R.Laera: Campanile, vicende storico-costruttive

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IL CAMPANILE DELLA CHIESA DI SAN FRANCESCO AD ANDRIA


Le vicende storico - costruttive

relazione dell'Architetto Rosangela Laera

tavola originale del progetto di restauro del 1894
[disegno tratto dagli allegati alla relazione]
La costruzione del Campanile di San Francesco si colloca nel periodo in cui secondo la tendenza al rimodernamento barocco anche la omonima Chiesa di San Francesco subì delle trasformazioni. Riguardo alla data di costruzione del Campanile gli storici locali Riccardo D’Urso e Giacinto Borsella sembrano concordare per il 1772: […] Finalmente nell’anno 1772 essendo maestro dell’ordine il Padre fra Vincenzo Marchio, e Guardiano il Padre fra Saverio D’Urso anche Andriesi, surse a maggior ornamento della città il Campanile di elegante architettura, il quale rammenterà sempre l’opulenza di questo Chiostro ai secoli che verranno [1]. […] Ben costruito, sublime, e superbo è il Campanile di questa chiesa eseguita dal nostro paesano Vito Ieva nel 1772, onde le aggiunge non poco ornamento [2].
In realtà sembra essere confermato anche dai documenti d’archivio e notarili che […] tra il 1760 e il 1772 viene costruito il Campanile come corpo separato dalla chiesa [3]. Alla Chiesa modernata magnificamente, come si legge in una conclusione capitolare fatta dai frati conventuali il 10 marzo 1760 [4], mancava il finimento, cioè il Campanile. In un documento notarile del 1760 […] appaiono per la prima volta i nomi di Vito e Domenico Ieva della città di Andria convocati dai frati del convento per completare i lavori di ammodernamento della chiesa iniziati nel 1749-51, con la realizzazione di un nuovo Campanile [5]. Poiché il disegno fatto da mano maestra era piaciuto a tutti [6] il Padre guardiano del convento Tommaso Maria Bufani, propose agli altri padri la sua erezione. La proposta fu accolta da tutti di buon grado, ci furono però dei disaccordi riguardo al luogo ove situarlo. In prima battuta si pensò di erigere il Campanile dinanzi alla porta Carrarese del convento, ci fu però l’opposizione dei complatearii, e alla fine fu abbandonata definitivamente questa ipotesi. Dopo varie sessioni di discussione tenute all’uopo dai padri, si decise di situare il Campanile nel giardino della sagrestia, in testa alla chiesa. Per l’impianto furono scelti deputati i molti reverendi padri, fra Vincenzo Maria Santoro, ed il Baccelliere fra Giambattista Avanzo. Fu deliberata la vendita di un carro di grano per l’acquisto del materiale, con cui riempire in quell’anno le fondamenta del Campanile sino al livello della terra, e per le spese occorrenti, inoltre il resto sarebbe stato ricavato dal fitto dei territorî, che nel primo maggio dovevano esigersi [7].
Il 27 maggio dello stesso anno il Padre guardiano rendeva noto ai frati che i deputati Santoro e Avanzo avevano assegnato l’incarico di riempire le fondamenta del Campanile ai fratelli Vito e Domenico Jeva. Questi però non volevano accettare l’incarico prima di assicurarsi che essi e non altri avrebbero menato a termine l’opera [8]; inoltre i fratelli Jeva avrebbero fatto il Campanile per quel prezzo, che sarebbe stato valutato dai periti da scegliersi di comune accordo, col rilascio del dieci per cento a favore del convento, e ciò per la sola maestria; mentre tutto il materiale dovevasi somministrare dai monaci sul luogo dell’edificio [9]. I deputati, inoltre, erano del parere che affinché la fabbrica riuscisse più soda si dovesse eseguire il lavoro di costruzione in diversi tempi ed in diversi anni [10]. Si affidò così la fabbrica del Campanile ai maestri Jeva, dal momento che i frati ne conoscevano a prova la perizia e la probità [11].
Una volta fatta la base della torre, il 28 giugno 1765 il Padre guardiano fra Emmanuele Maria Boccarelli proponeva che si desse avvio all’erezione e che la fabbrica si facesse a giornate e non ad appalto. Si designarono come assistenti ai lavori i reverendi padri fra Vincenzo Marchio, fra Tommaso Maria Carpignano, fra Saverio Ursi, ed il laico fra Giovanni Sportella [12]. In un documento notarile del 19 novembre1766 vengono citati […]i maestri Francesco Paolo e Sabino Da Staso, padre e figlio, e Giuseppe Gaeta, cioè, i muratori della città di Andria che si offrirono di realizzare il primo livello del Campanile, escluso il primo cornicione, a regola d’arte e senza imperfezioni, sull’esempio del nuovo Campanile del convento di San Domenico dell’ordine dei Predicatori di Andria (già esistente) [13].
Il globo di rame su cui si erge la croce con la banderuola fu realizzata dal ramiere Leonardo Leonetti, lo stesso che aveva rivestito di piastre di rame il gallo posto sul pinnacolo della Cattedrale.
