Chiesa del Salvatore ad Andria, Niels von Holst

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(traduzione da …)

Niels von Holst, “Die Salvatorkirche Des Hochmeisters Hermann von Salza in Andria”,

in “Mitteilungen Des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”,
pubblicato da: Istituto di Storia dell’Arte di Firenze “Max Planck”, vol. 20, n° 3, 1976


“La Chiesa del Salvatore del Gran Maestro Hermann Von Salza ad Andria” [*]

di Niels von Holst, storico dell’arte (1907-1993)

Recentemente è stato pubblicato una ricerca sulla venuta dell’Ordine Teutonico in Puglia, basato su coscienziosi studi d’archivio, nei quali Andria è espressamente esclusa [1]. Tuttavia, uno studio approfondito della chiesa andriese di Sant’Agostino e lo sviluppo di fonti locali precedentemente trascurate giustificano una rivisitazione della questione.

stemma con aquila sopra il portale nord
[Fig.1 –chiesa S.Agostino,
stemma al portale nord.]

La chiesa, che dal 1358 è proprietà degli Eremiti Agostiniani [2] con l’odierno patronato, fu secolarizzata nel 1809 e dal 1853 è chiesa parrocchiale. Sopra il portale nord ci sono due lastre rettangolari ad una altezza di circa 4 metri che mostrano due scudi identici con aquile (Fig. 1).

Gli storici che hanno studiato Federico II e l’attività edilizia avvenuta nella sua zona negli ultimi cento anni hanno trascurato questi due animali araldici della dinastia Staufer. Sono strettamente imparentati con l’aquila sul sigillo del Cancelliere Imperiale del 1233, ma non si può escludere una data leggermente precedente o successiva [3]. Le aquile degli Hohenstaufen ci permettono di determinare l’epoca in cui fu costruita la chiesa: solo nella pacifica Puglia iniziarono intorno al 1230 ampi lavori di costruzione, in relazione ai quali dovette essere costruita anche la [questa] chiesa di Andria. Dopo che il regno del sud-Italia passò agli Angioini nel 1266, l’installazione delle aquile degli Hohenstaufen non poteva più avere luogo: terminus post quem è quindi probabilmente il 1230, terminus ante quem comunque il 1266.

Le mura esterne medievali bugnate non presentano giunti di costruzione e indicano che i lavori della sua erezione procedevano rapidamente. Il prospetto principale riccamente decorato (Fig. 3), con le sue dimensioni molto ampie, ma con l’estremità superiore già ogivale, suggerisce che sia stato costruito intorno al 1240, in base al sigillo del Cancelliere Imperiale del 1233, ma non si può escludere una data leggermente precedente o successiva [4]. Il timpano (Fig. 4) contiene il gruppo a tre figure di un maestro conservatore [di stile classico] che aveva già ricreato altrove forme più scultoree del tipo bidimensionale [altorilievi]; è possibile una datazione tra il 1235 e il 1255.

Fig. 3 – Andria, chiesa parrocchiale di S. Agostino (Chiesa dell’Ordine Teutonico), portale principale.      Fig. 4 – Andria, S. Agostino, gruppo di figure nel timpano del portale principale: Salvator tra i santi. Leonardo e Nicola.
[Fig. 3 e 4 – Andria, chiesa di S. Agostino (Chiesa dell’Ordine Teutonico), portale principale; gruppo di figure nel timpano: Salvator tra i santi. Leonardo e Nicola]

Per l’interpretazione dei santi che stanno al fianco di Cristo salvator mundi e benedicono con un gesto greco, tra gli altri viene suggerito, San Martino di Tours e San Remigio di Reims [5]. Ma la definizione corretta la troviamo se diamo uno sguardo al ricco patrimonio fondiario della chiesa: era suddiviso nei possedimenti di San Salvatore, San Nicola e San Leonardo [6]. San Nicola di Bari, nella sua nuova sede di culto in Puglia, in quanto ex vescovo di Mira in Licia, era talvolta raffigurato con l’omophorion, forma di pallio della chiesa orientale; se non ha il capo scoperto, spesso indossa un berretto che gli racchiude la testa e termina con una pallina di stoffa (cappuccio a punta); entrambi questi attributi li incontriamo ad Andria nella figura in piedi alla destra di Cristo [7]. Come giovane vescovo appare anche l’abate San Leonardo, che dall’inizio del XII secolo fu un comprovato salvatore dei crociati dell’Italia meridionale dalla prigionia a Honfleur (in Normandia) [8].

