Il sito nel 1576: riflessioni

Contenuto

parete ovest del vestibolo, verso la lama
[panoramica attuale del declivio destro della lama presso la cripta - foto Sabino Di Tommaso]

Il sito della Chiesa rupestre di Santa Margherita nel 1576: descrizioni e riflessioni

In base alle descrizioni rilevate da quanto tra il Cinquecento ed i primi del Seicento fu scritto in testi e documenti si tenta una ricostruzione essenziale del sito e della coppia di grotte ch’erano chiamate di “Santa Margherita in lamis”, nella lama, quindi, dove fu rinvenuto l’affresco di una Madonna odigitria che, per i numerosi miracoli da allora elargiti, fu detta e proclamata “Madonna de’ Miracoli” di Andria.

I passi più rilevanti dei documenti e delle relazioni scritte che delineano le caratteristiche geologiche del luogo e quelle architettoniche delle grotte in oggetto sono i seguenti.

La prima citazione si estrae dal manoscritto del monaco cassinese Dom. Andrea Ariano, redatto all’incirca nel 1596-97, in quanto è la prima relazione esistente sul ritrovamento dell’immagine della Madonna. L'Ariano riporta a sua volta un documento trovato, 15 anni prima del rinvenimento dell’immagine, fra gli scritti di Fr. Angelo de Lellis di Bitonto (nel 1561 circa)

[testo originale latino] [traduzione (di Rocco Ronzani)]

Relatio
De inventione effigiei S[antissi] Marię miraculorum in Lama Santę Margaritę in territorio civitatis Andrię in provintia terrę Barij, et de miraculis ad eiusdem preces fattis.

Per D[ominum] Andreã Arianũ de Neãp[oli] monacum Cassinensem.

… … …

Ut longe ante inventionem effigiei s(anctissi) Marię miraculorũ de eadem quodã vaticiniũ extabat.
Caput secundum.

Nonnulli fide digni religiosi asserunt (pro ut in processu in c[a]p[itu]li curia Andrię apparet) se cartulã quandã legisse quindecim annis ante huius effigiei inventionẽ inter scripturas cuiusdã f[rat]ris Angeli de Lellis Bitontini viri probi et timorati ordinis S[anc]ti Francisci, repertam quę cum nulla ad huc extaret huius santissimę effigiei vel scientia vel opinio eius excellentiã predicebat. Tale enim est vaticiniũ:
Ibis Andriã eti’nde versus Occidentẽ ibis ad ecclesiã antiquã dictam de sancta margherita, ubi invenies duas portas, unã versus Austrũ, alterã versus Aquilonẽ. In’gredere per portam verfus Austrum et quære sinistrorsũ, et invenies magnũ thesaurũ.

De inventione imaginis S[anctissi] Matris Marię miracolorũ in Lama S[anc] Margaritę
in terr[itori]o Andrensi.
Caput tercium.

Vallis enim hec ubi inventa est santissimæ Mariæ effigies, distat a civitate Andrię fere milliariũ cũ dimidio que et si amęna ob fructiferas arbores et vineas ipsam circumcingentes, nihilominus horrida erat, ob deprędandi oportunitatẽ, quam sceleratis hominibus offerebat, hic sine hominũ memoria tãta Imago obscondita manebat, tum ob spinas et silvestres arbores, tum ob immensa saxa quę ex alto elapsa sacelli os obtruserant. Preterea nostri primęvi in eodem Andro Santę Margaritę nomen venerabantur, quoniam huius Imago tantũ erat illis cognita p[ro]p[tere]a vallis seu Lama S[an] Margaritę dicebatur.

Relazione
sul ritrovamento dell’immagine della santissima Maria dei miracoli, nella lama di Santa Margherita, nel territorio della città di Andria, nella provincia della terra di Bari, e sui miracoli avvenuti per le preghiere ad essa rivolte.

redatta da Andrea Ariano di Napoli, monaco di Cassino.

… … …

Come da molto tempo prima del rinvenimento dell’immagine di Maria santissima dei miracoli esisteva una predizione su di lei.
Capitolo secondo.

