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San Domenico dietro Porta della Barra, in un dipinto del Quattrocento
[San Domenico dietro Porta della Barra, particolare del dipinto quattrocentesco su tavola del Redentore, già in Cattedrale - elab. elettr. su foto Sabino Di Tommaso - 2011]

San Domenico dal Quattrocento al Settecento

"Originariamente [la chiesa] era di stile gotico, come quello che, con la severità delle sue linee architettoniche, con la sveltezza delle sue colonne e dei suoi archi acuti, e con la scarsezza della luce, che vi lascia penetrare attraverso le sue finestre di lunghissimo vano, richiama misteriosamente, a preferenza degli altri ordini di architettura, l’anima del cristiano al raccoglimento il più grande che mai, e lo eleva al sublime pensiero di Dio tre volte santo e della interminabile eternità. Che l’architettura di questa Chiesa sia stata gotica, non dubbia testimonianza ne fanno le sue tre lunghe finestre, sulla facciata laterale, e le altre due più piccole, ora tutte chiuse, accanto all’occhio ingraticolato, che vi doveva essere nel mezzo del prospetto, ove invece si apre una grande finestra. … … …

Così scriveva mons. Emanuele Merra nel 1906 a pag. 7 della monografia "La Chiesa e il Convento di S. Domenico", inserita nel II volume della raccolta "Monografie Andriesi", edite per i tipi della Pontificia Mareggiani di Bologna.

San Domenico nel '500 - ricostruzione elettr. San Domenico nella tavola di Tuccio da Andria del '400
[ipotesi di ricostruzione virtuale di S. Domenico nel '400 e particolare che la ritrae nel dipinto su citato - elaborazione elettronica su foto Sabino Di Tommaso - 2014 e 2011]

lapide esterna laterale
[lapide affissa sul prospetto laterale - elaborazione elettronica su foto di Sabino Di Tommaso - 2014]

Le immagini su riprodotte, come già detto parlando in un'altro capitolo dei prospetti laterali della Chiesa, mostrano le tre finestre ogivali, oggi murate, della primitiva costruzione di fine Trecento, così come si presentano anche nelle altre due chiese conventuali andriesi innalzate nello stesso periodo: Sant'Agostino e San Francesco.
Appare inequivocabile che, prima dei rifacimenti del 1773, la chiesa era illuminata da sei finestroni ogivali laterali e, sulla facciata, da due altre finestre più piccole oltre ad un occhio centrale.

La tavola quattrocentesca del Redentore, attribuita in un primo momento a Tuccio da Andria, poi comunque (da alcuni studiosi e in primis da Michele D'Elia) a un non meglio identificato Maestro di Andria, mostra, in secondo piano rispetto alle mura della Città, la navata della chiesa di San Domenico dotata di un campaniletto a vela, seguita da un'abside meno alta e illuminata da una finetrella nella parete di fondo.

Un'altra testimonianza dei primordi è la lapide affissa sulla parete laterale, attualmente sita tra le prime due monofore ogivali; essa richiama prepotentemente la committenza del complesso conventuale e della Chiesa: la famiglia ducale evidenziata dalla stella a sedici punte dei Del Balzo e dalle fasce trasversali sormontate da una rosa degli Orsini, e, sulla destra, l'Università di Andria simboleggiata dal classico leone rampante con coda bifida. Tale lapide è memoria scultorea del beneplacito alla costruzione del convento domenicano emesso da Bonifacio IX con una sua bolla del 25 marzo 1398.

La costruzione del 1° chiostro avvenne con molta probabilità contemporaneamente a quella del Convento e della Chiesa, come fa pensare la bolla di papa Bonifacio IX; inoltre sembra avvalorare tale ipotesi un elemento architettonico rilevante: il lato Sud del chiostro poggia le sue arcate sul muro comune con la Chiesa.
L'insieme poi fu allargato nel 1459 inglobando la chiesetta di S. Colomba, come si evince da un decreto di papa Pio II; è da tener presente che questo papa l'anno precedente aveva nominato vescovo di Andria proprio un domenicano, fra Antonio Giannotti: è quindi ipotizzabile che vi sia stato anche un interessamento di quest'ultimo per l'annessione della chiesetta al convento. Ambedue i documenti sono citati dal Merra.

