il presbiterio

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[Il presbiterio - elaborazione digitale RGB su foto Malgherini - Attimonelli]

Il presbiterio

Scriveva il Ceci parlando del presbiterio:

"Il rettangolo dell'unica nave si restringe a semicerchio sull'altare maggiore dietro al quale in alto è il coro delle claustrali. Le pareti, incavate per ciascun lato in un'arcata a racchiudere gli altari minori, sono tutte scompartite in riquadri a stucco modellati con finezza che armonizzano con il cornicione e con i riquadri della volta arcuata."

    [da Un Monastero di Benedettine in Andria, di G. Ceci, A.Cressati Ed.,Bari,1935,pag.14]

Al termine dell'unica navata, nella quale l'attenzione era attratta dai magnifici altari laterali e dalla nicchia del Bambinello di Praga, solo un gradino senza alcuna balaustra immetteva nel fascinoso presbiterio.
Mirabili erano l'altare maggiore e i due comunichini laterali.

Sul postergale in una cornice in legno dorato era affissa una tela dipinta ad olio che raffigurava la SS. Trinità con in basso S. Nicola e S. Riccardo; forse era opera di un artista locale del Sei-Settecento e misurava m 2,00 x 2,76 di altezza, senza contare le due aggiunte laterali [1].
Immediatamente sulla cornice della tela un cartiglio riportava la parola “PAX”.

due  porte laterali restaurate
[due porte laterali restaurate, oggi esposte nella chiesa del Carmine - elab. su foto Sabino Di Tommaso - 2011]

Sull'arco absidale sporgeva riccamente adorno di stucchi il coro, composto da 30 stalli a due riparti [vedi inventario 2/09/1913] e protetto da una dorata gelosia lignea. Nella "Relazione sul Monastero e Chiesa di donne Monache sotto il titolo di S. Benedetto in Andria", redatta il 22 dicembre 1909, l'ispettore Angelo Pantaleo della "Soprintendenza ai Monumenti della Puglia e del Molise" così lo descrive:

"Nel coretto, rispondente sull’altare maggiore, vi sono gli stalli, ma nulla presentano d’interessante. Sulle pareti vi sono tele assai scadenti, al muro a ponente è sito un organo antico, ha dicitura in caratteri romani dipinti a nero e posti sul vano dei pedali, essa dice: Thomas De Martino Neapolitanus – Regiae Cappellae Suae Maestatis Organarius, A. D. 1736. Detto organo è protetto da una cassa decorata al gusto dell’epoca, con ornati assai eleganti e dipinti su fondo bigio tirante al celeste, previa ingessatura. Gli ornati sono ad imitazione stucco con ombre calde interpolati da teste d’angeli e cartelle lumeggiate da tinte imitanti le dorature e del pari son le portelle. Il colore s’è serbato quasi integro per essere impastato con latte e colla di frumento.
L’organo misura m. 1,75 x 1,39 x 1,06. Ha N° 3 scomparti di canne fra le flautate, le umane, i bassi e controbassi. I scomparti sono formati da ornati ad intaglio in legno ornati in oro zecchino. I pedali danno la compressione all’aria che viene alimentata da soffietti a mantice. Per tutto il suo insieme l’organo è opera da conservarsi. Ricorda quello di S.° Agostino in Acquaviva delle Fonti."

Nel marzo del 1935 l'organo fu trasferito nella Chiesa delle Stimatine (S. Maria delle Grazie in via S. Maria Vetere), per gli imminenti lavori di demolizione di parte del Monastero. Scrive infatti mons. Francesco Papa, presidente della Commissione Diocesana di Arte Sacra, nella lettera alla Soprintendenza che gli chiedeva l'ubicazione attuale dell'organo:

"... dovendosi dare inizio ai lavori di demolizione del campanile, la Commissione d'Arte Sacra decise di prendere in consegna, con relativo inventario, la suppellettile sacra del Convento. E poiché si insisteva di provvedere anche alla rimozione dell'altare maggiore, si pensò, in un primo tempo, di rimuovere, urgendo il caso, l'organo del coretto delle monache, il quale venne tresferito nella Chiesa delle Stimatine ed, a spese dell'ente sacro, fu dall'organaro messo in efficienza."

Tra le varie suppellettili numerosi erano i paramenti sacri nei vari colori previsti dal cerimoniere, alcuni di molto pregio, lavorati con fili d'oro su taffetas di seta; uno di questi, fotografato nel 1937 dalla Soprintendenza ed attualmente esposto nel Museo Diocesano di Andria, a chiusura ormai avvenuta del Monastero fu acquistato da mons. Macchi e da lui donato al Capitolo Cattedrale, quando passò alla sede di Milano.
Su tale parato per riti solenni spicca verso il lembo basso lo stemma benedettino tra grappoli d'uva e spighe; la figura di San Benedetto il capo aureolato e stante, con la regola nella destra ed il pastorale di abate nella sinistra, occupa l'intero scudo. Qui si riproduce la foto della pianeta ripresa da A. Ceccato per l'archivio della Soprintendenza e quelle pubblicate dal sito del Museo Diocesano "San Riccardo" di Andria, sia della pianeta che di un particolare della dalmatica, dello stesso parato e quindi similarmente decorata.