Alcuni religiosi degni di fede asseriscono (come risulta nella serie degli incartamenti nella Curia del Capitolo di Andria) di aver letto un documento, trovato quindici anni prima del rinvenimento di quest’immagine tra le scritture di un tale frate Angelo de Lellis, uomo di Bitonto, probo e timorato di Dio, dell’Ordine di san Francesco che, nonostante fino ad allora non ci fosse nessun indizio di questa immagine, che lo sapesse o congetturasse, ne prediceva la grandezza. Questo è il contenuto della predizione:
«Andrai ad Andria e procedendo a occidente ti recherai in un’antica chiesa detta di Santa Margherita dove troverai due porte, una volta a mezzogiorno, l’altra a settentrione. Entra per la porta volta a mezzogiorno, cerca a sinistra e troverai un grande tesoro».

Rinvenimento dell’immagine della santissima madre Maria dei miracoli, nella lama di Santa Margherita, nel territorio di Andria.
Capitolo terzo.

La valle dove fu trovata l’immagine di Maria santissima dista dalla città di Andria circa un miglio e mezzo e, se era amena per i suoi alberi da frutto e i vigneti che la circondavano, non per questo era meno temibile per la possibilità che essa offriva a uomini scellerati di condurvi vita da briganti. Qui, dunque, senza che gli uomini ne avessero il ricordo, restò lungamente nascosta la tanto preziosa immagine a causa dei rovi e degli alberi selvatici e per le imponenti rocce che, cadute dall’alto, avevano ostruito l’ingresso della chiesetta. Inoltre, i nostri maggiori, nella medesima grotta, veneravano santa Margherita, poiché solo la sua immagine era ad essi conosciuta e questo è il motivo per cui la valle ovvero la lama era chiamata di Santa Margherita.

[Il testo latino è tratto dal manoscritto (Archivio di Montecassino, codice 649-I) e, con l'italiano, anche da “L'Inventio efficiei Sanctae Mariae de Andria di dom Andrea Ariano, benedettino cassinese”, di Rocco Ronzani, O.S.A., Nerbini, Firenze, 2022, pp. 16-18; 46-48]


[particolare del foglio 3v del manoscritto (Archivio di Montecassino, codice 649-I) di Dom Andrea Ariano - foto ripresa da Rocco Ronzani, O.S.A.]


La seconda citazione si estrae dal'opera di Giovanni di Franco “Di Santa Maria de' Miracoli d'Andria libri tre”; anch’egli riporta il documento trovato 15 anni prima del rinvenimento dell’immagine fra gli scritti di Fr. Angelo de Lellis di Bitonto (nel 1561 circa), e descrive i luoghi fornendo ulteriori dettagli.

Libro I

Del sito, e nome della Valle ò Lama della Madonna Santissima de’ Miracoli
della Città d’Andria

Capitolo primo

GIACE nella fertilissima provincia di Puglia del Regno di Napoli nel territorio della Città d’Andria discosto verso’l ponente intorno ad un miglio; una non men dilettevole, che fruttifera, valle detta da gli Antichi, Lama di Santa Margarita: per rispetto d’una grotta quasi nel mezzo di detta valle nella riva verso il levante: dentro la quale v'è una pittura antichissima dell’effigie di questa santa Vergine, e Martire. Luogo di beneficio fundato altra volta sotto la giuriditione del monasterio di San Lorenzo d'Aversa dell’ordine di San Benedetto, sotto la Congregatione Cassinese (come è chiara fama), e per scritture antiche autentiche si mostra, la quale valle, benche per molti anni à dietro fosse stata habitata (come è publica voce), e per le caverne, e grotte, parte con l’arte, e parte dalla natura istessa fabricate hoggi si veggono, da diverse persone spirituali, al vivere romito, & solitario.

In processo poi di tempo; per la malignità di perversi, di quei buoni, e santi huomini spogliata; fù vestita di scelerati ladri, ed assassini: dove che di domestica, e santa, per la frequenza d’huomini civili, e virtuosi, quali à gara dalla detta Città, e d’altrove venivano per visitare questi santi servi di Dio Romiti, era prima: diventò tutta silvestre, & horrida: anzi in tutto inhabitabile, e fuori d’ogni humana conversatione; per cagione, che ivi come dicemo habitavano simili malvaggi dannevole peste di passeggieri. …
… … …

Capitolo secondo

… nella sboccatura di detta valle, quasi nel mezzo vi fosse incavata nel tufo à punta di scarpello, una Grotta: nella quale à guisa di choro di Chiesa, vi erano incavate parimente le sedie dalle bande e (come è stata opinione) v’officiavano quei santi Religiosi, che tal luogo pio servivano.

