Affreschi della Madonna Galaktotrophusa

Contenuto

Affreschi della Madonna Galaktotrophousa, che allatta, ad Andria

Madonna del Latte di Ambrogio Lorenzetti - Museo Diocesano di Siena
[Madonna del Latte di A.Lorenzetti - Museo Diocesano di Siena]

Premessa

In occidente, nei primi secoli dell’era cristiana, appaiono alcune sante cosiddette “galattofore”, cioè portatrici di latte e per questo invocate dalle puerpere, come sant’Agata, santa Brigida, santa Romana, ma l’iconografia della donna che allatta appartiene interamente alla Vergine e si afferma soprattutto all’inizio del Trecento, quando nell’arte si abbandonano gli stilemi orientali delle icone e la rappresentazione diventa meno ieratica, meno distante e più vicina all’umanità.

Grandi artisti si sono misurati con l’iconografia della Virgo lactans, che non è semplicemente devozionale ma teologica: mostra che Dio è veramente quel Neonato che nelle prima fasi della vita ha bisogno di nutrirsi attraverso la madre, come un qualsiasi altro bambino. Nel Vangelo di Luca 11,27, c'è il primo riferimento esplicito della materna carnalità di Maria: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”.

Nel tempo, l’arte fiorisce con gesti e sguardi incantevoli. La prima versione, priva di rigidità bizantine è la Madonna del latte di Ambrogio Lorenzetti, databile al 1324-25. La Madre guarda il figlio con l’occhio lungo e dolce, mentre lo tiene tra le braccia in modo del tutto naturalistico. Il bambino biondo fa forza con il piedino contro l’incavo del gomito della Vergine e succhia il latte in un modo che vediamo fare spesso a bambini, con l’occhio girato a osservare curioso il mondo intorno a sé. È un vero bambino, anche irrequieto, che nell’insieme dell’opera restituisce un’atmosfera familiare e realistica. È stata definita infatti, a ragione, opera dalla sacralità umanizzata. Resta il fatto che questo dipinto segna un discrimine netto, una vera rivoluzione iconografica.

[testo tratto dall'articolo della storica dell’arte Maria Milvia Morciano, “ La Madonna del latte, simbolo della divina maternità”, in “Vatican News” del 01/01/2024]


Indice

San Luca dipinge la Madonna - Museo Diocesano Andria
[S.Luca dipinge la Madonna - Museo Diocesano Andria,
tela 89,5x69,3 - foto bn Soprintendenza 1992]

In Andria si possono ammirare diversi affreschi raffiguranti la “Vergine madre Galaktotrophousa” o Madonna del latte, dipinti tra il Basso Medioevo ed il Rinascimento; tra i più antichi:
- 1 - affresco della Vergine madre “Galaktotrophousa” a dossale dell'altare maggiore nella chiesetta di S. Maria delle Grazie,
- 2 - affresco della Vergine madre “Galaktotrophousa” a destra entrando in Sant’Agostino;
- 3 - affresco della Vergine madre “Galaktotrophousa” sulla parete della navata destra nella cripta di S. Maria dei Miracoli;
- 4 - affresco della Vergine madre “Galaktotrophousa” a dossale del 1° altare sinistro in Santa Maria di Porta Santa.

Introduzione

Osservando le varie immagini della Madonna del Latte presenti in Andria, dalle prime raffigurazioni e almeno fino all’inizio del Rinascimento, appare che quasi tutte hanno in comune una identica conformazione del viso.
La Vergine risulta dipinta con un naso piuttosto lungo, le dita delle mani anch’esse alquanto più lunghe del normale, il volto a forma di cuore (nel disegno del capo la fronte è piuttosto larga, in modo che la sua ampiezza si riduce a mano a mano che ci si sposta verso il mento; la linea degli zigomi più stretta rispetto alla fronte ed infine la mandibola meno ampia delle varie parti del viso)

