Cappellone S.Riccardo

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Cappellone di San Riccardo
[foto scattata quando nel dossale era esposta la parte centrale del reliquiario - foto Michele Monterisi, 2009]

Il cappellone di San Riccardo

Al termine delle tre navate, con un diaframma di tre archi ogivali a doppia ghiera, la Cattedrale si slarga in un alto transetto, alla cui sinistra nel Quattrocento fu edificato il Cappellone dedicato al Patrono della Città, San Riccardo, dove s'erge un pregevole altare settecentesco.

Iniziamo a studiare il cappellone leggendo dei brani di ricerca storica di Vincenzo Schiavone, stralciati dal testo “San Riccardo Protettore di Andria”:
La costruzione delle cappelle [laterali] culminò, alla fine del secolo [XV], con quella più grande dedicata a San Riccardo. Si affacciò, anch'essa con un grande arco a punta, nella nuova crociera del tempio ... La Cappella accoglieva in quegli anni le ossa di San Riccardo che il Del Balzo, il 23 Aprile 1438, aveva ritrovato sotto l'altare maggiore della Cattedrale. ...
La costruzione della Cappella di San Riccardo risale al tempo di Angelo Florio, di nobile famiglia andriese, eletto Vescovo di Andria nel 1477. Il suo episcopato durato diciotto anni (morì nel 1495) si svolse in quel periodo storico così ricco di fermenti innovativi e di fervore artistico-culturale quale fu l'Umanesimo italiano del Quattrocento. Di quell'epoca di civiltà e di cultura Andria custodisce alcune testimonianze d'arte di alto livello e tra le maggiori, in Puglia, del nuovo linguaggio della Rinascenza. La loro committenza è legata alla figura di questo nobile Vescovo andriese del XV secolo e, in modo particolare, a Francesco II Del Balzo (1410-1482) Duca di Andria, contemporaneo del Vescovo Florio, e che ad Andria aveva la sua corte a ridosso della Cattedrale.
Vescovo di grande pietà religiosa, Angelo Florio fu anche uomo del suo tempo, che nella Cattedrale di Andria, rinnovata nelle forme architettoniche, volle accogliere le voci nuove della cultura e dell'arte che attraversavano la nostra regione. ...
I bassorilievi della Cappella furono ricoperti, in origine, dall'arco ai pilastri, di oro zecchino. Tracce superstiti di oro abbiamo rinvenuto ancora su alcune sculture e, sotto strati di stucco, sulle cornici di pietra.  Anche nei grandi dipinti destinati ad ornare l'altare del Santo, le due figure della Vergine e del Redentore benedicente emergevano dal fondo dorato delle Tavole, che risplendevano di luce anche nella penombra della Cappella.

[tratto da "San Riccardo Protettore di Andria", di G. Lanave, A.Marrazzo, V.Schiavone, Grafiche Guglielmi, Andria, 1989, pagg. 108,110, 123, 126].

