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SANTA CROCE IN ANDRIA

NOTIZIE STORICHE E IPOTESI DI RESTAURO

Edizione curata dai "Centri culturali Jannuzzi", Tip. D. Guglielmi, Andria, 1981
di F. Nicolamarino - A. Lambo - A. Giorgio

trascrizione in ebook
Vista d'insieme
LAURA DI S. CROCE: Vista d'insieme
(Foto Studio G 7 - Andria)

CAP. 2

EVOLUZIONE ARCHITETTONICA
E DESCRIZIONE DELLA STATO ATTUALE

di Francesco Nicolamarino - Antonio Giorgio

La zona in cui la Cripta di Santa Croce è localizzata, è caratterizzata dalla natura del terreno che è prevalentemente tufacea, con presenza di grosse cavità sia naturali, sia derivanti da dilavamento. Ciò è determinato dal fatto che in tempi remoti, quella zona era a natura alluvionale, serviva perciò da zona di transito delle acque piovane provenienti dalle prime propaggini della Murgia. È possibile anche, come è asserito in un testo della fine del secolo scorso (1), che poco più a valle nella zona denominata di Santa Margherita, nei pressi cioè del Santuario della Madonna dei Miracoli, doveva trovarsi il letto del fiume Aveldio, il quale sfociava seguendo probabilmente il corso dell'attuale collettore di scarico della città di Andria, fra Barletta e Trani. In tale direzione vanno anche le affermazioni rilevabili nell'antica tavola fatta della zona da Corrado Pentinger.

Il cronista Leone Ostiense, inoltre, narrando di una restituzione di beni esistenti in Puglia, avvenuta il 5 maggio 943, nella descrizione dei terreni parla della presenza del fiume suddetto. Queste notizie hanno una duplice importanza, poiché da un lato motivano da dove deriva la denominazione che si dà alla zona e cioè "Lagnoni", cioè letto artificiale per acque (2), dall'altro danno una spiegazione della natura geologica del suolo e del sottosuolo. Questa zona, ricca di cavità sotterranee, particolarmente si prestava quindi a favorire gli insediamenti, di qualsiasi natura essi fossero, considerando anche la condizione particolarmente amena del posto all'epoca alla quale facciamo riferimento. Condizioni ambientali che tra l'altro fornivano lo stato ottimale per la pastorizia e l'agricoltura, che erano le occupazioni principali degli abitatori di questi luoghi.

Santa Croce a seguito dei tagli successivi della collina, nella cui massa tufacea essa era scavata, è, col passare del tempo, rimasta isolata al centro di un fossato, circondata per due lati da una strada e per i rimanenti due lati dalle pareti della collinetta tagliata a perpendicolo, sulla quale attualmente è completamente edificato.

Lo stato di abbandono in cui si trova la cripta di Santa Croce è generale, nonostante i timidi tentativi di intervento conservativo sin qui effettuati in maniera a dir poco disarmonica, e dei quali si tratterà in maniera più approfondita in seguito.

Dappertutto vi sono erbacce, arbusti e rifiuti di ogni specie. A ciò si aggiunga il fatto che la periferia della città, a causa del perdurare di una dissennata assenza di vincoli urbanistici e storici, sta quasi completamente inglobando la zona circostante la cripta, e certamente succederà che se non si interviene in un limitatissimo lasso di tempo, si perderà per sempre questo patrimonio che per quanto rovinato esso sia, ha sempre un notevolissimo interesse storico, artistico e sociale: anche questo sarà oggetto di ulteriore specifico riferimento.

Una analisi descrittiva dello stato attuale, ha bisogno di un approfondimento notevole, ciò sia per fornire ipotesi attendibili per quanto riguarda la datazione delle varie evoluzioni, sia per cercare di fornire un quadro sufficientemente vario e completo anche a chi non può prendere diretta visione con l'oggetto architettonico che qui si esamina.

