frontone

Contenuto


Frontone della cripta - foto Sabino Di Tommaso

Frontone d'ingresso alla cripta

Ci troviamo nell'vestibolo di accesso alla cripta, davanti al frontone, costruito all'ingresso della grotta - chiesa rupestre tra la fine del cinquecento e i primi del seicento; l'impianto generale appare comunque di concezione tardorinascimentale. Questo era probabilmente il primo ingresso realizzato davanti alla grotta.

vi ascende una bellissima facciata, fondata sopra quattro pilastroni, tutta di pietra viva intagliata, e posta con grand’artificio ad oro, tramezzata e distinta con varij colori … Vi sono poi incavate sopra li tre archi che sovrastano à detti pilastroni, quattro finestre, nelle quali si collocano i calici, & altre argenterie, che in gran copia sono offerte da’ fedeli per loro voto, ò divozione”.
In merito alla facciata della grotta e alle epigrafi ivi incise e dipinte Vincenzo Zito nelle nuove ricerche sulla Basilica, pubblicate nel n.2 della "Rivista Diocesana Andriese", Maggio/Agosto 2011, scrive:
La chiesa inferiore del santuario si compone di due parti: quella relativa alla grotta, che contiene la sacra Immagine in una nicchia cavata nel tufo, sovrastante un altare, e quella relativa al “vestibolo”, cioè un corpo di fabbrica a tre navate addossato alla facciata della grotta. Quest’ultima si presenta in una veste cinquecentesca, articolata in tre livelli coronati da un timpano triangolare. Sul fregio sovrastante il secondo livello è incisa un’iscrizione il cui testo, a partire dal di Franco (1606, p.4) e accreditato da tutta la storiografia locale successiva, sarebbe il seguente:
PARVM IN ABSCONDITO SACRVM OBLIVIONI RELICTVM,
MEMORI PIETATIS VIRGINI:
PIORVM AVXILIO MAGNVM REPONITVR, ET PATENS.
DIE PRIMI SABBATHI [il 2 di] IVNII. ANNO SALVTIS M. D. LXXVI
La forma dubitativa è d’obbligo dal momento che l’epigrafe non è interamente leggibile a causa della mancanza di alcuni pezzi mediani, rimossi verso il 1849 per far posto ad un organo installato in occasione del rivestimento della facciata con una nuova sovrastruttura (24).
Con l’ausilio delle moderne tecnologie digitali è stata condotta una campagna fotografica che ha reso possibile proporre un restauro virtuale della facciata (Fig. 2), ottenuto ricollocando al posto originale i pezzi dell’epigrafe a suo tempo rimossi per l’installazione dell’organo e che, fortunatamente, non sono andati perduti. Da questa operazione il testo dell’epigrafe risulta inequivocabilmente essere il seguente:
PARVVM IN ABSCONDITO SACRVM OBLIVIONI RELICTVM
MEMORI PIETATIS VIRGINI PIORVM
AVXILIO MAGNVM REPONITVR ET PATENS
DIE. I. SABBATI. IVNII. ANNO SALVTIS M D LXXVII
È facile rilevare come, tra l’epigrafe riportata dal di Franco e quella realmente esistente, ci siano delle differenze. ... un’ultima differenza, che sinora nessuno ha rilevato, è di natura più sostanziale e riguarda l’anno inciso in numeri romani al termine dell’epigrafe: nel testo del di Franco è riportato M.D.LXXVI, cioè 1576, anno ripetuto da tutta la storiografia successiva, ma in situ l’anno inciso è inequivocabilmente M D LXXVII, cioè 1577, l’anno successivo (Fig. 3) (25). Il testo dell’epigrafe è scarsamente leggibile ad occhio nudo, e questo potrebbe giustificare in parte la sua lettura non corretta. In particolare l’ultimo carattere a destra è il meno leggibile del testo, poco percettibile da terra ma chiaramente visibile con un binocolo o, meglio ancora, in una fotografia digitale opportunamente ingrandita. ...
Questa data, la cui corretta lettura si presenta particolarmente straordinaria perché, pur essendo stata per secoli sotto gli occhi di tutti è passata regolarmente inosservata, nello sconvolgere la tradizione consolidata permette di puntualizzare meglio una parte delle fasi costruttive del santuario. In un precedente lavoro si è dimostrato come l’intera basilica sia caratterizzata da impianto e da particolari architettonici medievali, il che porta ad attribuirne la costruzione al periodo in cui il santuario era gestito da una confraternita (Zito 1999, p.79). Non mancano, tuttavia, Autori contemporanei che attribuiscono la costruzione della basilica, chiesa inferiore compresa, ai benedettini (26). La corretta lettura dell’anno effettivamente esistente nell’epigrafe permette, quindi, di dare un contributo, si spera risolutivo, alla questione.
La traduzione del testo dell’epigrafe è la seguente:
Piccolo luogo sacro abbandonato nell’oblio,
dedicato alla Vergine della pietà,
restaurato con l’aiuto dei pii (devoti) è restituito grande.
Giorno del primo sabato
[il 1°] di giugno. Anno della salvezza 1577 (27)
Analizzando il testo è facile rilevare come lo stesso si riferisca al sito della grotta, che da essere un “piccolo luogo sacro abbandonato nell’oblio” adesso è divenuto “grande” perché “restaurato con l’aiuto dei devoti”. Risulta quindi di tutta evidenza come il testo dell’epigrafe faccia riferimento ai lavori eseguiti per rendere adeguatamente fruibile il luogo che contiene l’immagine, per cui è da ritenere che la data del 1577 indica che in quell’anno i lavori per la costruzione della chiesa inferiore e di quella intermedia, se non ultimati, erano almeno giunti ad uno stadio notevolmente avanzato.
Pertanto, alla luce di quanto innanzi, risulta ulteriormente rafforzata l’ipotesi a suo tempo avanzata in Zito (1999, p.79) secondo la quale la chiesa inferiore, la chiesa intermedia e le principali parti di quella superiore, siano state eseguite nei primi quattro anni in cui la gestione del santuario era affidato alla confraternita.