Nell’anno 1772 la costruzione del Campanile aveva raggiunto il 2 ordine, (non era conclusa) com’è attestato da una pietra, messa nel suo secondo piano, e fu accolta con entusiasmo dalla cittadinanza andriese che ammirava la sveltezza, l’eleganza e la sublime arditezza della nuova torre, che conta sessantacinque metri di altezza [14]. Anche tale dato non risponde al vero in quanto dalle misurazioni effettuate, con l’ausilio di strumenti tecnici, per la redazione del presente progetto di restauro risulta che il Campanile è alto 54 m ca. Il Merra definisce lo stile in cui è costruito il Campanile come toscano. […] Il suo basamento è quadrato, come i tre piani che su di esso si elevano, e si terminano con una ricca cornice, ornata di dentellatura. Ogni piano ha quattro eleganti finestre, quasi dell’istesso disegno, con balaustre, meno quelle del terzo piano. Le cornici delle finestre del primo piano sono arcuate, e quelle del secondo triangolari. Le finestre del terzo piano, che è di forma ottangolare, non hanno cornici, ma piccoli fregi al disopra. Due pilastrini con capitelli e basi fiancheggiano i quattro lati del primo e del secondo piano. Una svelta cuspide ottagonale sormontata dalla croce […] lo incorona sublimemente.
Se ne fece solenne inaugurazione, con lauto pranzo agli operai, con liete feste popolari, e con fuochi artificiali […] [15].
Il 30 gennaio 1775, a lavoro ultimati ormai da tempo, il baccelliere Saverio Ursi raduna in capitolo i monaci per riferire loro in merito a un’istanza del mastro Vito Jeva presentatagli dal subalterno della dogana di Foggia. Nell’istanza il mastro Vito Jeva pretendeva di essere soddisfatto delle sue fatighe pel Campanile, in ducati 1300, precisando di non essere stato ancora pagato e di non aver ricevuto alcuna somma come anticipazione di pagamento e aveva fatto premura presso l’uditore De Dominicis affinché il convento lo pagasse entro sei giorni. Il capitolo rispose nominando quale loro deputato fra Francesco Raimondi, laico professo, col mandato di recarsi alla dogana Foggia e nominare un avvocato per la difesa del convento. Dopo varie perizie circa il compenso, il 25 giugno 1777 il Padre guardiano fra Gabriele Frascolla comunica alla congrega dei monaci la decisione di pagare a Jeva circa ducati 1100, dal momento che gli si riconosceva di aver […]composto l’esterno e l’interno dell’edificio, escluse le midolle. Il convento aveva ciò impugnato, provando con documenti, come esso muratore avesse solo composto delle parti, ma sempre con l’aiuto di altri maestri, pagati giornalmente dalla comunità [16]. Pertanto i frati deliberarono di voler proseguire il giudizio, ma nel frattempo persone ragguardevolissime si erano frapposte paciere, così dopo numerose sessioni si giunse alla decisione che il convento dovesse pagare al Jeva, in finale compenso di qualsivoglia sua pretensione, la somma di ducati 880, compresi ducati 200 a lui dati, anni addietro [17]. Fu deputato a stipulare l’atto di quietanza [18] il Padre baccelliere fra Saverio Ursi. Secondo la tradizione i frati avrebbero donato al mastro Jeva anche tutto il legname servito per l’impalcatura.
tavole originali del progetto di restauro del 1894
[disegni dei finestroni tratti dagli allegati alla relazione]
Un documento del 14 luglio1777,[…] riporta le modalità di pagamento al maestro architetto Vito Ieva che riceve in questa data la somma conclusiva di 680 Ducati in moneta d’argento a saldo della cifra già versata all’inizio dei lavori dei Frati Francescani che ammonta a 880 Ducati per un totale di 1560 ducati d’argento spesi dal convento per la realizzazione del Campanile […] [19].
Il Campanile aveva sin dal 1777 due campane, una di cantaia sei, e l’altra di cantaia due. Nell’aprile del 1782, la più grande delle due si ruppe, così il 3 maggio il Padre guardiano propose ai frati di fonderne due nuove, l’una di cantaia otto, e l’altra di cantaia quattro [20]. I lavori furono affidati ai maestri Gerardo Bruno e Gerardo Alita della Terra di Vignola, gli stessi che avevano fuso tre campane per il Campanile della chiesa del Carmine ad Andria. Agli stessi furono commissionate altre due campane per il Campanile di San Francesco, una il 24 maggio 1782 e l’altra nel maggio 1783: […] la quarta campana del peso di dodici in tredici cantaia, pel prezzo di ducati 800 [21]. Al 1943 Pasquale Cafaro [22] riferisce che il Campanile era adornato da tre campane. […] Le due fuse nel 1783 […] furono rifuse in una unica campana nel 1913 dalla ditta Daciano Colbacchini e F. di Padova: misura cm. 71 di diametro e cm. 58 di altezza.
Nel 1851 la nobile Arciconfraternita dell’Addolorata inaugurò una sua campana, che presenta da un lato la figura della Vergine dolorosa e dall’altro l’emblema del sodalizio (un cuore trafitto da sette spade), con la data MDCCCLI. Misura cm. 62 di diametro e cm.70 di altezza.