"Contemporaneamente alla Chiesa cominciò nel 1398 ad erigersi il Convento dei Frati Predicatori in Andria dalla pia munificenza della Duchessa, Sveva Orsini, vedova del Duca Francesco I Del Balzo, come rilevasi dalla Bolla di fondazione, emanata dal Sommo Pontefice Bonifacio IX. … … …

chiostro, lato est: capitello di una colonnetta esagonale
[chiostro, lato est: capitello di una colonnetta esagonale presso la base del campanile - foto Sabino Di Tommaso, 03/2014]

Il primo Chiostro, i di cui archi acuti s’impostano sopra bassissime colonnette ottangolari di pietra, con capitelli e basi rozzamente lavorate, rimonta al 1398.

Nell’anno 1459, Re Ferdinando d’Aragona dimorando in Andria presso suo cognato Francesco II Del Balzo, in compagnia del Delegato apostolico, il Cardinale Latino Orsini, Arcivescovo di Trani; i Padri Domenicani si portarono a supplicare umilmente ed eccessivamente Sua Eminenza, perché si fosse benignato di fare ottenere dal Santo Padre una Chiesetta abbandonata di S. Colomba V. e M. che si ergeva attigua alle mura del Convento, per ampliarlo, perché incapace di contenere un numero considerevole di monaci.
Il Cardinale benignamente annuendo alle suppliche dei Padri Predicatori, convalidate da quelle del Duca, loro esimio benefattore, ne incaricò per la esecuzione il P. Baldassarre Del Balzo, Protonotario apostolico, il quale, verificato l’esposto, ottenne dalla Santità di Papa Pio II, che l’antica Chiesetta di S. Colomba fosse incorporata al Convento dei Domenicani.
Il decreto in pergamena di questa concessione era sottoscritto dal legato, e datato in Andria dal Palazzo Ducale: Datum Andriæ in domibus nostræ habitationis, die VI Ianuarii, anno Domini MCCCCLIX
. [*]"

L'arch. Annamaria Palladino nella sua analisi storico - artistica del complesso conventuale, (esposta alla fine di una prima fase di ristrutturazione terminata nel 1991), a proposito dell'antica chiesetta di S. Colomba avanza questa ipotesi di una sua localizzazione.

"Esistendo all'interno del chiostro minore, nelle immediate adiacenze del campanile, una chiesetta la cui facciata è ancora perfettamente riconoscibile, con il suo portale in pietra e i due finestroni laterali murati, ed essendo questa completamente accorpata al resto della fabbrica domenicana, ci sembra facile supporre che si tratti proprio della S. Colomba citata.
L'epoca della costruzione della chiesa di S. Colomba, genericamente data come preesistente al convento e alla chiesa di S. Domenico, secondo noi non dovrebbe essere comunque anteriore al 1309, anno in cui la principessa Beatrice d'Angiò , moglie di Beltrando del Balzo, «… … la prima volta che (…) con Beltrando si portò a visitare questo Duomo, si degnò fra le pubbliche voci di ringraziamento, e tra le comuni commozioni di santa tenerezza, donare a questo Reverendissimo Capitolo una delle maggiori Sacratissime Spine, che avevano composta la Corona del nostro Redentore: come anche l'intero capo della Vergine, e Martire S. Colomba, riposto in una testa di argento col rispettivo busto …»[citazione tratta dal Libro V, Capitolo III  della Storia della Città di Andria, di R. D'Urso, pag.84]".