La Cappella fu abbellita una prima volta di stucchi nel 1636 ad opera del vescovo Felice Franceschini (1632-1641). Settantanni dopo, nel 1711 il vescovo Nicola Adinolfi (1706-1715) fece realizzare in Napoli il bellissimo altare di marmi policromi che oggi ammiriamo. Nel 1849, sotto l'episcopato di Giuseppe Cosenza, con i fondi del “Monte del Cumulo di San Riccardo”, e la generosità del duca Ettore II Carafa, la cappella fu ammodernata rivestendola di marmi bianchi, rosa e grigi e applicando su questi ultimi numerose decorazioni lignee dorate.
Stemma dell'Università di Andria un tempo affisso su una lesena del Cappellone  cappella S. Riccardo: stemma della cancellata  Stemma dell'Università di Andria un tempo affisso su una lesena del Cappellone
[Stemmi dell'Università di Andria, nel Quattrocento affissi sulle lesene antistanti il Cappellone, rimossi nel 1636 (oggi, nel cortile Episcopio) e particolare stemma cancellata - foto Sabino Di Tommaso]
Ma indicazioni dettagliate su molte fasi costruttive sino ai primi del Novecento, con una descrizione dello stato della Cappella ai suoi tempi, ce le fornisce l'Agresti nel 2° volume del libro citato:
Di questa antica Cappella troviamo fatta menzione nel testamento olografo di Francesco I del Balzo (Duca di Andria dal 1357 al 1420 [è falso?; leggi nota]). In quel testamento, fra l'altro, si legge: Item lasso ( lascio) alla Cappella dei miraculi (miracoli) del nostro Protettore S. Riccardo pallio (il palio) di broccato di oro riccio et seta cremosina, quale abbia da servire nelle feste ... per adornare la detta Cappella del Santo.
Il Duca Francesco II del Balzo, che scrisse la storia della Invenzione delle ossa di S. Riccardo, fece poi scolpire, in detta Cappella, molti bassorilievi su dura pietra, rappresentanti i varii miracoli operati dal Santo. Quei bassorilievi sono siti lungo i due intercolunnii, che circondano l'altare maggiore di questa Cappella, a piè dei quali vedonsi scolpite le armi dei Del Balzo.
altare di San Riccardo in marmi policromi
Il Vescovo Florio (1477-1495) rifece poi a sue spese la detta Cappella, come rilevasi dall'epigrafe, che ricorda questo illustre Vescovo, nativo di Andria: Edidit is Divi Richardi in honore Sacellum, corpus, ubi atque ossa condita sancta jacent.
Secondo rilevasi da un pubblico rogito del Notar Antonello Picentino del 1503, riassunto dal notar Giacomo D'Elia nel 1508 (perchè il Picentino era morto) il Comune di Andria, e gran numero di cittadini, fecero solenne voto a S. Riccardo, di ricostruire ed ingrandire la detta Cappella, se la città venisse liberata dalla peste, che, in quell'anno 1503, infieriva in tutta la Puglia. Non risulta da alcun documento, se quel voto fu mantenuto, e se il Comune avesse o no ricostruita la detta Cappella. É vero che, sull'arco maestro di questa Cappella, si vede scolpito lo stemma del Municipio di Andria (come si vede egualmente in fronte alle due navate laterali del Duomo); ma ciò non prova che il Comune avesse ricostruita la Cappella, e molto meno che avesse ottenuto il diritto di giuspatronato, che il Municipio di Andria pretende di godere su questa Cappella, e sulla nomina del Rettore 'pro tempore' di essa. ...
Nel 1636 il Vescovo Franceschini (1632-1641) fece ornare di stucchi le pareti di questa Cappella, e ne ricostrui l'altare, sul quale erano collocate le ossa di S. Riccardo.
Nel 1711 Mons. Adinolfi fece abbattere il vecchio altare [ora nella sacrestia capitolare], ed a sue spese, ne fece ricostruire uno nuovo, di ottimo marmo, da un valoroso artefice napolitano.