A guardarla esternamente, si avverte come ad una zona originaria scavata nella roccia tufacea, sia stato aggiunto in epoca successiva un avancorpo in blocchi di tufo, e come questo a sua volta sia stato eseguito in due tempi successivi.

Ciò è comprovabile da un taglio verticale presente al centro della facciata di ingresso, e dal fatto che la finestra presente in facciata, originariamente fosse un ingresso. Girando attorno si nota come le finestre abbiano un taglio abbastanza recente. Infatti ciò è avvenuto nel 1888, all'epoca cioè dell'intervento che maggiormente ha variato l'aspetto originario di S. Croce.

Originariamente perciò, la luce doveva provenire da delle aperture molto più piccole. Sul lato alla sinistra della facciata d'ingresso si notano i resti di una scala scavata nella massa tufacea. Quasi certamente essa conduceva dall'interno al campanile, che, sempre alla fine del secolo scorso l'allora incauto cappellano aveva fatto edificare sulla copertura della laura, ma che fu in seguito demolito. Riprova di questo fatto sono i resti di scala tuttora presenti all'interno della cripta, resti che evidenziano la loro fattura recente.

Abbiamo già rilevato come l'attuale ingresso sia ricavato in un avancorpo di epoca sicuramente posteriore a quella del nucleo originario di questo insediamento religioso, la cui datazione può farsi, quasi certamente, risalire ad epoca di poco anteriore alla fine del primo millennio.

Accedendo all'interno dell'oggetto architettonico in esame, si rileva subito come il vano-porta e l'infisso-porta (così come l'infisso delle finestre) siano di epoca molto recente, e ciò lo si nota sia per la loro fattura, sia per la loro composizione formale, che male si addice all'insieme architettonico.

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Mediante alcuni gradini si giunge al vestibolo, la cui copertura è realizzata mediante una volta a botte con conci in pietra ben posti in opera e conservati. Questo vestibolo, è quasi sicuramente di epoca leggermente posteriore al locale attiguo, costruito anch'esso in muratura. Una ulteriore prova di questa asserzione, oltre quella già illustrata in precedenza, è data dal fatto che dalle piante si rileva come il taglio verticale sulla facciata anteriore, corrisponda al fondo della nicchia con un dipinto della Crocifissione presente sul lato sinistro del vestibolo, segno evidente che il volume in muratura costituito dall'attuale vestibolo fu affiancato ad un volume pre-esistente cioè il locale attiguo, che in origine doveva fungere da ingresso, ma che in epoche successive fu adibito a sacrestia.

Veduta dal vestibolo
LAURA DI S. CROCE: Veduta interna dal Vestibolo.
(Foto Studio G 7 - Andria)

La parte inferiore del vestibolo, è scavata nella massa tufacea e presenta una superficie del tutto irregolare, segno evidente che l'escavazione era stata realizzata, qui come in altri posti della cripta, con arnesi non molto perfezionati. La presenza di massa tufacea solamente nella parte inferiore di questo locale, ci fa notare come il profilo della collinetta al cui interno fu scavata Santa Croce era, e tutt'intorno lo è tuttora, degradante verso il fondo della valle dei Lagnoni, e che quindi nel punto in cui ora si trova il vestibolo, la massa tufacea non raggiungeva una altezza tale da consentire l'escavazione di un ambiente, ma che comunque doveva avere altezza sufficiente per consentire l'apertura di un accesso, per quanto minuscolo e angusto esso possa essere stato. In un angolo del vestibolo è ancora presente una piccola piattaforma su cui fino a qualche tempo fa, doveva trovarsi una colonnina con capitello in pietra che fungeva da acquasantiera. Questa, che attualmente è reperibile nella Chiesa Cattedrale di Andria, è senza alcun dubbio di epoca notevolmente posteriore all'escavazione della cripta ed ha una fattura con influssi orientali.