Nel fondo poi di detta Grotta verso’l ponente v’era uno altare, & in una tribunetta dietro à quello vi era depinta l’Imagine di Santa Margherita Vergine, e Martire co’ miracoli à torno, quali à sua intercessione havea operato la divina Bontà in vita, & in morte di lei verso i suoi devoti: e nella falda di detta pittura v’erano scritte queste parole, cioè, MEMENTO DOMINE FAMVLI TVI IOANNIS, ET VXORIS EIVS GEMMAE. Da che si raccoglie manifestamente, che tali persone pie habbiano fatto incavare, depingere, e dedicare alla sopradetta Santa Martire quest’all’hor sacrata Grotta, e nella parte di dentro verso tramontana per un varco tramezzo s’entrava in un’altra grotta (benche alquanto minore) incavata anco essa, e l’arco pur nel medesmo modo nel tufo: la quale in cima quasi al colmo del tetto verso’l ponente havea un’apertura picciola da due braccia intorno, da niuna mano artificiosamente fatta: qual per avanti (come è ragionevole giudicio) dava lume all’istessa grotta seconda; benche all’hora di vicino, inanzi tal manifestatione, per gli strarupevoli luoghi, & pieni d’una gran massa di macerie, e di terra (che le stavano davante) stesse quasi in tutto otturata: Il che, rendea la grotta più oscura, & orrida.

Ma era però secretamente illustrata d’una molto più risplendente luce, ch’avanza di gran lunga quella della Luna, della quale (dice il sapiente) è assai più bella, anzi del Sole istesso: à guisa del quale (dice il medesmo) ella è eletta: Imperoche nel fondo di detta grotta verso’l levante, di rimpetto al sopradetto buco vi era fabricato un picciolo altare: dietro al quale è incavata (com’oggi si vede) una tribuna alta dal solo in cima da venti due palmi, e larga da diece: nel mezzo della quale, da antica, e dotta mano fù con colori depinta alla greca l’Imagine della Beatissima, e sempre Vergine, e Madre di Dio Maria, la quale tiene nelle sue delicatissime braccia nel grembo assiso sopra le sue riverentissime ginocchia, il Salvator del mondo unigenito suo figliuolo, che riposa il capo nel petto d’essa benignissima sua Madre: istendendosi la sopradetta Imagine co’ santi piedi infino al solo dell’altare di sopra detto, e quella del sacrosanto suo bambino à proportione nel mezzo la materna effigie.
… … …

Capitolo quarto

… … …
Con gran sapienza la divina providẽza volle render chiaro questo sì mirabile scuoprimento, à farlo predire quasi per profetico spirito: imperòche quindici anni prima venendo à morte un Frate Angelo Lellis di Bitonte dell’ordine di San Francesco de’ Conventuali di molta autorità, e dottrina, essendo stato più volte in officij gravi della Religione, & in specieltà Cãcelliero della Provincia di Puglia: passato poi da questa vita, tra gli altri libri, e spoglie, ch’egli lasciò in Bitonte al suo Convento, dentro un suo quinterno fù trovata dal Reverendo Padre Maestro Christoforo Palmiero di Montepeloso Cõmissario, ò come hò udito, Provinciale del medesimo ordine, nella Provincia di Puglia, una cartolina antichissima scritta in lettere latine in questa forma
Ibis Andriam: & inde versus Occidentem ibis ad Ecclesiam antiquam, dictam, de Sancta Margharita in lamis, ubi inveniens duas portas, unam Austrum, alteram versus Aquilonem. Ingredere portam verfus Austrum, & quære sinistrorsum, & invenies magnum thesaurum.

