relazione del 1650

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Relazione del Monastero di Santa Maria de Miracoli d’Andria

dell’Ordine di S. Benedetto della Congregazione Cassinense

[dal volume della Procura Generale della Congregazione Cassinese, dal f. 135 al 142:
il Monastero di Santa Maria de’ Miracoli d’Andria
fra i monasteri della provincia napoletana]
(stralcio)

In Nomine Domini. Amen.
Il Monastero di Santa Maria de’ Miracoli d’Andria dell’ordine di S. Benedetto della Congregazione Cassinense situato nel Territorio, e Diocese di detta Città, e da quella distante per lo spatio d’un miglio, e più vicina à confini d’una valle detta anticamente la lama di Santa Margherita in luogo aperto, e strada pubblica, che conduce à Napoli; fù fondato, et eretto il Monastero l’anno del Signore 1580, con l’autorità, et consenso della fe. me. di papa Gregorio XIII., come chiaro appare per il suo breve, che comincia Cathedram præheminentiæ pastoralis sub datum Romæ idus 6. ianuarii prædicti, et pontificatus eiusdem anno nono, e con il consenso anco, et à petitione del vescovo, duca, e cittadini di detta città, come dal detto breve appare. Il sudetto Monasterio avanti fosse eretto in tale consisteva solo in una chiesetta, dentro una grotta di detta lama, che più tosto si poteva chiamare oratorio nel qual erano dui altari in uno dei quali sta dipinta l’immagine della S.ma Vergine, la quale tiene nel suo grembo assiso l’Unigenito suo figlio, e nell’altro l’immagine di S. Margherita vergine, e martire. E benché, come è chiara fama, e per scritture si mostra, che fosse quello anticamente luogo di grancia, e di beneficio sotto la giurisdizione del Monasterio di S. Lorenzo d’Aversa di detto ordine, e congregazione con titolo di Santa Margherita in Lamis, che poi per la malignità de tempi, e per l’incursione de barbari abbandonato da quei servi di Dio fosse inculto, diruto, e quasi incognito à tutti per la longhezza de tempi, nientedimeno piacque alla Bontà divina, acciò la sua gloriosissima Madre venisse venerata, e riverita in questo luogo, manifestare al mondo questo tesoro in giorno di sabbato due giugno 1576, con una moltitudine di miracoli ad intercessione di essa SS.ma Madre in questo luogo operati dalla mano di Dio, come in detto breve di detto pontefice, et altri successori diffusamente si contiene, da’ quali mosso la fe. me. di detto pontefice Gregorio XIII., si come per avanti si chiamava Santa Margherita in lamis, così ordinò e volse si chiamasse col titolo di Santa Maria de’ Miracoli, e così seguitò a chiamarla esso, e gli altri Sommi Pontefici successori nelle bolle, brevi, indulgenze, e privilegij concessi a detta chiesa, e monastero e così oggi da tutti universalmente vien nominata e riverita.
Detta chiesa dunque nel fondarsi, et erigersi in monasterio, come di sopra hebbe l’infrascritti assegnamenti, e v’intervennero l’infrascritti oblighi, e patti videlicet.
Per vitto, e vestito, et ogni altro necessario per li monaci, commessi, e servitori l’annua entrata di detta chiesa, non eccedente settantacinque ducati d’oro di Camera di certo, et ordinario. Di straordinario l’elemosine, donazioni, et offerte, e testamenti fatti, e da farsi da devoti fedeli, tutto quel terreno d’intorno per aiuto, e servitio della fabrica della chiesa, e monasterio da farsi di nuovo; quelle poche stanze di già fabricate per commodità di quelli che stavano al servitio in detta chiesa; tutti i mobili, suppellettili e utensili di detta chiesa quanto si siano ricchi, e pretiosi; facoltà di tener molino, forno, trappeto, et altre officine per servitio de monaci con patto, et obligo, che il monasterio debba ogn’anno dotare tre zitelle orfane, e povere di detta città con darle trenta ducati di giusta moneta di Regno per ciascuna.
Che li monaci non possano possedere ne tenere più, che 20. vigne vitate per loro servitio familia e forastieri, e crescendo il numero d’essi possino comprarne dell’altre con la sola dichiaratione e licenza del signor duca della città pro tempore esistente. Che possino erigere una taverna, et affittarla per uso de forastieri, e passaggeri con patto, che l’hoste compri le robbe in città con pagar la gabella.
