La costruzione ad angolo tra via Flavio de Excelsis e via Ponte Giulio, che si erge
lateralmente e nell’angolo opposto al Conservatorio, mostra al passante
all’inizio di via Ponte Giulio un piccolo archivolto sbalzato
a tutto sesto sormontante una stretta e lunga monofora murata, la quale si apriva
a meno di un metro da terra. Su via De Excelsis, ai due lati
di una finestra rettangolare (inizialmente non esistente e
realizzata nel 1719 su ordine di Mons. Torti) ed alla fine del paramento in pietra,
spiccano due piccole monofore non sbalzate (e murate nel 1719), di cui quella di sinistra è ad
oculo perfettamente circolare.
L’arcovolto di via Ponte Giulio presenta due capitelli a mo’ di peduccio;
in quello di sinistra è scolpita a bassorilievo in un cerchio una croce greca
patente (con bracci triangolari), in quello di destra una croce simile in un quadrato.
Questo edificio, per le caratteristiche sopra esposte fa immediatamente supporre che sia stato costruito come struttura sacra cristiana; il tipo di croce scolpita sull’arcovolto lo annovera tra quelli edificati all'inizio del basso medioevo, tra la fine della dominazione bizantina e quella sveva.
Chiesa di "San Simeone": illustrazione dell'ipotesi su esposta su una planimetria del 1875
elaborazione elettr. di un particolare tratto dall'originale di proprieta dell'ing. R. Ruotolo
Nella planimetria del 1875 il fabbricato sorto sulla Chiesa di S. Simeone è un unico blocco
col n. catastale 1325 e presenta a ovest un giardino privato non numerato con accesso dal n. 1326
(Il che farebbe anche supporre che quest'ultimo potesse un tempo essere un ambiente di servizio della chiesa).
Anticamente la Chiesa confinava a Nord con l'edificio del "Sedile", i cui ambienti,
ancor prima, erano adibiti a "Carceri"
con ingresso da Via La Corte.
Questi dati vanno a supportare l'ipotesi su esposta, chiaramente per un periodo precedente
alla trasformazione dell'edificio in abitazioni private e all'innalzamento del piano superiore.
La chiesetta è comunque senza ombra di dubbio l’antica San Simeone, come si rinviene segnata su alcune delle antiche piante del sei-settecento e confermato da alcuni documenti di seguito trascritti.
Il prevosto Giovanni Pastore a metà Settecento, nel
foglio n.1 verso
del suo manoscritto sulla Collegiaata di S. Nicola, scrive:
" ... è da sapersi che si vedevano esservi moltissimi casali, Borghi,
e Vichi di picciole estensioni, e che abitati venivano da Genti di numero
proporzionato alle loro grandezze, contenendo in se quello di ducento, tre,
quattro, e cinquecento persone, li quali erano di pertinenza a' principali
Villaggi, siccome questi di pertinenza a Trani; e ognun de' quali distinto
andava col nome di qualche Santo, di cui vantavano la protezione,
e tenevano il proprio Tempio per adorarlo, e per l'esercizio della Religione;
talche nell'ampiezza del Territorio appartenente al Villaggio di Andria
se ne contavano cinquanta, e piu: siccome oggi giorno ancora ne appaiono
li di loro avanzi ed i nomi. ...
Postosi Pietro in possesso della Contea di Trani ... pose mano ad ampliare
l'estensione de' quattro principali Villaggi, e renderli in forma, e grandezza
di città grandi. Il primo disegno cominciò a pratticarlo nel Villaggio di Andria.
Circondò questo luogo di mura, e d'antemurali nell'estensione d'un miglio
in forma circolare; racchiuse in esse abitazioni, che lo formavano colla Torre,
e coll'antico Tempio, che l'era a canto. Dispose le strade per ricettarvi
li popoli raunati da quei borghi, vichi, e piccioli casali, che ivan sparsi
nello spazio del territorio intorno. ...
Terminata in tal forma l'ampiezza di Andria, cominciò parimenti a popolarsi
dal concorso delle Genti, che lasciando in abbandono li Borghi, e Vichi, tutti a collocarsi,
e ricettarsi vennero in essa: ed ognuno fabricossi la propria abitazione,
ordinata, e disposta nelle disegnate strade, che Rue l'appellarono, edificando
in capo, o nel mezzo di esse alcuni piccioli Tempj, dedicati a quelli
Santi, di cui portavano il nome li predetti abbandonati Borghi, e casali."