Probabilmente l’ispirazione, anzi direi, l’imposizione di tali tratti fisionomici sia stata "dettata" ai pittori da una antichissima descrizione della Vergine risalente ai primi secoli del Cristianesimo, redatta per iscritto da S. Epifanio, vescovo di Salamina nel IV secolo, il quale a sua volta afferma di averlo ricavato da altri antichi scritti e da immagini attribuite all’evangelista Luca. Si riporta qui di seguito il suo testo, tradotto in latino da Niceforo, patriarca di Costantinopoli all’inizio del IX secolo, e trascritto da P. Antonino M. di Jorio nella sua sotto citata operetta sulla nostra Madonna dei Miracoli. (1)

trascrizione dell'originale traduzione

Maria erat sine risu, sine perturbatione, et sine iracundia maxime:
colore fuit triticum referente, capillo flavo, oculis acribus, sub flavas tamquam oleæ colore pupillas in eis habens: supercilia erant ei inflexa et decenter nigra, nasus longior, labia florida et verborum suavitate plena:
facies non rotunda nec acuta, sed aliquantulo longior, manus simul et digiti longiores

Erat denique fastus omnis expers, simplex, minimeque vultum fingens, nihil mollitiei secum traens, sed humilitatem præcellentem colens:
vestimentis quae ipsa gestavit, coloris nativi contenta fuit, id quod etiam nunc sanctum capitis eius velum ostendit.

Maria non derideva, non si perturbava, e sopra tutto non era irascibile.
La carnagione richiamava il colore del frumento, i capelli biondo oro, gli occhi penetranti nei quali le pupille erano all’incirca chiare come il colore (ceruleo) dell’ulivo, le sopracciglia erano inarcate e armoniosamente nere, il naso piuttosto lungo, le labbra fiorenti completamente esprimenti la soavità del parlare.
Il viso non era né tondeggiante né ovale, ma appena più lungo, ed anche le dita della mano più lunghe [del normale].

Maria era infine priva di arroganza, semplice, senza la minima affettazione, né licenziosità nel suo portamento, ma praticante una distinta umiltà.
Era felice di indossare abiti dai colori naturali, non ricercati, tanto che ancor oggi mostra il sacro velo sul suo capo.

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Vergine madre “Galaktotrophousa”
nella chiesetta di S. Maria delle Grazie

Affresco Madonna delle Grazie-foto primo Novecento  Affresco Madonna delle Grazie-dopo l'ultimo restauro  Affresco Madonna delle Grazie-particolare
[Affresco Madonna delle Grazie: -foto primo Novecento; - dopo l'ultimo restauro ed un suo particolare]

La prima foto a sinistra (tratta dalla copertina dell'opuscolo di mons. Merra, riedito nella 1ª metà del Novecento) mostra il dipinto com'era addobbato già da fine Ottocento [1882 circa], visto dal Borsella nella prima metà dell'Ottocento protetto da cristallo, descritto dal Merra e poi dall'Agresti a p. 111 del testo citato: “La pia donna Grazia Rella, parecchi anni fa [1882 circa], decorò questa immagine di una collana d’oro e di due corone d’argento, l’una sul capo della Vergine, l’altra su quello del Bambino Gesù, Il Canonico Cantore D. Giovanni Cicco, della Collegiata di S. Nicola, fece a sue spese costruire una ricca cornice di legno dorato, chiusa da terso cristallo e da una cortina di seta, per meglio custodire questo prezioso affresco.”. Esiste anche la foto di una ritoccata immagine a colori (part.) della seconda metà del Novecento.
Le altre due foto ritraggono il grande affresco (h. x l.: cm  182 x 130) dopo l'ultimo restauro (del 1995-96, eseguito da Francesca Pellegrino con Margherita Mastropasqua).

In questo affresco è decisamente abbandonata la rappresentazione stilizzata bizantina, evidentemente per ricercare una maggiore naturalezza nella figura e nella posa.
Il volto leggermente oblungo e velatamente sorridente con la bocca semiaperta evidenzia una indicibile letizia interiore; lo sguardo è assorto, meditativo, pensieroso, non guarda né il figlio, né il devoto (le due pupille paiono non mirare un obiettivo). Col braccio destro trattiene Gesù seduto sulle ginocchia mentre con la mano sinistra gli porge il seno destro.
Gesù lattante, forse già sazio, mira il volto della Madre quasi a volerne scrutare i pensieri e gli intenti, mentre con le manine posate su quella della Madre, che inutilmente Gli porge il seno, sembra sommuoverla onde richiamare la sua attenzione (verso il fedele?).