Questi sopradetti assegnamenti, oblighi, e patti si contengono nel sudetto breve Cathedram præheminentiæ pastoralis, et in un altro dell’istesso pontefice, che comincia Ex debito pastoralis officij sub datum Romæ anno 1584. idibus 6. septembris, et pontificatus eiusdem anno 13°.
E così tanto della sudetta chiesa quanto d’ogni altro, ne furno li sudetti monaci posti in possesso in virtù di detti brevi, e di un altro del medesimo pontefice spedito al vescovo di detta città, che comincia Venerabilis frater etc. Nuper Ecclesia sine cura etc. sub datum Romæ die 30. martii 1581., et pontificatus eiusdem anno 9°., come anco appare chiaro da publici instrumenti, che si conservano nell’archivio di detto monasterio e dall’hora in poi hanno sempre seguitato, come hoggidì seguitano li monaci à stare nella loro reale, legittima, e pacifica possessione con buon governo, con osservanza regolare, e servitio del culto divino, et edificatione de popoli.

Ha il sodetto monasterio la chiesa sotto il titolo, et invocatione di Santa Maria de’ Miracoli, e conforme quando fu eretta in monasterio consisteva in una chiesetta dentro una grotta, come di sopra è detto, al presente per gratia di Dio sono due chiese, quella di basso, nella quale è l’immagine miracolosa della Madre di Dio ampliata e ridotta à forma di tempio con cuppola à proportione alta, e ben lavorata. Detta chiesa, ò tempio hà tre porte con un cortile avanti, la porta maggiore, et una cisterna, e con un giardino di marangoli. Il pavimento di detto tempio è di pietre bianche di marmo; le mura son tutte piene di voti, torce, et altri trofei della Madre di Dio. Avanti la bocca della grotta vi è una facciata fondata sopra quattro pilastri di pietra viva intagliata, e posta in oro, tramezzata, e dipinta con varij colori e pitture. Vi sono poi incavati sopra li tre archi, che soprastano à detti pilastri, 4. finestre, sopra le quali è scolpita a lettere d’oro l’epitaffio dell’inventione di detta miracolosa immagine della Beatissima Vergine con le seguenti parole: Parvum in abscondito sacrum oblivioni relictum memori pietatis Virgini piorum auxiliis magnum reponitur et patens die primi sabati junii anno salutis 1576. Il pavimento della grotta è similmente di marmi bianchi. Viene tutta questa devota grotta sostenuta da 14. colonne con capitelli posti ad oro, è detta grotta di larghezza palmi 15. di longhezza 12., di altezza à proportione. Nel mezo avanti l’imagine miracolosa della Madre di Dio vicino al muro stà collocato un altare con 6. candelieri di argento, e due statue di considerabil grandezza del medesimo dalli lati con pallio di argento historiato, e rappresentante le divine gratie concesse, e ricevute per intercessione d’Essa Beatissima Vergine à devoti fedeli. Il soffitto di detta cappelletta è parimente d’argento historiato, dal quale pendono molte lampade d’argento. Detta cappellatta è circondata tutta di ferro e vi ardono di continuo 9. lampade, e quando occorre mostrar à devoti l’effigie miracolosa, si accendono dieci ceri, e si cantano le litanie. Hà anco detta chiesetta una sagrestia, dove si conservano le vesti sacre, calici, et altro necessario alla celebratione delle messe. Vi sono anco in detta chiesetta ò grotta quattr’altri altari, dove si celebra giornalmente. Sta parimente in detta chiesetta un organo formato a modo di choro, dove ogni sabbato si canta la messa della Madonna santissima. Sono anco in detta chiesa alcuni confessionarij per ascoltare le confessioni de penitenti.
