Cappellone S.Riccardo

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Cappellone di San Riccardo

i bassorilievi dell'abside

Queste sono le prime tre formelle della parasta destra a base dell'arco che corona l'abside del Cappellone di San Riccardo in Cattedrale, vi si descrivono tre dei miracoli, elargiti dal Santo invita, raccontati da Francesco II del Balzo nella sua "LEGENDA GLORIOSI SANCTI RICHARDI QUANDO MIGRAVIT AD DOMINUM".

A lato si pongono le descrizioni ed i commenti tratti dal citato testo di mons. Giuseppe Lanave, dalla scheda (storica) della Soprintendenza  Antichità e Belle Arti del 1930, e dalla scheda della Soprintendenza del 1989.

IL VESCOVO DELLA CARITÀ
(Episodi della “VITA”)

3^ formella sul pilastro destro dell'arco della cappella di San Riccardo: il Santo guarisce i malati

3ª formella a destra:

OMNES Q[UI] AFFEREBA[N]TUR | INFIRMI SANABA[N]TUR
I malati tutti venivano a lui, e li risanava.

È tra le sculture più belle e più espressive:
S. Riccardo si china sul dolore umano.

Dalla porta della Città si affollano i sofferenti, uomini e donne;
anche un innocente fanciullo in ginocchio, implorante è ai piedi del Santo, che lo tocca con la mano.

Il latino della didascalia richiama il discorso di Pietro negli Atti (10,38):
«Gesù di Nazareth passò facendo del bene e tutti risanando, perché Dio era con Lui».

[Testo di G. Lanave tratto da "San Riccardo Protettore di Andria", Grafiche Guglielmi, Andria, 1989, pp. 38-41]

"Piedritto di destra - 3° riquadro:
Dalla porta ad arco centinato della città escono infermi, innanzi a tutti è inginocchiato un fanciullo di cui il Santo tiene nella sua la mano levata; dietro è una donna col bastone, poi un uomo con le grucce ed altri.
Il Santo, da sinistra, si china verso di loro benedicente.
Targa romana inscritta:  OMNES Q AFEEREBA[N]TUR [sic] | INFIRMI SANABATUR".
[Soprintendenza, Dott.ssa Maria Luceri, 1930]


2^ formella sul pilastro destro dell'arco della cappella di San Riccardo: il Santo guarisce una donna inferma

2ª formella a destra:

MULIER A CONTRAC | TIONE LIBERATA
Una donna curva viene liberata dalla sua infermità.

Anche questa scena è evangelica. Il Vescovo chiama a sè la donna con atteggiamento umano di delicata premura e di carità; e, come Gesù nel Vangelo di Luca (13,11-13), l'accoglie e la guarisce liberandola dalla sua infermità.

[Testo di G. Lanave tratto da "San Riccardo Protettore di Andria", Grafiche Guglielmi, Andria, 1989, pp. 36-37]

"Piedritto di destra - 2° riquadro:
Porta della città ad arco centinato e mura merlate. Nello sfondo alti edifici.
Una donna avanza da sinistra appoggiandosi al bastone. Di fronte a lei è San Riccardo che la sostiene per un braccio e benedice.
In basso, targa romana incritta: MULIER A CONTRAC | TIONE LIBERATA.".
[Soprintendenza, Dott.ssa Maria Luceri, 1930]


1^ formella del pilastro destro dell'arco della cappella di San Riccardo: il Santo guarisce un cieco

1ª formella a destra:

CAECUS ILLUMINATUS
Gli occhi del cieco si aprono alla luce.

Su Andria con le case, le torri, i segni del potere politico, la Cattedrale, si apre in alto il Rotolo della Scrittura. Prima di entrare nella città, Riccardo dona la vista ad un cieco, come aveva fatto Gesù, «luce del mondo», nelle vicinanze di Gerusalemme (Gv 9,1-7).