La tradizione scritta della chiesa Andriese è povera [9]. Nel 1797 l’avvocato Tommaso Maria De Liso di Andria rappresentò in giudizio il Convento degli Agostiniani, sostenendo che il monastero era stato fondato dai Templari e poi passato all’Ordine dei Teutonici. A quel tempo Andria viveva ancora sotto l’“antico regime” e i monasteri ne possedevano l’intero patrimonio documentale. Il 23 marzo 1799 la città fedele ai Borbone venne presa e incendiata dalle truppe napoleoniche. Le fonti utilizzate dall’avvocato sono andate perse, ma ci si può fidare delle sue informazioni [10].

I rami templari esistevano già in molti luoghi quando Federico II prese il potere nel regno ereditato dell’Italia meridionale. Nel 1229, però, i conflitti che sorsero portarono alla confisca dei beni templari. Sostenuto dal Papa, l’Ordine dei Templari ottenne la restituzione dei suoi beni in Sicilia e nel napoletano, ma non nel cuore della Puglia tra Andria e Foggia, dove soggiornava l’imperatore [11].

All’interno della chiesa si trova un’opera d’arte precedentemente sconosciuta [scoperta infatti solo nel 1937 per dei restauri che la rinvennero sotto delle sovrapposizioni] che risale all’Ordine Teutonico e conferma così l’affermazione di De Liso. Quando gli Agostiniani trasformarono la chiesa in barocco intorno al 1770, la sezione centrale di un affresco tardo romanico divenne una pala d’altare (Fig. 5) [12].

Fig. 5 – Andria, S. Agostino, Maria in trono col Bambino, affresco.
[Fig. 5 – Andria, S. Agostino, Maria in trono col Bambino, affresco.]

La Madonna in trono con il Bambino Gesù benedicente si adatta in modo eccellente per composizione, disegno dettagliato e carattere cromatico alla pittura murale e su tavola apula del 1260-80 circa, ma in termini di qualità supera la maggior parte delle altre opere [13]. Le scene secondarie furono coperte nel 1770.

Lo storico andriese Riccardo D’Urso ha riportato notizie sulla parte perduta degli affreschi [14]; Le “molte pitture appartenute all’istituto Teutonico” comprendevano, tra l’altro, una rappresentazione della cura dei feriti in Terra Santa e pare anche una messa pontificale alla presenza di Hermann von Salza [15]. I sigilli, di esclusiva responsabilità del Gran Maestro, probabilmente erano in stile icona su entrambi i lati con immagini più piccole di una diapositiva.

Il rapporto, già delineato a grandi linee, della Chiesa del Salvatore di Andria con l’Imperatore e il Gran Maestro, diventa più chiaro se si considerano gli eventi storici. Hermann von Salza nacque probabilmente intorno al 1165, quindi aveva circa trent’anni più di Federico II. Quando incontrò per la prima volta l’imperatore nel 1218, il Gran Maestro aveva già ben chiaro il percorso che avrebbe intrapreso il suo ordine. Invece di basi sparse, come avevano fatto i Templari e gli Ospitalieri in quasi tutti i paesi europei, Hermann von Salza cercò di acquisire “stati territoriali autonomi” nelle zone di battaglia tra cristiani e pagani; il suo primo tentativo in Romania fallì. Il matrimonio di Federico II con l’erede del re titolare di Gerusalemme, da lui suggerito nel 1223, doveva risultare in un “delimitato territorio dell’Ordine Teutonico in Terra Santa” [16]. Nel 1226 furono poste le basi per l’opera missionaria e l’acquisizione di terre sul corso inferiore della Vistola; nel 1231 troviamo il Gran Maestro operante in Spagna [17].

Se Hermann von Salza vide nella politica “ghibellina” – espressione diffusa da Firenze intorno al 1220 – un vantaggio per il suo ordine, per Federico II la consulenza e la capacità negoziale del Gran Maestro, ma anche l’efficacia militare delle truppe dell’Ordine Teutonico al suo comando, erano indispensabili [18]. Nel novembre del 1225, nella chiesa dell’Ordine Teutonico di Brindisi, l’imperatore sposò la sua seconda moglie, Jolanda di Brienne, figlia del re Giovanni di Gerusalemme; Jolanda morì nel maggio 1228 ad Andria dopo aver dato alla luce un figlio (Corrado IV) e lì fu sepolta nella cattedrale [19]. Bandito dal Papa per aver onorato tardivamente il suo voto di crociato, Federico II si imbarcò comunque per la Palestina pochi mesi dopo. Lì Templari e Ospitalieri lo accolsero con riserva: “Solo i Cavalieri Teutonici, il cui ordine era il meno importante dei tre, erano preparati, per l’amicizia del loro padrone con l’Imperatore, a sfidare il divieto papale” [20], sia in Terra Santa e successivamente durante la riconquista della Puglia, occupata dalle truppe pontificie. Durante l’assenza di Federico II, delle città importanti dell’area tra Bari e il Monte Gargano, solo Andria si era dimostrata fedele. Ecco perché l’imperatore – crediamo – scelse il luogo in cui edificare il suo monumentale simbolo del potere, il Castel del Monte, nelle immediate vicinanze di questa città (Fig. 6).