Dalli lati poi della facciata di detta grotta si ascende alla chiesa maggiore di sopra per una spatiosa scala, in mezo la quale stà fabricata una cappelletta detta Santissimo Crocefisso. Alla sommità di detta scala è situata la chiesa maggiore la quale è di tre navi, quella di mezo viene sostenuta da 18. pilastri di pietra viva à forma di colonne da i lati, e nelle parti dinanzi e di dietro rispondenti al piano della chiesa di forma piana, e liscia con i suoi capitelli con fregi, e fogliami, e con le sue arcate similmente di marmo, è il soffitto di detta nave di mezo tutto d’intaglio, e posto in oro con 3. quadri grandi situati nel mezo con debita distanza dall’uno all’altro, nell’uno de quali quadri si rappresenta l’effigie di S. Scolastica; nel secondo l’effigie della Madonna santissima, e nel terzo del nostro patriarca S. Benedetto.
Di detti pilastri dodici ne sostengono detta nave di mezo col soffitto, e quattr’altri nel fine sostengono una cuppola, sotto la quale v’è il choro, dove officiano li monaci tutto d’intaglio di noce. Nel mezo di detta cuppola attaccato al muro v’è l’organo tutto indorato. In fine del choro sotto l’arco maggiore stà collocato l’altare del Santissimo col ciborio indorato et adornato di statuette di alabastro, al quale soprasta un baldacchino di damasco. Il santuario d’intorno è circondato di balaustri di marmo bianco, il pavimento di tutta la chiesa è di pietre bianche quadre. Le altre due navi sono di proportionata grandezza lomghezza alla nave maggiore di mezo con le sue lamie lavorati di tufi bianchi composti a spicolo. Nella nave di sinistra vi è una cappella dedicata al Crocefisso, e nella nave di destra vi è una stanza, che per ora serve per sacrestia. Sono dunque in questa chiesa maggiore due solo altari, cioè il maggiore, e quello del Crocefisso, e ne’ luoghi dove sono disegnate le cappelle sono li confessionarij. Ha poi detta chiesa 4. porte, due maggiori, e due minori, tre de quali sboccano sotto un portico fondato sopra sei pilastroni di marmo bianco tramezati con colonne del medesimo con fregi dentro, e di fuori alla corinthia con corrispondenti lavori per tutta la facciata della chiesa.
D’intorno poi detta chiesa verso tramontana vi sono molte stanze per servitio de pellegrini, et altre persone, che di continuo vengono à questa devotione con una piazza grande, e cisterna nel mezo.
Il monasterio poi, che hora si stà fabricando, secondo il disegno deve venir distinto in dui claustri intorno à quali vengono 4. dormitorij con le necessarie officine di sotto, di questi uno di già ne è fabricato verso mezo giorno distinto in 12. celle, che di presente son habitate da monaci, sotto di queste sono disegnate la cucina, il refettorio, e le stanze necessarie per dette officine, e perche adesso non vi è claustro coperto, ne vi è fabrica per farne cantina, e stalla, dette officine per hora servono per questo cioè verso ponente à ripa della valle à lato della chiesa di basso sono due corritori coperti con le stanze à lato uno sopra l’altro. Quello di sopra corrisponde al piano del cortile, ò spatio, dove vengono li claustri con sette camere che di presente servono per foresteria per l’abbate, e per il cellario. In quello di sotto poi sono altretante camere, de quali l’una serve per cucina, l’altra per refettorio, e l’altra per i fratelli oblati. Questo è quanto di presente [si] contiene di fabrica stabilita in questo monasterio. Verso levante si è principiata la fabrica d’un altro dormitorio, e va tuttavia seguitando il lavoro, e di già vi sono le stanze di basso, che devono servire per forastieri nobili, e quella di sopra per celle de monaci.

L’anno del Signore 1580. quando questo monasterio con l’autorità pontificia, come di sopra s’è detto, fù eretto in monasterio, et unito alla nostra congregazione Cassinense con li patti, oblighi, et assegnamenti sopradetti, vi fù anco prefisso dal medesimo pontefice il numero di 12. monaci, cioè un’abbate un priore claustrale, e dieci altri monaci per li divini officij, e servitij della chiesa con’altri laici religiosi, e servienti secondo l’uso della nostra congregazione senza specificatione del numero di questi, come da citato breve Cathedram præheminentiæ pastoralis si può vedere, e di presente vi habitano l’infrascritti videlicet.
Il P. D. Bertario Giardini da Sermoneta abbate di S. Angelo di Gaeta, et administratore di questo monasterio per l’assenza del suo abbate.