Attiguo al vestibolo, vi è, come si diceva, un altro locale in muratura, anch'esso con volta a botte ma con conci in tufo. Come si è già accennato, questo locale doveva fungere da ingresso, e ciò oltre ai motivi menzionati, anche per il fatto che sono rilevabili leggerissime tracce di affrescatura e la presenza di una acquasantiera scavata nel tufo. La trasformazione di questo locale in sacrestia, è operazione relativamente recente, così come e rilevabile dal muro, ora parzialmente crollato, che divideva questo locale dal nucleo originario della laura. Dalla descrizione sin qui fatta di questo antico manufatto di natura religiosa, si è potuto rilevare come numerosi e vari interventi di variazione delle caratteristiche funzionali si siano succeduti col passare del tempo. Questa caratteristica è ancora maggiormente riscontrabile, nella descrizione che si andrà a fare del nucleo originario (e indubbiamente il più significativo) della Laura di Santa Croce, nucleo sul quale continue escavazioni e aggiunte hanno operato continue trasformazioni non solo di natura artistica e architettonica, ma come si potrà rilevare, di natura anche funzionale (3). Di questo si avrà modo di parlarne, con l'ausilio di restituzioni grafiche e piante, nella parte finale del presente capitolo, in cui i vari interventi più importanti verranno ordinati cronologicamente.

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Dal vestibolo si accede alla laura vera e propria. Questa è a forma basilicale con pianta vagamente trapezia, suddivisa in tre navatine da quattro pilastri naturali di forma irregolare. La volta è piana ed è costituita in massa tufacea. Essa è sorretta dai pilastri innanzi detti, che senza regolarità sono congiunti fra loro e si congiungono alle pareti verticali anteriore e posteriore mediante archi irregolari. Le volte della navatina sinistra e di quella centrale, sono parzialmente crollate con perdita di spessore, così che nel 1888 all'epoca dell'ultimo importante intervento snaturante sull'opera, si rese necessaria, anche per sopportare il peso del campanile che si era edificato sul tetto, la costruzione di due pilastri circolari in blocchi di tufo intonacati, con capitello e base quadrata. Mediante dei sondaggi effettuati alla base, si è potuto notare come queste due colonne pur avendo una fondazione limitata, presentino tuttora una buona stabilità statica.

La navatina di destra termina con un'abside semicircolare sul cui fondo vi è un affresco, mentre la parete laterale destra non presenta alcuna particolarità di rilievo, tranne una finestra tagliata in epoca non molto remota. La navatina di sinistra è chiusa anch'essa mediante un abside affrescato e la parete laterale sinistra presenta segni evidenti, di quello che era l'accesso costruito per raggiungere dall'interno il campanile situato sul tetto. Attualmente questo accesso è chiuso con blocchi di tufo e all'interno sono ancora riscontrabili i resti della scala che serviva all'uso di cui si è detto. Più in là, sempre sul lato sinistro vi è un riquadro nel quale vi è traccia di un affresco e la cui funzione non è ben nota, corrispondendo all'esterno ad un tamponamento in blocchi di tufo. Verso la fine di questa parete laterale sinistra vi era una finestra, completamente distrutta dal vandalismo di alcuni, i quali ne avevano ricavato un ingresso per l'accesso furtivo. Attualmente questo ulteriore ingresso è chiuso in una maniera molto grossolana.

Veduta dal presbiterio
LAURA DI S. CROCE: Veduta interna dal Presbiterio.
(Foto Studio G 7 - Andria)