Fig. 6 – Victor Baltard, Castel del Monte da Nord-Est. Incisione su rame del 1840
[Fig. 6 – Victor Baltard, Castel del Monte da Nord-Est. Incisione su rame del 1840.]

L’andriese castello fortificato cittadino di Federico II fu la residenza preferita dell’imperatore fino al completamento di Castel del Monte, quindi era ovvio che Hermann von Salza utilizzasse l’ex insediamento dei Templari, a pochi passi di distanza, per i suoi frequenti soggiorni. L’anziano (Hermann von Salza) ora considerava il suo compito più importante quello di stare sempre vicino all’imperatore e di mediare tra lui e il Papa, per cui, secondo le sue stesse parole, il benessere di entrambi (utriusque exaltatio) era il suo obiettivo [21].

Talvolta si afferma che il Convento di Andria sia stato costruito dai Templari intorno al 1200-1220. A contrastare questa ipotesi, oltre all’uso dell’arco ogivale nelle porte e nelle finestre della chiesa, sono gli stemmi dell’aquila, che non compaiono poiché furono aggiunti successivamente, ed anche il patronato di San Nicola, che divenne patrono dei crociati solo dopo la fine della quinta crociata [22]. Hermann von Salza deve aver costruito la chiesa esistente al posto di quella più antica. Se interpretiamo correttamente il carattere di quest’uomo straordinario, non era interessato alla rappresentazione esterna. Amava avere un impatto senza distinguersi in modo vistoso. Soltanto il portale principale, riccamente incorniciato, doveva distinguere il nuovo edificio non eccessivamente grande di Andria dalla chiesa dell’Ordine Teutonico di Barletta, distante appena dodici chilometri. Qui [a Barletta] esisteva un ramo dell’Ordine Teutonico dal 1197. Solo di recente è stato dimostrato che la chiesa più volte ristrutturata, ora dedicata a Sant’Agostino, era un’antica chiesa dell’Ordine Teutonico [23]. Il portale nord, conservato nello stato antico (Fig. 7) e il portale principale recentemente restaurato (Fig. 8), indicano un periodo di costruzione intorno al 1235-50.

Fig. 7 e 8 – Barletta (Bari), chiesa parrocchiale di S. Agostino (Chiesa dell’Ordine Teutonico), portale nord e principale
[Fig. 7 e 8 – Barletta (Bari), chiesa parrocchiale di S. Agostino (Chiesa dell’Ordine Teutonico), portale nord e principale]

Più insoliti dell’edificio di Andria, addirittura unici in una chiesa del XIII secolo, sono gli affreschi con temi profani. Ancora una volta dobbiamo considerare i fatti storici per trovare una spiegazione.

Dopo la morte di Hermann von Salza, avvenuta il 20 marzo 1239, il posto al fianco dell’imperatore rimase vacante: nessuno dei successivi grandi maestri fu in Puglia [24]. Quando Federico II morì nel 1250, Andria, con il suo palazzo cittadino e il vicino Castel del Monte, cessò di essere una potenza nella politica mondiale. I figli dell’imperatore, Corrado IV e Manfredi, non visitarono Andria o la visitarono solo brevemente, e nulla si sa della loro possibile attività edilizia in Puglia [25]. Carlo d’Angiò fece di Napoli la sua residenza, e la Puglia cominciò a perdere importanza. In base a questo andamento degli eventi, quale può essere stato il motivo della realizzazione degli affreschi?