Il P. D. Carlo Saccardi di Napoli priore claustrale.
Il P. D. Agostino Basile di Napoli diocese, decano titolare.
Il P. D. Placido Vaglyas da Bari, decano titolare.
Il P. D. Geronimo Peteto di Napoli, decano, e cellerario.
Il P. D. Felice Manfredi di Perugia decano.
Il P. D. Serafino Ramatta di Catania decano.
D. Alonso Cobigno di Bisceglie (4)
D. Mauro Pascarella da Madaloni.
D. Horatio Pisano di Napoli.
D. Gregorio Catalano di Bari.
D. Gio. Benedetto di Genova.
Tutti li sudetti sono sacerdoti, e sono n. 12.
Li seguenti sono li laici religiosi serventi per l’esercitij temporali, e manuali del monasterio, e sono n. 14. videlicet
Fr. Gio. Domenico Fuiano della Terza; Fr. Beda Brunetto di Bisaccio; Fr. Donato Arigo di Teyora; Fr. Cosma della Preta di Vignola; Fr. Anselmo Biase di Meliprignano; Fr. Gio. Carlo Chieco di Montrone; Fr. Vincenzo Bianco di Legola; Fr. Placido Saccoccia di Capurso; Fr. Desiderio Rossino d’Avellino; Fr. Mauro Petuto d’Andria; Fr. Benedetto Petuto d’Andria; Fr. Luise Cannone d’Andria.
Oltre li suddetti habitano in monasterio l’infrascritti secolari per l’infrascritti esercitij videlicet
Domenico Antonio Santarco di Francavilla cavallarizzo con salario di giulij 30. il mese, e le spese.
Gioseppe Buonoccore (?) di Napoli stalliero con salario di giulij 15. il mese, e le spese.
Simeo Burchio, e Marco Antonio Burchio d’Andria mozzi di stalla con salario di vitto, e vestito solamente.
Per il forno: Gio. Mondello d’Andria con salario di giulij 15. il mese, e le spese. Suo aiutante Gio. Giacomo Mondello d’Andria con salario di vitto, e vestito solamente.
Per la cucina: Carlo di Scitia d’Andria cuoco con salario di giulij 20. il mese, e le spese, e due para di scarpe l’anno, e per sottocuoco Donato di Matera d’Andria con salario di giulij 12. l’anno, e le spese.
Per scarparo: Gio Donato Tresuvecchia di Bari con salario di 15. giulij il mese, e le spese.
Per servitore del p. Abbate: Andrea Annello di Bologna con salario di giulij 15. il mese, spese, e scarpe.
Per servitore del p. cellerario: Antonio Boffa di Veggiano con l’istesso salario.
Fuori del monasterio sono l’infrascritti serventi per l’infrascritti servitij.
Per sartore: maestro Francesco dell’Abbate d’Andria con salario di ducati 12. l’anno, e le spese quando viene à cusir in monasterio.
Per la lavandara: Caterina di Salvio di Napoli, e Laudonia Zareze d’Andria con salario di scudi 12. l’anno 55. libre di pane il mese, e due fogliette di vino il giorno, legne, cenere, et altre necessarie commodità per detto fine.
Per medico fisico: Il dottor Thomaso Candido di Gifuni serve con salario di scudi 25. l’anno, cavalcatura, e due pagnotte di pane di onze 8. l’una sempre che viene a visitare l’infermi.
Per barbieri: mastro Leonardo Merci, e mastro Nicolo d’Ovidio d’Andria con con salario di scudi 16. l’anno, e spese quando vengono à lavorare.
Per sellaro: mastro Antonio de Ruperto d’Andria con salario di scudi sei l’anno, tomola due di grano, et uno di fave.
Per maniscalco: mastro Antonio d’Aniello d’Andria con salario di tomola cinque, e due terzi di territorio lavorato con li bovi del monasterio, e se li pagani li ferri, e detto è obligato à medicare i nostri animali secondo il bisogno.
Per ferraro: mastro Vincenzo Modebo d’Andria con salario di ducati 14. l’anno per lui, e per (il) aiutante, e tomola due di grano.
Per notaro: notar Alfonso Giorgio d’Andria con salario di ducati 20. l’anno per lui, e per il giudice a contratto.