Probabile chiesetta di S. Colomba
[Probabile prospetto della chiesetta di Santa Colomba sul lato est del chiostro, presso la base del Campanile - foto Sabino Di Tommaso, 16/3/2014]


Nella illustrazione della Città di Andria realizzata da Francesco Cassiano De Silva e pubblicata il 1703 in "Il Regno di Napoli in prospettiva ..." di G. B. Pacichelli, la Chiesa di S. Domenico ha già subito i rimaneggiamenti dei primi del Cinquecento: presenta un'ampia gradinata balaustrata sull'ingresso e due monofore sulla facciata, probabilmnete già esistenti dall'erezione, un campaniletto a torre a sinistra del presbiterio.
Bisogna tuttavia qui ricordare che almeno fino al 1751 il campanile di San Domenico era del tipo "a vela"; infatti il Merra, riportando dati rilevati dal Liber Consiliorum Ven. Conv. S. Dominici de Andria , a pag. 44 del su citato testo scrive: "L’antico campanile consisteva in alquanti archi, atti a sostenere le campane; infatti il 7 novembre 1751, il Priore Fra Lorenzo Germano, tra le altre cose proponeva ai Padri di alzare altri archi per le campane".

S. Domenico nell'illustrazione di F. Cassiano de Silva del 1703
[particolare del rione presso S. Domenico nell'illustrazione di F. De Silva - elab. elettronica del colore su foto di archivio]

Questo convento domenicano fu una delle più importanti sedi di cultura pugliese, almeno fino a metà Seicento; vi si studiava non solo filosofia e teologia, ma anche lingue orientali. Dalle carte dell'archivio dell'Ordine Domenicano del Seicento, citate da L. Guglielmi Esposito in "Archivio Storico Pugliese" del 1980, si apprende che

Il 23-VII-1616 venne data facoltà al provinciale, Vincenzo Candido: «… instituendi conventum aliquem ex præcipuis, in quo steudentes formales paragant suos cursus et triennium consuetum; ceteri non possint examinari in lectores nisi in studio Andriæ»
In questa città, infatti, fin dal 1523 era sorto uno dei centri di studi filosofici e teologici
[in biblioteca si riportano alcune sinossi di filosofia scolastica], ma con cattedre anche di altre scienze sacre e di lingue orientali, per gli studenti avviati ai gradi accademici.
Due anni dopo ne sorse un secondo a Barletta nel 1525, mentre quello di Andria venne trasferito, il 29-III-1652, nel convento di S. Giovanni d’Aymo di Lecce.
… … …Giova qui ricordare che oltre gli studi definiti generali, che conferivano i titoli di lettori o dottori, v'era una fitta rete di altri, riconosciuti solamente come «studia materialia», e, in effetti, esistenti in ciascuna casa religiosa [e quindi anche nel convento di Andria]. Si attuava così anche in Puglia il programma culturale efficacemente descritto dal quinto maestro generale, Umberto de Romans (1254-63), che definì l'Ordine di S. Domenico come quello che «prius habuit studium cum religione coniunctum».
… … …Negli «atti» del capitolo generale del 1618, tenutosi a Lisbona il 3 giugno, v’è un significativo accenno allo stato di povertà in cui versava il conv. di Andria, sede dello Studio generale [a livello universitario, cui di norma presiedevano uomini di notevoli capacità didattiche e scientifiche], al quale bisognava giungere «a commodioribus conventibus» della provincia un sussidio pari alla somma di 100 ducati annui, necessari per la sopravvivenza delle strutture scolastiche e il proseguimento della vita scolastica.

L'11 dicembre 1582 il vescovo Luca Antonio Resta pubblica nella Cattedrale di Andria gli Atti del Sinodo Diocesano, ivi tenuto a partire dal 3 dello stesso mese, " Constitutiones editæ in Diœcesana Synodo Andriensi quam Rev.mus Lucas Antonius Resta Episcopus habuit A. D. M.D.LXXXII Ter. Nonas Decemb.".
Nelle annotazioni legali di chiusura della trascrizione degli Atti riporta i nomi di una parte dei componenti la Commissione incaricata di elaborare con il Vescovo gli articoli delle suddette Costutizioni; tra essi emergono tre "Magistris in sacra Theologia ... ad praedicta adhibitis & vocatis", "fratre Hieronymo de Adamo Tarentino, fr. Dominico Brundusino, & fr. Vincentio Rubensi ordinis prædicatorum".
Quasi certamente questi tre Domenicani erano "Lettori" che a fine Cinquecento insegnavano Sacra Teologia negli "Studia Generalia" del Convento di Andria.