Quando Hermann von Salza morì a Salerno, la scelta più ovvia sarebbe stata una sepoltura nel vicino grande ordine di Eboli, ma invece il corpo fu trasportato attraverso l’Appennino in Puglia. Solo una fonte, il “Chronicon Terrae Prussiae”, redatto a Königsberg intorno al 1325, conosce Barletta come luogo di sepoltura [26]. I Gran Maestri dell’Ordine Teutonico risiedevano a Marienburg dal 1309. Forse il cronista che riferì tre generazioni dopo la morte di Hermann von Salza fu informato in modo impreciso? Il Gran Maestro ha forse trovato la sua ultima dimora nella sua chiesa di Andria? Non potrebbe averlo voluto anche Federico II, che spesso sottolineò lo status della città di Andria come sede del suo dominio — ad esempio nel 1241 seppellendo, accanto alla seconda, la sua terza moglie, Isabella d’Inghilterra, morta a Foggia?

Se questa nostra ipotesi fosse corretta, avremmo trovato il motivo degli insoliti affreschi. Sopra la tomba, che immaginiamo ricoperta da una semplice pietra, i cavalieri dell’ordine, sopravvissuti al loro grande Gran Maestro, potrebbero aver commissionato i murali intorno al 1260, prima che lo splendore dell’epoca degli Hohenstaufen nell’Italia meridionale svanisse definitivamente.


ALLEGATO

La messa in sicurezza della mulattiera imperiale da Andria a Castel del Monte
da parte dell’Ordine Teutonico

Fig.9 - Estratto della mappa del catasto di Andria con individuazione dei manieri e degli edifici difensivi citati nel testo
[Fig. 9 - Individuazione su mappa dei manieri e degli edifici difensivi citati nel testo.]

Dopo il ritorno dalla crociata nel giugno 1229 e la riconquista della Puglia, Federico II rimase ancora per quindici mesi sotto scomunica, e dovette aspettarsi che questa situazione si ripresentasse più tardi [27]. Per poter raggiungere in qualsiasi momento in sicurezza la città fortificata di Andria fino a Castel del Monte, in lenta crescita e a 15 km di distanza, consegnò la zona intermedia all’Ordine Teutonico. Costruì torri difensive e manieri fortificati, quattro dei quali portavano i nomi dei santi titolari dell’ex chiesa dell’Ordine Teutonico ad Andria e, ad es. la tavola [accanto], li portano ancora oggi (Fig. 9).

La mulattiera imperiale è identica solo nel primo tratto all’attuale strada statale n. 170, che corre da nord a sud. Dopo un bivio si dirige verso sud-sudovest, attraversa la Via Appia e raggiunge la Masseria S. Agostino, il cui antico nome era S. Salvatore. La casa padronale, essenzialmente medievale, ma ristrutturata intorno al 1840, rappresenta la tipologia pugliese di “masseria fortificata con un’abitazione a due piani e copertura a terrazzo” merlata [28].

Seguono in zona San Nicola una cascina dal nome rivelatore di Torre Grande e l’attuale proprietà, Masseria Cariati prima, che i contadini chiamano ancora Masseria S. Nicola. Più a sud-ovest sul sentiero descritto - oggi una strada secondaria - si trova la Masseria grande di S. Leonardo, a circa 12 km da Andria. Da qui, deviando verso sud-sudest, si sale una più ripida mulattiera fino alla Masseria piccola di S. Leonardo, e poco dopo si raggiunge Castel del Monte [29]. Gli alloggi per gli armati, per “i servi che accompagnavano l’imperatore, la sua battuta di caccia e i suoi cavalli” [30], che gli storici cercarono invano, erano probabilmente ubicati nei pressi della Masseria piccola di S. Leonardo, perché trovandosi nelle immediate vicinanze del castello ne avrebbe ridotto la maestosa indifferenza.

Dopo la morte dell’imperatore la zona venne utilizzata esclusivamente per l’agricoltura, prima dall’Ordine Teutonico e poi dagli Agostiniani. Dopo la secolarizzazione avvenuta nel 1809, fu per breve tempo demanio demaniale e dal 1815 fu ceduto a diversi privati, tra cui spicca la famiglia Ceci [31].


Diritti d’autore delle foto:

- Soprintendenza Monumenti Bari: Figure 1, 7, 8.
- Foto Marburg: Figura 2.
- Anderson: Figura 3.
- N. Sforza, Andria: Figure 4 e 5.
- Huillard-Breholles, Recherches sur les monuments de l'histoire des Normands et de la maison de Souabe dans l’Italie meridionale, Parigi, 1844: Figura 6.