Tutti li sopradetti oltre li loro salarij ricevono anco dal monasterio ogn’anno per solito antico altre cortesie consistenti in danari, e robbe commestibili in occasione de Capo d’anno, Carnevale, Pasqua, feste della Madonna, del P. S. Benedetto, et altre congiunture, che tutte unite ascendono a quantità considerabile.
Possiede questo monasterio al presente carra 80. di territorij secondo l’uso di questo paese, dove il carro è di versure 20; et ogni versura di tomola 3., che ridotte alla misura romana di rubbia di terreno con dare cinque tomola per ciascun rubbio, sarà il carro di terreno di questo paese alla romana rubbia 12. A detta misura dunque riducendo tutte le suddette carra 80. faranno alla romana il numero di rubbia 960. e queste da monaci acquistate, e comprate à poco à poco con l’avanzo fatto, e sparammio dell’entrate anno per anno mentre sono concorse l’elemosine, et abbondavano i legati pij de devoti, che nel presente son mancati quasi affatto, con li quali i superiori pro tempore hanno comprato li territorij sudetti hanno fabricato le chiese, et hanno principiata la fabrica del monasterio come si è detto sopra. Mà perché tramezati fra questi territorij vi sono cupe, lame, e valli grottaglie, pietrocaglie, et altri luoghi incultivabili, et inaccessibili de quali il monasterio non può servirsene ne per pascoli, ne per altro, e questi ascendono alla somma di carra 10. incirca, potrà dirsi assolutamente il monasterio possedere carra 70. di territorij, che alla romana sono rubbia 840.
Si dividono li suddetti territorij nell’infrascritt modo videlicet in carra 23. consistenti in due boschi, l’uno chiamato la Spineta e l’altro la Pozaccara (5) da’ quali il monasterio ne cava solamente l’uso della legna senza venderne, il pascolo degl’animali grossi, cioè vacche, e giomente, et ogni quattro anni alcune poche ghiande, che vendute ascendo[no] alla somma di 30. ducati detratte le spese che ci vogliano: siche raguagliandosi la vendita di 6. anni precedenti, si calcola, che rendono un’anno per l’altro liberi al monasterio scudi cinque di moneta romana.
Item in carra diece di terreni lavorativi, e seminatorij, che alla misura romana sono rubbia 120., i quali raguagliandosi la rendita di 6. anni precedenti si calcola, che rendano ogn’anno per la parte dominicale, overo detratte tutte le spese, e risarcimenti di tutte le case rusticali, casi di grandini, guerre, sterilità, et altri fortuiti:
Grano tomola n. 805; che un’anno per l’altro si valutano a ducati 85. il tomolo, che in moneta romana sono scudi 682.50.
scudi 682.50
Item biada, cioè orzo tomoli 522., et avena tomola 113., che valutandosi l’orzo à ducati 45., e l’avena à ducati 30. sono scudi 258.80
scudi 258.80.
Item legumi tomola 18.1/2. che à ducati 50. il tomolo sono
scudi 9.25.
Item miele rotoli 546., che à ducati 10. il rotolo sono
scudi 54.60.
Item amendole rotoli 200., che à ducati 10. il rotolo sono
scudi 20.
Item lini mazzi, seù decine 12., che à ducati 60. la decina sono
scudi 7.20.
Item possiede vigne n. 30,. ogn’una de quali hà quaranta ordini, et ogn’ordine ha 40. vite secondo la misura della provincia di Puglia, che raguagliata l’entrata, e spese di sei anni viene al monasterio per la parte dominicale ogni anno di vino some 61., che à ducati dui e tarì 4. la som[m]a sono annui
scudi 145.40.
Item possiede case n. 3., botteghe n. 2., et alcune botteghelle, sei supportici avanti la porta del monasterio, quali suol affittare in tempo, che si celebra la festa di detta chiesa dalle quali raguagliati li sei anni precedenti ne cava ogn’anno scudi duecento
scudi 200.
Item possiede censi essigibili in più luoghi, che si calculano un’anno per l’altro
scudi 168.
Item censi inesigibili mà non affatto
scudi 101.
Item possiede elemosine solite, mà incerte di messe mille l’anno sottosopra de quali ne hà giulij due per messa, che sono à detto prezzo
scudi 202.