Ma, nel 1731, il Duca Ettore Carafa, vedendo che la Cappella di S. Riccardo non aveva dote stabile, con pubblico rogito del 7 Luglio 1739, faceva donazione di una Masseria di quarantaquattro vacche, da portarsi in moltiplico, perché dai frutti della medesima potesse stabilirsi un fondo per lo maggiore sostentamento di essa Cappella … sino a che si giunga a fare l'annua rendita di Ducati seicento e non meno. Raggiunta tale somma, dalla rendita dei frutti di dette vacche, il Duca Carafa disponeva di vendersi le 44 vacche, e che, il prezzo ricavatone, s'impiegasse a fare ed amplificare con magnificenza, adornamenti la Cappella suddetta di esso glorioso S. Riccardo nella Cattedrale Chiesa di questa città. Nel medesimo rogito disponeva pure che, non bastando il denaro, ricavato dalla vendita delle vacche, s'impieghino le rendite annuali delli ducati seicento nella rifazione, ampliazione et ornamento di detta venerabile Cappella [il cosiddetto Cumulo di San Riccardo].
Tutto ciò, che fu disposto dal Duca Ettore Carafa, fu fedelmente eseguito nell'anno 1849. La Cappella di S. Riccardo fu allora ricostruita ed ingrandita: le pareti ed il pavimento ricoperti di marmi finissimi: la volta decorata di lucidi stucchi, intersiati da rabeschi a rilievo di legno dorato.
Ed ora questo Cappellone forma l'ornamento più splendido del Duomo di Andria, ammirevole ed ammirato da tutti. Esso si apre con un maestoso arcato, fregiato da rabeschi ad oro zecchino, in cima al quale si vide un simulacro di S. Riccardo, che regge sulle sue braccia la citta di Andria. Uno spazioso ed artistico cancello di ferro, guarnito con borchie di ottone, in parte poggiante su d'una elegante balaustra di finissimo marmo a colonnette, custodisce questo Cappellone.
Tre pregevoli altari di marmo ne formano il principale ornamento. L'altare maggiore (sito in fondo, alla distanza di circa due metri dal muro) è rabescato a colori di ottimo effetto. Ad esso si accede per alquanti gradini di marmo, in fondo all'ultimo dei quali, sotto la mensa dell'altare, ammirasi la pregevolissima Urna di verde antico, a forma di bara, che racchiude le sacre ossa del Protettore S. Riccardo, la di cui effigie, messa nel centro, è scolpita in metallo dorato, ed è guardata da due Serafini (egualmente di metallo dorato), in atteggiamento di compianto.
Gli altri due altari, ai quali si accede per uno scalino egualmente di marmo, sono messi vis-avi sui due laterali della Cappella. Due grandi tele (una rappresentante la famosa gita di S. Riccardo al Gargano, in compagnia dei Vescovi S. Sabino di Canosa e S. Ruggiero di Canne, l'altra rappresentante il miracolo della cieca nata) sono messe a ridosso di questi due altari. Questi due dipinti [del 1859] devonsi al pennello del valoroso pittore Michele De Napoli (1808-1892) di Terlizzi [2]). (Anticamente i due quadri rappresentavano l'uno S. Riccardo, l'altro S. Nicola di Mira.) [A proposito di questo quadro Giuseppe Ruotolo a pag. 122 di "Il volto antico di ‘Andria fidelis’" scrive:«Un dipinto che si trovava fino al secolo scorso nella cappella di S. Riccardo rappresentava S. Nicola e la campana più sonora della cattedrale, fusa o restaurata il 1310, è dedicata allo stesso santo.»]
S.Riccardo, S.Sabino e S.Ruggiero si recano al Gargano San Riccardo guarisce un cieco
[quadri (del 1859) di M. De Napoli: S. Riccardo che con S.Sabino e S.Ruggiero si reca al Gargano; S. Riccardo che guarisce un cieco - foto Sabino Di Tommaso, 2014]
Un grande arco di pietra si eleva dal pavimento sino alla volta sul muro del prospetto interno (dove è sito l'altare maggiore), portando incisi, in bassorilievo, ventisette miracoli, dei principali operati dal Santo.
In fondo al muro, a ridosso dell'altare maggiore, si vede un grande armadio (dorato nella superficie), a tre valvole, dentro il quale custodivasi l’antica statua ed il mezzo busto di S. Riccardo, involati dai francesi nel 1799, non che moltissime reliquie di santi, gran parte delle quali (quelle specialmente che erano custodite in teche di argento) andarono pure nelle mani di quei sacrileghi ladroni. Questo armadio porta sulle valvole due pregevoli dipinti di gusto greco, l’uno rappresentante il Nazareno, l’altro la Vergine Maria. In esso, ora, sono custodite tutte le reliquie, che sfuggirono al saccheggio dei francesi e le altre venute dopo, sino ai giorni nostri, racchiuse in tante teche di diversa forma e dimensione.