[tradotto dall'originale di:
 Niels von Holst, “Die Salvatorkirche Des Hochmeisters Hermann von Salza in Andria”,
in “Comunicazioni dall’Istituto di Storia dell’Arte di Firenze”,
pubblicato da: Istituto di Storia dell’Arte di Firenze “Max Planck”, vol. 20, n° 3, 1976, pp. 379–89.
JSTOR, http://www.jstor.org/stable/27652410. Accesso effettuato il 28 marzo 2024.]

NOTE

[*] L'autore è debitore di informazioni a numerosi colleghi tedeschi, ma soprattutto pugliesi: il Prof. Dott. Michele D'Elia della Soprintendenza di Bari; i direttori delle biblioteche di Andria, Bari, Barletta e Trani; i sacerdoti della chiesa di S. Agostino in Andria; i funzionari dell'Archivio di Stato di Bari e Trani; il responsabile dell'ufficio del catasto di Andria; e soprattutto il proprietario della Masseria S. Agostino, Barone Felice Ceci.

[1] P. K. Wieser OT, “Gli inizi dell’Ordine Teutonico in Puglia”, in: Archivio Storico Pugliese 26, 1973, pp. 475-487; p. 486: “Molto incerte e dubbiose e poco probabili sono pure le notizie di una presenza dell’Ordine Teutonico ad Andria …”.

[2] P. M. Ferriello OSA, “Gli Agostiniani in Andria”, Florenz, 1931, pp.17-20.

[3]
stemma con aquila sopra il portale nord
[Fig. 2 – Marburgo, Chiesa di Elisabetta, stemma del Gran Maestro]
Si tratta del “tipo di aquila imperiale della Germania occidentale” (I. Deer, Le insegne imperiali di Federico II, Berna 1952, p.71). Lo incontriamo già in modo molto simile su parti delle insegne dell’imperatore Federico II; egli lo fece realizzare per la sua incoronazione nel 1220, si trova spesso ed è, con piccole modifiche, l’emblema dell’imperatore (+ 1250) e dei suoi figli Corrado IV. (+ 1253) e Manfredi (+ 1266) (I. Deer tavole 26, 28, 37 s.; sigillo del cancelliere imperiale del 1233: I. Deer tavole 38, 3). — L’aquila ritorna ancora nello stemma del Gran Maestro, realizzato nel 1280/82, sul portale della chiesa dell’Ordine Teutonico di Santa Elisabetta a Marburgo a. d. Lahn (Fig. 2). Dal 1226, il Gran Maestro introdusse l’aquila imperiale nera monotesta (e la croce della stampella) come ingrediente della croce nera dello stemma dell’ordine; vedere RDKIII, colonna 1323.

[4] La decorazione di piccole dimensioni, più grafica che scultorea, è caratteristica della Puglia della prima metà del XIII secolo. Quello che R. Wagner-Rieger (L’architettura italiana agli inizi del gotico, II, Graz 1957, p.181) chiama uno “scivolare nell’incostruttivo, decorativo” con il “carattere di un manierismo” è probabilmente una migliore spiegazione della costante influenza del senso islamico della forma. S. Schwedhelm (La cattedrale di San Nicola Pellegrino a Trani e le sue chiese precedenti, Diss.Tübingen 1972, p. 168 e ss.) paragona opportunamente gli elementi della decorazione di tali edifici con i ricami. — I leoni, conservati solo in frammenti ad Andria, non hanno nulla a che vedere con la cornice del portale; sono una mera aggiunta laterale. La datazione del portale operata da C. A. Willemsen “dopo il 1316” (Apulia – Cattedrali e Castelli. Una guida d’arte, Colonia 1973 ², p. 97) non convince. — Come per il portale principale, le aquile sopra il disadorno portale nord devono essere piazzate attorno al 1240.

[5] Il riferimento a San Martino si basa su un’iscrizione presumibilmente realizzata intorno al 1400 su una pietra che nel 1976 non era più individuabile; tuttavia, secondo R. Elze, il latino è sospetto. — Il culto di San Remigio in Italia si estendeva solo fino a Montecassino e Benevento: I. Hourlier, Extension du culte de saint Remy en Italie, in: Etudes Gregoriennes I, 1954, p. 183.

[6] Per i nomi dei possedimenti si veda l’appendice, p.388 ss.

[7] Bibl. SS. IX, Col. 923-948 (M. Ch. Celletti), in particolare Col. 937; Kaftal, Saints II, pp. 800-814.

[8] Bibl. SS. VII, Col. 1198-1208 (C. Colafranchi); Kaftal, Saints II, Sp. 688-690.