Il Vescovo inviato dal Pontefice «perché predicasse agli Andriesi il Vangelo di Gesù Cristo», dentro le mura della Città porterà la «luce vera come messaggio di salvezza». 

Anche questa scultura si ispira alla Vita di San Riccardo dell'Anonimo autore del Quattrocento; ma è evidente il richiamo alla pagina del Vangelo.

Nei bassorilievi dell'arco Riccardo è l'uomo della Parola: l'annunzia, la spiega, la medita nel cuore; qui, nei due pannelli che seguono, la fa propria: la traduce nella pratica della vita la incarna nelle opere dell'amore vicino al suo popolo. 

[Testo di G. Lanave tratto da "San Riccardo Protettore di Andria", Grafiche Guglielmi, Andria, 1989, pp. 34-35]

"Un grande arco a pieno centro sovrasta l'altare.
I piedritti dell'arco sono divisi in otto riquadri in cui sono scolpiti miracoli del Santo e posano su base che ha il toro scolpito a palmette.
A destra, in basso:
1° Dinanzi alla porta ad arco acuto della città di Andria, i cui edifici si levano nello sfondo al disopra delle mura merlate, due uomini sono inginocchiati, uno dietro l'altro; il primo ha la mano in quella del Santo vescovo, in piedi, a sinistra, in atto di benedire.
Al disotto, targa romana incisa: CAECUS ILLUMINA | TUS

Le dita della mano benedicente del Santo sono rotte.".
[Soprintendenza, Dott.ssa Maria Luceri, 1930]




A fine Seicento il poeta andriese Ferdinando Fellecchia, (racconta il D'Urso nella sua " Storia della Città di Andria"), "essendo stato sorpreso da un morbo letalissimo, com’egli registrò, ne fu immediatamente libero mercè un voto fatto al nostro Protettore S. Riccardo. Volendo esternargli la sua riconoscenza, compose un dotto Poema in suo onore, raggirandosi ne’ limiti della sua vita, e miracoli."
Ecco alcune stanze del VI canto del suo poema " La vita del gloriosissimo S. Riccardo primo vescovo, e padrone d’Andria", dove narra in versi i miracoli del Santo al suo arrivo in Città:

Giunge in Andria Riccardo; à la cui porta
La vista à un Cieco, e’l moto ancora dona
A una Donna convulsa; e mentre sprona
Questi à la Fè, tutti à la Fede esorta.


1
Doppo tant’opre sue miracolose
Giunse RICCARDO già lieto, e felice
Dove sua santa volontà dispose,
Del gran voler divino esecutrice.
Sembravagli Andria un bel giardin di rose,
Quando d’angui crudeli ell’era altrice;
Nè fia stupor, perche il licor vitale
De la sua Fè portava schermo al male.

11
Entrò RICCARDO, e da qual Porta entrasse,
Certezza tal non v’è, ch’arguir si possa;
Potriasi dir, un che dal Mar sbarcasse,
Al luogo più vicin drizzar la mossa.
Se là dal Mare il suo camin ritrasse
Del Brittanico Eroe l’ardente possa,
Del Castello a la Porta il Mar guardante,
Dritt’è che lui drizzasse ancor le piante.

12
Quivi prima d’entrar la porta avanti
Ritrovò duoi, ch’a lui dolenti, e mesti
Avvolti in vili, ed in cenciosi ammanti
Chieser mercè con mendicanti gesti.
Un era Cieco, e l'altra havea piombanti
Gli membri tutti al moto lor molesti,
Perche gli nervi suoi già contrafatti,
Verso il principio lor eran contratti.

13
Pian pian RICCARDO a questi duoi meschini
A predicar principiò sovente,
Ed esponendo à lor dogmi divini,
Era inteso da quei con voglia ardente.
Stavano ad ascoltar divoti, e chini,
In atto humile assai, mà riverente,
Perche di Teologia avea possesso,
Era RICCARDO un Agoslino islesso.