[tratto da "Il Duomo di Andria" in "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", di Michele Agresti, tip. F. Rossignoli, Andria, 1912, vol.II, Cap. II, pagg. 21-24].

Nel libro "Ho raccolto per voi" Mons. Lanave riporta il precedente sarcofago ligneo di San Riccardo e scrive:
“Mons. Giuseppe Ruotolo, nel suo libro 'Ricordi di Andria' sacra, a pag. 32 dice: «Nell'interno (del Cappellone) si scorgono tre altari di marmo e, sul principale di essi, si ammira dal 1928 un'artistica URNA, contenente il corpo di S. Riccardo, rivestito di paludamenti pontificali, con la testa di argento.»
Mons. Macchi, vescovo di Andria (1922-1930), nel 25° del suo sacerdozio, fece la ricognizione delle reliquie, ordinò ad un artigiano della provincia un'urna di legno intagliato e dorato, e vi ripose le ossa del Santo, ricomposto e rivestito di splendidi paramenti. Vi pose la testa d'argento del S.Riccardo del '500, riprodotto dal Catello di Napoli, la incoronò con una preziosa mitria e gli pose in mano, a fianco, un pastorale cesellato.”

[tratto da "Ho raccolto per voi", di Giuseppe Lanave, Grafiche Guglielmi, Andria, 1994, pagg.188-189].

sarcofago ligneo di S.Riccardo - foto 1928 
[foto dell'urna del 1928 (dal citato "Ho raccolto per voi"); l'urna e la maschera di S. Riccardo esposti nel Museo Diocesano - foto Sabino Di Tommaso, 2019]

Attualmente l'urna lignea dorata, la maschera d'argento di San Riccardo, insieme a molti altri oggetti preziosi, sono esposti nel museo diocesano "San Riccardo di Andria".
Sempre a proposito della suddetta urna contenente le ossa di San Riccardo il Can. Giacomo Ciciriello nell'opuscolo sotto citato scrive:

"il 15 aprile 1928 [Mons. Macchi] fece dischiudere il sepolcro esistente sotto la mensa dell’altare maggiore, del sacello dedicato al Santo con grande solennità alla presenza del clero, autorità e popolo. Il 3 giugno dello stesso anno, festa della SS. Trinità, aprì colla medesima solennità coram populo la cassa di cipresso debitamente suggellata e munita di cinque chiavi, e ripose le Sacre Ossa nel nuovo sarcofago di quercia [in nota precisa: "Lavorato dal bravo ebanista Nicola Alba di Pietro."] chiuso dintorno da cristalli, custodito nell’urna processionale dorata, dono della benemerita, Arciconfraternita della Morte in S. Sebastiano, di un valore storico ed artistico per lo stile barocco del XVII secolo, nella quale urna si ammira anche adagiato sul sarcofago delle Sacre Ossa un nuovo simulacro del S. Patrono vestito pontificalmente coi doni offerti dalle famiglie dei più recenti Vescovi Andriesi e da altri oblatori, come la testa di argento ch’è dono del Cardinale D. Eugenio Tosi Arcivescovo di Milano, già vescovo di Andria."

[tratto da "La chiesa di S. Andrea apostolo in Andria ..."", di Giacomo Ciciriello, Tipografia G. Pasini & Figli, Andria, 1928, pag.36].

Il crocifisso nerognolo del Borsella?
Il quadro in cornice d'argento dell'Addolorata
Il Borsella, dopo aver descritto i dipinti presenti nel cappellone, parla di sculture:
“Però se n'è forza passare dalle pitture alle sculture noi vanteremo una vetustissima e venerabilissima. Ella è un Crocifisso nerognolo sculto certamente da mano arciperita per le proporzioni e per la naturalezza della notomia che scopronsi prestantissime, oltre ad una veneranda tristezza del viso e del capo declinato, che profondamente ti occupa veggendolo e meditandolo. ... Sottoposto a questo Crocifisso si venera un quadro dell'Addolorata con lastra  e larga cornice di argento, largito alla cappella dalla pietà di Vincenzo Morselli, onesto, e dovizioso nostro concittadino trapassato senza eredi. Questa tela di un disegno raffinato, a niun secondo per la precisione del lavoro anzi il primo fra gli altri di questa Chiesa, ben manifesta l'acerbissima doglia di quella spada che trafisse la Vergine desolata ...”