La navata centrale continua oltre le due navatine laterali, in un ambiente la cui escavazione è avvenuta a più riprese in epoca successiva alla prima escavazione, e al quale si accede mediante un grande arco ricavato sulla parete di fondo della laura e che non si è avuto timore a ricavare pur tagliando in maniera assurda gli affreschi che vi erano presenti. La parte anteriore di questo ambiente venutosi a creare, risulta scavata con una tecnica molto simile a quella adottata per l'intera laura, cioè adoperando piccoli strumenti per il taglio manuale e minuto del blocco di tufo. Ciò autorizza a supporre che questa parte sia stata escavata in epoca anteriore alla parte terminale di questa navata centrale. Questa parte infatti fu ricavata nel 1888, scavando con tecnica più moderna ma decisamente meno fine. Infatti sono tuttora ben presenti i segni orizzontali lasciati dalle lame, usate per poter ricavare blocchi onde edificare l'ormai noto campanile, le cui vicende avremo modo di approfondire in altro capitolo. Al centro di questa parte terminale, scavata in maniera tanto irriguardosa, si trova un altare di fattura evidentemente moderna e certamente risalente all'epoca dell'ultimo intervento. Verso la base del grande arco che taglia in due la navata centrale, vi si trovano intagliate due colonnine con capitelli la cui realizzazione è indubbiamente coeva dell'ultimo intervento e presenta caratteri stilistici grossolani.

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Difficoltà obiettive sorgono quando si cerca di dare un certo ordine cronologico ai vari interventi che sono stati effettuati su questo oggetto architettonico e si cerca di datarli con una approssimazione limitata. Avvalendoci di alcuni indizi, si cercherà ora, grazie anche ad un certo ausilio fornitoci da parte dei dipinti, di individuare quella che può essere stata l'evoluzione nei secoli di Santa Croce. Come detto in precedenza, per poter bene individuare quelle che erano le caratteristiche originarie della laura, bisogna rifarsi alla morfologia del terreno in cui essa fu scavata. Col suo profilo degradante verso valle ad occidente, la collinetta poneva determinati vincoli ad una escavazione, vincoli ulteriormente evidenziati dalla scarsezza e rozzezza dei mezzi tecnici a disposizione dei monaci. La pianta originaria non dovrebbe lasciare quindi perplessità, ed essere individuabile in quella che si può riscontrare nella tav. III in cui è rilevabile l'accesso verso valle, la mancanza di significative aperture fenestrate e l'abside centrale molto ridotto e di forma semicircolare.

Pianta originale sec.X
TAV. III - PIANTA ORIGINALE SEC X.

L'escavazione di questo che è il nucleo originario non dovrebbe essere avvenuto in epoca posteriore al X secolo, conclusione alla quale si giunge essenzialmente da deduzioni derivanti dallo studio del fenomeno del monachesimo basiliano in Puglia nell'Alto Medioevo, così come analizzato nel precedente capitolo. Le attrezzature usate per lo scavo, dovevano essere di piccola dimensione e in materiale non molto pregiato (legno, pietra), ciò lo si può rilevare dalle pareti, la cui superficie è lievemente scabra, uniforme e che non presenta direzioni preferenziali nel taglio (4).

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In seguito, passato il fenomeno del monachesimo basiliano e soppiantato questo dal monachesimo benedettino, mutarono le esigenze e le caratteristiche di vita e sociali delle popolazioni abitanti le nostre zone.

Mutate evidentemente le caratteristiche morfologiche del terreno a seguito delle continue escavazioni nella zona circostante, si rese necessario e probabilmente si ebbe un mutamento naturale di Santa Croce in santuario rurale, da cercare di ampliare ed abbellire. Ed è presumibilmente a questo periodo che può farsi risalire l'aggiunta dei due avancorpi in muratura innanzi descritti. In questi, la tipologia costruttiva delle volte a botte adottate, presenta delle caratteristiche tali da consentire una possibile collocazione storica di questo ampliamento, intorno al XIII secolo. Questa ulteriore evoluzione è possibile visionarla osservando le tavole IV-V.

Aggiunta del 1° avancorpo - sec.XIII
TAV. IV -AGGIUNTA DEL PRIMO AVANCORPO SEC XIII.

Aggiunta del 2° avancorpo - sec.XIII
TAV. V -AGGIUNTA DEL SECONDO AVANCORPO SEC XIII.