14
Stava quel Cieco d’occhi, e cieco ancora
Di mente, ad ascoltar con gran desio
Ciò, che da bocca di RICCARDO fuora
A la salute lor l’adito aprio.
RICCARDO, a cui ogni momento ogn’hora
Sembrava eternità, per presto à Dio
L’alme condurre; in questi grati accenti
Al cieco propalò sue voglie ardenti.

19
Se caminar non vuoi frà tanti orrori,
Camina appresso a questa fida scorta;
Così di vita in sempiterni albori
L’alma tua cieca ancor vedrai risorta:
Efimeri non son gl’alti splendori,
Che l’acqua del Giordan a gl’occhi apporta:
Sù via, che fai? se battezzar ti vuoi,
Duoi Soli sorgeran’già gli occhi tuoi.

20
A queste voci immantinente il cieco
S’intese riempir di gran dolcezza,
E rispondendo, io credo à quel, che meco
Predichi tu, sol per la mia salvezza.
Tirami tu da questo oscuro speco,
Dove mi trovo; hor, hor tu mi battezza:
E genuflesso al suo divin Pastore
Chinò la testa, e cò la testa il core.

21
Ciò detto, il buon Pastor cò la sua mano
Fè sù gl’occhi del cieco il segno invitto
Di santa Croce, ov’'il Signor sovrano
Pagò la pena del human delitto.
In un istante a quel fedel Pagano
Sù gl’occhi il lume fù tosto prescritto;
E della colpa rea dal Occidente
Sorse di Grazia al fulgido Oriente.

30
A queste voci, a quel gran fatto intenta,
Restò la donna assiderata, astratta,
Senza moto a la lingua, e quasi spenta;
In tutto si vedea tutta contratta.
Stupida palpitar l’alma non tenta,
Fuori di sè da lo stupor già ratta;
E quel, ch’esprimer non può ben la bocca;
Da gli occhi il cor mutoli accenti scocca.
31
Fiammegiante d’amor, di Fè ripiena
Brillar gli si vedeva il cor nel petto,
E gli spirti gelati in ogni vena
Correan sù’l capo à prender altro aspetto.
Da quì, de’ nervi ancor l’aspra catena
Ch’ogni membro tenea ligato, e stretto
Si sciolse, e dando à i spirti aperto il passo;
Tornò di carne lei, ch’era di sasso.

32
RICCARDO, che scorgea la Fede viva
Di quella Donna, al di cui cor s'accese
Da la focosa sua persuasiva
Del suo bel dir, ch’ell’anelante intese,
Cò la sua man prodigiosa, e diva
La benedì, la sollevò, la prese,
E in nome de la Santa Trinitade
Diede al curvo suo piè la libertade.

33
Tutta fastosa, e tutt’allegra sorse
Esclamando la Donna ad alta voce;
Un è il Signor, per cui salvezza porse
RICCARDO al mal mio fiero aspro, ed atroce.
A queste grida il Popol tutto accorse,
Ed a toccar cò man corse veloce
Quel, che la vista ingannar suol tal volta,
Per discifrar la lor credenza stolta.

36
Accorser tutti i disperati infermi,
Putridi avanzi d’invecchiati mali;
Altri con piaghe, ove rodenti vermi
Milantavan antichi i lor natali;
Altri con duri, e forti palischermi,
Ch’evitavan del duol colpi letali;
Altri Tabidi; ed altri in lepre avvolti;
Altri ciechi; altri sordi; ed altri stolti.

38
Di RICCARDO al cospetto uniti insieme
Pregaro il Santo, e gl’ammalati, e i sani,
Ch’imponga à ogn’un di lor, ch’afflitto geme
Le Sante, e sacratissime sue mani.
Tutti piangono, un grida, e l’altro freme,
Ed assordan il Ciel, non che que’ piani;
E confusi fra lor, non odi, ò miri
Fuor che grida, dolor, pianti, e sospiri.