Si riporta di seguito la descrizione che dell'affresco stese mons. Emmanuele Merra nella monografia dedicata a questa Chiesa:

Questa santa e vetusta Immagine, che probabilmente rimonta all’epoca Normanna della costruzione della Chiesa, è un affresco di proporzioni gigantesche, a mezzo busto, col Bambino Gesù fra le braccia in atto di succhiare il latte materno. Però sebbene di gigantesche proporzioni essa sia; pure i suoi grandi occhi hanno uno sguardo amorosamente dolce e penetrante; pure il suo volto spira tanta soavità e fiducia, che sempre vi si vede dinanzi, massime nel mese che l’è sacro, un numero di gente devota, che, tra le tempeste del mondo ed il lutto della vita, viene confidente ad impetrare grazie da lei, che n’è la dispensatrice pietosissima.”

Non ho rinvenuto studi specifici su questo affresco, per definirne fattura e datazione. L'elevata compostezza delle figure è coniugata ad una forte carica di umanità; la ieraticità, latente nella rigidità di alcuni tratti, è smorzata e quasi annullata dalla contingente espressione figurativa dell'indispensabile allattamento; i colori sono morbidi, non decisi, senza le caratteristiche dorature bizantine; il vestire è più del primo rinascimento italiano locale che dell'alto medioevo bizantineggiante.

Molto bella, intima, è la descrizione di mons. Lanave, stesa nella sua opera (edita postuma) sotto citata:

“Nella Cappella delle Suore stimmatine, sull’altare, c’è una Madonna che dà il latte a Gesù.

Ho detto messa tante volte a questo altare, mentre la Madonna me la sentivo alle spalle che mi proteggeva.
Le chiedevo che offrendo Cristo nella messa mi avesse aiutato ad aprirmi a Lui per accoglierlo e dispormi a donarlo agli altri.
Fissavo gli occhi nel suo viso. Lo trovavo alterato da interventi sconsiderati, che avrebbero voluto mettere in maggiore evidenza la bontà del suo volto ed invece lo avevano deturpato.
Attraverso i brutti ritocchi si indovinava qualcosa di bello. L’avventura di scoprire la faccia originale della Madonna l’hanno giocata le due restauratrici.

Pulito l’affresco dalle abbondanti truccature è venuta fuori la realtà di quanto esiste del primo affresco.
È apparsa una bellissima Madonna che attraverso la finezza del viso dice la bontà del suo cuore.
Bello è anche il Cristo. Con la testa piegata all’indietro per meglio alzarla verso la Madre che pare lo chiami e lo attiri a sé
.

Tornando a guardare la Madonna con attenzione cerco di capire che senso ha quel suo modo di presentarsi (viso, sguardo, sorriso) quegli elementi che la circondano e tra i quali si fa vedere (archi, colori).
La Madonna si avvicina lasciando dietro un fondo oscuro, un verde forte, leggermente operato, che, ora, con il passar del tempo, è percettibile appena. Su questo sfondo si fa avanti, rivestita dei colori delle vesti, delle mani, delle guance (verde oscuro ocra bianco rosso).
Si presenta sospinta dal mistero profondo della sua interiorità, da pienezza di vita, che esprime e diffonde intorno a sé. Lo dicono quegli archi che si susseguono e che girano intorno al suo capo, al suo petto e che hanno gli stessi colori delle sue vesti, delle mani, delle guance. Sono irradiazioni che derivano dalla sua persona e si diffondono intorno e investono quanti la guardano e la pregano.

Avvicinandosi a noi così, da questo sfondo oscuro con questi contorni, vestita di così vivi colori, muovendosi con la dolcezza di una squisita maternità, non appare, non è una Madonna bizantina, del mille e duecento, (una Madonna chiusa, ferma), ma una Madonna che viene, anche se il suo venire è dolce, se il suo muoversi è materno.
È una Madonna del mille e quattro, che va decisamente verso il cinque.

Sulle teste della Madonna e di Gesù splendevano due corone d’argento a sbalzo. Erano belle, ma, cingendo la fronte, mortificavano la faccia di Gesù e della Madonna. Staccate, portate su in alto e, fermate sulla voluta della cornice marmorizzata del quadro, sono più belle. Lasciano maggiore spontaneità al viso della Madonna e di Gesù ...”

[tratto da Giuseppe Lanave, "Facce nuove di tesori antichi", Centro stampa litografica di Scardigno F. & Pansini V., Terlizzi, 1997, pp.25-37.]