   
[Foto della pianeta ripresa da A. Ceccato per la Soprintendenza - 2 foto estratte dal sito del Museo Diocesano di Andria]

Le porte di accesso al monastero, alla sagrestia e al campanile erano tutte finemente dipinte. Le due porte ai lati dell'altare maggiore erano con vetri e ciascun loro battente misurava m 0,565 x 2,255 di altezza; le altre quattro porte della chiesa erano interamente laccate e ciascun loro battente misurava m 0,62 x m 2,35 di altezza (foto a lato). Il tutto ben si armonizzava con gli eleganti stucchi della volta e delle pareti.

Ai lati dell'altare maggiore, immediatamente dopo le due porte con vetri, c'erano due ciborii in marmi policromi; quello a sinistra dell'altare (in cornu evangelii) serviva per conservare gli olii santi, quello a destra era il comunichino dal quale le monache claustrali prendevano l'ostia consacrata. Scrive l'ispettore Mario D'Orsi nel documento citato in nota:

"Due ciborii in marmi policromi, uno per comunichino e l'altro per olio santo. Misura [m] 0,75 x 1,35, senza calcolare la crocetta metallica alla sommità."

A proposito dei due ciborii il Borsella annotava:

"Ai lati dell'altare maggiore sono allogati due comunichini a piramide, e con cupolette elegantemente fregiati di marmi diversi, sopra i quali sono rilevati due colombe, che spiccano mirabilmente"

La porticina del comunichino era normalmente chiusa con una grata munita di chiave, come gli altri punti di possibile comunicazione con l'esterno; tale grata veniva aperta solo per il momento in cui le monache ricevevano l'Eucarestia.

Scriveva mons Luca Antonio Resta nei suoi Ordinamenti per questo Monastero:

"Ordiniamo, che le rote habbiano di dentro le porte ferrate con serrature, & chiavi, & parimente le crati; & le Ruotaie havranno diligente cura per tempo la sera serrare dette ruote, & la mattina non l’apriranno avanti il levar del Sole, se non fosse per causa d’importanza, & con licenza della Badessa. ... habbiano dette crati i telari di tela nera dentro, & che si serrino a chiave, & tal chiave la terrà sempre presso di se, etiam quella delle crate della sacristia, & del sportellino della Communione, ..."

Le monache dovevano ricevere la comunione preferibilmente tutte le domeniche, e almeno una volta al mese, sempre attraverso tali grate, eccetto nel Giovedì Santo e nella festività del Corpus Domini, perché partecipavano alle specifiche funzioni:

"Communio autem ipsarum, quae saltem semel in singulis mensibus fieri debet, fiat semper ad fenestram ad hoc deputatam, excepta feria V majoris hebdomadæ, & sollemnitate Corporis Christi, propter processiones, & cærimonias illarum dierum." [2].

Dal comunichino, con lo sportellino a grata e velato da una tela scura, le monache effettuavano anche la confessione, come risulta dagli atti di visita di mons. Egizio del 1659:

"...a latere Epistulæ... est confesionale ex eodem ligno, et opere, in quo est fenestrula ad usum SS. communionis, quæ clauditur tam ex parte interiori, quam exteriori ..."

Dal 1938 i due ciborii, senza la crocetta metallica superiore, sono affissi, come puro ornamento e memoria storico-artistica, sulle due paraste del grande arco ogivale che sormonta l'ingresso al presbiterio della cattedrale.

comunichino       comunichino
[I due comunichini attualmente posti sulle paraste dell'arco d'ingresso al presbiterio della cattedrale - elab. su foto Sabino Di Tommaso - 2011]

Del pavimento nella navata e sul presbiterio lo stesso Borsella scriveva:
"Il pavimento, formato di lucidi mattoni fioriti, ha in mezzo uno scudo grandioso che racchiude un pastorale, la mitra, ed un corvo col pane tra il becco e più una tazza donde sorgesi una vipera, col motto in cima PAX, oltre una stella grandiosa a piè dello stesso, ed altro gran fregio sul presbitero."

[tratto da Andria Sacra, di G.Borsella, Tip.Rossignoli, Andria, 1918, pp.227-228]

Una descrizione più accurata del pavimento del presbiterio com'era nel 1937 si rinviene nell'elenco del materiale da recuperare prima della demolizione, allegato alla relazione sotto citata di Mario D'Orsi:

"Pavimento maiolicato del presbiterio, con scorniciatura esterna di marmo bianco; scorniciatura interna a meandro vegetale, rosone centrale a piè dei gradini, due pannelli laterali con angeli e fondo a motivo continuo a graticcio (numero totale dei mattoni: 188 mattoni piccoli rettangolari di bordura e 387 mattoni grandi quadrati di fondo. Di questi il 10% circa è consunto)."

NOTE

[1] I dati metrici sono rilevati da una relazione, stesa dall'isp. Mario D'Orsi il 5 agosto 1937 per conto della Reale Soprintendenza alle Opere di Antichità e Arte della Puglia, nella quale relazione sono elencate le opere che si consiglia asportare e recuperare prima della demolizione del Monastero e della Chiesa.

[2] tratto da "Ordinationi, et Constitutioni ... da osservarsi ... nel nuovo Monasterio dell'ord. di S. Benedetto ...", di Luca Antonio Resta,  - in "Directorium Visitatorum, ac Visitandorum ...", Extypographia Guielmi Facciotti, Romae, 1593, Cap XC, pp.140-157.