39
Sanità, sanità gridavan tutti,
Santo Pastor, la sanità c’imparti;
De la perduta sanitade i lutti
Tolgan à noi le tue mirabil arti.
A i nostri corpi scontrafatti, e brutti
Co’l tuo valor natìa beltà comparti;
Degnisi di concederci salute
Del tuo santo poter l’ampia Virtute.

40
RICCARDO quì con sant’amor ripiglia,
E del Santo Evangel la forza espone
A questi, ch’hanno il cor cò meste ciglia
Tutto intento à la sua divozione.
Intendami ciascun, ogni famiglia
Venghi à certar quì meco in questo agone,
Che conoscer farogli apertamente,
Che appresso à Dio il saper nostro è un niente.

43
Hor se sapete voi ch’ogni ruina,
Che vi travaglia, ed è sopra di voi
Riconosce la causa à lei vicina
De l’empia colpa; onde v’affligga, e annoi,
Pronta à rimediar la Medicina,
Sovente imprimerà gl’effetti suoi;
E togliendo la causa, ch’è il peccato,
Cò l’alma il corpo resterà sanato.

50
Questa vi può sanar, guarir vi puote;
Che senza questa ogni dimanda è vana;
E me quì da contrade assai remote
Spedì di Dio la mente alta, e sovrana.
Medico à voi spedimmi, e Sacerdote,
Acciò co’l corpo l’alma ancor sia sana;
E’l Pontefice ornommi à questo fine
La man del Pastoral, di Mitra il crine.

[estratto da "La vita del gloriosissimo S. Riccardo primo vescovo, e padrone d'Andria" di Ferdinando Fellecchia, per Salvatore Castaldo reg. stampatore, Napoli, 1685, Canto VI, pagg. 91, 107
(trascritto dall' originale della Biblioteca Comunale di Andria)]


A metà Ottocento il cantastorie andriese Lorenzo Notarpietro, smesso il lavoro nei campi, ov'era specializzato come potatore, si soffermava nella piazza della Città a recitare un poemetto in dialetto sulla vita di San Riccardo, canto probabilmente ereditato dalla tradizione orale dei suoi avi.
Riccardo Zagaria, raccoltolo da un altro cantastorie, nel 1929 lo trascrisse nel testo sotto citato, dal quale sono estratte le seguenti dieci ottave, o stanze, che parlano dei miracoli del Santo al suo arrivo in Andria.