[9] Molti documenti degli Hohenstaufen erano stati già distrutti dagli Angioini; il loro archivio, a sua volta, venne distrutto – appena valorizzato – a Napoli nel 1943 a causa degli effetti della guerra. W. Hubatsch, L’Ordine Teutonico e il feudo imperiale su Cipro, in: Notizie dall’Accademia delle Scienze di Gottinga, Phil.-Hist. Classe, 8, 1955, pag. 253.

[10] De Liso fu ammesso all’albo degli avvocati di Andria solo nel 1795. La data del documento citato in precedenza come 10 marzo 1792 non può essere corretta; il quarto posto dell'anno deve essere il 7. Le frasi essenziali si trovano in M. Ferriello (vedi nota 2), che ne fece una copia intorno al 1930. Non mi è stato possibile esaminare personalmente il documento perché l’Archivio Vescovile di Andria, ad esempio, è in fase di riorganizzazione.

[11] G. Guerrieri, I Templari nel regno di Sicilia, in: Rassegna Pugliese, N. S. 25, 1910, p. 236 f. Dopo la tragica fine dei Templari (1305-12), l’Ordine di San Giovanni subentrò nei suoi possedimenti in Italia. Così sarebbe stato anche ad Andria se i Templari avessero ottenuto la restituzione da parte di Carlo I d’Angiò dopo il 1266. Tuttavia, poiché nulla fa pensare che tra il 1312 (abolizione dell’Ordine dei Templari) e il 1358 (passaggio di proprietà agli Agostiniani) la chiesa e il monastero di Andria siano appartenuti ai Cavalieri di San Giovanni, non vi è dubbio che dal 1229 / 30 al 1358 l’Ordine Teutonico di Andria possedeva la Chiesa del Salvatore e i suoi annessi. Riguardo al titolo giuridico, De Liso afferma che la convenzione rimase sotto l’immediata protezione dei Dinasti e dei Sovrani del Regno; avrebbero esercitato il Giuspatronato, e perciò su quel fabbricato si vedono gli stemmi degli Svevi, degli Angioini, ecc. (secondo Ferriello p. 59 ss.). Sulla chiesa infatti è presente anche uno stemma gigliato.

[12] Le finestre e la porta del muro laterale nord furono murate, fu rimossa la prima parte del prospetto principale (con quella che si supponeva fosse una finestra rotonda) e poi fu posta una fascia muraria finestrata in tufo sopra le pareti calcaree del 13° secolo. Il nuovo muro interno del 1770/1775 ricopre la muratura medievale con uno spessore di circa 20 cm.

[13] L’affresco non era stato ancora progettato al momento della costruzione della chiesa (1230-40). Per ottenere lo spazio necessario, una delle finestre laterali nella metà inferiore fu murata. Dalla muratura con cui fu riempita la parte superiore tra il 1770 e il 1775 risaltano nettamente i bugnati massicci del 1260 circa visibili dall'esterno.
La parte dell’affresco oggi visibile - circa 2,40 x 2,20 m - è simile ai dipinti murali conservati ad Altamura, Barletta (S. Sepolcro), Brindisi, Carpignano, Casaranello, Gravina, Massafra e Mottola (illus., es. T. colorato, in: F. Biancofiore ed altri, Puglia, Milano 1966, Fig. 206 f., 263f., 278f., 306-308, 323-338, 414f., 428). M. D’Elia suggerisce di derivare lo stile della pittura pugliese di questo periodo da icone importate dalla Palestina: Per la pittura del Duecento in Puglia e Basilicata. Ipotesi e proposte, in: Antiche Civiltà Lucane. Atti del Convegno di Studi di Archeologia, Storia dell’Arte e del Folklore, Oppido Lucano, 5-8 Aprile 1970, a cura di P. Borraro, Galatina 1975, pp. 151-168.

[14] R. D’Urso, Storia della Città di Andria, Napoli 1842, p. 70. D’Urso è stato citato da A. Haseloff (Le Tombe dele Imperatrici ad Andria, Roma 1904) e descritto come “coscienzioso” nel fornire informazioni su fatti locali (pag. 4); per noi è una fonte importante perché riferisce indipendentemente da De Liso e soprattutto dagli anziani che ricordavano gli affreschi, che furono integralmente conservati fino al 1770.