Fu in questo periodo che cominciò l'opera di affresco delle pareti di questo organismo costruttivo che andava sempre più mutando le proprie caratteristiche originarie per assumere, quelle del periodo nel quale ci si trovava. Gli influssi a cui questi lavori di affrescature delle pareti erano successivi, furono di varia natura e solo in parte di matrice bizantina. Ciò è dovuto probabilmente ad una duplice motivazione. Innanzi tutto essendo la Puglia regione di traffico fra l'Oriente bizantino e l'Occidente latino era naturale conseguenza che tutti gli aspetti della vita sociale risentissero in maniera più o meno determinante di una matrice culturale così importante. Non secondario probabilmente fu l'influsso che poterono apportare le migrazioni di colonie monastiche orientali, che si ebbero nelle nostre regioni e che erano intimamente impregnate di cultura eminentemente sacra ed iconografia tipica del bizantinismo (5). Si diceva che solo in parte gli influssi che è possibile riscontrare negli affreschi di Santa Croce sono di natura bizantina. Infatti una importanza pressoché predominante costituiscono i caratteri della cultura locale, che probabilmente saranno caratteri provinciali, ma che rendono più spontaneo e vivo il corredo pittorico.

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È possibile che anche all'epoca degli insediamenti monacali basiliani, Santa Croce fosse affrescata, ma ciò non è dato di saperlo, sebbene in alcuni affreschi sia stato possibile rilevare una sovrapposizione di strati di intonaco pitturato.

Un ulteriore stadio evolutivo nella cripta di Santa Croce è costituito dall'allungamento e allargamento dell'abside centrale. Questo infatti come rilevato in precedenza, doveva essere in origine a pianta semicircolare, così come nella tradizione delle costruzioni sacre monacali.

Escavazione del nuovo abside sec. XIV.
TAV. VI - ESCAVAZIONE del NUOVO ABSIDE SEC XIV.

Il nuovo ambiente, ottenuto allargando e allungando l'abside originario in epoca sicuramente posteriore al XIV secolo, ha l'asse spostato verso sinistra, ed era stato ottenuto mediante una differente tecnica di escavazione. La sicurezza nella datazione della escavazione di questo ambiente, deriva da una motivazione determinante. Infatti sulla parete sinistra di questo nuovo abside ottenuto sono riscontrabili sul muro degli intagli a forma di aureole, di varie dimensioni, facenti sicuramente parte di un affresco ormai perduto completamente. Questa stessa tecnica è adottata, in tutta la cripta solo in un affresco ancora parzialmente visibile, che si trova su una delle facce, di una delle colonne di sinistra. Ora noi sappiamo che questa tecnica di intaglio (particolarmente per pitture su legno) è tipica del primo gotico e quindi la datazione di questi affreschi e delle pareti su cui essi si trovano, non può essere anteriore al XIV secolo.

Un ulteriore intervento in questa zona, atto a variare le caratteristiche funzionali di questo organismo architettonico, è costituito dal taglio di un grande arco per consentire l'accesso al nuovo abside ingrandito, in luogo del vecchio, piccolo arco che fungeva da accesso all'originario abside semicircolare. Il taglio di questo arco portò via una parte notevole delle pitturazioni esistenti sulla parete di fondo della navatina centrale e fu completato con l'intaglio delle due pseudo-colonnine con capitello alla base di esso di cui si diceva. La datazione di questo intervento, è quasi sicuramente riconducibile al periodo, se non contemporaneamente, dell'ultimo grande intervento quello cioè della fine del secolo scorso. In precedenza vi era stato chi aveva cercato di ovviare all'annoso problema della umidità proveniente dall'alto, fornendo la copertura di un tetto di tegole a doppia falda. Ciò è possibile ancora rilevarlo guardando la facciata, su cui si può notare l'inclinazione che avevano le due falde. Esiste tra l'altro un documento fotografico, che in tal senso fornisce una prova inconfutabile (6). Vi è da dire ancora come, da documenti esistenti presso l'Archivio Storico Comunale di Andria, risulti che a cavallo fra lo scorso secolo e l'attuale si sia pensato di ripristinare una tipologia di copertura del genere suddetto. Non se ne fece nulla, e se da un lato ciò è positivo perché evitò di deturpare ulteriormente l'aspetto originario della Laura di Santa Croce, d'altro canto ha contribuito al deterioramento sempre più accentuato a cui si è andati incontro. Ma questo argomento si avrà modo di trattarlo in maniera più approfondita in seguito.