[La e capovolta — ə — é muta]
29. - Avéivə fattə nu lùenghə caminə,
Ca mənéivə tànda migghiə lundaenə.
Quannə arəvè vəcinə a la citaetə,
Pə nnanzə tròuvə nu vəcchiarìellə cəcaetə.
Sandò Riccardə lə volzə addimannàiə:
— Zì vècchiə, la cità də Iandrə vùuə sapitə?
Fattəmə nu favòurə, pə ccaritaetə,
Facìtlə pə ll'amòurə də Ddìiə mbinitə. —
30. - Restə u vecchiə annarvəgliaetə
A ssəndìiə quellə picchə paròulə c'abbə auditə.
Sə veltè u vecchiə commə a nnu tirandə:
— Fərastìerə sitə vùuə, chi mmi dumandə? [1]
Òuscə da méiə ci andaetə truvannə?
Ci sitə vùuə? Dattəvə ad andènnə!
I' sò' ccìechə id omənə grannə,
Ma nan g'ì nnessciunə ca mə dəfennə.
31. - Òggə da méi' ci andaetə truvannə?
cChi sitə vùuə? Facittəmə a ssapéiə. —
— O zì vecchiə, fattələ pə ccaretaetə,
'Nzəggnattəmə 'l tempiə də questa citaetə. —
— Iu la citè di Iandrə non zàccə cum'è ffrabbicaetə,
Ca cìechə sò nnaetə i ccìechə sò' ccrəssciutə:
Da nu fangeullə sò' staetə acchembaggnaetə,
Pə ffingghə a cquestu peundə sò' mmənutə.
32. - La mia vitə è staetə dispəraetə
Da quellə momèndə ca i' sò' nassciutə. —
— Cə tə bbattìezzə — Rəccardə le dəcìə —
I' mə fitə də fattə uarìiə. —
— Ci fùessə tu quacchə i rrè mmissìiə,
C'a mméi' mə vuléitə battizzàiə? —
— I' nan zondə, ma Issə m'ha mmannaetə,
Pə ffè crəstiaenə questa citaetə. —
33. - — Unə de lə mi' andənaetə me l'avə arəchərdaetə
Ca 'n Gərsalemme sə facə crəcəfəssaiə.
Na və canòsscə a vvùuə, ci m'addəmannaetə,
Ca vulèitə bbattəzzè chessa citaetə. —
Sə gginuflettə 'n dèrra lu cəcaetə:
— Miu pattrə, fattəmə quellə ca vù' vulèitə:
Iiə abbədisscə quellə ca mə cummannaetə,
Bbastə ca la mia vitə mə fəsanaetə.
34. - 'N guestu ggiornə, ci t'afòssə mannaetə?
— Lə dissə u vecchiə — Vùuə ci sitə?
Cə mə fè a bbədèiə la lucə d'u mondə,
A ffammə crəstiaenə ìiə sò' pprondə. —
Allòurəs sandə Rəccardə lə rispondə:
— Tu' sè abbədìiə lə dìecə cumandamendə?
Quellə c'ha llassciaetə Iddiə sòup' al mondə
Stè scrittə da la maen' anniputendə. —
35. - Lə facə nu segnə də cròucə sòup' a la frondə;
U sandə Spirdə da lə céilə sscennə:
— Iu ti bbattezzə a nnoumə də Patrə, Figliə i Spirdissàndə:
Surgèitə, vecchiə, i andaetə camənannə. —
U vecchiə pə la citaetə scèivə grədannə:
— Paièisə i ccətadinə, allegramèndə!
Ca ad Andrə simə avutə nu grà' ssandə:
Sə nə fitə də uarìiə tòtta la ggendə. —
36. - Teuttə quandə sə facèvənə avandə:
— Chi ccòussə s'ha səccìessə 'n guestə məmèndə?
Da fòurə a la citaetə vùuə və partitə,
Pə nnanzə vù' trəvaetə quellə ca m'avvə uaritə. —
U vacchiə lə sùuə caminə l'abbə səguìtə,
Camina la citaetə totta quandə.
Na donna paralìttəchə l'abbə avərtiə:
Si vulèivə lə sùuə corpə rəsanaetə.
37. - I mèmbrətə d'u corpə l'abbə mandaetə,
Da n'àlta donnə sə facə acchəmbagnaerə;
Da fòurə a la citaetə sə la pərtarnə:
— Vìenə, mìedəchə, lə miu corpə a rrəsanarnə. —
— Primə və duvèitə bbattezzàiə,
Dəppə ìu və pozzə uarìiə:
La vostra leggə la duvèitə annigàrə,
Duvèitə amaiə la leggə də Dìiə. —
38. - Rəccardə la sanda fèitə lə nzəggnàiə;
Nu seggnə də cròucə 'm bronda lə facìiə:
— Cə tə bbattìezzə nòumə d'u Patrə, Figliə i Spirdissandə,
Uarìsscə. — La donnə: — I bbiv' a Rəccardə Sandə! —
Seurdə, stròppiə, céichə i mmutə sə facevənə avandə,
Teuttə scèvənə da la sua prisèndə.
Primə lə bbattezzə Rəccardə Sandə,
I ddoppa lə uarìvə a ccheurə məmendə.
[versione in italiano]
29. - Aveva fatto un lungo cammino,
chè veniva tante miglia lontano.