[15] Una tenda, sotto la quale erano figurati alcuni chirurgi, i quali medicavano fideli, feriti dai barbari è un tema insolito, la memoria visiva di un informatore. Lo stesso vale per una figura in abito pontificale con mitra, pastorale, e piviale, erroneamente indicato come Il gran maestro. Nel 1860 lo storico E. Strehlke fece riferimento alla prerogativa del Gran Maestro della messa pontificale. Seguendo Strehlke si arriva alla conclusione che fossero raffigurate due persone, il Gran Maestro e il sacerdote che celebravano davanti a lui in pontificalibus. H. W. Schulz, Monumenti d'arte medievale nella Bassa Italia, Vol. I, Dresda 1860, p. 153 (ibid. nota 2 di E. Strehlke; cfr Biografia generale tedesca LIV, Lipsia 1908, p. 618); E. Strehlke, Tabulae Ordinis Teutonici, Berlino 1869, p. 448.

[16] W. Hubatsch, La formazione statale dell’Ordine Teutonico (= Contributi della Germania dell'Est 9), Würzburg 1958, pp. 138, 146; ulteriore letteratura lì.

[17] L’Ordine Teutonico possedeva terre in Castiglia e prese parte alla conquista dell’Andalusia, che diede loro ulteriori proprietà vicino a Siviglia (esiste ancora una “Calle de los Alemanos”). K. Forstreuter, L’Ordine tedesco sul Mediterraneo (= Fonti e studi sulla storia dell’Ordine tedesco 2), Bonn 1967, pp. 90-94.

[18] Federico II amava chiamare suo padre Enrico VI fundator dell’ordine. Occasionalmente parlava anche dell’Ordine Teutonico come di una sua creazione (nostra structura). E. Kantorowicz, L’imperatore Federico II, volume supplementare, Monaco 1931, p. 39.

[19] Oltre Haseloff (vedi nota 14), vedi P. Cafaro, Le tombe delle imperatrici Sveve in Andria, Bari-Andria, 1938.

[20] S. Runciman, A History of the Crusades, Vol. III, Harmondsworth 1965², p. 193.

[21] Nel 1230 Hermann von Salza negoziò finalmente la pace tra l’imperatore e il Papa. Al pranzo di riconciliazione ad Anagni, Federico II ricevette da Gregorio IX un leone di bronzo dorato.
Nel 1236 Hermann von Salza indusse l’imperatore a partecipare ad una cerimonia religiosa molto seguita, che interessava anche l’Ordine Teutonico: entrambi parteciparono alla esumazione delle ossa di Santa Elisabetta di Turingia nella chiesa in costruzione a lei dedicata, la Chiesa dell’Ordine Teutonico a Marburg. Per la realizzazione di un reliquiario della Santa Federico donò a quella chiesa la corona della seconda moglie Jolanda, morta ad Andria nel 1228. (Il reliquiario con la corona annessa, preso da Gustav Adolf a Würzburg nel 1631, si trova ora nello Statens Historiska Museum di Stoccolma). Quando un anno dopo un’assemblea di cavalieri richiese la comparsa del loro Gran Maestro in Prussia, questi si assicurò di poter continuare a lavorare al fianco dell’Imperatore in Puglia; inoltre non si recò ad Acri, sede permanente del Gran Maestro. E. Keyser, Sulla storia dell’Ordine Teutonico, in: Hessisches Jb. für Landesgeschichte 10, 1961, p. 35.

[22] Originariamente il patrono dei crociati degli Hohenstaufen era San Giacomo, in analogia alle leggendarie battaglie di Carlo Magno contro l’Islam nel nord della Spagna. Dal 1230 in poi, San Giacomo fu sostituito da San Nicola di Bari nella fondazione di nuove città tedesche sul Mar Baltico, la prima fu Reval [Talinn, attuale capitale dell’Estonia]. L’Ordine dei Fratelli della Spada, strettamente legato all’Ordine Teutonico e unito ad esso nel 1237, partecipò alla creazione di questo importante bastione avanzato della regione cristianizzata del Mar Baltico. Questa affermazione è giustificata dal fatto che ai cavalieri tedeschi coinvolti nella Quinta Crociata il potere di San Nicola si rivelò non solo come aiuto di emergenza durante le tempeste marine, ma anche come protettore durante le operazioni in terre pagane. San Nicola nel timpano della chiesa di un ordine cavalleresco ci dà quindi motivo di fissare il 1230 come terminus post quem. Vedi 11.a. C. G. Brunius, Gotlands Konsthistoria, I, Lund 1864, p. 280; C. Angelillis, Il Santuario del Gargano e il culto di S. Michele nel mondo, II, Foggia 1956, p. 162; F. Benninghoven, L’Ordine dei Fratelli della Spada. Fratres müicie Christi de Livonia, Colonia 1965, p. 182.