La più piccola – cm. 56 di diametro e cm. 47 di altezza – reca la data del 1909 ed il nome della stessa ditta padovana [23].
Nella narrazione delle memorie storiche legate alla Chiesa dei Conventuali Emmanuele Merra ricorda che il Campanile servì ad avvistare […] nella notte, precedente l’infaustissimo giorno 23 marzo 1799, uscire da Barletta e marciare sopra Andria le truppe francesi, capitanate da Broussier, e guidate da Ettore Carafa, duca d’Andria. Furono le campane di S. Francesco, che fecero terribile eco a quelle della Cattedrale e delle altre chiese, che davano il segnale spaventevole dell’allarme! [24].
Il 29 aprile 1890 il Campanile fu danneggiato da un fulmine […] che ne screpolava la cuspide, lanciandone a grande distanza le pietre, spezzandone in varii punti le eleganti cornici, sfregiandolo pessimamente! [25] Dopo tre anni in cui si ripeterono le lamentele della cittadinanza per l’incuria dei preposti alla cosa pubblica, che non si davano pensiere alcuno di salvare dall’ultima rovina un monumento sacro del secolo passato [26], e le reiterate istanze del rev. D. Francesco Decorato, parroco della chiesa di San Francesco [27], si decise per il restauro e nel dicembre il Comune spendeva per i restauri oltre 20.000 lire. La direzione dei lavori fu affidata all’architetto Giuseppe Zagaria e l’impresa fu assunta dal maestro Emmanuele Merra coadiuvato da Michele Azzolini da Molfetta, che[…] con rara perizia, e con ottimo successo eseguiva i difficili lavori d’impalcatura [28]. I lavori di restauro si andavano accuratamente eseguendo nel 1895 per opera di Nicola Pasculli, ed il risultato fu talmente soddisfacente da riuscire degno […] di un tanto patrio e sacro monumento [29].
Tali notizie riportate dal Merra sono state confrontate con i documenti originali custoditi presso l’Archivio del Comune di Andria ed allegati alla presente Relazione. Da tale documentazione si evince la complessa vicenda legata agli interventi di restauro e alla titolarità del soggetto che li avrebbe dovuti eseguire.
Nel verbale di sopralluogo al Campanile danneggiato si legge quanto segue: Quest’Amministrazione Comunale fece subito rimuovere dall’alto diversi e grossi pezzi di frontespizi e balaustre minaccianti una imminente caduta; ma per tutto il resto il Campanile è rimasto cosi, ed il Parroco, dichiarando di declinare ogni responsabilità da parte sua ha chiesto, anche con atto di usciere che il Municipio provvegga subito agli occorrenti restauri [30].
Successivamente l’Amministrazione Comunale provvide a far realizzare il ponteggio, in particolare come si evince dalla delibera di approvazione di spesa del 13 settembre 1893 (a tre anni dal verificarsi della caduta del fulmine) ed anche nella delibera il Sindaco si fa riferimento alle sollecitazioni ricevute per la realizzazione dell’opera.
Il Sindaco, presidente riassume brevemente la pratica pel Campanile S. Francesco danneggiato dal fulmine, e ultimamente dall’uragano; la lunga e premurosa corrispondenza col Sig. Prefetto e Sotto-Prefetto i quali insistevano che d’urgenza fossero eseguiti i lavori per evitare qualsiasi pericolo per l’autorizzazione alla trattativa privata nell’esecuzione dei lavori; infine l’assicurazione fatta personalmente da questo Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico al Sotto-Prefetto della nessuna imminenza di pericolo….Ad evitare però qualsiasi calamità ed anche per respingere la taccia di trascurare la sicurezza pubblica, raccomanda che venga tosto votato il progetto fatto elevare dall’Ufficio Tecnico Comunale per una impalcatura a tutto il Campanile, e alla demolizione della cuspide più danneggiata e più pericolosa: la cui spesa ascende a £ 9661,34 ……si approva l’intero progetto dell’Ufficio Tecnico […] per la prevista spesa di £ 9661,34 e cioè la costruzione dell’impalcatura per £ 8726,26 e la demolizione della cuspide per £ 935,08 e che siano d’urgenza bandite le aste a termini ridotti […] propone che sia deliberata la condizione sospensiva per la seconda parte del progetto riflettente la cuspide, secondo la proposta del cav. Gioscia che posta ai voti viene approvata all’unanimità […] per l’immediata esecutorietà del presente deliberato [31].
Il successivo 20 ottobre 1893 vennero aggiudicati i lavori a Michele Azzolini con un ribasso del 22% ed il collaudo dell’opera avvenne il 2 giugno 1894.
I nomi del personale che ha lavorato a questo restauro è inciso sulla cuspide del Campanile.
In seguito alla realizzazione del ponteggio l’Ufficio Tecnico provvide alla redazione del progetto di restauro e al relativo Computo metrico (vedi schede allegate alla presente Relazione) La stima delle opere progettate, come rilevasi dall’annesso computo metrico, ascende a Lire Novemila, compresa la somma di £ 493.76 per lavori imprevisti che resta a disposizione dell’Amministrazione Comunale [32].

