chiesetta di San Vito e San Marco (scomparsa)

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Chiesetta di San Vito e San Marco


[part. da prospettiva di Cassiano de Silva, fine "600]

Di questa Chiesetta accenna il Merra nelle sue "Monografie Andriesi", descrivendo le sacre reliquie conservate in Cattedrale:

"In Andria, a piè della collina del Carmine, nel luogo detto una volta le Fosse, eravi una Chiesetta, lunga palmi 30 e larga 15, dedicata a san Vito; ma ora non esiste più, solamente la contrada continua a denominarsi dal Santo."

[da "L'Antico Reliquiario della Cattedrale di Andria" in Monografie Andriesi, di E. Merra, tip. Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906, Vol. I, pp. 76-77]

Una testimonianza di fine Seicento ci proviene dalla visita pastorale di mons. Francesco Antonio Triveri del 28 novembre 1694; è una visita fugace attuata subito dopo essere stato in S. Maria La Nuova. Scrive (in latino qui tradotto in italiano):

"In questa chiesa esiste un beneficio proveniente dalla famiglia [spazio vuoto] che è posseduto da D. Antonio Colafemina, il quale ha posato un nuovo pavimento, ha imbiancato le pareti ed ben arredato l'altare, così che nulla di più possa desiderarsi, se non che sia imitato da tutti gli altri beneficiati."

Tre anni dopo, il 10 settembre 1697, visita la chiesetta mons Andrea Ariano, il quale nella relazione scrive semplicemente che la trova ben arredata:
"Visitavit Ecclesiam S. Viti beneficium R.di D. Antonij Colafemina a quo fuit restaurata, et desinetur benè ornata."

Il 19 ottobre del 1711 effettua la sua visita pastorale mons. Nicola Adinolfi, il quale osserva soltanto che la chiesetta, per la sua povertà, è mediocremente dotata di suppellettili e ingiunge all'intestatario del beneficio di rendere efficiente il predellino dell'altare. Scrive:

"Cappella S. Viti paulò distans a Claustro R.R. P.P. Carmelitanum fuit reperta mediocriter provisa, attenta præsertim sua paupertate, fuitque dumtaxàt iniunctur R. D. Ant.o Colafemina Beneficiato, ut suppedaneum Altaris reaptare faciat."

Una testimonianza poi della sua avvenuta demolizione proviene dalla visita pastorale del 1780 di mons. Saverio Palica alla chiesa dell'Annunziata;
egli, descrivendo il quadro affisso sull'altare dello Sposalizio della Madonna con San Giuseppe, fa intendere che San Vito è dipinto in tale tela perché, essendosi diroccata la chiesetta a San Vito dedicata presso il Convento dei Carmelitani (attuale Seminario), i "benefici" connessi al suo culto erano stati trasferiti da quella chiesetta all'altare in oggetto presente nell'Annunziata.

"Visitavit ... Altare sub invocatione Sponsalitium SS.mae Virg.s M.ae cum S.° Iosepho positum post Cappellam Laudati SS.mi in later destro Altaris maioris, sive a cornu Evang.i ... In quo altare est adnexum Beneficium sub invocatione S.ti Viti m.ri translatum a propria sua Cappella diruta, quae stabat extra maenia, et proprie propé Ven.le Conventum Sacrum Carmelitanum huius Civitatis. ... Visitavit Altare praed.m ex opere plastice edificatum ... et tela depicta cum Imaginibus Laudati Sponsalitii, et circiter S. Viti, et in culmine eius.m adest alia tela depcta cum Imaginibus B.mae Virg.s M.ae, et S.ae Elisabectae visitatae. Super gradibus eiusdem adest statua S.ae Luciae, Virg.s, et Mart.s."