[23] K. Wieser (vedi nota 1), pp. 477-479 e nota 10. Mancano ulteriori informazioni sulla costruzione. È ancora in corso un’indagine su tutte le chiese degli ordini cavallereschi in Puglia, in particolare sulla chiesa templare di Trani (intorno al 1200-20); Si tratta evidentemente di un insieme interconnesso di edifici di medie dimensioni che non vanno considerati unicamente come modeste propaggini delle grandi cattedrali.

[24] Friedrich von Hohenlohe, Gran Maestro dal 1244 al 1249, fu il primo a trascorrere del tempo in Prussia. Solo dopo che tutte le speranze di un delimitato territorio per l’Ordine nel Mediterraneo orientale furono fallite, Hermann von Salza ordinò un'azione dell’Ordine Teutonico sulla Vistola a partire dal 1230. Nel 1258 iniziò l’ampliamento della casa religiosa a Venezia come prima tappa di altre. Nel 1261 l’ordine acquisì un territorio più ampio e produttivo dal punto di vista agricolo vicino a Siponto, nel nord della Puglia, il convento di S. Leonardo di Siponto; La chiesa ivi situata fu edificata intorno al 1200, quindi non si tratta di un edificio religioso (S. Mastrobuoni, San Leonardo di Siponto. Storia di un antico monasterio della Puglia, Foggia 1960, pp. 53-58, 75-86). — Nel 1265 l’archivio centrale dell’ordine fu rimosso dal già minacciato castello di Montfort vicino ad Acri (dal 1288 passò a Venezia, che divenne sede del Gran Maestro nel 1291). Dopo il 1266 l’ordine perse “prestigio ed importanza” in Puglia (S. La Sorsa, Storia di Puglia II, Bari 1953, p. 179). — Nel 1484 venne perduto l’ultimo possedimento dell’ordine in Puglia.

[25] A. Haseloff, Gli edifici degli Hohenstaufen nella Bassa Italia I, Lipsia 1920, p. 40 seg.

[26] La cronaca non riporta nemmeno correttamente il giorno della morte di Hermann von Salza. P. M. Torneo OT, L’Ordine tedesco in formazione, in crescita e operante fino al 1400, Vienna 1955, p. 40, nota 19. Cfr. H. Bauer, Peter von Dusburg, Berlino 1935, p. 53. Sulle infruttuose ricerche condotte a Barletta a partire dall’inizio dell'Ottocento per il luogo di sepoltura di Hermann von Salza, vedi B. Schumacher, Studi sulla storia dei cortili dell’Ordine Teutonico in Puglia e Sicilia, in: Altpreussische Forschungsen 18, 1941, pp. 187-230 (p. 200), nonché K. Wieser (vedi nota 1), p. 479.

[27] L’imperatore, scomunicato, scampò per un pelo a un tentativo di omicidio da parte dei Templari a Gerusalemme nel 1228. Ormai amareggiato, progettò a sua volta – invano – di “rapire il Gran Maestro del Tempio e di inviarlo in Puglia” (S. Runciman [vedi nota 20] p. 191). Nel 1245 papa Innocenzo IV venne a conoscenza di un complotto omicida contro Federico II.

[28] R. De Vita, Castelli, torri e opere fortificate di Puglia, Bari 1974, p. 341 segg.

[29] R. D’Urso (vedi nota 14), p. 70, citato come “più specioso territorio” dell’Ordine “alcune tenute boscose alle faide del Castello del Monte”, che portavano ancora la loro “pristina denominazione di San Leonardo”.

[30] F. Gregorovius, Anni di vagabondaggio in Italia, cap. “Castel del Monte” (1875); a cura di F. Schillmann, Dresda 1925, p. 883. Il gruppo itinerante al quale si unì Gregorovius scelse il percorso da noi descritto, che era ancora in uso a quel tempo.

[31] Nell’AS Bari (Demanio dello Stato, busta 47) si trovano fascicoli del 1809 relativi alla proprietà fondiaria del “soppresso Convento di Sant’Agostino in Andria”. Vedi anche la “Pandetta dell’Archivio privato Doria d’Angri” (AS Napoli, Archivi Privati), p. 291 con notizie di acquisti di masserie non lontane da Castel del Monte, probabilmente anch’esse appartenute un tempo all’Ordine Teutonico.