Item possiede altre elemosine solite, mà incerte di danari, che si calcula ogn’anno, come sopra per scudi
scudi 232.
Item percepisce anco altre elemosine incerte, mà consuete di grano, orzo, oglio, et altro, da’ quali dedottone le spese di chi si manda attorno, raccogliendole, come anco dettratone l’elemosina di pane, che si dà continuamente à poveri due volte la settimana, et à peregrini, e gente forastiera povera quasi giornalmente, elemosina di legumi, et altro si calcula un’anno per l’altro di rendita
scudi 22.30.
Item possiede oliveti di misura di cari 4., che sono rubbia 48., che rendono ogn’anno per la parte dominicale stara 73. d’oglio, che à ducati 1. per staro sono
scudi 73.
Item cerqueti di ghianda, che rendono ogn’anno come s’è detto
scudi 5.
Il rimanente alle suddette carra 14., cioè 10. lavorativi, e 4. d’oliveti servono per pascolo degl’infrascritti animali.
Item possiede bestiami, cioè bovi n. 48. in circa vacche n. 70. cavalle n. 64. polledri 35. stache 36. pecore n. 3040. capre n. 562. da quali detratta ogni spesa, e mortalità si calcola un’anno per l’altro … muletti n. 10. inclusovi agnelli capretti, et allievi d’un’anno
scudi 1229,89.
Qual entrata in tutto fa la somma di
scudi 3307.94.
Oltre la sudetta entrata il monasterio hà da riscuotere da diverse persone scudi 7412.74. parte de quali si devono per alcune pecore, e vacche di vita vendute con le debite licentie, e ritrovandosi ad impiegare in compre de deni stabili si esigeranno quelle quantità respettive debite, e s’investiranno servata la forma del breve sopra ciò spedito
scudi 7412.74.

All’incontro il detto Monisterio hà peso d’anniversari n. 5. cioè 1. per la felice memoria di papa Eugenio 4. un altro per l’anima di Lodovico Baldo (6) , 2. altri per li benefattori vivi e morti, et un altro per tutti li nostri monaci, et anco suol celebrare una messa cantata per l’anima di ciascuno monaco quando muore.
Item hà peso di messe temporali, cioè manuali, e quotidiane accettate sin’al presente giorno, e non adempite, quali restano à celebrarsi sin’all’ultimo d’agosto n. 400. avvertendo che l’anno per conto del peso delle Messe principia dal primo di settembre.
E per elemosina di ciascheduna mesa temporale, seù manuale si suol dare giulij dui.
Item è gravato di risposte, seù censi passivi ogn’anno
scudi 31.56.
Item hà debito d’annue prestationi, e contributioni alla R. C. A. e monte de Religioni, e per essi alla sua medesima congregatione Cassinense quale poi paga per tutti i suoi monasterij alla detta Camera Apostolica in annui
scudi 356.16.
Item hà peso per fabrica, e risarcimenti, cosi della chiesa, come del convento calculati li 6. anni precedenti un’anno per l’altro
scudi 95.62.
Item per la sagrestia, sue supelletile, cere, ogli, vini, hostie, musiche, e cose simili suol spendere un’anno per l’altro
scudi 217.20.
Item hà spesa ordinaria di vitto comprendendo il grano, vino, oglio, carne, ova, herbe, et altre cose raccolte ne’ beni del monasterio à ragione di ducati 35. per bocca un anno per l’altro per le suddette bocche 26., cioè 12. monaci, e 14. oblati, seù serventi per annui scudi
scudi 870.
Item per vestiario de religiosi n. 12. et oblati seù serventi n. 14. à ragione di ducati 18., e tarì 70 per religiosi, e ducati 14.70. per servente in tutto un’anno per l’altro scudi 430.12. inclusovi le scarpe, calzette, fazzoletti, tela berrette salario, e spese di sartore, e scarparo
scudi 430.12.
Item per medici, medicine, cirugici e barbieri un’anno per l’altro
scudi 100.60.
Item per viatici tanto di capitoli generali, che si fanno ogn’anno quanto per altri bisogni della Religione, e monasterio, mutatione de monaci, e noliti diversi un’anno per l’altro come sopra
scudi 201.20.