[tratto da "Andria sacra", di Giacinto Borsella, tip. F. Rossignoli, Andria, 1918, pagg. 72-73].

Oggi queste due opere d'arte si trovano nel museo Diocesano "San Riccardo" di Andria; le loro foto e una sintetica descrizione si trovano anche nel citato testo "Ho raccolto per voi" di Mons. Giuseppe Lanave, nelle pagine 116-117,154-155:
“Madonna Addolorata in cornice d'argento [datata 15 gennaio 1842]. Si trovava in Cattedrale, nel cappellone di S. Riccardo, sotto un bellissimo Crocifisso, scuro, fortemente espressivo, donata [insieme alla teca della Sacra Spina] da Vincenzo Morselli. ...
Crocifisso di legno. È l'ultimo oggetto d'arte che trovai o ricevetti negli ultimi giorni del mio esercizio pastorale. ... A riguardarlo oggi lo vedo bello, amabile ma sporco e mi nasce in cuore tanta voglia di tenerlo presso di me qualche giorno almeno per contemplarlo, scoprirlo nei particolari più belli e poi di ripulirlo e reintegrarlo nelle sue parti mutilate. Che sia il Crocifisso di cui parla Borsella nella sua ‘Andria Sacra’ a pag 73, che era nella cappella di S. Riccardo, vicino alla Addolorata, incorniciata d'argento?”
stemma dei Del Balzo
Sul pilastro tra la cappella della Natività e il Cappellone di San Riccardo oggi [2023] è posto lo stemma con la stella dei Del Balzo, vista nell'Ottocento sull'ingresso laterale. Scrive Vincenzo Schiavone:
"La grande famiglia dei Del Balzo di origine provenzale, era scesa in Italia al seguito di Carlo D'Angiò, chiamato dai Papi per difendere la libertà della Chiesa minacciata da Manfredi, continuatore anacronistico dell'ordine amministrativo e fiscale della polutica  federiciana, incapace a dominare tutta la pulsante vita dell'Italia centrale e settentrionale.
I Del Balzo, o de Beaux, portavano nello scudo araldico una stella d'argento a sedici punte su campo vermiglio segno della cometa evangelica che aveva guidato i Magi alla grotta di Betlemme: e si voleva che discendessero da Baldassarre, uno dei tre Sapienti venuti dall'Oriente ad adorare il Bambino"

[tratto da "San Riccardo Protettore di Andria", di G. Lanave, A.Marrazzo, V.Schiavone, Grafiche Guglielmi, Andria, 1989, pag. 127].

[foto di S. Di Tommaso, M. Monterisi - 2010]