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Vi è infine, seguendo questo excursus fra i vari interventi e manomissioni a cui S. Croce è andata soggetta, da parlare dell'ultimo intervento notevole, avvenuto nel 1888. In quest'epoca, per iniziativa del tutto personale dell'allora cappellano, del quale il tempo ha generosamente mantenuto nascosto il nome, furono eseguiti una serie di interventi che contribuirono a stravolgere quelle che erano le caratteristiche peculiari dell'opera. Infatti, come si è a più riprese avuto modo di notare, fu allungato l'abside con una tecnica molto rozza per poterne ricavare blocchi in tufo coi quale edificare sul tetto il campanile. Ovviamente il peso di questa sovrastruttura, rese necessaria la realizzazione delle due colonne di sostegno circolari, delle quali si diceva. Nel nuovo ampio abside così ricavato, fu realizzato un altare di stile in sintonia con i tempi. Furono infine aperte nella massa tufacea le finestre e furono corredate di infissi, il tutto fu fatto senza preoccupazione alcuna di ben armonizzare questi nuovi interventi con quello che era il patrimonio pre-esistente. La pianta che così si ottenne è quella che tuttora esiste e che è possibile rilevare nella tav. VII.

Pianta attuale
TAV. VII - PIANTA ATTUALE

Sezione Longitudinale - Lato Nord
TAV. VIII - SEZIONE LONGITUDINALE «A* - B*» - LATO NORD -

Sezione Trasversale - Lato Est
TAV. IX -SEZIONE TRASVERSALE - LATO EST -

Da allora in poi, si è continuato ad intervenire con piccoli interventi di manutenzione straordinaria, che però quando avvenivano erano realizzati in maniera frazionata e disorganica, non contribuendo certamente a migliorare la situazione.

Da quanto sin qui affermato, è scaturito, abbastanza evidente, come nel corso dei secoli, la cultura predominante nei vari periodi abbia cercato di sovrapporre la propria traccia a quella delle epoche precedenti. E se una operazione di questo genere è possibile ammetterla quando l'impronta che si vuole lasciare armonizza con quello che già esiste, diventa improponibile quando tenta di sovrapporsi o peggio di snaturarle il patrimonio acquisito, così come è avvenuto per gli ultimi interventi in ordine cronologico. È quindi compito del restauratore il cercare di far armonizzare fra loro quelle che sono le caratteristiche peculiari dei vari influssi, sfrondandole da quelle che possono essere sovrastrutture non contribuenti ad una completa comprensione dell'opera.

Arcch. Francesco Nicolamarino - Antonio Giorgio

NOTE    _
(1) R. 0. SPAGNOLETTI "I lagnoni di Santa Croce" pag. 6 e segg.
(2) R. 0. SPAGNOLETTI "I lagnoni di Santa Croce" op. cit., pag. 5.
(3) MOLAJOLI, La cripta di S. Croce in Andria, I vol.
(4) A. VINACCIA, i Monumenti medievali di Terra di Bari, vol. I, Bari.
(5) A. VENDITTI, L'architettura Bizantina nell'Italia Meridionale.
(6) ALBA MEDEA, "Gli affreschi delle Cripte eremitiche pugliesi", fig. l.
 [testo tratto da " Santa Croce In Andria, notizie storiche e ipotesi di restauro", di F.Nicolamarino - A.Lambo - A.Giorgio, Tip.Guglielmi - Andria, 1981, pagg. 31-56.]