… … …
… partitosi subito esso Aniballe di casa, andò à ritrovare il sopradetto Mastro Gio: Antonio Tucchio suo compare; e manifestandogli la sua visione: da poi che hebbero molto ben fatto tra se affettuoso, e divoto favellare, riscontrãdo gli apparimenti d’amendue; si risolsero esseguire quanto Iddio, e la gloriosa Madre palesato haveano. Talche mettẽdo in ordine una lampada, l’oglio, & lo stoppino à 10 del seguente mese di Marzo del medesimo anno 1576, che fù giorno di Sabbato, accopiatisi insieme, conducendo seco un figliuolo di anni sette in circa, chiamato Giulio di Torrito servidore d’esso Aniballe, andarono alla Valle, & entrando nella prima, e maggiore Grotta dedicata à santa Margherita, trovando, quasi del tutto otturato quell’arco, per lo quale si entrava alla seconda, e minore Grotta verso Tramontana, per la gran copia de’ sterpi, e spine, & altri arboscelli selvaggi, anzi di pietre rovinate dalla sommità della Grotta, di modo che perciò era impedito il calle, che non senza grandissima difficultà si entrava d’una grotta all’altra: ma operato in tanto sino, che si fecero facile la strada, & finalmente entrarono nella desiderata Grotta, minore alquanto della prima, & havendo trovato la maravigliosa, e sacra Imagine della Beatissima Vergine, poste le ginocchia à terra d’avanti; salutando christianamẽte con la solita preghiera lei; & il gratioso Bãbino nelle materne braccia, con molta divotione accesero la lampada, che seco haveano portato, mettẽdola sopra quel picciolo altare, che le stava avanti, e poi partitisi si ne tornarono ad Andria, con proposito di seguir l’impresa, & di continouare d’allumar la lampada per gli seguenti Sabbati, come da essa Nostra Signora era loro stato ordinato.

[brani tratti da Giovanni di Franco, “Di Santa Maria de' Miracoli d'Andria libri tre”, stamperia Tarquinio Longo, Napoli, 1606. pp. 1-2, 9-10, 26-27, 32-33.]

  Ricostruzione ipotetica del sito delle due grotte di S. Margherita in Lamis 
[L'affresco della Vergine Odigitria - Ricostruzione ipotetica del sito delle due grotte di Santa Margherita in Lamis - disegno schematico di Sabino Di Tommaso - l'affresco di S. Margherita]

Osservazioni, analisi dei dati e riflessioni

Si è qui sopra tentata una ricostruzione essenziale del sito e della coppia di grotte, nel Cinquecento chiamate di “Santa Margherita in lamis”, giovandoci delle descrizioni rilevate dai primi documenti e testi che di essi ne parlano prima ed immediatamente dopo la scoperta dell'Immagine della Madonna detta poi "dei Miracoli" nella più piccola delle due grotte.

Gli elementi più rilevanti dei documenti e delle relazioni che delineano le caratteristiche ambientali del luogo e quelle architettoniche delle grotte in oggetto, unitamente all'osservazione di quanto oggi resta di quel tempo, sono i seguenti:

- La “porta versus Austrũ” – era un ingresso verso Mezzogiorno, allargato dall’uomo;
- La “porta versus Aquilonẽ” – era un ingresso naturale verso Tramontana e leggermente più su, meno largo dell’altro, solo “due braccia intorno”, cioè, cm 110 incirca; la sua posizione più alta lo rendeva all’interno “quasi al colmo del tetto”, quasi rasente la volta della grotta piccola della quale era l’accesso.
Il termine “porta”, utilizzato nel documento di Angelo De Lellis, evidenzia che non era un “buco” nella volta (la quale del resto doveva essere almeno in gran parte addentrata nella collina!), ma un vero e proprio accesso, posizionato più in alto, perché, forse, si trovava nel verso dell’acclivio.
- Il Coro era rilevato dalla roccia sulle “bande” – lati della grotta grande dedicata a Santa Margherita;
- L’accesso alla grotta piccola e l’arco di passaggio tra essa e la grande erano quasi del tutto ostruiti da massi, macerie e sterpaglie; in due passi è scritto: “per gli strarupevoli luoghi, & pieni d’una gran massa di macerie, e di terra (che le stavano davante) stesse quasi in tutto otturata””; “quasi del tutto otturato quell’arco, per lo quale si entrava alla seconda, e minore Grotta verso Tramontana, per la gran copia de’ sterpi, e spine, & altri arboscelli selvaggi, anzi di pietre rovinate dalla sommità della Grotta, di modo che perciò era impedito il calle, che non senza grandissima difficultà si entrava d’una grotta all’altra”.
- Sia l’osservazione visiva che i rilievi tecnici evidenziano che l’affresco dell’Odigitria (“in una tribuna [– dossale d’altare] … depinta alla greca”) e di Santa Margherita (dipinta in “una tribunetta”) risultano essere sulla stessa linea, oltre che ambedue ortogonali a quelli di San Nicola e della Galactotrofusa;
- nella grotta principale, davanti all’affresco di Santa Margherita c’era “uno altare”; nella grotta più piccola, davanti all’icona della Vergine “un picciolo altare”. Ambedue, probabilmente, erano rilevati a blocco dal masso roccioso, come è evidenziato per il coro realizzato sulle “bande” laterali.
- Sebbene il benedettino Giovanni Di Franco scriva “Luogo di beneficio fundato altra volta sotto la giuriditione del monasterio di San Lorenzo d’Aversa dell’ordine di San Benedetto, sotto la Congregatione Cassinese (come è chiara fama), e per scritture antiche autentiche si mostra”, il complesso sacro delle due grotte (come per tutte le altre chiese rupestri di Andria) non presenta alcun affresco di Santi Benedettini, ma solo Santi d’origine orientale. Ciò avvalora l’ipotesi che il luogo, al tempo in cui furono dipinti, era officiato da religiosi orientali. Il Di Franco stesso infatti prosegue scrivendo “benche per molti anni à dietro fosse stata habitata (come è publica voce), e per le caverne, e grotte, parte con l’arte, e parte dalla natura istessa fabricate hoggi si veggono, da diverse persone spirituali, al vivere romito, & solitario.”, e questo nonostante che il territorio fosse (anche contemporaneamente) di proprietà del monastero di Montecassino, ad essi in altri tempi – “altra volta” pervenuto – “fundato” come “beneficio”, donato cioè in cambio di sacri uffici, che “per scritture antiche autentiche si mostra”.
- Dom Andrea Ariano scrive [in latino, qui tradotto] “i nostri maggiori, nella medesima grotta, veneravano santa Margherita, poiché solo la sua immagine era ad essi conosciuta e questo è il motivo per cui la valle ovvero la lama era chiamata di Santa Margherita.” Gli fa eco di conferma Giovanni Di Franco: “valle detta da gli Antichi, Lama di Santa Margarita: per rispetto d’una grotta quasi nel mezzo di detta valle nella riva verso il levante: dentro la quale v'è una pittura antichissima dell’effigie di questa santa Vergine, e Martire”, e più avanti “Questo è di certo, e chiaro, che fino à tempi nostri … era detta per publica voce, e fama la Valle, e d’altri Lama di Sãta Margherita. come per publiche scritture, & instrumenti si trova notato, e scritto.”.
Quindi sia la Chiesa che il sito che la ospitava erano popolarmente conosciuti e legalmente denominati esclusivamente con nome di Santa Margherita, non prendendo in alcuna considerazione l’affresco della Vergine, la quale comunque, entrando in tale ipogeo, era vista e quasi sempre venerata anche prima di prostrarsi davanti alla Santa, al fine di omaggiare Colei che indica la direzione, portinaia di quel tempio e dell’accesso al Figlio. Stimando, infatti, l’affresco non più recente del XII secolo, considerando la posizione secondaria che riveste nella cripta, la sua collocazione può assimilarsi a quella che fin dai tempi di Costantino (vedi la prima basilica del Martirium con l’Anàstasis da lui fatta erigere a Gerusalemme) spesso si usò nell’edificare edifici sacri: porre un dipinto della Madonna Kiriotissa presso l’accesso al tempio quale sicura Madre-Ausiliatrice all’orazione e implorazione, dai religiosi orientali volgarmente detta "Vergine portinaia" custode del luogo sacro.