NOTE

[?, nota] Il Merra nelle sue "Monografie Andriesi" alle pagine 14-15 del Vol. II scrive "... Testamento di Francesco I del Balzo, Duca di Andria, rogato nel di 23 aprile 1420, il quale benchè sia evidentemente falso nella sostanza, mentre il detto Duca nel 1398 era già morto ...". E in nota giustifica l'impossibilità che tale testamento sia autentico facendo riferimento ai dati presenti nella bolla Pontificia che autorizzava la costruzione della Chiesa di Santa Maria dell'Umiltà (San Domenico) con l'annesso convento dei Frati dell'Ordine dei Predicatori (Domenicani). In tale documento del 25 Marzo 1398 si parla di Sveva Orsini vedova di Francesco I Del Balzo "Nobilis mulieris Suevae de Orsinis relictae quondam Francisci de Bauzio Ducis Andrensis ... Datum Romae apud S. Petrum VIII Kal. Aprilis, Pontificatus Nostri Anno Nono (25 Martii 1398)".
Il Merra dichiara Francesco I del Barzo già morto nel 1398, in quanto traduce "relictae" come "vedova". Tenendo presente che il Del Balzo trascorreva gran parte del suo tempo lontano da Andria, a Napoli, ad Avignone, in Provenza, e che di lui non c'è altra documentazione dopo il 1381, quando sposa Sveva Orsini, l'attributo "relictae" scritto nella Bolla citata potrebbe avere una traduzione letterale di "lasciata sola", considerando, sia che in latino esiste un termine ben preciso per "vedova" e cioè "vidua", sia infine che alcuni autori, forse proprio per mancanza di documenti, danno Francesco I del Balzo morto dopo il 1420 (tranne Scipione Ammirato nel 1404 in "Delle famiglie nobili napoletane", Vol.II, 1651, p.243, dove cita per la notizia Angelo Filippo Crassullo [ma questi, da un mio controllo, nella sua cronaca non dice nulla in merito!]), altri nel 1422, ed in luogo non precisato; nessuno storico comunque (a parte il Merra) lo dà morto prima del 1420-1422.
Di contro, tuttavia, si rileva che nei documenti del tempo è usata la parola "relicta" per dire "vedova". Ad esempio, in un documento del Regno di Napoli del 30 novembre 1496 (Una cedola di Tesoreria, Reg 151, fol.196) si afferma che "La Dª Giovanna d’Aragona «relicta del Re don Ferrante primo de immortal memoria», dona al Re [Alfonso II d’Aragona] 2000 d[ucati] a causa della concessione, che S. M. le ha fatta della terra di Torino nella provincia del Principato Ultra, «secondo lo privilegio expedito in Regiis felicibus castris in obsidione Cayete, et fo a li 3 del presente» [tratto da p.29 “Arch. Stor. per le Prov. Napol., Anno X-Fasc.I, 1885.”].
Si consideri intanto che nel testamento Francesco I del Balzo nomina anche la cappella di S. Maria dell'Umiltà esistente in S. Domenico; scrive "Item lasso alla Cappella di S. Maria dell’Umiltà nella Chiesa de’ Padri Domenicani oncie sei pro una vice tantum.", cosa che non avrebbe potuto dichiarare se egli fosse già morto nel 1398, in quanto la Chiesa e relative cappelle furono edificate posteriormente a tale data di fondazione. [insomma, o il testamento è falso, o il Duca non era già morto nel 1398, ma dové morire dopo gli anni necessari alla costruzione della chiesa con le relative cappelle]
Si tenga infine presente che anche il nostro storico locale Giovanni Pastore (1715-1806) nel suo manoscritto " Origine, erezione e stato della Colleggiata Parrocchial Chiesa di S. Nicola della Città di Andria", f.15v., nonostante conosca e citi la bolla papale del 1398, pone la morte del Duca nel 1420 e nomina tale testamento del 20 aprile; scrive: "nell'anno appresso 1420 pur anche il Duca Francesco terminò la sua vita, avendo fatto l'ultimo suo testamento nel dì 20 Aprile del medes.o anno".


[2]
S.Sabino - Pinacoteca M. De Napoli, Terlizzi
Nella terza sala della pinacoteca “Michele de Napoli” di Terlizzi è esposto uno studio della testa di San Sabino [così è affermato, anche se a mio parere, confrontando i due dipinti affissi in questa cappella, dovrebbe trattarsi di S. Riccardo], presente nel quadro della salita al Gargano. Nella relativa scheda è scritto:
" Lo studio di testa di S. Sabino ... si riferisce alla grande tela realizzata per la cappella di S. Riccardo nella Cattedrale di Andria, nel 1859, raffigurante i vescovi Riccardo, Ruggero e Sabino: i tre, protetti dall’ombra della grande aquila che li sovrasta, sono in cammino verso il Gargano, per la consacrazione della grotta micaelica delle apparizioni. L’espressione del volto, austera e solenne al tempo stesso, incorniciata dalla barba riccia e dai capelli che scendono fluenti a boccoli rischiarati da colpi di luce, ben rende l’autorità morale del santo vescovo di Canosa. Indossa mitra e piviale qui resi con veloci pennellate grigie che nell’opera andriese assumono le tinte dorate dei preziosi paludamenti liturgici. Sullo sfondo un cielo terso e le alture allusive al promontorio garganico meta del pellegrinaggio del santo vescovo. - F.D.P."