 [estratto da “Nuove ricerche sul santuario della Madonna d’Andria” di N. Montepulciano e V. Zito, in "Rivista Diocesana Andriese" Anno LIV - n. 2 - Maggio/Agosto 2011, pagg. 135-140]

Nel maggio del 2022 l'ing. Riccardo Ruotolo ha pubblicato l'opera "Andria - Escursione nella Valle di S. Margherita in lamis e la Grotta delle rose". In detta opera riporta la su citata interpretazione dell'arch. Vincenzo Zito, appone le foto inerenti l'iscrizione ed in merito osserva:

È da chiedersi: come poteva aver sbagliato il di Franco nel riportare la data 1576 essendo stato parecchi anni presso il Santuario e avendolo studiato in tutte le sue componenti architettoniche? Come poteva l’incisore, certamente coadiuvato e sotto la sorveglianza di esperti teologi che avevano composto l’epigrafe, aver sbagliato scrivendo 1577 al posto di 1576? ...

È da chiedersi se è possibile ritenere che in solo un anno dallo scoprimento dell’Immagina sacra, come loro affermano, possano essere stati eseguiti i seguenti lavori: unire le due Grotte demolendo il setto di pietra che le divideva, ingrandire le Grotte soprattutto dal lato sinistro fino a far diventare grande il Sacro speco come oggi lo vediamo, costruire le colonne in pietra di sostegno dei soffitti delle volte delle Grotte per impedire eventuali crolli con perdita dei “tesori” in esse contenuti, realizzare tutte le opere necessarie per l’accesso sicuro dei pellegrini che necessariamente dovevano scendere esternamente nella Valle, dalle due sponde; realizzare una grande cisterna per esigenze connesse all’afflusso di gente, costruire l’atrio antistante la Grotte (atrio che è grande tre volte l’area occupata dalle grotte) munito di quattro grandi colonne di pietra per sorreggere la copertura, realizzare una parete tutta in pietra scolpita ed alta oltre dodici metri, addossata alla grande Grotta della quale il di Franco fornisce questa descrizione. “…nella bocca di detta Grotta vi ascende una bellissima facciata fondata sovra quattro pilastroni, tutta di pietra viva lavorata a taglio e posta co grand’artificio ad oro, intersiata con vari colori e nelli freggi delli cornigioni vi sono interposti diversi tavoloni coperti di piastre di Voti d’Argento con teste a diverse maniere che per la loro varietà la rendono tutta molto vaga, ricca e bella”; ed infine realizzare le prime rampe dei due ampi scaloni laterali fino a raggiungere la chiesa mediana.