… … …[n.d.r.] Dei documenti si riporta solo la relazione del Sindaco del 20 maggio 1894 e qualche disegno… … …


relazione del sindaco del 20 maggio 1984
[documento estratto dagli allegati alla relazione]
Relazione [del Sindaco]
"A causa della caduta del fulmine avvenuta nel 1890, il Campanile S. Francesco restava sfregiato in tutte le sue parti decorative, e gravemente lesionato nella cuspide, la quale sembrava per cadere da un momento all’altro. L’Amministrazione ad ovviare triste conseguenze, a proposta e direzione dell’Ufficio Tecnico, fece eseguire alcuni lavori di puntellatura del lato interno, che hanno dato un ottimo risultato. Perciò a facilitare la compilazione razionale d’un progetto d’arte per la riparazione e la esecuzione delle medesime, fu appaltato il progetto della costruzione della totale impalcatura al Campanile, redatto dall’Ufficio Tecnico, e che ora trovasi completamente espletata, e con grande soddisfazione del pubblico.
Ottenuto così il mezzo d’accesso, l’Ufficio procedette ad un esame accurato del Campanile, studiandone attentamente tutte le parti a ripararsi per stabilirne il modo a tenere presente per ciascun punto tutte le difficoltà che nell’esecuzione si potrebbero incontrare, onde fissare un equo e coscienzioso compenso.
All’uopo furono presi tutti i dettagli che son serviti di base alla compilazione del presente progetto di restauro, e che vengono portati dagli alligati n° 1° - 2° - 3° ed in parte sul corpo della stima.
Detti lavori consistono nel ripristinare tutte le parti decorative sfregiate, nel rimpiazzare i rivestimenti di pietra caduti e nel consolidare la cuspide nel modo che il caso richiede, e lo stato delle fabbriche ci permettono. La stima delle opere progettate, come rilevasi dall’annesso computo metrico, ascende a Lire Novemila, compresa la somma di £ 493.76 per lavori imprevisti che resta a disposizione dell’Amministrazione Comunale.
Andria, lì 20 maggio 1894"

I luoghi del Campanile:

il chiostro-giardino del convento di San Francesco su via Arco Piciocco

Il Campanile fu collocato, come si è già detto, nel giardino della sagrestia [33]. Attualmente del giardino non è rimasta alcuna traccia, se non una piccolissima parte, pavimentata, a cui si accede dalla via Arco Piciocco, che costituisce l’ingresso ai locali parrocchiali adiacenti la parte basamentale del Campanile.
La via Arco Piciocco, su cui affaccia il piccolo cortile dove sorge il Campanile, prende il nome dal […] proprietario della casa colà presso, di famiglia agiata, Federico Piciocco che nel 1695 donò per testamento alcune vigne al Convento di S. M. Vetere come dote delle due Cappelle di S. Bonaventura [34].
Le trasformazioni subite nel corso degli anni hanno, evidentemente, cancellato la presenza del giardino. Si sono susseguiti, infatti, molti progetti, come è testimoniato dai documenti d’archivio, da cui si può apprendere che la definitiva cancellazione della preesistenza è avvenuta in un arco di tempo che va dalla costruzione del Campanile (1760-1772) sino alla fine degli anni sessanta del secolo scorso.
Della ricchezza passata del Convento parlano sia Merra [35] che D’Urso[36], Schiavone riporta che fosse il più ricco della Provincia [37]. A confermare che i Francescani di Andria sono stati i più ricchi della Provincia, per lungo tempo, e che l’organismo architettonico del convento fosse imponente sono i documenti dell’Archivio Comunale di Andria: […] Tra il 1882 e il 1907, diversi vani del complesso venivano affittati: sottani, refettorio, cantina, piscina per olio e botteghe [38]. Ulteriore conferma di tale ipotesi deriva dalla descrizione del convento fatta dal sindaco Servodio Montenegro in una relazione del 5 febbraio 1812: […] Il Convento occupava una superficie di 2700 mq, corrispondenti a 70 canne quadrate napoletane e 9 palmi [39]; aveva due chiostri, uno su via San Francesco e l’altro su via Arco Piciocco; un giardino utilizzato anche a terra coltivabile [40] […] la sagrestia, a pian terreno, contigua alla chiesa, refettorio, cucina ed anticucina, bagni, magazzini ed altri usi e corridoi soprani con varie camere [41].
Secondo quanto afferma Petrarolo […] nel 1346, comunque la Chiesa dedicata al Santo d’Assisi e almeno il primo corpo del Convento, e cioè il I Chiostro con i relativi locali, sul lato di via S. Francesco, accanto alla Chiesa, dovevano essere completati […] [42].
[…] È certo che l’impianto originario doveva essere imponente ed ampio, se si ipotizza, senza peccare di molta fantasia, che il lato destro della Chiesa, che ora confina a muro con modeste case di via Arco Piciocco, del I vicolo De Anellis, e di via S. Francesco, fosse utilizzato a giardino o a terra coltivabile, per le quotidiane esigenze alimentari dei frati. Di tale giardino esisteva ancora su via Arco Piciocco, tra il Campanile e il 2. Chiostro, una parte, del cui possesso si parla in una lettera del Sindaco di Andria al Sottintendente di Barletta del 12/11/1834 [43].
[…] L’altro Chiostro, (superficie parziale di mq.460) più arretrato rispetto alla Chiesa, e su un piano più elevato del 1°. Chiostro, si affacciava su via Arco Piciocco. È possibile che il Chiostro avesse un portico su tre lati, più ampio del 1°. Su un cortile di forma trapezoidale, il cui lato a confine con il Campanile aveva quattro archi, quattro archi (tutti restaurati) il lato lungo l’asse centrale, e cinque archi il lato interno alla facciata sinistra del prospetto.
Dallo stato estimativo dei lavori, presentato dall’arch. Castellucci il 1846, si apprende che dovevano essere chiusi, per trasformarsi in locali del «novello» carcere, nove archi «del cortile del Portone carrese»; in tal caso il 2. Chiostro poteva essere di servizio, per il carico e lo scarico delle merci, con l’ingresso dalla porta carraia, che si affacciava sul prolungamento dell’attuale via C. Troja. Dallo stesso documento si apprende che nel 2. Chiostro vi erano la stalla e la piscina dei monaci [44].
[…]Tra il 1815 e il 1835, date le condizioni di degrado del vecchio edificio, sottoposto a frequenti lavori di riparazione, si pensò di ristrutturare l’ex convento [45] e di adattarlo alle nuove esigenze di una città in crescita demografica ed economica. Dopo aver demolito e ricostruito il giardino che si affacciava su via Arco Piciocco, l’arch. Recchia su incarico della municipalità, procede alla stesura del progetto per la realizzazione della nuova casa comunale. […] 11 agosto 1835. L’architetto Recchia stilò per la realizzazione del Palazzo di città un progetto molto sommario per spese e misure […]. Il progetto fu scartato dall’Amministrazione comunale proprio per la sua superficialità e fu quindi affidato a Luigi Castellucci [46].
Il progetto di Castellucci per la trasformazione dell’edificio ha prodotto come conseguenza la risistemazione urbana. Gli studi condotti da Lauro e Pinto hanno evidenziato che il livello stradale originario, quello della parte a destra e sinistra di via Mura San Francesco, doveva trovarsi ad un’altezza di circa + 1,5 m rispetto alle quote stradali attuali, ciò è deducibile dal basamento di pietra, sopravvissuto o appositamente realizzato dopo la sistemazione urbana e dai vignali, scale esterne, delle abitazioni circostanti. […] un’ultima rilevazione è stata effettuata in via Arco Piciocco ove si è accertato che il piano di quota originale è quello più vicino all’ingresso della Via De Anellis posto in corrispondenza dell’arco sul quale insiste una interessante casa medievale una volta appartenuta al convento [47].
[…] Tra il 1952-58 i lavori di riparazione alla casa comunale e annessa chiesa eseguiti dal Genio civile per l’incendio provocato dalle truppe tedesche nel 1943, prevede: scavo a sezione obbligata, fondazione scala di accesso al cortile, demolizione totale o parziale di murature dei locali annessi sagrestia, muri esterni, mura divisionali, volta vano 1 a piano terra e primo piano volta vano 2, scala esistente, muro di cinta via Arco Piciocco. Parte corrispondente alla trave rovescio ad iniziare dal punto B, parte fuori terra ad iniziare dal punto B fino al solaio. Maggiore spessore del pilastro 2 parete oltre il fianco di via Arco Piciocco ecc. (riferimento alle planimetrie) [48].
Il 4 Ottobre 1954, il parroco dell’epoca, Mons. Michele D’Oria, trasformò la restante parte del giardino, costruendo gli edifici della casa e dei servizi parrocchiali [49], la vicenda sembra concludersi negli anni ’60 del XX sec., con la demolizione di un vecchio edificio collegato direttamente al palazzo comunale e con la realizzazione del nuovo edificio destinato al Comando della polizia municipale [50].

