il transetto

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Il transetto, tra le navate ed il presbiterio
[una panoramica del transetto e presbiterio - elaborazione elettr. su foto di Sabino Di Tommaso - 2011/14]

Il transetto

Al termine delle tre navate un diaframma impostato su tre archi ogivali immette nel transetto; sugli archi minori di tale diaframma due monofore, unitamente ad altre due nel muro sud, danno luce all'ampio vano. Sull'arco di comunicazione con la navata centrale una bifora snellisce e movimenta la parete. Sul lato nord di questo transetto si apre l'elegante cancellata del Cappellone di San Riccardo.

Il transetto è poi delimitato verso il presbiterio da una gradinata e superiormente  da un maestoso arco ogivale a doppia ghiera, opera pregevole realizzata da Alessandro Guadagno nel 1494, durante l'episcopato di Angelo Florio (1477-1495), come oggi la lapide presso di esso applicata ricorda:

ALEXANDER GUADAGNO ANDRIENSIS HOC [OPUS] ARCUATUM AN. DOMINI
MCCCCX[C]IV CONSTRUXIT

Nell'iscrizione (che non appariva nelle foto scattate dopo l'incendio del 1916) ho riportato tra parentesi quadre "OPUS" ed una "C" della data perché testimonianze scritte diverse le omettono. L'Agresti, agli inizi del Novecento, nelle pagine 41-42 (e già prima a pagina 8) del testo citato scrive:

"Uscendo dal Cappellone di S. Riccardo ... uno spazioso vano si presenta, che mette capo alle tre navi del Duomo ... ed al presbiterio, dove si accede per due lunghi gradini. In cima al muro di questo vano (dal lato delle tre navi) vi sono tre spaziosi finestroni, che projettano la luce sul Presbiterio, il quale è diviso dal resto della Chiesa da un arco di gigantesche proporzioni, a sesto acuto ... Questo grandioso ed ardito arco è un vero capolavoro d'arte, dovuto al genio del valoroso muratore andriese Alessandro Guadagno, come rilevasi dalle seguenti parole, incise su d'una delle due mostre di marmo, messe a piè di questo arcato: Alexander Guadagno Andriensis hoc arquatum A. D. MCCCCXIV construxit.
Il soffitto di questo vano (che formava parte dell'antica Chiesa ...) è tutto in tavole, rabescate di mediocri pitture, rappresentanti fatti biblici, avendo nel centro una gran tela, chiusa in larga e grande cornice, rappresentante l'apostolo San Andrea, titolare pure del Capitolo.
In cima a detto arco si vedono due leoni, che si arrampicano ad una quercia, rappresentanti lo stemma della città di Andria, sostenuto da due Angioli. Quello stemma forse ricorda la contribuzione della città, nella costruzione della nuova aggiunta fatta al Duomo nel 1414.
"

dal coro le tre navate  La cattedrale nella tavola del Quattrocento, proveniente dall'armadio delle reliquie
[le tre navate viste dal coro, e la Cattedrale nella tavola del Quattrocento - elaborazione elettr. su foto di Sabino Di Tommaso - 5/2018]

Se la data del 1414 indicata dall'Agresti fosse l'epoca di realizzazione, essa cadrebbe durante il lungo episcopato di Mons. fra Melillo Sabanico (1390-1418).

Concorda con l'Agresti Mons. Giuseppe Ruotolo (1889-1970; Vescovo di Ugento dal 1937 al 1968) a pag. 70 del suo "Il volto antico di Andria Fidelis" (edito a Chieri nel 1945), ove scrive "Purtroppo poco è rimasto dell'arte primitiva del duomo per le sostanziali riparazioni effettuate nel secolo XV. Il grandioso arco a sesto acuto del presbiterio fu eseguito il 1414."
Dello stesso parere è Riccardo Loconte che nella sua “Andria la mia città” del 1992, a pag.108, scrive “Il magnifico arco fu costruito da Alessandro Guadagno, come si rileva dalla lapide che una volta si trovava a piè di detto arco, mentre oggi la stessa dista dall’arco 50 cm. circa. Ecco quanto è scritto sulla menzionata lapide: ALEXANDER GUADAGNO ANDRIENSIS HOC / ARCUATUM A.D.MCCCCXIV CONSTRUIXIT”.

