresso nel Regno, avendo fatto seppelire in luogo ignoto il Corpo del Re Manfredi, ed in luogo ignobile il corpo di Corradino decapitato da lui in mezzo al Mercato di Napoli, col pretesto di essere scommunicati: e come inimicissimo dei Svevi, tolse per quanto potè, ogni loro memoria da tutto il regno: ed ecco come da Andria svelti furono questi due monumenti che non poco di lustro recato l’avrebbero.
Non deve accagionarsi a trascuratezza e scioperaggine dei cittadini una tale mancanza, come taluni si avanzano a dar taccie e rampogne; ma alla forza ed all’astio. E Filippo, che n’era il Conte senza meno diè l’ultima mano a tal perdita. E per questo motivo medesimamente si tolse alla Cattedrale Chiesa il Soccorpo, dentro di cui questi Tumuli erano situati». [estratto da: Parte II, Capo I]

[tratto da "Monografie Andriesi" di Emmanuele Merra, Tipografia e Libreria Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906, Vol I, pagg.1-39