I Conventi ad Andria

Le strutture conventuali in rapporto alla forma urbis in Europa

Le città europee del XIII e XIV sec. vengono definite dal noto storico dell’urbanistica Enrico Guidoni come città conventuali [51]. […] In effetti, quasi nessun centro, grande medio o piccolo, sfugge alla logica dell’inserimento degli ordini;[…] la rivoluzione mendicante è duecentesca, e non a caso si svolge parallelamente alla forte espansione demografica e alla ristrutturazione urbanistica.[…] non ha quindi senso, perché palesemente basate su una ignoranza ormai inammissibile del fenomeno mendicante, considerare la collocazione dei conventi come un evento puramente naturale e «spontaneo», quando esiste, tra l’altro una ricchissima documentazione relativa alla cessione di determinate aree per la loro edificazione, alla reciproca distanza tra i conventi da misurarsi in canne, ai complessi e ricchi rapporti, accuratamente definiti per iscritto, con le autorità comunali.
La questione urbanistica si basa su due punti fondamentali:
1. L’inserimento degli ordini viene sempre favorito dai Comuni, anche se l’area edificabile può essere ceduta dal vescovo, dal Comune stesso oppure da un proprietario appartenente alla nobiltà feudale, oppure acquistato dall’ordine stesso.
2. […] i diversi ordini, sia pure in reciproca concorrenza, agiscono non isolatamente, ma di comune accordo, almeno per quanto si riferisce alla collocazione nella città e alla spartizione delle risorse umane […] è interesse del Comune (e anche del vescovo) evitare squilibri che potrebbero risolversi nella formazione di un nuovo polo monumentale contrapposto a quello vescovile e a quello comunale. Si mantengono, così, i vecchi equilibri e le vecchie localizzazioni, […] contribuendo a consolidare la forma urbana piuttosto che indirizzarla verso esiti nuovi.
L’equilibrio urbanistico tra l’ordine francescano e quello domenicano viene ottenuto per mezzo del reciproco distanziamento, di solito in situazione di opposizione rispetto al luogo centrale della città, di solito occupato dalla piazza comunale e dalla cattedrale. Questa disposizione determinata dalla razionale divisione delle aree di raccolta delle elemosine, diviene una vera e propria regola progettuale quando ai due ordini predetti si aggiunge quello degli agostiniani: principio del coordinamento triangolare. Alla disposizione geometrica triangolare dei conventi si affianca nel rapporto con le istituzioni, un rapporto privilegiato dei tre ordini: il Comune, per disposizioni transitorie o leggi statutarie, elargisce contributi in denaro o in materiale costruttivo, per proseguire le dispendiose fabbriche. Per quanto riguarda il distanziamento tra le fabbriche dei singoli ordini, gli studi condotti da Guidoni, in Italia centro-settentrionale, concludono che la misurazione debba essere presa per aerem, al di sopra del tessuto urbano, direttamente tra le fabbriche conventuali.
La distanza reciproca tra i conventi è definita in una bolla di Clemente IV del 20 novembre 1265: […] vieta la costruzione di conventi mendicanti a una distanza reciproca inferiore a 300 canne, «mensurandarum per aerem, etiam ubi alias recte mensurari loci dispositio non permittit» [52].
[…] Le misurazioni che oggi possiamo ripetere e verificare ci fanno ritenere che esse venissero prese normalmente tra le chiese conventuali (dalla porta o colmo della facciata, da uno spigolo della facciata, dal Campanile oppure dall’incrocio navata-transetto, ecc.): un dato che fa ulteriore luce su una connessione tra architettura e città che si estende certamente anche al mezzo usato per le misurazioni stesse, la corda tesa [53].

Le strutture conventuali in rapporto alla forma urbis ad Andria:

un percorso di ricerca ancora aperto

Ciò che si vuol verificare nel prosieguo della ricerca che ha avuto avvio in occasione della redazione del progetto di restauro del Campanile di San Francesco è proprio l’esistenza di tali rapporti anche nell’Italia meridionale, partendo dal caso urbano di Andria in cui i tre ordini sono stati presenti con le loro architetture, sorte nello stesso periodo dei casi centrosettentrionali analizzati da Guidoni. È tra il XIII e il XIV sec. che ad Andria i conventi dei nuovi ordini religiosi, sorti perifericamente all’abitato, diventeranno i nuovi poli d’attrazione producendo, intorno ad essi, la nascita di nuovi quartieri: la complessità del Convento dei frati francescani conventuali (terminato il 1346 da Bonanno di Barletta) [54], a cui è annessa la chiesa di San Francesco, è legata alla grande importanza economica e sociale che l’ordine rivestiva all’epoca. Nella stessa epoca sorgono altre importanti strutture conventuali all’interno del centro urbano: l’edificio che si suppone costruito dall’ordine dei Cavalieri Teutonici (prima metà del XIII sec.) e divenuto poi proprietà dell’Ordine degli Agostiniani [55], e il Convento dei Padri Domenicani con la chiesa dedicata alla Madonna dell’Umiltà (detta anche di San Domenico) costruito il 1398 da Sveva Orsini, rimasta vedova del duca Francesco I del Balzo. Nello stesso periodo, fuori le mura, sorgeva il Convento dei frati francescani osservanti, con la chiesa di Santa Maria Vetere, che in territorio rurale svolgeva un’intensa opera di apostolato e di assistenza ai poveri [56].
Accanto a questi conventi Petrarolo afferma che nel XIII sec. esistessero anche il Convento delle Monache Clarisse, nella via Santa Chiara e il Convento delle Basiliane a Santa Maria delle Grazie [57].
Nel XVI sec. in seguito allo spirito riformistico del Concilio di Trento, che sollecitava il diffondersi del clero regolare, gli ordini monastici, per la educazione religiosa, sotto il ducato di Fabrizio II e la reggenza della madre Adriana Carafa (1552-1590), Andria si arricchì di altri tre Conventi: quello delle Madri Benedettine cassinesi (1563) all’interno delle mura, quello dei Frati francescani Cappuccini, con la chiesa della Visitazione di Maria (1577), e quello dei Padri benedettini cassinesi (1580), entrambi fuori le mura, accanto a quelli già affermati dei francescani minori osservanti (Santa Maria Vetere), dei Frati francescani minori conventuali (Chiesa e Convento di San Francesco), dei Padri domenicani (Chiesa e Convento di San Domenico), dei Padri agostiniani (Chiesa e Convento di San Agostino) [58].
Limitandoci alla consistenza dell’edilizia conventuale e monastica del periodo che va dal XIII al XV secolo che è già abbastanza complessa in rapporto alla forma urbana della città di Andria, le ricerche che si andranno a sviluppare analizzeranno le caratteristiche alla base della costruzione dei conventi fuori le mura e all’interno del centro abitato, e verificheranno l’esistenza di schemi teorici di insediamento, in particolare la disposizione triangolare di più insediamenti mendicanti nella stessa città studiata da Guidoni che anche ad Andria, sembra essere verificata – almeno ad una prima analisi - in quanto i tre conventi degli Ordini Mendicanti, Francescani, Domenicani e Agostiniani presenti nel tessuto urbano del Centro Storico, sono posti a triangolo e, quasi centralmente, è collocata la Cattedrale con il Palazzo Vescovile.

[n.d.r.] La relazione originale dell'arch. Rosangela Laera comprende numerosi documenti ed una ricca bibliografia, qui non riportati.