Ma anni prima, a metà Ottocento, il Borsella, a pag 61 del suo Andria Sacra, scrive

"Ma quello che fa stupire ogni ingegno sottile ... è l'arco stupendo a sesto acuto di ben settantadue palmi di corda, che divide il presbiterio dalle navate ... Eccone la cara leggenda sculta a piè di una delle due mostre di marmo del zoccolo giacente all'arco: Alexander Guadagno Andriensis hoc opus arcuatum 1465 construxit. Indi sull'apice due Lioni che si rampicano ad una quercia, impresa della Città, sostenuta da due Angioli. Dall'umbilico di questo arco scende brillante grandiosa Lamiera congegnata in Boemia, con varii ramosi bracci diversamente ritorti, formando una specie di ampia corona, che accesa per li diversi lumi produce maraviglioso effetto."

Una data, quindi, completamente diversa è quella del Borsella (1465, e c'è "OPUS"); se tale data fosse esatta, i lavori dell'arco e delle strutture ad esso collegate sarebbero stati iniziati nell'episcopato di Mons. Antonio Giannotti (1460-1463) e terminati due anni dopo la sua morte.

Dal 1895 ed almeno fino al 1905 l’ing. Ettore Bernich opera nella nostra Cattedrale; egli, nel sotto citato articolo sul campanile ed in riferimento all’arco del Guadagno, scrive:

Il torrino di forma ottagonale cbc si eleva al disopra dell’ultimo ordine. con la sua cuspide arditamente acuta, è certo una aggiunzione in epoca molto posteriore, e probabilmente quando la Cattedrale venne quasi tutta rifatta in seguito ai danni che ebbe a subire nel disastroso terremoto del 1456. Fu allora costruito quell’ardito arcone nel presbiterio dall’artista Andriese Alessandro Guadagno, come si rileva da un’iscrizione ivi posta e che porta la data del 1465. Fu a quest’epoca che venne costruito il torrino dalle forme gotiche, forse dall’istesso artista Guadagno.”

[tratto da Ettore Bernich, “Il campanile della Cattedrale di Andria”, in “Spigolature artistiche”, Apulia, 1911, pp. 228-230 – pubblicato su www.internetculturale.it]

Anche il Bernich, quindi, (che non aveva letto il testo del Borsella, in quanto non ancora pubblicato) vede nell’iscrizione la data del 1465; e giustifica la sua costruzione a quel tempo come necessario intervento agli eventi distruttivi del funestissimo terremoto del dicembre 1456 il quale, pur con epicentro l’Irpinia, devastò anche la Puglia e la città di Andria, come annotarono gli storici del tempo (Antonio Pierozzi).

Gli autori dei testi più recenti concordano un po' tutti sulla data attualmente riportata a fianco dell'arco: MCCCCXCIV (1494).[1] In "Diocesi di Andria ANNUARIO 1992", ad esempio, a pagina 154 è scritto:

"Dalla seconda metà del Quattrocento in poi, la cattedrale romanica di Andria ha subito rifacimenti, ampliamenti, decorazioni che l'hanno volta per volta ingrandita, o ricondotta a nuova unità stilistica o deturpata facendole perdere, per successive strutture e sovrapposizioni, la unità architettonica originaria. Di questi rifacimenti, il più imponente e decisivo per le strutture e l'impianto stesso della fabbrica fu quello operato nell'arco di tempo compreso tra il 1463 e il 1494, data quest'ultima incisa nella lapide marmorea del presbiterio, sotto l'arco di Alessandro Guadagno."
Il sottoscritto estensore di questa pagina non ha trovato finora motivazioni storiche sufficienti per dichiarare del 1495 la costruzione del magnifico arco attribuito ad Alessandro Guadagno. Pensa invece che molto probabilmente è stato eretto entro il 1465; questi gli stringenti indizi:
- la lapide è vista con la data “1465” dal Borsella, che la cita intorno al 1850;
- con la stessa data “1465” è vista dall’ing. Ettore Bernich, nei lavori in Cattedrale a inizio Novecento;
- il vescovo che comunque fu costretto a ricostruire in gran parte la Chiesa dopo il terremoto del 1456, avvenuto sotto l’episcopato di mons. Antonello, fu il suo successore, mons. Antonio Giannotto; ciò è espressamente dichiarato nella sua lapide tombale “Fr. Antonius de Ioannocto, nobili civis Andriensis, eiusdemque Episcopus, ac Montis Pilosii, cujus industria hæc Ecclesia refecta est. MCCCCLXIII”;
- ai vescovi immediatamente successivi sono attribuiti altri lavori strutturali: a Martino de Sotomayor l’altare maggiore del tempo, le cappelle laterali e il completamento del campanile;
ad Angelo Florio, la cappella del SS. Sacramento in presbiterio, la cappella di San Riccardo e relativo cenotafio a ciborio, ma non il nuovo presbiterio con relativo arco di accesso;
- L’attuale lapide non sembra essere quella originaria e nelle foto dopo l’incendio del 1916 sull’arco non appariva apposta alcuna lapide.

Diamo anche uno sguardo al pavimento. Nell'ultimo restauro (2005-2008) il lastricato dell'intera Cattedrale e quindi anche del transetto è stato rifatto secondo i frammenti dell'originario trovati nei pressi della scalinata di accesso al presbiterio (il disegno è visibile nella prima foto a destra); è emersa infatti, rimuovendo tale scalinata, una gran parte della pavimentazione originale e la base di breccia corallina.

L'immagine del transetto con le tre navate, su riportata, ci permette poi di puntualizzare nuovi elementi architettonici: altre sculture erratiche della cattedrale come la colonna inserita nell'ultimo pilastro destro della navata centrale, le due finestre asimmetriche aperte sul lato sud del transetto, l'evidente differenza di conci su alcune parti strutturali.

  particolare della colonna inserita   colonne erratiche  
[capitello con leoncini con colonna inserito nell'ultimo pilastro di destra - foto di detto pilastro scattata nel 1999 - part. del capitello con foglie a canchiglia, fino al 2005 sullo stesso pilastro]


[I due capitelli: coi leoni. con foglie a conchiglia - foto 1904]

Bello, pur se molto danneggiato, è il capitello (a sinistra nell'insieme delle foto su riprodotte) della colonna inserita nell'ultimo pilastro destro della navata centrale (colonna di sinistra nella foto centrale). Le sue caratteristiche lo fanno datare alla prima metà del Duecento.
Essi, insieme alle colonne, alle due basi (Fig.10 e Fig.11 del testo dell'Haseloff) e a molti altri reperti, furono trovati nella Chiesa inferiore-cripta quando nel 1904 fu ripulita dai residui delle sue precedenti funzioni di ossario; alcuni furono scoperti dall'ing. Ettore Bernich in casa Montenegro di proprietà del Capitolo Cattedrale.
Allora furono fotografati sia dalla Soprintendenza ai monumenti che da fotografi ingaggiati dal Comune, come anche dall'Architetto Haseloff per illustrare con immagini il suo trattato “Die Kaiserinnengräber in Andria - Ein beitrag zur apulischen kunstgeschichte unter Friedrich II”, cioè “Le tombe delle Imperatrici ad Andria - Un contributo alla storia dell’arte pugliese sotto Federico II.”.
Nel capitolo “Le sculture rinvenute nella chiesa inferiore” (“Die in der Unterkirche gefundenen Bildwerke”), così l'Haseloff descrive il capitello con i leoncini (sopra a sinistra):

"Ai reperti rinvenuti nella chiesa inferiore furono collegati fin dall’inizio i due capitelli marmorei, conservati nella chiesa superiore. Uno (tav. VIII, a) è murato presso l’ingresso della sagrestia come base di un’acquasantiera; in questa occasione il retro è stato purtroppo scolpito. È costituito da quattro grandi foglie d’acanto dal taglio dentato, su ciascuna delle quali siedono due leoncini, le cui teste sporgono come volute. La piastra di copertura mostra una barra di perle stranamente stilizzata."