Intorno al 1841 il D'Urso,
a pag. 47 del suo "Storia di Andria ...",
rifacendosi al racconto del prevosto Pastore, scrive:
" ... nel passaggio avvenuto [degli abitanti dei villaggi viciniori] in Andria sotto il Conte Pietro,
quelli naturali volendo serbare l’antica divozione per essi ersero qui tante piccole Chiese dedicate
a quell’istesso Protettore, di cui la terra abbandonata ne portava il nome.
Tutto ciò presentemente vien contestato dal fatto; mentre esistono ancora in città alcune di quelle Chiesette,
come di S. Cirieco, S. Simone, S. Angelo, S. Martino, S. Barbara, ed altre."
Ai primi del Novecento Michele Agresti,
a pag. 76 del II volume de
"Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi" scrive:
“Molte altre Chiese antiche, che ora più non esistono, si appartenevano al Capitolo [della Cattedrale].
Esse faceano parte di tanti villaggi vicini alla città, come: S. Ciriaco, messa sulla via di Corato;
S. Angelo e S. Maria in Chiancula, sulla medesima via di Corato e Trani.
S. Angelo dei Ricchi, sulla via di Barletta, S. Vito e
Mauro, nei pressi del Seminario;
S. Pietro, nelle vicinanze di S. Maria Vetere;
S. Barbera, a circa due miglia dalla città;
S. Martino, sulla via anticamente detta Rughe lunghe, oggi via Tupputi, nei pressi di S. Domenico;
S. Simone, sulla via Flavio de Excelsis, e propriamente sull'angolo del portone dell'attuale Conservatorio;
S. Caterina, a piè della via Pendio, adiacente alla casa del famoso Tommaso De Liso,
una volta proprietà del Capitolo Cattedrale;
S. Fortunato, in un angolo della via Zingari, oggi via Tesorieri;
S. Maria la nuova, accanto alla Chiesa dell'Altomare;
S. Colomba, messa accanto alla Chiesa di S. Domenico,
e poscia aggregata a quel Monistero.”
Riccardo Zagaria, nel sottocitato testo, ribadisce che su questa strada c'era una chiesetta oggi non più esistente "San Simone; sulla discesa Flavio De Excelsis, e propriamente all'angolo superiore del Conservatorio." Probabilmente mutua la notizia dagli scrittori su riportati.
[tratto da "Descrizione storico-artistica di Andria - Parte prima: Andria Sacra", di R. Zagaria, tip. F.Rossignoli, Andria, 1927, pag 10]
Leggiamo ora alcuni dcumenti: visite pastorali del Sei-Settecento.
Il 4 dicembre 1694 mons Francesco Antonio Triveri, nell'ambito delle sue visite pastorali, dopo aver visitato la chiesa di San Ciriaco si reca anche nella chiesetta di S. Simeone. Ecco la traduzione della sua relazione sulla visita del 1694:
Il 15 settembre 1697 mons Andrea Ariano, sempre nell'ambito delle canoniche visite pastorali triennali, dopo aver visitato Mater Gratiae si reca nella chiesa di San Simeone. Ecco la traduzione della sua breve relazione sulla visita del 1697:
Il 22 ottobre 1711 mons. Nicola Adinolfi, dopo aver visitato la cappella di San Ciriaco, visita la Chiesa di San Simeone. Il cancelliere [Jo: Mari] ne redige una relazione in latino; eccone la traduzione:
Il 23 maggio 1719 la chiesa è visitata da mons. Gian Paolo Torti; la relazione è scritta in italiano e ribadisce la necessità di eseguire alcune riparazioni nonché realizzare delle modifiche sulla facciata:
- Negli scritti degli storici la chiesa è chiamata a volte di San Simone, a volte di San Simeone;
in tutte le Visite Pastorali del Sei-Settecento consultate la chiesa è sempre chiamata di San Simeone;
- nella chiesa almeno sino a fine Seicento l'altare aveva come dossale un affresco,
che non sappiamo cosa raffigurasse, e per il quale nel 1694 se ne decide la rimozione; ma nel 1697
tuttavia si ingiunge di rifare il dipinto nella parte bassa; nel 1719 poi vien deciso che "si accomodi il Quadro";
- strutturalmente la chiesa aveva un tetto in legno, per il quale più volte si ingiunge la riparazione;
ciò implica che fino al Settecento sulla chiesa non vi fosse l'altro piano esistente attualmente;
- fino al 1719 le due monofore della facciata davano luce alla navata; allora si ingiunge di chiuderle,
così come oggi appaiono, e di aprire un finestrone sulla porta della chiesa;
- almeno dal Settecento la porta della chiesa si apriva su via Flavio De Excelsis, così come
si evince dalla relazione della visita pastorale del 1719; ciò implica che la zona absidale
era probabilmente sul muro opposto a tale ingresso;