Nelle relazioni per le "Visite ad Limina" inviate nel 1628 dal vescovo Alessandro Strozza, e nel 1644 dal vescovo Ascanio Cassiano, è annotato che ambedue i Monasteri di San Domenico e di Sant'Agostino avevano uno studio generale di Teologia.
Scrive il 1628 nella sua relazione Alssandro Strozza:

"Tre conventi di frati mendicanti sono nella Città, cioè Domenicani, Agostiniani, e Minori Conventuali, et ne’ due primi è lo Studio [Generale di Sacra Teologia]. Tre altri luoghi di Regolari sono fuori della Città, cioè un’abbazia di Monaci Cassinensi, il Convento de’ Minori Osservanti e quello de’ Cappuccini, et in tutti i detti sei Conventi vi stanno raguagliatamente da venti religiosi in circa per ciascuno Convento."
Scrive il 1644 nella sua relazione Ascanio Cassiano: "Habet item septem Monasteria virosq. Regularium, videlicet Sancti Benedicti Congreg. Cassinen. extra Moenia, Sancti Dominici, in quo adest Studium generale Sac. Thaeologiæ, S.ti Francisci Convent., ubi docet P. … , et aliud … ord.is de observantia, S.ti Augustini, ubi etiam est Studium generale Sac. Thaeologiæ, Cappuccinorum, et Beati Ioannis Dei, in quo est Hospitale, et Frates eiusdem ord.is ministrant infirmis."

Il Merra fa risalire la costruzione del 2° chiostro alla seconda metà del diciassettesimo secolo.

"Col correre dei secoli l’antico Chiostro dei Domenicani di Andria era addivenuto troppo angusto pel cresciuto numero dei Padri, e probabilmente verso la seconda metà del mille e seicento fu notabilmente ampliato, per cui fu chiamato il Chiostro grande. Questo Chiostro fu costruito nell’orto, che il Convento aveva nel luogo volgarmente chiamato il Montarone, vicino all’orto di Giuseppe del Giudice. Era formato di Pilastri di pietra, con basi e cornici. sopra dei quali s’impostavano archi tondi, simili a quelli de’ Chiostri di S. Francesco, di S. Maria dei Miracoli e del Carmine.
È memorabile questo Chiostro per varie assemblee generali in esso tenute dagli Andriesi, nel secolo passato [fine Settecento - inizi Ottocento]."

[da "La Chiesa e il Convento di S. Domenico" in Monografie Andriesi, di E. Merra, tip. Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906, Vol. II, pagg. 3-183]


La pianta topografica della Città di Andria, con schematici disegni delle mura e degli edifici più importanti, realizzata dall'arch. Carlo Murena intorno al 1758, evidenzia grossolanamente sul tetto della Chiesa di San Domenico l'avvenuta realizzazione della cupola e l'esistenza in via S. Chiara di un ingresso al chiostro (maggiore) del convento domenicano.

S. Domenico, particolare della pianta di Carlo Murena del 1758
[particolare del rione presso S. Domenico nella pianta di C. Murena - elab. elettronica del colore su immagine tratta dal volume di C. Orlandi "Delle Città d'Italia ..."]

NOTE 
[*] Il D'Urso, nel 1° capitolo del VI libro della sua "Storia della Città di Andria, dice che tale decreto papale era conservato dai Domenicani: "Si è questo rilevato da una pergamena conservata da questi Domenicani, la quale terminava: Datum Andriæ ex Domibus Ducalis habitationis nostræ die VI. Januarii millesimo quadrigentesimo quinquagesimo nono."