L'altro capitello (ripreso nella foto di destra, nonché sulla colonna di destra nella foto centale del 1999) fu trovato nel 1904 con altri tre unitamente alle loro colonne in casa Montenegro.
Così lo descrive l'Haseloff nello stesso capitolo:

Sono conservati anche tutti e quattro i capitelli e le basi [trovati in casa Montenegro]. Tutti i capitelli sono diversi tra loro; Hanno sempre due file di foglie (tav. IX). La forma delle foglie e la copertura del nucleo del capitello cambiano di volta in volta. In uno dei [due] capitelli le foglie angolari hanno la forma di una conchiglia [Tav. 9 a1]

Tale secondo capitello, che fino al 2005 sormontava l'altra colonna inserita sul detto pilastro, è così descritto dalla Lorizzo (a pag 84 del citato libro "La Cattedrale di Andria"):

I soggetti scolpiti sono organizzati in simmetria: nell'ordine inferiore c'è alternanza di archetti acuti e foglie; su ogni archetto si inserisce una foglia, da cui partono cordoli che terminano la corsa davanti agli angoli, arricchiti da altre foglie. Quattro foglioline piegano sotto gli angoli, con un tentativo, nella fogliolina di sinistra, di realizzare un traforo. Sull'estrema cornice dentellata poggia un abaco liscio.


Nella parete destra (sempre del transetto, di fronte al cappellone di San Riccardo), almeno da metà Seicento e fino ai primi decenni del Novecento, si apriva la cappella del crocifisso, sormontata, sul suo ingresso dall’organo al quale si accedeva per una scala addossata alla parete. L’Agresti descrivendo tale cappella, in una nota, scrive che “Nel costruire il muro di sostegno all’organo soprastante furono nascosti tanti pregevoli lavori d’arte scultoria” e poco dopo “Al disotto dell’Organo vedesi, incavato nel muro il busto di marmo del Vescovo Adinolfi, fatto costruire dalla Duchessa Carafa [Aurelia Imperiali dei Principi di Francavilla, moglie del duca Fabrizio Carafa]” e qui, in un’altra nota, aggiunge “Nel 1907 [forse è 1904] furono scoperte alcune pregevolissime colonne in pietra con finissimi capitelli, chiuse dal muro, che sostiene il sovrapposto Organo”.

Ebbene, nella foto (la prima qui sotto copiata), scattata nel 1904 e riportata nel citato lavoro dell’Haseloff, si vedono il busto di mons. Adinolfi e due capitelli che emergono dalla rimozione dell’intonaco dalla parete sotto l’organo.

    Capitello con telamoni
[Finestra con capitelli rinvenuta sulla parete destra del transetto della Cattedrale: foto n.18, dal trattato di Haseloff - (disegno E.Affaitati) - il relativo capitello con figure accovacciate/telamoni]

Copia dell'Icona di Andria in una cornice marmorea policroma [L'Icona di Andria nella cornice marmorea - foto Sabino Di Tommaso]

L'Haseloff infatti, esaminando i vari reperti trovati in Cattedrale e nella Chiesa inferiore, nel capitolo del citato studio “Arredi tombali o ecclesiastici?“ (“Grabmal oder Kirchenmobiliar?“) scrive:

“In questo contesto assume particolare significato il resto della figura seduta, in quanto contiene un pezzo confrontabile nella chiesa superiore di Andria, importante per la datazione.
Nel transetto destro [della Cattedrale] una piccola scalinata conduce all’organo; a questo punto sono venute alla luce le suddette parti di una finestra binata bassa (Fig. 18), i cui archivolti e colonne sono visibili verso il lato della scala stretta e semibuia. Uno di questi capitelli è figurativo, con quattro figure accovacciate, scolpite quasi liberamente, che sostengono la copertura. ...
L’indizio che otteniamo per la datazione è tanto più importante: il secondo capitello appartenente all’arco mostra i bulbi di un capitello del primo gotico in una forma pesante e goffa, e così qui siamo nuovamente condotti all’epoca di Federico II. ”