Quando arrivò vicino alla città,
incontrò un vecchierello cieco.
San Riccardo gli volle domandare:
— O zio vecchio, sapete voi la città di Andria?
fatemi un favore, per carità,
fatelo per l'amore di Dio infinito. —
30. - Resta il vecchio meravigliato
a sentire quelle poche parole ch'ebbe udite.
Si volse il vecchio come un tiranno:
— Siete forestiero voi che mi domandi?
Oppure da me che cosa volete?
Chi siete voi? Datevi a conoscere!
Io sono cieco e uomo grande (vecchio),
ma non v' è alcuno che mi difenda
31. - Oggi da me che andate cercando?
chi siete voi? fatemi sapere.
— O zio vecchio, fatelo per carità.
Insegnatemi il tempio di questa città. —
— Io non so la città di Andria com'è fabbricata,
perchè cieco sono nato e cieco son cresciuto:
da un fanciullo sono stato accompagnato,
son venuto sino a questo punto.
32. - La mia vita è stata disperata
da quel momento che sono nato. —
— Se ti battezzi — Riccardo gli disse —
io mi fido di farti guarire. —
— Che saresti tu qualche re Messia,
che volete battezzare me? —
— Io non sono, ma Egli mi ha mandato
per fare cristiana questa città. —
33. - — Uno dei miei antenati me l'ha ricordato,
che in Gerusalemme si fece crocifiggere.
Se mi domandate, non conosco voi
che volete battezzare questa città. —
Il cieco si genuflette a terra:
— Padre mio, fatemi quello che voi volete;
io obbedisco quello che mi comandate,
basta che (purchè) mi risanate la mia vita.
34. - Chi ti avrà mandato, oggi?
— gli disse il vecchio: — Voi chi siete?
Se mi fai vedere la luce del mondo,
io sono pronto a farmi cristiano. —
Allora San Riccardo gli risponde:
— Tu sai obbedire ai dieci comandamenti?
Quello che ha lasciato Dio sul monte
sta scritto dalla mano onnipotente. —
35. - Gli fa un segno di croce sulla fronte;
scende dal cielo lo Spirito Santo:
— Io ti battezzo in nome del Padre, Figlio e Spirito Santo:
sorgete, vecchio, e andate camminando. —
Il vecchio per la città andava gridando:
— Paese e cittadini, allegramente!
Ché ad Andria abbiamo avuto un gran santo:
si fida (ha la forza) di guarire tutta la gente. —
36. - Tutti quanti si facevano innanzi:
— che cosa è successo in questo momento?
Partitevi di fuori alla città,
davanti voi trovate quello che mi ha guarito. —
Il vecchio proseguì il suo cammino;
percorre tutta quanta la città.
Una donna paralitica lo notò:
voleva risanato il corpo suo.
37 - Le membra del corpo gli ebbe mandate [erano rigide]:
da un'altra donna si fece accompagnare;
di fuori alla città se la portarono:
— Vieni, medico, a risanarmi il mio corpo. —
— Prima vi dovete battezzare,
dopo io posso guarirvi:
la vostra legge la dovete rinnegare,
dovete amare la legge di Dio. —
38. - Riccardo le insegnò la santa fede;
le fece in fronte un segno di croce:
— Se ti battezzi in nome del Padre, Figlio e Spirito Santo,
guarisci. — La donna: — Evviva Riccardo Santo! —
Sordi, storpi, ciechi e muti si facevano avanti,
tutti andavano alla sua presenza.
Prima Riccardo Santo li battezza
e dopo li guariva in quel momento (sull'istante).

(estratto da "San Riccardo nella leggenda, nella storia, nella poesia popolare e nella letteraria", di Riccardo Zagaria, tip. F. Rossignoli, Andria, 1929, pagg.34-72)


Infine non è da trascurare uno dei più caratteristici e antichi canti popolari sui miracoli operati dal Santo all'ingresso in Città: la "Canzone a San Riccardo", che il popolino cantava, probabilmente, nella sua festività.