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Vergine madre “Galaktotrophousa”
nella Chiesa di Sant'Agostino

Affresco Madonna che allatta: veduta d'insieme    Affresco Madonna che allatta: particolare
[Affresco Madonna che allatta in Sant'Agostino: veduta d'insieme e particolare]

La Vergine Madre Maria siede in elegante trono cuspidato come le due Madonne affrescate nella cripta di S. Maria dei Miracoli. Indossa un maphorion-manto rosso-bordeaux con una fascia dorata, su una tunica grigio-bluastra (forse originariamente azzurra) avente i polsi impreziositi da una fascia dorata e ricamata; sul capo sotto il manto è adorna di un cercine ceruleo.
Il piccolo Gesù appare vestito con un abito celeste tendente al bianco ricamato in rosso, con i bordi delle maniche e del collo fasciati.
Maria con la mano sinistra porge, pressandolo, il seno alla bocca del Figlio, mentre con la destra (nel frammento appena visibile) lo trattiene sulle gambe; Gesù con la mano destra tiene la sinistra della Madre sul seno, acché non smetta l'allattamento, mentre con la destra sembra regga una corona di spine.
Gli occhi di Maria sono rivolti al fedele che la mira e la prega, mentre Gesù guarda lontano nel tempo, forse al suo futuro di redenzione.
Le aureole sia della Vergine madre che del figlioletto Gesù, dei due angioletti  e dei Sante/i sono raggiate e imperlinate sul bordo.

Questo affresco appartiene, probabilmente, all'epoca della riedificazione della Chiesa in stile gotico, al periodo teutonico-svevo/angioino del XIII/XIV secolo;
fu scoperto sotto delle sovrapposizioni durante alcuni lavori del 1937 (di tale ritrovamento ne parla l'arch. Vincenzo Zito a pag. 29 del suo lavoro "La Guerra dei 200 anni" edito nel 2010, citando BCA, Fondo Ceci, Cart.4 f.3.6).

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Vergine madre “Galaktotrophousa”
nella Cripta della basilica di S. Maria de' Miracoli

   
[Affresco Madonna che allatta nella Cripta di S. Maria de' Miracoli: veduta d'insieme con S. Nicola e particolare]

Questo dipinto della Madonna del latte, affrescato sulla parete laterale destra della cripta nella basilica di S. Maria dei Miracoli, è affiancato da quello della tavola agiografica di San Nicola di Mira; purtroppo scriteriati interventi di ammodernamento, per porre sotto traccia l'impianto elettrico, molti anni fa deturparono irrimediabilmente quanto ancora s'era salvato dall'incosciente apertura o ampliamento della sottostante porta.
Probabilmente, al pari degli altri affreschi dipinti nella cripta, questo insieme pittorico è databile al XIII secolo, periodo in cui si diffusero nel nostro meridione le icone agiografiche murali, come quella adiacente di San Nicola e l'altra poco più a sinistra di Santa Margherita.

Come la "Θεοτόκος òδηγήτρια" (la Teotòkos Odighitria) affrescata nella cona della navata centrale, La Vergine di questo affresco siede su un trono cuspidato e riccamente decorato a rombi, su un cuscino oblungo e ricamato.
Il capo del Bambino è racchiuso in un nimbo giallo-oro, crucisegnato e perlinato, un nimbo ugualmente giallo-oro e perlinato circondava il capo, non più visibile, della Vergine Galaktotrophousa (che nutre col latte).
Sia la Madre che il Bambino vestono una tunica rossa; il Bimbo sotto un himation chiaro, mentre la Madre sotto un maphorion di un bordeaux tendente al viola.

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Vergine madre “Galaktotrophousa”
nella Chiesa di S. Maria di Porta Santa

   
[Affresco Madonna che allatta in S. Maria di Porta Santa - foto anterestauro del 2008; foto 2013 di Domenico Zagaria]

Così racconta il D'Urso l'invenzione dell'affresco

"Quando nel 1516. trovandosi un'Immagine della SS. Vergine, dipinta a fresco su di una parete, a causa de' risarcimenti delle mura, che sostengono detta chiesa; e questa operando una moltiplicità di miracoli, si deliberò dall'Università, che detta Immagine fosse stata venerata dentro l'istesso Tempio in un altare apposito. L'istessa Università poi tenendo da tempo antico un Beneficio di Jus patronato Laicale, affisso all'altare di San Riccardo di Porta-Santa; così in tale occasione, perché l'antico era stato demolito lo trasferì all'altare di questa Santissima Vergine sotto il titolo della Neve di fresco eretto."