[1] Riccardo D’Urso, Storia della città di Andria, Napoli, tip. Varana, 1842, pag.73.
[2] Giacinto Borsella, Andria Sacra, Andria, tip. Rossignoli, 1918, pag.183.
[3] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, Il convento di San Francesco ad Andria, La storia –il recupero, Bari, ed. Laterza, 2000, pag. 30.
[4] Emanuele Merra, Monografie Andriesi, Bologna, Tip. e libr. Pont. Mareggiani, 1906, pag. 362. Le parti dedicate alle vicende del Campanile: VI. – Il Campanile, pp. 362-369; VII. – Alquante memorie storiche e la Chiesa dei Conventuali, pp. 369-372; X. – I ristauri del Campanile fulminato, pp.377- 379.
[5] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., pag.65 :si fa riferimento a un volume sulla chiesa di San Francesco curato dal sac. Antonio Basile, in cui si trova una descrizione delle vicende costruttive, Notizie inedite sulla Chiesa di San Francesco, nel quale l’arch. Gabriella Di Gennaro fa riferimento ad alcuni documenti notarili consultati.
[6] Emanuele Merra, op. cit., pag. 363.
[7] Emanuele Merra, op. cit., pag. 363.
[8] Emanuele Merra, op. cit., pag. 364.
[9] Emanuele Merra, op. cit., pag. 364.
[10] Emanuele Merra, op. cit., pag. 364.
[11] Emanuele Merra, op. cit., pag. 364.
[12] Emanuele Merra, op. cit., pag. 364.
[13] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., pag.65, si fa sempre riferimento ai documenti notarili consultati dall’arch. Di Gennaro.
[14] Emanuele Merra, op. cit., pag. 365.
[15] Emanuele Merra, op. cit., pag. 364-366. A proposito dei fuochi artificiali, riporta che essi produssero un incendio in un’aia nelle vicinanze. I frati posero rimedio all’incidente donando grano e biade a quanti erano stati da questo incendio danneggiati.
[16] Emanuele Merra, op. cit., pag. 367.
[17] Emanuele Merra, op. cit., pag. 367.
[18] Emanuele Merra, op. cit., pag. 367-368. Nel testo alla nota (1) si fa riferimento, per l’atto di quietanza, al Libro delle conclusioni dei Francescani conventuali di Andria.
[19] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., pag.65.
[20] Emanuele Merra, op. cit., pag. 368.
[21] Emanuele Merra, op. cit., pag. 369. Nel testo alla nota (1) si fa riferimento al Libro delle conclusioni dei Francescani conventuali di Andria.
[22] Pasquale Cafaro, Andria campane e campanili, Andria, tip. Esabon, 1969.
[23] Pasquale Cafaro, op. cit., pag.12-13.
[24] Emanuele Merra, op. cit., pag. 371.
[25] Emanuele Merra, op. cit., pag. 377.
[26] Emanuele Merra, op. cit., pag. 377.
[27] La Chiesa di San Francesco fu elevata a parrocchia nel 1857 dal monsignor Giovanni Giuseppe Longobardi.
[28] Emanuele Merra, op. cit., pag. 378.
[29] Emanuele Merra, op. cit., pag. 379.
[30] Arch. Comune Andria (ACA) Cat. 7 Cl. 6 Fasc. 2 cart. 9 - Minuta relativa all’ispezione al Campanile di S. Francesco danneggiato dalla folgore rivolta al Prefetto dal Sindaco 15/10/1890.
[31] ACA Cat. 7 Cl 6 Fasc. 2 - cart. 27 atti di appalto armatura campanile di san Francesco – delibera di approvazione spesa 13/9/1893.
[32] ACA Cat. 7 Cl 6 Fasc. 2 - cart. 31 Relazione e computo metrico estimativo 20/5/1894.
[33] Emanuele Merra, op. cit., cap.VI . Il Campanile, pp.362-369.
[34] Nicolò Vaccina – Lamartora, Andria le sue vie e i suoi monumenti, Andria, tip. Francesco Rossignoli, 1911, pag.19.
[35] Emanuele Merra, Monografie Andriesi, vol.I, Bologna, Tip. E libr. Pont. Mareggiani,1906.
[36] Riccardo D’Urso, Storia della città di Andria, Napoli, tip. Varana,1842.
[37] Pietro Petrarolo, op. cit., pag. 64.
[38] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto , Il convento di San Francesco ad Andria, La storia –il recupero, Bari, ed. Laterza, 2000, nota 4 pag.20.
Archivio Comunale Andria, Cat. 5 Cl.1 Fasc.3: Proprietà, rendite contratti.
[39] Nelle antiche unità di misura napoletane: canna legale = 10 palmi = 2,646 m; canna d’uso = 8 palmi = 2,1164; palmo = 12 pollici = 0,2645m.
[40] Archivio Comunale di Andria, Cat. 7-6-3, cart.3, foglio 65, 5 febbraio 1812.
[41] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., pag.12.
[42] Pietro Petrarolo, op.cit., pag. 63.
[43] Pietro Petrarolo, op. cit., pag. 64-65.
[44] Pietro Petrarolo, op. cit., nota (4) pag. 64.
[45] Col colpo di Stato di Napoleone Bonaparte e l’avvento della monarchia murattiana, nel 1809 si dispose la soppressione di 21 ordini religiosi, tra cui quello dei Minori Conventuali, la confisca di tutti i beni a favore del demanio dello Stato.
[46] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., nota 16 pag.21.
[47] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., pag.60.
[48] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., nota 42 pag.23, si fa riferimento a un documento dell’Archivio Comunale di Andria Cat.1-7-1, anni 1947-54.
[49] Pietro Petrarolo, La trasformazione del convento di S. Francesco in Palazzo Comunale, in A.A.V.V., «Andria Fidelis», quaderni di storia andriese ,Andria, Tip. D. Guglielmi,1982, pag.65.
[50] Angelo Lauro, Giuseppe Pinto, op. cit., pag.87.
[51] Enrico Guidoni, Storia dell’urbanistica, pag.306, cap. VIII – Gli ordini mendicanti nella città.
[52] Enrico Guidoni, op. cit., pag.306, nota 2.
[53] Enrico Guidoni, op. cit., pag.318, nella nota 8 fa riferimento agli esempi di Siena (incrocio navata-transetto), Ferentino (spigoli della facciata), Colmar (ingresso principale della chiesa).
[54] Pietro Petrarolo, Andria città di Conventi, in AAVV, Andria città europea, presentazione del documentario sulla città di Andria, Amministrazione Comunale di Andria, 1992.
[55] Pietro Petrarolo, op. cit., riporta che in seguito all’assedio del 1350 ad opera dei mercenari lombardi e tedeschi, il Convento dei Cavalieri Teutonici fu distrutto quasi del tutto. La sua ricostruzione fu voluta dal duca Francesco del Balzo che lo affidò ai Padri Agostiniani.
[56] Pietro Petrarolo, op. cit.
[57] Pietro Petrarolo, op. cit., i due ordini di cui parla erano già estinti nella prima metà del XVI sec.
[58] Pietro Petrarolo, op. cit.
Pietro Petrarolo, Andria dalle origini ai tempi nostri , Andria, Sveva editrice, 1990, pag. 80.