Filomena Lorizzo (nelle pagine 79-81 dello studio citato) fa una lunga e dettagliata descrizione del capitello con figure accovacciate:

"Quattro telamoni reggono un abaco dentellato, atteggiandosi a due a due in diverse pose; il personaggio barbuto nell'angolo nord-est del capitello sorregge il peso con la mano destra e con il collo, mentre con la mano sinistra si poggia saldamente sulla gamba parallela al piano. La testa è coperta da una cuffia decorata da gigli e da un cordoncino perlinato, che ritroviamo anche lungo i bordi delle maniche e della parte bassa della veste. ... Questo telamone è unito per le spalle al personaggio nell'angolo sud-ovest, che riproduce la stessa postura  ... Nell'angolo sud-est  il telamone regge il peso con entrambe le braccia e unisce le cosce formando un triangolo con le gambe. ... L'ultimo personaggio, reso con molta approssimazione, non ha la testa, e al posto delle gambe è scolpita una foglia carnosa. ..."


Nel Quattrocento le due monofore ogivali aperte sul diaframma che divide il transetto dalle navate erano solo due occhi tondi (come quello aperto, internamente, sull'accesso laterale da piazza La Corte); ciò è perfettamente visibile nel dipinto sull'anta del reliquiario del Cappellone di San Riccardo (particolare del dipinto riprodotto nell'immagine in alto a destra).

Inoltre, osservando nella foto dell'attuale architettura le due monofore a sesto acuto del lato sud (foto a seguire sulla destra), appare evidente la loro apertura in epoca posteriore alla costruzione del transetto; infatti esternamente è visibile su quella centrale una bifora chiusa, murata probabilmente quando fu posto in opera il soffitto ligneo dipinto, e comunque già murata a fine Quattrocento (e anche questo particolare è visibile nel dipinto).

Su questa stessa parete sud del transetto, di fronte al cappellone di San Riccardo, dove oggi (2014) c'è una porta murata, un quadro dell'Immacolata proveniente dalla Chiesa di Sant'Anna, la scalinata di discesa alla cripta e una pregevole cornice policroma con una copia dell'Icona di Andria, un tempo era eretto il maestoso portale cinquecentesco (foto sotto), attualmente innalzato nel cortile dell'Episcopio (Tra l'altro una delle discese alla cripta si trovava presso l'ingresso anteriore della navata destra).


Gran parte dei decori scultorei presenti su questo magnifico arco a tutto sesto, che da fine Cinquecento all'Ottocento ornava la cappella del Crocofisso, sono identici a quelli scolpiti nel 1544 sul portale attualmente posto nel presbiterio sull'ingresso alla sacrestia capitolare, un tempo eretto adiacente e a destra della cappella del S. Sacramento (oggi della Sacra Spina) quale fornice dell'altare della Natività di Maria Vergine.

arco cinquecentesco, oggi eretto nel cortile dell'episcopio una panoramica del tramsetto
[l'arco cinquecentesco che immetteva nella Cappella del Crocifisso,e un'altra panoramica del transetto verso Sud - elaborazione elettr. su foto di Sabino Di Tommaso - 10/2014]

La volta del transetto (foto sotto) ha internamente una copertura lignea dipinta, probabilmente dal Redi, durante l'episcopato di Andrea Ariano (1697-1706). Nell'altra pagina è possibile ammirare le parti più belle del dipinto e studiarle. leggi il seguito nell'altra pagina

volta del transetto
[la volta del transetto guardandola con le spalle alle navate - su foto di Sabino Di Tommaso - 2011]
NOTE
[1] Cfr. V. Schiavone a pag. 126 di "San Riccardo protettore di Andria", Grafiche Guglielmi, Andria, 1989;
come anche cfr. F. Lorizzo nelle pagine 39-40 di "La Cattedrale di Andria", tip. S. Paolo, Andria, 2000;
e cfr. AA.VV. a pag. 39 di "La Cattedrale di Andria", Grafiche Guglielmi, Andria, 2009.