[da "Storia della Città di Andria" di R. D'Urso, Tip. Varana, Napoli, 1842, pag.77]

In un documento (da molti studiosi ritenuto apocrifo!) dell'epoca, la "Bolla di rifondazione della Chiesa di Porta Santa" del 1517, si legge:

"... Nostra Universitas ob maximam devotionem, quam circa Gloriosissimam imaginem Virginis nuperime inventam in mœnibus ipsius Civitatis, ubi modo dicitur Ecclesia Porta Sancta, habet non solum populus Andrien, sed alii totius Provinciæ, ob frequentiam miraculorum, quæ meritis ipsius Virginis ibi corruscant, decrevit in eodem loco fundare Ecclesiam, in qua includatur imago præsens dicta, et illam construere ... "


Nell'Ottocento sull'altare di sinistra entrando c'era l'affresco detto "della Madonna della neve" e, (forse fin da quando era stato estratto dalle mura e portato in Chiesa), un altro affresco (ben più antico?), della "Vergine della Pietà o della Misericordia col bambino al seno, di greco pennello", era posto in una nicchia sull'altare maggiore della Chiesa di Porta Santa.
Scrive infatti il Borsella nell'opera citata:

L’immagine di questo altare cospicuo [minore a sinistra entrando], riposta in nicchia di cristallo, s’intitola la Madonna della neve dipinta a fresco, che in lattare il Pargoletto, con modesta gioia ne contempla le divine fattezze. Un manto celeste ammanta la Vergine. La tonicella del fanciulletto color porpora gli sta sotto posto, come uno strato, è verde, come un piccolo mantello.
... ... ...
"Nell'altare maggiore spiccano tre quadri con cornici dorate.
La immagine di mezzo riposta in nicchia con cristallo è la Vergine della Pietà, o della Misericordia col bambino al seno, di greco pennello, come mostrano, le tuniche accollate, con ricami in punta, colore scarlatto, e diademi screziati d'oro.
Il dipinto alla vaghezza delle forme unisce la perfezione del disegno, e del pennello che li ritrasse. ...
Il quadro a dritta è l'Annunziata modestamente genuflessa ad uno sgabello, meditando la Bibbia fra le mani.
Quello a sinistra è il Paraninfo [angelo] col giglio alla destra, in atto di annunziarle l'ave redentore delle genti.  ...
In cima dell'altare lo spirito fecondatore in un tondo. "

[tratto da "Porta Santa" in "Andria Sacra" di G. Borsella, Tip. Rossignoli, Andria, 1918, pag.216 e seg.]

Attualmente in Porta Santa si rinviene soltanto l'affresco posto sul primo altare a sinistra entrando.
Rappresenta Maria nell'atto di allattare il Bambino Gesù: è quindi una Panagia Eleousa Galaktotrophousa, cioè una tutta (πᾶν) santa (ἄγιος) Vergine della tenerezza (Ἐλεούσα) in particolare, del latte (da γάλακτος-latte e τροφός-nutrice).

"La sua figura, che trasmette dolcezza con il gesto e nei tratti del viso, è morbida ed elegante, nel flessuoso ritmo delle pieghe della veste.
è il simbolo di una pittura che si fa veicolo della fede per una parte più ampia della società, attraverso un tipo di raffigurazione che trova immediato riscontro nella sfera emotiva popolare. Che cosa c’è, infatti, di più comune, umano, di una madre che allatta il bambino?
è immagine universale di tenerezza, che facilita l’immedesimazione e avvicina l’elemento sacro a chi osserva il ritratto.
Questo nuovo modo di dipingere la Vergine nasce nel trecento in Toscana. .  ...  
Dapprima in scultura, poi anche in pittura fanno la loro comparsa, fin dai primi decenni del XIV secolo, alcune opere innovative. In un primo momento, è il gioco di sguardi tra madre e figlio a creare un rapporto esclusivo, un’attenzione assoluta, che isola le altre figure (quando ci sono). La tenerezza, l’amore per il bambino (e del piccolo per la madre), racchiusi nell’atto di guardarsi, prendono il posto delle austere posture tradizionali, e arrivano, infine, ad esplicitarsi in quella raffigurazione immediata e genuina della maternità, che è il gesto dell’allattamento."

[dalla prefazione al libro "La Madonna del latte" di M. Barbonaglia, Ed. Polistampa,]

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NOTE

[1] il testo in latino è tratto da “Relazione storica sull'immagine, invenzione, santuario e prodigi di Maria SS. de' Miracoli di Andria” - di P. Antonino M. di Jorio, Stab. Tip. del Dante, Napoli, 1853, pag. 177-185