Sono stati lavori, soprattutto quelli della prima fase, molto delicati da eseguire considerato che il terreno di fondazione era tutto un insieme di grotte, una sull’altra, per cui il pericolo di crollo poteva presentarsi in qualsiasi momento. Questi, sono lavori che sono stati eseguiti certamente in sicurezza e che per la loro entità sono occorsi non meno di sei-sette anni dal momento dell’Inventio della Madonna per poterli realizzare. E’ veramente impossibile poter credere che tutte queste opere possano essere state realizzate in un solo anno. La Madonna può fare i miracoli, ma la Confraternita, a cui nei primi anni dopo l’Inventio fu affidato il compito della gestione del Sacro speco, non aveva questa facoltà.

Il messaggio dell’iscrizione è molto semplice perchè ricorda l’anno in cui fu scoperta l’Immagine della Madonna e che, a seguito di lavori eseguiti con il contributo dei devoti, questo luogo fu reso importante.

Ingrandimento della data 1576, con abrasioni sull’ultimo carattere dopo l’anno (foto Samele).
Ingrandimento della data 1576, con abrasioni sull’ultimo carattere dopo l’anno (foto Samele).

Pagina 15 del Capitolo primo del libro del di Franco.
Pagina 15 del Capitolo primo del libro del di Franco.

Con riferimento alla foto in cui è ingrandito l’anno riportato nell’epigrafe, appare con chiarezza, come prima dimostrato, che l’ultimo segno non è il numero 1 ma un simbolo non decifrabile perchè manomesso con lo scalpello, e sappiamo che molto spesso, al termine di un’epigrafe, a partire dal Medioevo veniva inciso un simbolo a chiusura.

 [tratto da “Andria - Escursione nella Valle di S. Margherita in lamis e la Grotta delle rose” di Riccardo Ruotolo, Grafiche Guglielmi, 2022, pp. 62-65]

Il 24 settembre 2022 l'arch. Vincenzo Zito ha positivamente recensito il su citato lavoro dell'Ing. Riccardo Ruotolo, sia nella relativa pagina Facebook: Andria antica e dintorni, sia in quella del suo sito "http://andriantica.altervista.org/recensioni.htm".
Qui lo si annota in quanto in detta recensione lo Zito, pur apprezzando, come detto, il lavoro del Ruotolo, fa presente di non condividere le argomentazioni addotte a supporto dell'interpretazione della data sul frontone, né quella sull'autore del complesso del santuario della Madonna dei Miracoli, dal Ruotolo indicata, al pari di mons. Merra, in Cosimo Fanzago. L'intera recensione è possibile leggerla anche in questa pagina (pdf) di Andriarte.


Superato il frontone, la cripta, trapezoidale e scavata nel tufo, è strutturata su tre navate senza transetto; sviluppandosi in due campate soltanto, dà l'impressione di non essere una basilica.
Sui piedritti dell'arco centrale di accesso sono raccontate in bassorilievo su pietra, sul destro, storie del vecchio testamento, sul sinistro, simbologie relativi al nuovo.
Al registro intermedio del frontone una annunciazione, in rilievo e colorata, risulta intermezzata da un arco nel quale è alloggiato un vecchio organo.
Al registro più alto, in corrispondenza verticale con l'annunciazione, si intravede il recupero degli affreschi di San Placido e San Mauro, sovrastati da un elegante frontone in rilievo nel cui centro spicca in un tondo il bassorilievo di Dio Padre.
Di questa struttura è possibile osservare una foto scattata prima degli ultimi restauri, intorno al 1930.