Item per spese in compra di cavalli diversi, e muli per lettiga per le mortalità d’altri, salario, e vitto di cavallarizzo stallieri n. 2. mozzi n. 2., e biada à cavalli del continuo n. 3. un’anno per l’altro
scudi 285.70.
Item epr spese vittuali, e procurationi in occasioni de visite de superiori un’anno per l’altro
scudi 10.20.
Item per alloggi et hospitationi cosi di religiosi, come di secolari un’anno per l’altro
scudi 84.40.
Item per le spese straordinarie, come regali fatti ad amorevoli del monasterio, biancaria, letti, et altri mobili di casa, vasi e robbe di tavola, cucina, e simili un’anno per l’altro
scudi 237.30.
Item per liti, e scritture diverse per ricuperar l’entrate del monasterio un’anno per l’altro
scudi 50.
Item per porto di lettere, carta, penne, inchiostro, hostie, corrieri, et altro un’anno per l’altro
scudi 89.30.
Item salario, e vitto dell’infrascritti servitori videlicet
   Servitore del p. Abate ducati 53.
   Servitore del p. cellerario ducati 53.
   Lavandara    ducati 32.
   Notaro    ducati 20.
in tutto scudi 108.
Item tiene peso ogn’anno di maritare 3 zitelle della città d’Andria, come s’è dichiarato nel capitolo 2. della struttura del monasterio con dote di scudi 30. per ciascuna, che in tutto sono annui
scudi 90.
Quali spese in tutto fanno la somma di annui
scudi 3257.66.
Oltre le sudette spese annuali il sudetto monasterio hà debiti contratti per diverse cause, et occasioni altri scudi 2221.93., trà li quali ve n’è grossa somma pervenuti da vendita di pecore e vacche di corpo vendute con le debite licentie, che si devono investire, e benchè apparischino per debiti, tuttavia le deve conseguire da particolari inclusi nella sopradetta partita di crediti di scudi 7412., che ogni volta si ritroveranno ad impiegare in compre di beni stabili servata la forma della licentia ottenuta si essigeranno da debitori, e così il monasterio restarà con pochi, e niun debito
scudi 2221.93.

Noi infrascritti col mezo del nostro giuramento attestiamo d’aver fatto diligente inquisitione, e recognitione dello stato del monasterio sudetto e che tutte le cose espresse di sopra e ciascuna d’esse sono vere, e reali, e che non habbiamo tralasciato di esprimere alcuna entrata, ò uscita, ò peso del medesimo monasterio che sia pervenuto alla nostra notizia. Et in fede habbiamo sottoscritta la presente di nostra propria mano, e segnata col solito sigillo questo dì 18. marzo 1650.
loco + sigilli     .
Io D. Bertario Giardini da Sermoneta abbate di S. Angelo di Gaeta et administratore del detto monasterio d’Andria affirmo ut supra (7).
Io D. Carlo Saccardi di Napoli priore claustrale affirmo ut supra.
Io Geronimo Petito di Napoli decano, e cellerario di detto monasterio deputato affirmo ut supra.
Io D. Alferio Gaudio di Napoli computista affirmo ut supra.

[tratto da “I monasteri di S. Maria dei Miracoli di Andria e S. Maria del Soccorso di Trani alla metà del sec. XVII
di D. Tommaso Leccisotti,
pubblicato dall’ “Archivio Storico Pugliese” nel fasc. III – IV del 1951, pagg 149-160]

NOTE

(4) In margine è l’annotazione: «iste D. Alonsus obijt, dum hæc relatio conficeretur». Aveva professato il 29 giugno 1620.
(5) Nel Merra, Monografie Andriesi, II, Bologna, Mareggiani, 1906, p. 315, nell’elenco dei beni del monastero è detta «Buzzaccara». Si tratta facilmente qui nella nostra relazione di un errore di trascrizione dovuto alla lontananza dai luoghi.
(6) Si tratta di Lodovico Barbo, abate di S. Giustina e iniziatore della congregazione.
(7) D. Bertario Giardini da Sermoneta era professo di Montecassino (1609 maggio 17). Non di rado troviamo ad Andria altri professi di Montecassino. Il rinnovamento poi della chiesa di cui si è qui parlato, ha avuto ad architetto il Fanzago: cfr. Merra, o. c., p. 314.